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Full text of "Scritti editi ed inediti"

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SCRITTI 

EDITI     ED     INEDITI 


j>i 


GIUSEPPE  MAZZINI 


VOLUME  XXIX. 


(LETTERATURA      Vol.  V). 


IMOLA, 
COOPERATIVA  TIPOGRAFICO-KDITRIOK 

PAOLO    GALEATI. 

191$. 


V 


^\ 


** 


EDIZIONE  NAZIONALE 


ÌWAllA  SCRITTI 


GIUSEPPE    MAZZINI. 


** 


SCRITTI 

EDITI     ED     INEDITI 

GIUSEPPE  MAZZINI 

VOLUME  XXIX. 
(LETTERATURA       Voi,   V). 


IMOLA, 

COOPERATIVA   T1POGRA  FICO-EDITRICE 
PAOLO    GAI. E  A  TI. 

1919. 


t 

SCRITTI  LETTERARI 

EDITI  ED   INEDITI 

i>i 

GIUSEPPE  MAZZINI 

VOLUME   V. 


IMOLA. 

COOPERATIVA   TI  POGBÀ  FICO-EDITRICE 

PAOLO  GALE  ATI. 

11)19. 


PROPRIETÀ    LETTERARIA. 


VITTORIO    EMANUELE    UT 

PBR    GRAZIA    DI     IHO    E    PER    VOLONTÀ     DELLA    NAZIONE 
RE    D'ITALIA 

Ricorrendo  il  22  giugno  1905  il  1°  centenario  della 
nascita  di   Giuseppe   Mazzini  : 

Considerando  che  con  memorabile  esempio  di  concor- 
dia. Governo  ed  ordini  rappresentativi  han  decretato  a 
Giuseppe  Mazzini  un  monumento  in  Roma,  come  solenne 
attestazione  di  riverenza  e  gratitudine  dell'Italia  risorta. 
v*  rso   V  apostolo  dell'  unità  : 

Considerando  che  non  meno  durevole  né  meno  dove- 
in»-*)  omaggio  alla  memoria  di  lui  sia  il  raccoglierne  in 
un'edizione  nazionale  tutti  gli  scritti; 

Su  Ila  proposta  del  Nostro  Ministro.  Segretario  di  Stato 
per   1' Istruzione  .Pubblica  : 

Abbiamo  decretato  e  decretiamo: 

Art.  1. 
Sara    fatta    a   cura   e    spese    dello   Stato    una    edizione 
completa    «Ielle   opere  di   Giuseppe   Mazzini. 

Art.  2. 
A  cominciare  dall'anno  finanziario  1904-905  e  pel  com- 
pimento della  edizione  predetta  sarà  vincolata  per  le  spese 
occorrenti  la  somma  di  lire  settemila  cinquecento,  sul  ca- 
pitolo del  bilancio  del  Ministero  della  Pubblica  Istruzione 
per  incoraggiamento  a  pubblicazione  di  opere  scientifiche 
letterarie,  da  erogarsi  con  le  forme  prescritte  dal  vi- 
gente regolamento  di  contabilità  generale  dello  Stato. 


KKGIO     DKCKKTO. 


Art.   3. 


Una  Commissione  nominata  per  decreto  Reale  avrà  la 
dire/Jone  dell'edizione  predetta. 

Ordiniamo  che  il  presente  decreto,  munito  del  sigillo 
dello  Stato,  sia  inserto  nella  Raccolta  ufficiale  delle  leggi 
e  dei  decreti  del  Regno  d'Italia,  mandando  a  chiunque 
spetti  di  osservarlo  e  di  farlo  osservare. 

Dato  a  Roma,  addi  13  marzo  1904. 

VITTORIO  EMANUELE. 
*  Orlando 

Vitto:   Il  Guardasigilli:  Ronchetti. 


INTRODUZIONE. 


Bell-  Apostolato  Popolare,  da  cui  si  estraggono  i 
primi  tre  articoli  compresi  in  questo  quinto  volume  di 
scritti  letterari,  s'è  trattato  già  ampiamente  nelV in- 
troduzione al  nono  degli  scritti  politici,  (*)  al  quale 
per  tanto  si  rinvia  chi  voglia  conoscere  le  vicende  del 
prezioso  periodico  mazziniano.  Il  primo  dei  tre  arti- 
coli riguarda,  l' Alighieri,  per  cui  l'esule  ebbe,  durante 
tutta  la  vita,  un  culto  sacro,  e  di  cui,  oltre  in  più 
scritti  speciali,  volle  trattare  anche  nella,  modesta  scuola 
di  Orerille  Street,  dove,  usando  un  linguaggio  piano, 
accessibile  agli  operai  italiani,  convenuti  colà  a  udire 
la  sua  parola  d7  insegnamento,  il  Mazzini  narrò  a  lar- 
ghi tratti  la  vita  del  poeta.  (2)  Non  si  può  sicuramente 
ammettere  che  tutto  quanto  inseri  ^//'Apostolato  Po- 
polare snlly  Alighieri,  egli  avesse  già  esposto  a  voce  ai 
suoi  umili  allievi;  è  però  certo  che  l'articolo  era  ad 
essi  unicamente    destinato,    poiché  in    una  lettera  alla 


(*)    Ediz.   nazionale,   voi.   XXV,  pp.   rj-xxiij. 

(J)  Un  redattore  del  People'H  Journal,  che  si  firmava  C.  S.  H., 
il  quale,  negli  ultimi  mesi  del  1846,  ebbe,  modo  di  assistere  a  una 
di  quelle  legioni  tenute  dal  Mazzini  alla  scuola  italiana  di  Gre- 
ville  Street,  affermata  in  un  suo  articolo  che  quella  lezione  «  era 
per  feti  a  mente  intelligibile,  tanto  che  un  fanciullo  avrebbe  potuto 
intendevi  a.  Tulio  ciò  era  dovuto  alla  semplicità  dell'espressione, 
tehlìc.ne  un  filoso/o  o  uno  storico  non  avrebbe  avuto  nulla  da  obiet- 
tare. »  People'H  .Journal,  n.   .55  del  16  gennaio   1847 . 


INTKODUZIONK. 


maitre,  del  9  settembre  1841,  il  Mazzini  scriveva  :  «  Il 
terzo  numero  dell'  Apostolato  esce  dopo  dimani.  Con- 
tiene per  ritratto  quello  di  Dante,  con  un  articolo  Ino 
grafico  per  far  conoscere  agli  Operai  l'uomo  il  più  pò 
tenie  d'ingegno  che  abbia  mai  avuto  l'Italia.»  (')  K 
ai  suoi  ascoltatori  pareva  rivolgersi  quando,  in  fine  del 
suo  breve  scritto,  egli  cosi  esortava:  «  Volete  voi.  O- 
perai  Italiani,  onorare  davvero  la  memoria  de?  vostri 
Gracidi  e  dar  pace  all'anima  di  Dante  Allighieri  f  Ve- 
rificate il  concetto  che  lo  affaticò  nella  sua  vita  ter- 
restre. Fate  itna  e  potente  e  libera,  la  vostra  contradtt. 
Spegnete  fra  voi  tutte  quelle  meschinissime  divisioni 
contro  le  quali  Dante  predicò  tanto,  che  eonda ti narono 
lui.  V  uomo  che  più  di  tutti  sentiva  ed  amara  il  vostro 
avvenire,  alla  sventura  e  all'  esilio,  e  voi  a  una  im- 
potenza di  secoli  che  ancor  dura.  Liberate  le  sepolture 
de'  vostri  Grandi,  degli  uomini  che  hanno  messo  timi 
corona,  di  gloria  sulla  vostra  Patria,  dall'onta  d' es- 
sere calpesta  dal  piede  d'un  soldato  straniero.  E  quando 
sarete  fatti  degni  dì  Dante  nell'  amore  e  neW  odio  — 
quando  la  terra  vostra  sarà  vostra  e  non  d'altri  — 
quando  l'anima  di  Dante  potrà  guardare  in  voi  senza 
dolore  e  lieta  di  tutto  il  santo  orgoglio  Italiano  — 
noi  innalzeremo  la  statua  del  Poeta  sulla  maggiore  al- 
tezza di  Roma,  e  scriveremo  sulla  base:  Ai,  profeta 
della  Nazione  Italiana  già  italiani  degni  di 
lui.  » 

Una  recensione  al  curiosissimo  libro  che  Giuseppe 
Ricciardi  aveva  pubblicato  a  Parigi  nel  1842  col  ti- 
tolo di  Storia  d'Italia  dal  1850  al  1900,  fu  la  ma- 
teria del  secondo  articolo.  Già  da'  primi  di  giugno  di 
qnell'  anno   il  Mazzini  era    informato  di  quella  pubbli- 

(*)  Ediz.  nazionale,   voi.   XX,  p.   309. 


IN  TKOIH'ZIONK 


razione  dell'esule  napoletano.  (')  e  fin  d'alloro  orerà 
mostrato  il  desiderio  di  averla,  per  potersene  occupare 
nel  suo  periodico.  (*)  forse  perché  da  piti  parti  era,  stato 
informato  che  il  Ricciardi  parerà  discordare  da  lui 
per  quel  che  si  riferirò  al  concetto  religioso  da  im- 
primere olio  r  induzione  italiana.  E  prima  ancora  di 
aree  letto  il  libro,  scriverà  air  autore:  «  Ho  già  let- 
tere do  Po  ri  (fi  che  me  lo  annunziano  come  dannoso 
allo  causo  per  lo  troppa  reazione  contro  il  Cattolid- 
sm<>  e  contro  il  Papato,  e  credo  s'abbia  da  dichia 
rat,  :  gli  uomini,  che  sperano  la  libertà  italiana  dal 
Papa  mi  paiono  matti  o  peggio.  Ma  come  indovinate 
(fio  d«  ouel  poco  eh'  io  scrini,  credo  d'altra  parte 
che  non  riesciremo  ad  abbattere  quel  cadarere  se  non 
religiosamente,  fondando  meglio;  la  sterile  negazione 
del  materialismo  mi  pare  condannare  alla  impotenza. 
A  qui  sto  modo  giudicherò  il  vostro  libro.  »  (3)  E  lo 
giudico  infatti  com'  era  sua  intenzione,  nell'artìcolo  che 
pubblicò  nei  ».  7"  ^//'Apostolato  Popolare  del  25  set- 
tembre 1842.  Se  non  che.  U  osservazioni  del  Mazzini 
non  con  cinsero  il  Ricciardi,  il  quale  volle  ribatterle 
'"//  una  lettera  che  il  12  novembre  di  quello  stesso 
anno  indirizzò  al  direttore  dell''  Apostolato  Popolare, 
inserita  nel  n.  9°  del  periodico;  ma  le  nuove  ragioni 
addotte    non    rimossero   apatto    il  Mazzini  dai  suoi  saldi 


(')  Nt  arem  arnlo  notiti*  ita  quel  Ruggiero,  napoletano,  andato 

^arlo   a    Londra  per   incarico  del  Ricciardi.    Ved.  i'ediz.  nazio- 
nale,   mi.    XX  111,   r.    223. 

(*)       $0    ciu     I Ucciardi    —    Hcrivera    al    Lambirli    il    2    giu- 
gno   1H42  —   xlumpa  un   librò  c<ni  0M<    furi  uti    contro    il   Rapa  : 
prohabilmenlt    lo    manderà    egli:    ma    .«'ci    non   lo    fa,    cercate     man 
dai  nolo   j,ii     /'Apostolato.  »     hi.,    voi.    XXI II,    p.    17 fi . 

(*)Lclt.    ai    Uicurdi.  del  IH  higlio   1H42  (in  hi.,  n>l.  XX HI. 
99*    ■' 


X  INTHODUZJONB. 

pr  incipit  in  materia  religiosa,  e  alla  ietterà,  oltre  a 
rispondere  privatamente  aW  autore  della  Storia  d'Itali» 
dal    1S50  al  1900,  aggiunse   una  stia  breve   chiosa.  (l) 

Il  Frammento  di  traduzione,  che  è  il  terzo  arti- 
colo inserito  in  questo  volume,  e  che  fu  pubblicato  nel 
H.  .9°  Gl'Apostolato  Popolare,  non  ha  testimonianze 
sicure  che  si  debba  attribuire  al  Mazzini.  Si  deve  tutta- 
via osservare  che  in  quel  periodico  tutti  gli  articoli 
mazziniani  non  recano  alcuna  sigla,  della,  quale  invece 
sono  quasi  sempre  provveduti  que' pochi  articoli  che 
sono  di  autore  diverso.  (2)  Per  queste  ragioni,  e  anche 
perché  il  Frammento  di  traduzione,  di  cui  s'ignora 
/'  originale,  risponde  a  quello  speciale  atteggiamento  di 
stile  e  di  idee  del  Mazzini,  è  plausibile  che  gli  si  debba 
assegnare. 

Insieme  con  quello  per  V Alighieri,  dall'  epistolario 
apparisce,  può  dirsi  perenne,  il  culto  che  il  Mazzini 
ebbe  per  la  memoria  del   Foscolo,  al  quale,  egli   dedicò 

(1)  Ediz.  nazionale,   voi.  XXIII,  p.  350. 

(2)  NtlV Apostolato  Popolare  comparvero  infatti  notamente 
quegli  articoli  che  qui  si  indicano,  scritti  da  altri  autori:  Pre- 
ghiera pei  fanciulli  italiani,  di  F.  D.  Guerrazzi  (n.  4°);  A  Roma 
antica,  dello  stesso  (*.  9°),  preceduto  da  queste  parole,  del  Maz- 
zini: «  V  inno  del  Sig.  F.  I).  Guerrazzi  che  qui  inseriamo  è  pream- 
bolo d'un  libro  che  sta  componendosi.  Discordi  da  parecchie  idee, 
e  segnatamente  dal  senso  di  sconforto  che  trapela  in  tutta  la  com- 
posizione per  ciò  che  riguarda  V  arvenire  di  Roma,  noi  tuttavia  lo 
inseriamo  commossi  dai  segni  innegabili  d*  una  potenza  poetica  sin- 
golare e  della  energia  [non]  comune  che  la  dettò.  Il  numero  venturo 
fM/'Apostolato  conterrà  una  risposta,  »  la  quale,  tuttavia,  non 
venne  mai.  Seguono:  la  lettera  del  Ricciardi,  che  s'è  ricordata 
(id.);  Dell'obbligo  degli  scrittori  (n.  i/°),  in  cui  è  avvertito- 
eh' è  un  «articolo  comunicato;  »  la  recensione  alla  Guerra  del 
Vespro  siciliano  (id.)}  che  è  anonimo,  ma  che  non  ha  alcuna 
probabilità  che  si  debba  attribuire  al  Mazzini  (ved.  infatti  la 
leti,  a    Pietro    Giannone.  del    23    luglio    1843,   neW  ediz.  nazio- 


INTRODUZIONE. 


una  {iran  parte  delia  sua  attività  letteraria,  sin  da 
quando  ebbe  ad  affacciarsi  sulla  via  degli  studi;  e  già 
d'allora,  oltre  a  scrivere  pubbliche  lodi  all'autore  del- 
POrazione  a  Bonaparte,  esortava  gV  Italiani  a  prov- 
vedere degnamente  a  una  raccolta,  dei  suoi  scritti  ;  anzi, 
come  confessava  dieci  anni  appresso,  s'accingeva  egli 
stesso  con  grande  serietà  di  propositi  a  contribuire  a 
quest'opera.  Infatti,  disponendosi  più  anni  dopo  a  far 
visita  al  libraio  inglese  Pich'ring,  per  «  scorrere  ma- 
noscritti di  Foscolo  sulla  Divina  Commedia,  »  seri- 
vera  alla  madre,  il  10  giugno  1S40  :  «  Bicordo  quan- 
d'  io  era  in  Genova,  e  prima  del  1830  d'avere  scritto 
a  questo  Piekering  per  chiedergli  conto  di  questo  ma- 
noscritto, e  averne  avuto  risposta,  eh'  ei  V  aveva,  ma 
non  potea  darlo  che  per  400  sterline,  prezzo  sborsato 
da,  lui  a  Foscolo.  È  una  edizione  del  Poema,  di  Dante, 
con  note,  prefazioni,  vita,  e  lavori  di  vero  erudito 
sulle  varianti,  etc.  :  lavoro  penosissimo,  ed  importante 
per  la.  Letteratura.  Il  primo  volume  eh7  è  una.  Intro- 
duzione di   Foscolo  stesso  al    Poema    fu  stampato  qui, 


nalr,  voi.  XXIV.  p.  196):  il  Cenno  pulì'  influenza  dello  isti- 
tuzioni politiche  su  l'educazione  dei  popoli  (n.  i 2°).  firmato 
P.  G.,  cioè  Pietro  Giannone:  infine,  V  articolo  Miseria  crescente 
nelle  classi  operaie,  con  cui  si  con  chiudeva  V  Apostolato  Popo- 
lare, non  firmato  anch'esso,  ma  che,  appena  dopo  una  fugace 
lettura,  appare  eridente  non  sia-  scrittura  mazziniana,  anzi  eia  da 
assegnare  a  ohi  faceva  dimora  in  Francia.  Infatti,  è  noto  che  t 
dm-  ultimi  numeri  Gl'Apostolato  Popolare  furono  stampati  non 
pili  a  Londra,  ma  <<  Parigi,  e  quindi  il  Mazzini  non  poteva  più 
atmintcrli  di  quelle  cure  che  avera  speso  per  i  precedenti  :  t  oké 
neW epintolario  nono  frequenti  le  esortazioni  'il  Lamberti  t  ni  (Can- 
none di  ierioere  o  di  procurare  articoli  ni  periodico  (t'eri.,  aii  te., 
la  lettera  al  primo  rii  chsì,  del  27  Ottobre  1843,  nelVeriiz.  na- 
zionale,   mi.    XXI  ('.    p.    :ì<>2),    riel   quale    il     Mazzini   prirnlera    la 

proxmnia  eoeeaoione. 


IX  I  IìOIHZIOM'.. 


e  ristampate  a  Lugano:  poi  Foscolo  mori;  tutti  gii 
inglesi  che,  per  testimoniargli  omicida,  s' crono  otti 
vati  come  soscrittori,  si  ritirarono  :  di  piti,  per 
un7 opera  siffatta.  v'  è  bisogno  d'  un  correttore  dette 
prove,  che  sia  letterato  egli  stesso;  sicché  Pickering 
lasciò  andare  il  progetto  :  non  islam  pò  più  altro  :  e 
si  tenne  il  manoscritto.  A  me  fin  d'allora  pareva  ver- 
gogna che  il  manoscritto  d'un  esule  cosi  benemerito 
del  nostro  paese  si  rimanesse  perduto  negli  staffali  d'un 
tipografo  inglese  per  noncuranza  degli  Italiani  ;  ma  non 
essendo  ricco,  non  ci  pensai  più.»  (*)  Tuttavia,  pure  am 
messo  che  il  Mazzini,  sviato  da  ben  altre  cure,  ne  smet- 
tesse per  allora,  e  per  qualche  anno,  il  pensiero,  non  è  già 
detto  che,  avviandosi  per  il  quarantenne  esilio,  egli  non 
sf  intrattenesse  pie  di  studi  attorno  al  Foscolo,  che 
anzi,  a  questo  proposito,  notava  spesso  di  sé  «  che 
un'  idea  una  volta  entrata  nella  sua  testa  non  se  /<?an 
dava  prima  che  non  avesse  tentato  realizzarla:  ciò,  quau- 
d' anche  egli  fosse  stato  lunghi  anni  senza  pensarvi.  »  (*) 
Perseverò  invece  nell'esilio  le  sue  ricerche  fosco  li a  ne. 
durandole  intensamente  nell'  ultimo  anno  del  suo  sog- 
giorno nella-  /Svizzera,  quando  spronava  gli  ((mici,  e 
più  specialmente  il  Rosale»,  ad,  aiutarlo  per  una  va- 
gheggiata, raccolta  di  articoli  del  cantor  de'  Sepolcri. 
sparsamente  editi  nei  periodici  inglesi;  e  nell'esilio  di 
Londra  egli  continuò  nel  suo  proposito^  per  cui  entrò 
fino  dal  1838  in  relazione  con  la  Donna  gentile,  e 
interrogò  e  mise  a  contribuzione  senza  tregua  parenti 
e  amici  di  Genova.  Poco  dopo,  riprese  il  suo  an- 
tico disegno  di  dare  a  luce  il  commento  foscoliano 
alla   Divina  Commedia,  e  per   metterlo  in  esecuzione, 

(l)   Ediz.   nazionale,    col.   XIX.  pp.    Ì6P-Ì6.V. 
C2)   Id..  p.    162. 


1M  KOIHJZIONK.  XIII 

pensò  di  trarre  profitto  delle  buone  intenzioni  che  a 
veva  il  Rolandi,  il  quale  già  dal  1839,  per  quanto 
«libraio,  libraio  italiano,  timidissimo  in  fatto  specu- 
lazioni, »  era  stato  persuaso  da  lui  di  pubblicare,  ciò 
che  non  si  fece  più,  «  un'  edizione  del  Poema  di  Dante, 
circondato  di  disco  ni,  ritratti,  illustrazioni,  »  al  quale 
materiale  artistico  avrebbe  provveduto  Scipione  Pi 
strucci.  (l)  Si  trattava  tuttavia  di  superare  enormi  dif- 
ficoltà, non  tanto  per  quel  che  si  riferiva  alla  pub- 
blicazione del  testo  del  Commento,  che  il  Foscolo  non 
aveva  propriamente  liberato  per  le  stampe,  quanto  pel- 
le straordinarie  esigenze  del  libraio  in  alese,  per  nulla 
affatto  cambiato  dai  giorni  in  cui  Ugo  Foscolo  aveva 
avuto  la  sciaguia  di  dover  trattare  con  lui;  (*)  e  oltre 
a  quelle,  anche  le  esitanze  del  libraio  italiano  a  so- 
stenere le  spese  di  stampa  di  unJ  opera,  cosi  poderosa. 
«  Ho  tanto  detto  e  ridetto  —  scriveva  il  Mazzini  alla 
madre  il  18  luglio  1840  —  che  il  Rotondi  s'è  risolto 
d'assumer  V  impresa,  ma  con  dilazioni  interminabili  e 
sicurezze  di  so.scrittori  e  promessa  di  correzione  e  d'a 
iuto  mio  che  darò  lietamente  e  senz'  altro  compenso 
che  quello  di  vedere  realizzato  un  desiderio  che  fin  da 
quando  io  era  in  Genova  prima  del  1830  mi  tormen- 
tava.   Faremo  dunque  un  manifesto,  (3)  dando  un   pro- 


(')   Ediz.   nazionale,  voi.   XVI  11,  p.  278. 

(2)  F.  Vigli one,  Ugo  Foscolo  in  Inghilterra  {negli  Annali 
della  Scuola  normale  Riiperiore  di  Pisa,  voi.  XXII  [19 10),  p.  120  0 
segg.).  Il  Mazzini  ebbe  infatti  egli  stesso  a  constatare  la  sordida  ava- 
rizia del  Pickering,  quando  trattò  con  Ini  V acquisto  dell}  autografo 
foscoliano  di  quella  parte  della  Lettera  apologetica  che  era  rimasta 
nelle  mani  del  libraio.  Ved.  la  lettera  alla  madie,  del  18  giu- 
gno  1840  (ediz.  nazionale,  voi.    XIX.  pp.    164-165). 

(3)  E  quello  tki  tri  si  legge  nelV  ediz.  nazionale,  voi.  XXI  r 
pp.  335-337. 


XIV  INTKODUZIONK. 

getto  dell'edizione,  e  invitando  gì'  italiani,  poich' altro 
non  sanno  o  non  vogliono  fare,  a  far  si  che  si  stampino 
almeno  i  libri  degli  uomini  che  muoiono  in  esilio  per 
essi.  Il  Rotondi  viaggerà,  credo,  nel  settembre  e  nel- 
l'  ottobre,  l'  Italia  da  un  capo  all'  altro,  e  portando 
con  sé  i  manifesti,  raccoglierà  soscrittori,  tanti  che 
bastino  a  far  acquisto  del  manoscritto  senza  timore 
di  perdere  la.  somma  sborsata.  Poi,  stamperemo.  Di  al- 
cune città  dov'io  serbo  una  certa  influenza,  son  certo  : 
dell'  altre  spero,  e  voi  tutti  v'adoprerete.  Mi  pare  cosa 
non  dubbia  che  nel  1841  l'edizione  Foscoliana  del  Dante 
sarà  compiuta.  >>  (l)  Invece,  le  trattative  dovettero  durare 
assai  più  a  lungo  che  non  sperava  il  Mazzini,  poi 
che,  pronto  e  diffuso  nel  settembre  del  1840  il  mani- 
festo, il  quale,  per  certe  frasi  che  vi  si  leggevano,  trovò  op- 
positori in  Italia,  specialmente  in  Toscana,  dove  urtò 
nella  suscettibilità  di  Gino  Capponi,  (2)  l'inizio  della 
stampa  del  commento  foscoliano,  che  si  eseguiva,  a  Bru- 
xelles «per  economia,  »  (3)  si  protrasse  fi no  all'  aprile 
dell'  anno  successivo,  (4)  e  i  due  primi  volumi  non  fu- 
rono pubblicati  prima  del  marzo  del  1842,  (5)  costrin- 
gendo il  Mazzini  a  una  fatica  ben  rude,  che  non  può 
essere  saputa  se  non  da  chi  è  pratico  di  questo  genere 
di  lavoro.  «  Il  manoscritto,  redento  dalie  mani  di  Pi-- 
clcering,  —  scriveva  infatti  a  Giambattista  Passerini  il 
14  gennaio  1842  —  è  tale  da  far  disperare;  le  va- 
rianti che  Foscolo  accenna  d'  adottar  nelle  note  giu- 
stificative sono  spessissimo  dimenticate  nel  testo  eh' ei 
-correggeva  ;  sicché,   quando  la  nota  stessa   non  le  sug- 

(d)  Ediz.  nazionale,  voi.  XIX.  p.    198. 

(2)  Id.,  voi.  XX,  p.   159. 

(3)  ld.,  voi.  XX,  p.   1>3. 

(4)  ld.,  voi.  XX,  pp.   165-166. 
(b)  ld.,  voi.   XXI li,  p.   67. 


FNTRODUZIONK.  XV 

gerisce,  bisogna  dedurle  dal  confronto  delle  edizioni, 
e,  quando  ei  s'attiene  a  codici  vari  o  veduti  da  lui 
solo,  la  faccenda  riesce  oltremodo  spinosa.  »  (*)  Non 
sembra  quindi  che  il  Mazzini  si  fosse  indugiato  troppo 
nel  suo  lavoro  di  riordinatore  e  di  editore  di  un  ma- 
noscritto che  era  cosi  difficile  da  interpretare  e  da  com- 
pletare, quando  si  pensi  che  tutto  il  commento  foscoliano 
potè  finalmente  uscire  a,  luce  nel  novembre  del  184H,  pre- 
ceduto da  una  introduzione,  che  V  esule  firmò  Un  Ita- 
liano, e  non  già  col  suo  nome,  prevedendo  che,  in  tal 
modo,  tutta  l'edizione  avrebbe  avute  minori  difficoltà  di 
penetrare  in  Italia. 

* 

*  * 

Prima  ancora  che  il  Manzini  avesse  licenziato  per 
la  stampa  il  quarto  ed  ultimo  volume  del  commento 
foscoliano  alla  Divina,  Commedia,  era  sorto  in  lui  il 
pensiero  di  dare  a  luce  una  larga  scelta  di  quegli 
scritti  politici  del  Foscolo,  che  da  pili  parti,  ma  spe- 
cialmente accedendo  agli  autografi  che  il  Mayer  e  gli 
altri  amici  di  Firenze  avevano  riscattato  dalle  mani 
del  canonico  Riego  e  a  quelli  posseduti  dalla  Donna 
gentile,  aveva  potuto  riunire,  col  proposito,  lungamente 
vagheggiato,  ma  non  mai  potuto  essere  esaudito,  di  met- 
terli a0ontributo    per  una,  Vita   del  Foscolo.  (2)  Ac- 


(')  Edi»,  nazionale,  rol.  XX III,  p.  12.  Anche  reni' anni  dopo,  il 
Mazzini  ric>rdara  con  terrore  le  fatiche  che  arerà  durale,  pur 
«  tremanti  d'  essere  per  desiderio  di  sollecitudine  irrirerentc  al  genio 
di  Dante,  e  all'  ingrano  di   Foscolo.  »   8,    E.  /.,  rol.   VI,  vp.  16-17. 

(?)  Non  è  qui  il  caso  di  ritessere  la  lunga  storia  delle  inda- 
gini f  lite  dal  Mazzini  per  riunire  il  materiale  degli  scrini  fosco- 
liani inediti,  anche  perché  le  note,  sparse  per  entro  i  rotami  del- 
V  c}>iHtolarioniazziniano,  d'I  settimo  al  dodicesimo,  danno  un  minato 


NTUOlMiZIONK. 


cingendosi  a  questo  lavoro,  il  Ma::ini  aveva  <  veduto 
conveniente,  per  un  ri  (/nardo  verso  gli  amici  che  ave- 
vano acquistato  a  Londra  i  manoscritti  foscoliani,  di 
ottenere,  ciò  che  gli  fu  facilmente  accordato,  l' appro- 
vazione di  poterli  stampare.  (l)  «  lo,  come  sapete,  — 
scriverà  infatti  alla,  madre  il  4  gennaio  1H4H  —  m'era 
proposto  di  scrivere  la  Vitti  di  Foscolo:  e  per  que- 
sto ho  raccolto,  per  cure  mie  e  d'altri,  quanto  ho  pò 
luto  di  documenti,  lettere,  scritti  inediti,  eie.  Mi  trovo 
avere  un  buon  numero  di  scritti  politici  di  Foscolo 
interamente  ignoti  e  importantissimi  sugli  avvenimenti 
del    1814    e  '16,     eie.    Or,    di    questi    scritti,   parecchi 

ragguaglio  dell'  opera  assidua  e  tenace  da  lui  compita  a  questo  ri- 
guardo, specialmente  per  quanto  si  riferisce  cosi  agli  autografi  fo- 
scoliani posseduti  dalla  Mocenni-Magiotti  come  a  quelli  che  erano 
ormai  depositati  presso  la  biblioteca   Labronica  di  Livorno. 

(l)  Sappi  dunque  —  gli  scriveva  il  Mayer  da  Livorno  il  9  di- 
cembre 1842  —  che  noi  abbiavi  sempre  inteso  e  intendiamo  non 
volere  utile  alcuno  dalla  edizione  di  quegli  scritti.  Li  abbiamo  ce- 
duti a  te,  dopo  averli  negati  ad  altri,  perché  nelle  tue  mani  riu- 
scissero di  maggiore  onore  al  Foscolo  e  ne  venisse  forse  ancora 
qualche  utile  materiale,  non  a  te  (che  sappiamo  come  vivi),  ma  per 
mezzo  tuo  ad  altri.  Quel  volume  di  cose  politiche  fallo  prima,  ma 
fallo  quanto  prima,  perché  in  esso  sarà  tanta  parte  della  vita  del 
Foscolo,  da  far  dimenticare  chi  ne  scrisse  e  forse  ancora  da  non 
lasciar  molto  da  fare  a  te  stesso  come  biografo.  Sei  tu  dunque 
proprietario  ed  arbitro  d'ogni  cosa.  E  questa  dichiarazione  te  la 
faccio,  prendendone  presso  i  due  miei  amici  quella  responsabilità- 
che  è  ben  piccola,  paragonata  a  quella  di  cui  ti  aggravi  tu  stesso. 
lasciando  per  tanto  tempo  inediti  quelli  scritti.  A  Rolandi,  a  Bau- 
dry  o  ad  altH  non  parrà  vero  di  ottenere  il  modo  di  metter  fuori 
quanto  prima  un  volume,  che  tu  slesso  conosci  dover  aver  grande 
spaccio  cosi  in  Europa  come  in  America.  Opera  dunque  come  chi 
ha  le  mani  libere  affatto  e  rallegraci  presto  colla  notizia  che  le 
cose  dissotterrate  da  noi  non  eran  tornate  di  nuovo  a  seppellirsi 
fra  le  lue  mani.  »  A.  Linakrr,  La  vita  e  i  tempi  di  Enrico 
Mayer,  ecc.,  cit.,  voi.  II,  p.  75. 


INTKODUZIONIC.  XVU 

dei  quali  furono  procacciati  da  amici  miei  che  sono 
in  Italia,  m' è  giunta  due  giorni  sono  una  dichiara- 
zione di  proprietà  in  me.  con  diritto  di  farne  ciò 
eh  *  io  voglio  col  miglior  utile  mio  e  per  la  fama  di 
Foscolo.  Il  mio  primo  pensiero  era  d'  innestarli  tutti 
nella,  Vita  di  Foscolo  :  ma  ho  troppe  cose  in  collo  per 
essere  sicuro  di  potervi  lavorar  molto;  sicché  nell'in- 
certezza, e  anche  nel  dovere  di  provvedere  all'onore 
di  Foscolo,  ho  risoluto  di  pubblicare  intanto  questo 
volume  di  scritti  politici,  premettendovi  una  lunga  pre- 
fazione mia.  Un  volume  di  scritti  siffatti  col  nome  di 
Foscolo  e  col  mio  si  venderà  sicurissimamente  bene. 
Ma  io  non  sono  libraio,  né  stampatore  ;  se  anche  stam- 
passi a  mio  conto  e  a  mie  spese,  sarei  imbrogliatissimo 
a  procacciare  lo  spaccio;  mi  converrebbe  mettermi  in 
mano  di  librai  che  mi  ruberebbero  ;  poi  o  in  Belgio,  o 
a  Parigi  me  lo  ristamperebbero  subito.  Il  meglio  è 
dunque  ch'io,  levandomi  tutti  i  fastidi,  cerchi  vendere 
il  volume  a  un  pubblicatore,  facendo  le  condizioni  di 
sorvegliar  io  la  stampa,  correggere,  etc.  E  cosi  son 
deciso  di  fare  ;  la  questione  ora  sta  a  chi  proporre,  e 
«juanfco  chiedere.  E  intorno  a  questo  sto  meditando: 
per  un  dovere  di  conoscenza,  proporrò  qui  a  Rolandi, 
l'editore  del  Dante,  appena  giunge;  ma  egli  impau- 
rito dalV  aver  avuto  arresto  e  molestie  d' ogni  genere 
un  mese  addietro  in  Lombardia,  cosa  nuovissima  per 
lui  che  ha  viaggiato  securamente  in  Italia  tutti  gli 
«inni,  non  vorrà  saperne,  probabilmente  quindi,  ricor- 
rerò a  Parigi.  Vedremo.  Certo  è  che  qualche  cosa  ne 
ritrarrò,  e  la  questione  sta  sul  più  o  sul  meno.  »  (l)  K 
poiché,  come  aveva  sospettato,  il  Roland i  si  rifiutò  di 
farsi  editore  del  volume,    il    Mazzini  diede    incarico  a 

I   U       nazionale,   voi.   XXIV,  pp.   o~-6. 


XVIII  INTROIXJXIONK. 

Michele  Acclusi  di  entrare  in  trattative  eoi  Bau  dry, 
il  notissimo  editore  pari  (fino,  che  da  più  anni  s'era 
quasi  specializzato  a  dare  a  luce  volumi  di  scrittori 
italiani,  per  sentire  se  era  disposto  ad  assumere  la 
pubblicazione  degli  scritti  politici  del  Foscolo.  Comu- 
nicando queste  sue  speranze  alla  madre.  (*)  il  Mazzini 
scriverà  pure  (di'  Accursi  di  far  sapere  al  Iiaudry  che 
in  caso  d7  accettazione  da  parte  sua,  egli  si  sarebbe  of- 
ferto di  stendere  una  «  prefazione  firmata.  >>  al  vo 
lume  stesso  e  che  si  sarebbe  contentata  d9  un  compenso 
di  duemilacinquecento  franchi,  (2)  dei  quali  era  disposto 
a  ricevere  una  metà  in  danaro  effettivo,  e  l'altra  meta 
in  tante  copie  del  volume,  con  obbligo  però,  da  parte 
dell'  editore,  di  non  collocarne  alcuna  sul  mercato  li- 
brario di  Londra,  fino  a  quando  il  Mazzini  non  a- 
resse  «  smaltito  »  le  sue.  (3)  Per  quanto  fossero  modeste 
quelle  pretese,  il  Mazzini  fondava  su  di  esse  le  sue  migliori 
speranze,  poiché  erano  giorni  tristissimi  per  lui.  assillato 
dal  pensiero  continuo  di  uscire  una  buona  volta  da  quella 
crisi  finanziaria^  che  era  forse  la  peggiore  di  tutte  che 
egli  aveva    Uno  allora    attraversate.  (4)  Però   il    Baudru 


(*)  «  Penso  e  ripenso  al  modo  piti  conveniente  della  pnbblica- 
stione  di  questo  volume  di  cose  inedite  di  Foscolo;  e  credo  che 
oggi  scriverò  a  Parigi  per  incaricare  un  amico  d'  esplorare  Baudry 
f.  vedere  quanto  potrebbe  sperarsi  se  io  gli  offrissi  il  manoscritto. 
Dalla  sua  risposta,  vedrò  che  cosa  ho  da  decidere.  »  Lettera  alla 
madre,  del  9  gennaio  1843  {ediz.  nazionale,  voi.  XXIV,  pp.  14-15). 

(?)  Lettera  al  Lamberti,  del  17  febbraio  1843  (ld.,  voi.  XXIV, 
p.   5.9). 

(3)  Lettera  al  Lamberti,  del  1°  febbraio  1843  (ld..  voi.  XX IV, 
p.  47). 

(4)  Ved.  la  terribile  lettera  al  Lamberti  del  9  giugno  1843 
(ld.,  voi.  XXIV,  pp.  152-156).  Per  colmo  di  sciagura,  era 
intervenuto  in  quei  giorni  il  fallimento  dei  Gambini  a  Genova 
(lettera    alla    madre,    del    1°   giugno    1843,   in  ld.,    voi.    XXIV, 


1NTKUDUZIONK.  XIX 

non  accettò  la  proposta,  fondando  li  suo  rifiuto  «  sulla 
certezza,  delie  contraffazioni  in  Belgio  e  in  Ticino  »  (*)  e 
sulla  considerazione,  della  quale  conviene  lasciare  a  lui 
Uutta  la  responsabilità,  «  eh' ei  non  credeva  Foscolo 
grande  scrittore.  »  (•)  Il  Mazzini,  che  s'  era  già  «  pre- 
parato »  ad  andare  «  a  Parigi  a  correggere  le  stampe*  » 
rimase  nella  «  lotta  piti  di  prima,  »  (3)  preoccupato 
ancor  piti  per  aver  preso  impegno  con  la  Donna  gen- 
tile e  col  Mayer  di  dare  a  luce  i  manoscritti  fosco- 
liani <«  dentro  un  certo  tempo.  »  (4)  Pensò  allora  di  of 
fri  me  l<t  stampa  a  Giacomo  Ciani,  il  quale,  come  s'è 
già  risto,  arerà  rilevata  la  tipografia  della  Svizzera 
Italiana  del  Raggia,  e  a  lui  chiese  hi  metà  del  compenso 
domandato  al  Baudry,  cioè  «  un  pò7  più  del  prezzo  che 
danno  per  un  libretto  d'opera.  »  (5)  Questa  volta  l'esule 
fu  pitt  fortunato:  il  Ciani  non  solo  accettò  di  farsi 
editore  del  volume  foscoliano,  ma,  esaudendo  forse  un 
desiderio  che  gli  arerà  espresso  il  Mazzini,  fu  pronto 
a  spedire  un  acconto  sulla  somma  che  era  stata  pat- 
tuita. (f ')  Per  parte  sua.  il  Mazzini  inviò  prestamente 
a  Lugano  i  materiali  del  volume,  e,  subito  dopo,  la 
prefazione,  la   anale,  nella  stampa,  reca  la,  data,  del  5  a- 


pp.  146  147  i.  nei  ifituh  la  famiglia  Mazzini  arerà  perdalo  nec- 
ton fumila  lire. 

(')   Lettere  al   Lamberti,  aia  ott.,   del    1°  febbraio  1843. 

(2)  Lettera  a  Q.  Macelliti  Mayiotti.  del  28  marzo  1843  iediz. 
Muionate,   voi.   XXI V,  p.  86). 

(:i)    Lettera   al    Lamberti,   di.    alla   nota    I. 

(«)  Lettera  alla  madre,  del  17  febbrai»  1843  (ld..  voi.  XXI V, 
f.  56 

('■')    Lettera   al    Lambirti,    eil.    alia   nota    1.    Con    runa   rra   unita 
>ra   <ti   propoeta   del    Mazzini   al   Ciani. 

0  al   Lamberti,  del  24  ma>  fé    (8  l'I     Id..  voi.    XXI V, 
p.    77>. 


XX  INTRODUZIONI   . 

gesto  1843,  quella  stessa  che  il  Mazzini  /unte va  alla 
dedica  del  volume  ai  suoi  amici  di  Firenze,  cosi  con- 
cefti t a  : 

A 

(ILVO  CAPPONI,   ENRICO   tóAYER    k  PIETRO   B  A  STOGI 

I    (JUALl    PRESERVANDO    DALL'  OBBLIO 

QÙEBTB    BSUQUIB    !>'  UN    E8ULK    ILLUSTRE, 

LIBERARONO    L*  ITALIA    DALLA    TACCIA 

D*  INGRATITUDINE 

fj  EDITORE    RICONOSCENTE. 


# 


Nel  frattempo,  il  Mazzini  attendeva  a  preparare 
altri  scritti  letterari.  Una  lettura  sul  Machiavèlli,  ohe 
aveva  fatta  a  Londra  il  Gonzales,  un  esule  mantovano 
colà,  e  insegnante  di  lingua  e  letteratura  italiana,  col 
quale  egli  ebbe  lunga  dimestichezza,  gli  porgeva  argo- 
mento per  stendere  un  articolo,  in  cui  s'era  proposto 
di  rilevare  V infondatezza,  di  quelle  malsane  accuse  che 
era  oramai  abitudine  di  scaricare  sul  conto  del  grande 
Segretario  fiorentino.  Il  Mazzini  lo  aveva  scritto  in 
francese,  destinandolo  a  quel  Courrier  de  l'Europe, 
écho  du  continenti,  che  il  Bohain  aveva  fondato  a  Lon- 
dra verso  il  1841,  e  che  ebbe  vita  effimera.  (*)  Mag- 
giori cure  dovette  invece  dare  all'  edizione  degli  scritti 
di  Carlo  Bini,  cioè  dell7  amico  delia  sua  gioventù,  per 
cui  aveva  avuto    sempre  un  affetto    grandissimo,   spen- 


(*)  E.  Hatin,  Bibliographie  historique  et  or^tique  de  La 
presse  francaise  ;  Paris,  Didot,  1866,  p.  425.  Il  Conrrier  de 
PEarope  è  estremamente  raro,  e  non  se  ne  rinviene  un  esemplare 
né  meno  alla  Biblioteca  Nazionale  di  Parigi.  Fu  però  esaminato 
dal  traduttore  dell'  articolo  sul  Machiavelli  per  Vediz.  degli  Scritti 


INTRODUZIONK.  XXI 

tosi  improvvisamente  a  Carrara  il  12  novembre  1842.  «Ho 
avuto  nuova  dispiacentissima  giorni  sono  della  morte  d'un 
&  migliori  uomini  di  Livorno,  e  amico  mio  d?  antico. 
—  scrivevo  alla  madre  il  7  del  mese  successivo,  —  del 
quale  dovreste  ricordare  il  nome,  Carlo  Bini.  Fu  la  mia 
prima  conoscenza  in  Toscana  e  viaggiammo  insieme  a  Mon- 
tepulciano dov'era  allora  il  Guerrazzi;  e  d'allora  in  poi, 
benché  da  oltre  a  dieci  o  undici  anni  non  ci  fossimo  veduti, 
fummo  amici.  8>  era  mantenuto  sempre  lo  stesso,  quando 
tutti  mutarono.  Ero  giovine  di  molto  ingegno,  ma  tra 
per  le  circostanze  sue  individuali,  tra  per  quelle  del 
paese,  tra  una  estrema  diffidenza  delle  proprie  forze, 
stampò  quasi-  nulla.  Nondimeno,  si  raccoglierà  di  Ini 
tanto  da  fare  un  volume  in  onore  della  sua  memoria.  »  (l) 
Alla  raccolta  provvidero  i  numerosi  amici  che  il  Bini 
aveva  a  Livorno  :  e  chi  ebbe  maggior  parte  nella  pub- 
blicazione, il  ricavato  delia  quale  doveva  poi  andare 
alle  dar  sorelle  del  defunto,  furono  Silvio  Giannini, 
rhe  per  questo  suo  iu<'<trico  non  senti  timore,  che  pure 
tanti  altri  seulirouo  grandissimo,  di  mettersi  in  rela- 
z  io  incoi  Mazzini.  (*)  e  Vincenzo  Malenchini.  che  durante 
un  viaggio  compito  a    Londra  nel  novembre  del  1842.  dove 

ò*i  un  ltal'iMiio  Vivente,  dalla  anale  ti  iUttritee  in  i/tienlo  volume 
lo  vento**  italiana.  Le  Haliti  vani  illustra  il  periodico:  «  Cétte 
ftuille.  fondét  par  V ancien  rédactenr  du  Figaro,  et  giti  cut  une 
n  riniti t  nétoriéié,  est  verni  trop  fard  à  ma  connaissance,  poni-  gite 
fai  pn  V  tmregittrer  à  san  ordre.  Elle  removte  à  1841  ou  1842. 

■<  motiiitil  di  lOiiHomption.  eu  1845,  guand  M.  Bohain  V a- 
iiundoiina  eu  pniiin  «,  te*  eréanciers,  pour  venir  fonder  à  Fari* 
*Mòù99$iV0n\éni  l'Epoqne,  Io  Semaiue,  le  .lardili  «i'hiver,  et  vingt 
nutre*  bangne*.  Bet  collaburalcurH  laissèrent  lomber  le  Courrier  de 
l'RnTOfM  et  l<  nmphorrent  par  roiisurvatriir  francai*.  » 
MI*.    „,<:,in,„le,    rol.     \  X  I  II .   pp.    367-988. 

(■)    leti,    le  lettere  del  4  maggio    trìt.'i  e    del    7    marzo    Itili 
>  hi..    r„ll.     XXII  .    p,     H6    r    XXVI,   p.    98). 


;XII  (NTKODUZIONK. 

t'era  presentato  al  Mazzini  appunto  con  un  biglietto 
di  Carlo  Bini,  aveva  dovuto  apprendere  la  notizia  della 
morte  del  comune  amico.  (()  Probabilmente,  fu  propria 
il  Malenchini  a  proporre  all'  esule  di  scrivere  «  alcune 
pagine  »  da.  porsi  «  in  fronte  al  volume,  »  le  quali 
erano  già  preparate  negli  ultimi  giorni  del  marzo  dei 
1843,  e  spedite  al  patriota  livornese  con  incarico  di 
rimetterle  al  Giannini  direttamente  da  Parigi  ;  e  fu- 
rono pagine  che  piacquero  assai  a  Livorno,  e  inserite 
nel  volume,  tutte  «  senza  mutazioni,  ben  inteso  senza 
il  suo  nome.  »  Né  il  Mazzini  si  limitò  a  queste  sole 
benemerenze  per  l'edizione  degli  scritti  del  Bini  :  ancor 
prima  che  fosse  preparato  il  volume,  egli  raccoman- 
dava infatti  al  Giannini  :  «  Inserite  quanti  più  po- 
tete frammenti  di  lettere  del  nostro  amico  ;  e  lasciale 
dire  chi  dice.  La  nostra  non  deve  essere  pubblicazione 
letteraria.  Comunque  V  intelletto  di  Carlo  ci  possa 
essere  sacro,  il  suo  cuore  ci  è  più  sacro  d'assai.  Noi 
vogliamo  stampare  nella  memoria,  de'  nostri  giovani 
concittadini  l'immagine  d' un'anima,  non  d'una  mente: 
vogliamo  dir  loro  :  in  nome  di  Dio  non  lasciate  che 
anime  siffatte  periscano  senza,  dar  frutto.  Abbiamo  noi 
tutti  oggimai  più  bisogno  d'uomini  che  non  di  scrittori. 
Abbiamo  bisogno  d'imparare  a  credere,  non  ad  am- 
mirare. Se  avrete  dato  alla  gioventù  nostra  un'anima 
da  venerare  ed  amare,  avrete  fatto  più  assai  che 
non  rivelandole  dieci  scrittori;  »  (~)  e  di  più,  racco- 
mandava che  al  volume  fosse  collocala   l'iscrizione  da 


(4)  Protocollo  della  Giovine  Italia,    voi.    I,  p.   257 . 

(2)  Ediz.  nazionale,,  voi.  XXIV,  p.  117 .  Il  Giannini  fu  cotti 
accurato  esecutore  di  queste  raccomandazioni  del  Mazzini,  da  porre, 
integralmente  queste  parole  di  lui  come  epigrafe  alle  lettere  del 
Bini,  riunite  nel  volume  degli  Scritti  editi  e  postami. 


JNTKOIMJZIONK 


lui  composta  per  la  «  pietra^  »  (l)  e  il  ritratto  del- 
l'amico,  rimanendo  però  deluso  in  quest'  ultima  «  spe- 
ranza, »  poiché  Temistocle  Guerrazzi,  fratello  dello 
scrittore,  che  s'  era  preso  V  incarico  di  eseguirlo,  non 
compi  mai  l'opera  sua.  A  ogni  modo,  il  volume,  che 
fu  stampato  a  Livorno  nella  tipografia  di  Paolo  Van- 
nini, dopo  che  settecento  diciotto  copie  furono  assicu- 
rate per  sottoscrizione,  (*)  riusci  opera  veramente  egre- 
gia ;  e  intorno  ad  esso  il  Mazzini  scriveva  al  Giannini  : 
«  Il  libro  è  quale  io  l' aveva  ideato  e  desiderato:  spira 
riverenza,  alla  memoria  dell'amico  estinto  e  mestizia 
d'animi  affratellati  nel  dolore,  nel V  amore  e  nella  spe- 
ranza. Quanti  hanno  amato  Bini  e  amano  il  paese 
ch'egli  avrebbe  ben  altrimenti  onorato  se  non  l'avesse 
t rorato  e  lasciato  schiavo,  vi  saranno  riconoscenti  delle 
cure  che  avete  posto  in  questa  edizione.  A  me,  voi  siete 
stato  più  che  cortese;  e  bendi' io  non  sia  certo  di  me- 
ritarlo, ri  sono  anche  di  questo  riconoscente;  in  que- 
sta vita.  d'Agar  nel  Deserto  eh'  io  vivo  da  oltre  a  tre- 
dici anni,  ho  pur  bisogno,  a  non  intisichire  moral- 
mente anzi  tempo,  di  qualche  goccia  d'  affetto.  Alcune 
delle  lettere  mJ  hanno  fieramente  commosso  e  m'  hanno 
fatto  rincrescere  di  non  avere  in  quest' ultimi  anni  ma- 
nifestato pia  largamente  al  povero  amico  il  mio  cuore 
r  tutto   V  affetto  eh1  io  gli  portava.  »    (3) 

V.m  fu  pero  pubblicata  nel  rolnme.  Quella  ohe  ri  legge 
nel  cimitero  di  Salviano  è  la  seguente  :  «  Pochi  \  Che  ne  racco Isev 
qui  sulla  terra  \  fi  profumo  |  Poterò  iitronHoiubih  questa  pietra  j  A- 
neordo  a  incitamento  j  E  a  rimprovero.  » 

(*)  ti  elenco  dei  nomi  degli  annodali  fu  ntampoto  infondo  al  vo- 
tomi .   ed  è  importante  a  scorrere,   perché  vi   nono   rappresentati  gli 
nomini  piti  importanti  del    insorgimento  italiano,    dal  Montanelli  a 
CuHtain    Modena,    dal    Giunti    al     (lucrrazzi,   dal     Momiani   al    l  n 
ecc. 

(8)    Lettera    itti    7    marzo    (844    {tétti.    na:ioualc.     col.      XAI'l. 
vp.    94-97). 


XX  IV  INTRODI'/.IONK. 

.1  due  lavori  di  maggior  mole,  oltre  quelli  dei 
quali  61  è  dato  conto,  il  Mazzini  attese  negli  anni  che 
furono  per  lui  di  qrand.e  attirila  letteraria:  uno  sul 
(fi'ìtio  e  le  tendenze  di  Tommaso  Carlyle.  l'altro  sulle 
opere  minori  di  Dante.  Ad  entrambi  egli  cominciò  ad 
atteìnlere  qìtasi  ad  un  tempo,  fino  dall'aprile  del  1840.  f1) 
sebbene,  distratto  subito  dopo  dal  poderoso  lavoro  di 
ordinamento  del  commento  foscoliano  alla  Divina  Coni 
media,  ne  mettesse  per  allora  da  parte  il  pensiero,  e 
solamente  V  anno  appresso  egli  informasse  la  madre  che 
era  occupato  a  scrivere  di  proposito  quello  sul  Carlyle.  (*) 
che  tuttavia  nel  giugno  era  già  pronto.  «  Ho  fermo 
di  terminare,  appunto  oggi,  —  scriveva,  alla  stessa  il 
HO  di  quel  mese  —  un  articolo,  che  da  lungo  tempo 
ho  fra  le  mani  ;  è  sulle  tendenze  e  sul  genio  di  Car 
lì/le.  e  re  n  ho  già  parlato  :  V aveva  cominciato  da 
molto,  poi  interrotto;  ora  è  quasi  finito,  ma  se  non 
lo  finisco  oggi,  corro  rischio  di  non  finirlo  più.  per- 
ché ho  altre  cose  da  fare.  TJ  ho  scritto  per  soddisfa 
zione  mia,  perché  avendo  divergenze  importanti  sul 
modo  di  vedere  le  còse  attuali,  ho  bisogno  di  consta 
tarle  a  lui  e  al  pubblico.  »  (3)  Ed,  infatti.  l'articoUt 
era  già  pronto  ai  primi  del  mese  successivo,  e  subito 
dopo  inviato  al  direttore  della  Britisli  and  Foreigu 
Review,  con  la  speranza  di  vederlo  pubblicato  in  un 
prossimo    numero  di    quel    periodico;  (4)  ma    fu   rima 


(*)  «  Ho  cominciato  anche  un  altro  articolo  sulle  cose  di  Cariale 
che  m'è  stato  chiesto  e  che  so  di  poter  fare  senza  offenderlo.  »  Lettera 
alla  madre,  dell' 8  aprile  1840  (ediz.  nazionale,  voi.   XIX,  p.  59). 

(2)  Lettera  alla  madre,  del  15  aprile  1841  (ld..  voi.  XX. 
p.    155). 

(3)  ld..  voi.  XX,  p.   238. 

(4)  Lettera  alla  madre,  dell7  S  Inolio  1841  (ld..  voi.  VA. 
V.   242). 


INTKOIHIZJONK.  XXV 

attesa .  che  si  protrasse  per  lungo  tempo,  specialmente  a 
eauso  dell'  impropri  sa  pazzia  da  cui  fu  preso  il  Beau 
moni,  proprietario  della  British  and  Foreign  ilo 
view.  (*)  che  per  questo  incidente  corse  pericolo  di  in- 
terrompere le  sue  pubblicazioni.  Per  più  di  un  aiuto 
il  Mazzini  non  ebbe  cosi  pili  notizia  del  suo  articolo  : 
è  solamenU  nel  febbraio  del  1843.  quando  cioè  renne 
a  luce  Fasr  and  Present.  egli  pensò  che  la  critica  da 
lui  fatta  attorno  alVopera  dello  scrittore  scozzese  po- 
teva t  ssere  pubblicata  molto  a  proposito.  «  Ricordo 
d'aberri  detto  più  d'un  anno  addietro  —  scriverà 
alla  madtt  il  ->b  febbraio  1K43  —  che  io  aveva  scritto 
ttii  articolo  sul  Genio  e  le  tendenze  di  Garlyle.  Or 
questo  articolo  fu  accettato,  ma  mi  si  disse  che  bisognava 
aspettare  una  circostanza  :  e  d'allora  in  poi,  non  si 
porli*  più  di  nulla.  Ora.  Garlyle  ha  sotto  stampa  un 
libro  sullo  stato  presente  delle  cose  Inglesi:  e  questa 
dei  comparire  un  libro  suo  è  precisamente  la  circo- 
stanza che  si  desiderava  per  parlar  di  lui.  Scriverò 
antique  ora  all'  Editore  della  Rivista  che  si  ricordi 
ch'egli  ha  un  articolo  mio;  e  che  aggiungendo  qual- 
che pagina  sui  libro  eh'escirà,  quell'articolo  deve  es- 
sere inserito,  e  quindi  pagato.  Or  Dio  sa  se  dopo  nn 
anno  r  non  so  quanti  mesi  l'articolo  non  è  perduto: 
Speriamo  di  no.»  (*)  Fortunatamente,  sia  pure  dopo 
tant<>  tempo  trascorso,  l'articolo  non  era  perduto:  oc- 
corsi co  però  nuove  sollecitazioni  del  Mazzini,  perché 
l'editore  dei  periodici)  si  facesse  rivo  e  rispondesse  al 
propositi*  :  {*)   e  fu   risposta    f'arorerolc  ai  desiderii  del- 

;  climi  alla  intuire,  ilei  SO  novembre  1H41  (etliz.  uazié- 
nnlr.    md.    .VA',   p.    :*79). 

<*)    Iti.,    rol.    A  A//  .   pp.    C 1-62. 

(•)  letica  alla  nimirr  liti  94-26  iiprit*  1943  </*/..  ,„t.  XXII. 
p.     107 


INTKOJMIXIONI 


l'autore,  il  quale,  il  1°  giugno  di  quello  stesso  mino, 
informava  la  madre:  «  Precisamente  quando  io  comin- 
ciava a  disperare,  mi  sono  capitate  le  prove  di  quel- 
l'articolo su  Carlyle.  »  (l)  Infatti,  l'articolo  intito- 
lato: On  the  Works  of  Thomas  Carlyle  (Genius  and 
Tendeneies)  comparve  nel  numero  dell'ottobre  del  184H 
della  British  ami  Foreign  Ileview  e  procurò  meritata 
fuma  alVautore.  «  Il  mio  articolo  su  Oarlple  ha  fatto 
qui  buònissimo  effetto:  —  scriveva  alla  madre  il  18  no- 
vembre 1843  —  vi  son  donne  a  me  ignote  die  m'hanno 
mandato  a  chiedere  un  mio  autografo.  »  (*)  E  anche 
molti  mesi  dopo,  con  manifesta  compiacenza,  sicuro 
vom'  era.  di  recar  gioia  a  chi  da  tanti  anni  era  depo- 
sitaria, d'ogni  sua  sensazione,  aggiungeva:  «  1/ articolo 
sopra  (Jarlyle....  è  stato  accolto  con  gran  favore  ;  e  in 
un'opera  in  due  volumi  uscita  or  ora  qui,  dove  parlano 
di  Carlyle,  parlano  del  mio  articolo,  come  del  miglior 
lavoro  di  critica  eh*  abbiano  letto  mai.  »  (3) 


Fu  già  notato  (*)  che  il  Mazzini,  avviando  i  suoi 
articoli  per  le  riviste  inglesi,  li  redigeva  in  francese, 
che  era  non  solamente  la  lingua  che  poteva  più  facil- 
mente esser  compresa  dal  traduttore  ai  quale  li  affi- 
dava, ma,  per  sua  stessa  confessione,  quella  di  cui 
egli  aveva  maggior  perizia,  dopo  V  italiana.  Ora,  come 
per  altri  suoi  saggi  di  critica  letteraria,  cosi  anche 
per  quello  sul    genio  e    le  tendenze    di  Tommaso    Car- 

(*)   Ediz.   nazionale,  voi.   XXI V,   p.    ?46. 

(2)  ld.,  voi.   XXIV.  p.   339. 

(3)  Lettera  alla  madre,  del  27  marzo  1844  (ld.,  mi.  XXVI. 
p.   127). 

(4)  Introduzione  al  voi.   XVI,  pp.  xxviii-xxicc. 


INTRODUZIONE.  XXVII 

lyle.  V auto grafot eoa  Nathan  conserva  alcuni  frani 
menti  della,  redazione  francese,  specialmente  degni  di 
essere  studiati,  perché  senza  dubbio  rappresentano,  al- 
meno in  parte,  il  pensiero  mazziniano  nella  forma  di 
getto,  come  s'era  a  lui  presentata  quando  volle  accin- 
gersi a,  esaminare  V opera  letteraria  e  filosofica  dello 
scrittore  scozzese.  È  di  più  da,  osservare  che  d'  un 
brano  dell'articolo  si  conservano  due  redazioni,  una 
certamente  stesa  quando  il  Mazzini  si  mise  per  pri- 
ma rotta  al  suo  lavoro,  nell'aprile  del  1840 ;  l'altra, 
alquanto  posteriore,  e  precisamente  quand'egli,  tornato 
su  quest'argomento,  nel  giugno  delV  anno  successivo,  si 
decise  a,  condurlo  a  termine.  Nella  prima  redazione  si 
osserva  quasi  una  traccia  dell'articolo,  e  vi  si  scorge 
che  il  Mazzini,  preoccupato  principalmente  di  regi- 
strare le  idee  che  gli  s'  affacciavano  in  tumulto  alla 
mente,  s'era  affrettato  a  stenderle  sulla,  carta,  segnando 
con  puntini  tutto  ciò  che  egli  avrebbe  potuto  poi  svol- 
gere a  suo  agio,  talvolta  sostituendo  qualche  parola 
inglese  alla   corrispondente  francese. 

Il  primo  frammento,  che  è  quello  al  quale  si  rife- 
riscono in  modo  speciale  le  osser razioni  dette  poco  so- 
pra.  è  costituito  da  un  semplice  foglietto  che  è  il  solo 
che  sia  rimasto  di  molti  altri  che  dovevano  rappre- 
sentare la  prima  stesura  dell'  articolo.  Esaminandolo 
con  attenzione,  si  può  stabilire  che  il  contesto  dif- 
ferisce alquanto  da  quello  che  poi  diventò  la  redazione 
definitiva,  come  fu  affidata  al  traduttore,  s2)ecialmente 
verso  la  line,  in  cui  il  Mazzini,  nel  testo  definitivo, 
accorciò  a  larghi  tratti  quel  che,  nel  concetto  originale } 
s'era   proposto  di  svolgere  con  ampiezza.  ISi  vegga  infatti  : 

TeufdlédrSok  ;>  fttil  d<M  proaélytos  :  les  ma<i  htpt§  •xpriinéM 
*t«x:  min  Meo  premise  oontetanotaase  <le  paissanoe,  datti  le  der- 
nier  ehapitre  <le  Sartor  Heftaitun  ont  été  lArgemerij   rempltai — 


X  \\  III  fNTR0I>UZIONK. 

Là    Pbilosophie   (Ics    ('lolite*    —  grace  aiissi   aux  ir.iivrcs  des  <i «•  ti x. 

Daudiai al  and  fhudge  Scct*  —  n.  fait  qnelqnes  pas des  Bigités  <>nt 

apparo:  ils  se  tooltiplient  ehaqne  jotrr  à  l'horisoa;  le  diame- 
tro <ics  deux  bottumlesft,  bollini/  whirlpoole  kas  widened  and  wi- 
dened —  et  Inerì  de  lecteurs,  qui  ont  commeneé  par  souriro  de 
pitie,  cornine  a  un  jargoil  inintelligible  et  ennuyeux  aux  demi- 
ironiques,  demi-sauvages  hints  dn —  regardent  aujoiinl'inii. 
ont  mould  say  avee  la  pei-sistem-e  (ics  moine*  da  Moni  Athos 
dans  osa  page»,  pour  voir  —  belasi  bien  souvent  avee  iumn- 
<  <  s.  mais  oe  a7 est  pas  la  fante  de  l'écrivain  —  s'ils  ne  pour- 
raient  déoouvrir  à  traverà,  quelque  grosse  Gedanfce.  Ils  admireut 
àntant  qu'ils  ont  sòomed'j  ils  admirent,  braves  felloios,  lors- 
mème  qu'ils  ne  comprennent  pan. 

Eh  bien  !   eeci  est  bon  :   il   est   bon  de  voir,    par  un   nouvel 
exemple.  qne  l'Intelligence  est  f'ortement  plus   f/>t  ou   pine  taxd 

reoonnue;  bon  de  voir Du  courage,   t'rères   méconnns!  ayez 

une  idée  bornie  et  utile;  de  la  foi  en  votre  devoir:  mi  peu 
de  courage:  soyez  hommes,  et  soyez  surf»  que  les  hommes  vos 
frèreN  finiront  par  savoir  qne  vous  étes  et  qui  vous  ètes.  Voici 
un  d'entre  vous  qui  a.  lutté,  lutté,  lutté  ;  1  ritte,  soni,  avant  iìp 
latterà  deux  j  lutté,  soyez-en  sùrs,  avee  tontes  Ics  souffranees — 

avee  tonte  l'amen  urne il  a  vainoli:  petit  ètre  a-t-il  laissé  bien 

de  lambeanx  de  sa  ebair  aceroehés  aux  buissons   de  la  route; 

mais Le  voilà  qui    yous    fait    signe    de    la    main —   et  qui 

vous  indique  le  pori.  Est-ee  bien  le  porti  Nous  allons  le  voir: 
mais  qn'il  le  soit  on  non.  Le  bon  exemple  est  rèe!.  Ce  n'est; 
pas  tant  la  véri  té  «in "il  nous  importe  de  conqaérir  :  c'est  le 
(mite  de  la  vérité;  c'est  la  determinatimi.  —  ("est  de  voir 
Ics   pélerius,   lenrs  flanes  ceints,    leur    baton    de    voyage    à    la 

main.   marcher Donnez  à  l'Humanité    la    volente,  rien  que 

la  volonté;  et  la  vérité  qui  Ini  csi  réservée.  elle  saura  bien 
la  eonqnérir.  » 

Ancor  più  notevoli  nono  le  varianti  e  le  aggiunte 
offerte  da  un  secondo  frammento,  che  è  certamente  pò 
steriore  al  primo,  poiché,  pur  trovandovisi  conservate 
gran  parte  delle  parole  inglesi  alle  quali  s' è  accen- 
nato, non  vi  riscontrano  piti  quei  tratti  di  sospensione, 
rappresentati  da    gruppi  di    puntini,  che  si    osservane 


#*r  --ìtì    #'a»»f*w<~7'  i/~y/.^     .-../>.   £*'f'rr'< .£,  }.f     / 


"T7 


7^   <-*    w***0'     **'»0   .-'/•*    *"'V~  '    7 -*■>»-' '■••'7      •«*? 
*  '  ^^    /<-  •"? <<"..* ..  ^*  7«  -t-       «  '  y<^  ">**   -**/i  '%,*7 — <*^*— ^—> 


INTUOÌM  ZIONK.  XXI  X 

nell'altro.  Tuttavia,  anche  per  esso  si  deve  risalire  al 
primo  momento  in  cui  il  Mazzini  si  preparò  a  scri- 
vere  il  suo  nuovo  articolo  sul  Carlyle,  per  U  fatto  che 
mentre  nel  testo  inglese  il  critico  accennava  all'  occa- 
sione che  gli  era  offerta  della  pubblicazione  di  PasiÉ 
and,  Present,  venuto  a  luce,  come  s'è  già  avvertito, 
nel  febbraio  del  1843.  nel  frammento  citato  non  si  fa 
ricordo  della  nuova  opera  del  Carlyle,  ed,  invece  s'ac- 
cenna alla  pubblicazione  recente  delle  Six  Lectures  Oli 
Heroes  and  Hero  Worship  e  alla  ristampa  di  Sartor 
Itvsartus.  ambedue  del  1841. 

Esso  contiene  le  prime  pagine  dell'  articolo,  e  fino 
a  un  certo  punto  il  testo  francese  va  di  pari  passo 
con  quello  inglese,  dal  quale  si  discosta  sensibilmente, 
là  dorè  si  pone  in  contatto  col  frammento  primitivo. 
A  questo  punto,  il  testo  francese  sopprime  quei  tratti 
di  sospensione  che  originariamente  erano  rappresentati 
con  altrettanti  puntini,  e  per  conseguenza  il  periodo 
esce  fuori  completo.  Però,  si  accentua  sempre  più  la 
differenza  fra  U  due  redazioni,  inglese  e  francese,  poi- 
ché quella  inglese  apparisce  sempre  più  riassunta.  La 
riproduzione  qui  appresso  del  secondo  frammento,  in 
cui  sono  messi  in  parentesi  quadre  quei  brani  che  fu- 
rono poi  omessi  nella  stampa,  servirà  ancor  piti  a 
suffragare  queste  sostanziali  differenze  : 

«  Noum  saisissoiis  avec  plaisir  Poccasion  quo.  houh  oltre 
Ut  publicai  ion  recente  des  Lectures  et  la  réimpreèsioii  de  Sartor 
Uetartu-,  <!<•  Mi.  Th.  Carlyle  pour  exprinior  notre  pensée  sur 
MI  p'..narqual>le  ócrivain.  Sur  l'écrivain,  disons-nous,  e'est-à- 
»Jii.  -ni  son  gelata,  sur  hch  tendences  plutot  qu<;  sur  scs  li vres : 
hot  l'idée  qui  l'inspire  et  qu'il  viont  repi repènte!  palmi  nou>. 
piutAt,  (pie  Hur  l'exprcsHion,  sur  la  forine  qu'il  lui  j)lait  de  lui 
(hoi-ir:  c<-||(}-ci  nona  imporle,  cu  «ilici.,  bcamoup  moina  qui- 
•  file,  |:,     Noiih  .ivons.   <u   (vs  tempi  d<-   (ranni t.iou .  de-  doni 

ii;ili'. li.    iv    thix    ii<-k  ami  <nil  (jj'-joiiit  tim<  ,  »   SOÌf  d'idéOS.    Ij<"- 


INTKOnUZIONi;. 


rieillea  8'en  vont,  ou  bien  elles  nona  pèsent  anr  le  ccBiir  [dé- 
cbarnóea,  dóvoréea  et  eadavéreiiees],  comme  des  rève.s  de  mi- 
nuit;  lea  jeunes  nona  apparaissent  teintes  en  toh»?  et  tonte» 
fraìcbes  d'espérancea,  mais  vaguea  et  incoraplètea  cornine  dea 
rèvea  du  niatin.  Nona  oacillons  entre  [des  rninea  et  un  herceau 
encore  vide,  entre]  un  paaaé  qui  n'a  plus  de  vie  et  un  a  venir 
qui  n'en  a  pan  encore  [.  Et  sur  ce  terrai n  mouvant,  rempli  de 
fantomes,  nona  marcitone  tato  iman  a  dana  la  nuit  sombre  —  car 
«ombre  elle  l'est,  quoi  qn'eu  disent  des  bommes  qni  prendraient 
volontiera  la  froide,  pale  et  reatreinte  lueur  des  flambeaux  de 
lenra  aalles  de  reception  ponr  la  grande  all-loving,  all-bUssing 
lumière,  du  soleil  de  Dieu]^ —  tantót  découragéa,  tanto  t  enflam- 
més  de  glorieux  pressentimens,  cherchant  à  travers  les  nuages 
qnelque  étoile  qni  nona  méne.  Nona  dentandoli*  tona,  comme 
Herder,  aux  instincts  de  notre  eonacience  [,  aa  frèmi ssemcnfc 
propbétiqne  des  masaea,  à  tout  ce  qni  a'agite  autour  de  nona 
et  au-dedana  de  nons  «  ein  grosser  Gedanke  »],  une  grande 
pensée  religienae  qui  non8  aauve  dn  donte,  mie  grande  foi  so- 
ciale qni  nons  aauve  de  L'anarchie,  une  grande  inapiration  mo- 
rale qni  incarne  en  soi  dans  uoa  actes  et  nona  aauve  de  la 
contempi ation  inaotive.  Nona  les  demandons  surtont  anx  intel- 
ligencea,  à  ces  bommea  aacréa,  penseura  et  poètea,  dans  lesquels 
viennent  se  réanmer,  liarmoniaéa  avec  lea  pina  bautea  intuitiona 
de  la  eonacience  individuelle,  lea  aentimena  et  Ics  aspirations 
mnettea  de8  mnltitudea.  Lenr  misaion  cbange  avec  lea  temps.  Il 
y  a  des  temps,  temps  d'activité  calme  et  normale,  qnand  [la  sevo 
d'un  eertain  ordre  d'idées  n'eat  paa  épniaéo,  dana  leaqueia  le 
poète  est  le  parfnm  de  la  fleur,]  le  penaenr  eat  l'astra  juir  et 
aerein  qui  illumine  et  aanctifie  de  son  aurèole  de  lumière  co 
qui  est:  il  y  en  a  d'antrea  dans  lesquels  il  fant  que  le  Genie 
se  dóvoue.  marcite  comme  la  colonne  de  feu  dana  le  désert, 
devant  nona,  et  aonde  ponr  nons,  dut  il  momentanément  y  pe- 
rir, l'ablme  de  ce  qui  sera.  Ce  sont  noa  temps.  Nous  ne  poli- 
gona aujonrd'hiii  nona  amnser  à  ètre  aimplentent  artiste*,  nous 
pi  ai  re  à  dea  aons  on  à  des  formes,  ne  careasant  que  noa  sene, 
ne  couvant  paa  quelqnea  germes  de  la  pensée  qui  doit  nons 
sa u ver.  [Les  doulenra  par  lesquelles  nous  souifrous  ne  deman- 
dent  paa  à  ètre  endornties:  mais  a  ètre  guéries].  Nous  ne  som- 
meg  guères,  au  XIXe  siècle,  diapoaéa  à  fai  re  comme  ce  peuple 
dont  parie  qnelque  part  Hérodote,  qui  trempa  dix-buit  aunées 
de  fantine  en  jouant  aux  dés  et  à  la  panine. 


INTRODnZIONK.  XXXI 

L'écrivain  anquel  none  avons  en  ce  moment  à  faire,  nous 
autorise  [par  la  nature  de  aes  travaux  et  par  la  tendence  de 
noi)  genie,]  à  l'examen  qne  nous  nous  proposons.  Il  est  triste 
et  grave.  Il  a  .senti  de  bornie  henre  le  mal  qui  ronge  le  monde 
anjonrd'hni.  Il  Fa  hautement  et  conragensement  proclama*  dèa 
aes  premiere  paa  dans  la  carrière.  Cali  ye  that  a  Society?  «  a**è*- 
eriat-il  dana  ime  de  ses  premières  publications  »  where  ih  ere  u 
no  longer  any  Social  Idea  extant,  not  so  mach  as  the  Idea  of  a 
common  home,  but  onìy  of  a  common,  over-crowded  Lodgivg  house  f 
Where  eaoh,  isolateti,  regardless  of  aia  neighbour,  turned  against 
hi*  neighbour,  clutches  what  he  con  get,  and  cries  «  Mine  !  »  and 
calls  il  LJeacef  beeause  in  the  cut-pnrse  and  cut-throat  Scramble, 
no  steel  knives,  but  only  a  far  sunniti ger  sort,  ean  be  employed! 
where  Friendnhip,  Cummunion,  has  become  an  ineredible  tradi- 
tion;  and  your  holiest  Sacramentai  Supper  is  a  smoking  Tarern 
Dinuer,  with  Cooh  for  JSvaugelistf  Where  your  Priest  has  no  ìon- 
gue.  but  for  platelickiutj  :  and  your  high  Guides  and  Governor* 
eannot  guide;  bui  on  ali  hands  bear  il  passionately  proda') ined  : 
Laiaees  faire!  Lea  ve  us  alone  of  your  guidance,  sueh  light  in 
darker  than  darknes»  ;  ' eat  your  wages,  and  Sleen  !  »  8art.  Re»., 
H.    ITI,   oh.   vj. 

Rn  'i;ri v.int  <es  lignea,  Mr.  Carlyle  aentait  qu'il  prenait 
l'engagement  de  chercher,  aree  oona  tona,  an  remede  aa  mal 
et  il  n'a  pas  recale.  Tout  ce  qu'il  a  depuia  lors  éerit  porte  de 
plus  en  plus  évidemment  la  trace  d'un  bnt  élevé.  Une  fola, 
dans  aon  «  Chartiam,  »  [doni,  il  a  été  p:i riè  dans  cett.e  Revne,] 
i)  ;i  eeaayé  <I<*  sai  air  eorpa  a.  corpa  la  question  sociale;  ton- 
joarg,  et  (|iit'l(|u»'  alt  èté  aoo  snjet,  il  l'a  fonebée  par  qnelqu'nne 
de  h<  ri  facea.  L'art  n'a  èté  ponr  Ini  qu'un  moyen.  Il  a'est  fait 
de  aa  chaise  d'éerivain,  une  tribune  d'apótre  ;  et  e'est  <ìn  pied 
de  eette  tribune  que  nous  devons  le  jnger.  [Nous  le  devona 
d' antan t  plus,  qne  oona  n'y  tommefl  paa  Sonia.  Il  y  a  fonie 
autonr,  l  >i',!i  merci .  ; 

Il   y  a   ionie  antonr;   et  COCJ   68t   mi   premier   fait  a  consta 

ter,  car  il  parìe  à  la  fois  en  favenr  del'aerlrain  eten  favoni 
dn  public  qu'il  a  eonqnie.  Depniale Jour,  oìi,  lolitaìre,  iuoom- 
pris,  il  traeail  lea  lignea  qne  iioui  arona  cltéee,  Tenfeladrdel 
a  fait  dea  proaéiytea.  Lea  «  mai  fonai  »  exprimoea  atee  une 
hi»-!)  pramiae  oonacienefonée  *if  la  pnieeanoe  ani  femtentc  en 
ini.  dana  le  dernier  eliapitre  dedarJer  3f»ttrtn§t  <»nt  èté  largo- 
nsonl  rempUaa.   La  Phiioaopbia  dea  <'l»the»       grllee  ausai  aia 


WXII  INTKODUZIONK. 

bona  et  mauvaia  déport.iuin-.ns  des  deus  Dandiacal  and  lh-u.d<j>. 
Seda  —  a  fait  quelques  pas.  Dea  signes  sont  apparii*.  J!s  se 
multiplieii t  ehuque  jour  à  l 'hurizon .  L<-  diaun-tn-  des  deux 
«  botlomlesa,  boillìxj  ivhirlpools  (*)  /io*  widened  and  widentd.  m 
ne  rapprochant  d'ime  manière  nienacanto  et  bien  de  loe,tr.ui> 
qui  ont  eoinmencé  par  scurire  de  pitie,  cornine  .1  un  jaigou 
inintelligible,  ennuyeiix,  aux  iusiuuations  domi-irnuiqm's.  denii- 
aauvages  da  rèveur  obscur.  regarden  t  anjoiird'liui.  aver  la  per- 
siateace  dea  raoinos  du  Moat  Athos,  dans  cea  pages  pour  voir 
[ —  bélaa!  bien  soavent  avee  insucoès,  mais  ce  nCsi  uas  La 
faute  de  l'éerivain  -—  |  s'ils  ne  pourraient  y  découvrir  le  «grosse 
(«edanke  »  dont  ila  eomraeiicent  enx  ausai  a  óprouver  le  be- 
aoin.  Ils  admirent  autaut  qu'ils  ont  acornu;  ila  admirent,  biave 
gens,   lors-mème  qu'ils  ne  eouiprenaeat  pas. 

Eh  bien!  ceci  est  bon.  Il  est  boa  de  voir  que  la  questi  oa 
sociale,  dont  on  riait  il  u'y  a  pas  longtemps,  eommence  à  ex- 
ercer  une  aorte  de  fascinatioa  sar  lea  esprits.  et  que  ceux-là 
nième  dont  lea  aptitudea  ae  aont  paa  on  mesa  re,  leeonnaisseut 
la  aécessité  d'une  solution  à  l'enigme  de  Sphinx  (Sphynx,  likt 
enigma)  qae  l'epoque  nona  préseate:  boa  de  voir.  par  an  aouvel 
exemple,  qae  ni  légèreté  ignorante,  ni  indiiìérence  materialiste 
ae  peaveat  aupprimer  longnemeat  lea  droita  diviaa  de  l'Iatelli- 
geace.  [Da  courage,  voaa  tous  qai  souffrez  !  S'il  y  a  panni  vena 
dea  iaaax  qai  peaveat  ètre  guéris  de  par  Dieu,  ila  le  seroat.  l>u 
coarage,  frères  arécoaaas  !  Si  quelqne  cbose  de  vrai  ei  dv 
vraimeat  aeati  fait    battre    fortement    votre    coeur  ai    une 

idée  boaae  et  atile  lerraeate  aoas  votre    cerveau  ne  erai- 

gaez  riea  :  elle  fera  aa  roate  et  eroitra  daus  le  monde.  Ils  ren- 
vorserout  en  un  jour,  par  inachines  et  vapeur.  les  Pyramides, 
ils  n'écraseroat  paa  une  seule  idée;  car  celles-là  sont  des  maina 
mortelles,  et  des  mains  mortelles  oat  puiaaance  de  les  anéan- 
tir;  cellea-ci  sont  de  Dieu,  invincibles,  éternellea  comme  lui. 
Ayez  foi  eu  votre  devoir;  soyez  patients  et  conscienta  ;  soyez 
hovimes.  et  soyez  sùrs  que  les  bonuaes,  voa  frères,  liniront  pour 
aavoir  que  vous  étes,  et  qui  voas  ètes.  Soyez  sarà,  ce  qui  vaut 
mieux  encore,  qae  tòt  oa  tard,  peadaat  oa  après  votre  vie 
terrestre,  n'importe  le  qaaad,  Pótiacelle  de  vérité  que  voua 
jettez  aajoard'aai  daas  le  moade  deviendra  aa  feu  viviiiaat 
dana  le  cosar  des  milliers  et    les  éclairera   sur    leur    roate,  et 

(*)  Sart.   Kes.  1.  3.  e.  X. 


INTRODDKIONK.  XXXllf 

les  éehaiiffera  a  de  meillenrs  et  x>lus  générenx  sentiinents. 
Voici  mi  il '< -litro  vous.  qui  a  lutto,  lutté.  lutté:  Iurte  contro 
lo  dédai li,  l'insoucianee,  l'bypoerisie  (cani),  r  iniiitelligeiice  j 
pont  ótre  contro  la  pauvreté:  lutté,  coni  tue  Jacob,  pendant 
touto  uno  longue  uuit,  contro  l'Auge,  le  genie,  l'idée  qui  érait 
enlui,  contro  l'Hsprit  de  dóni,  qui  rodait  nutonr  de  lui,  con  tre  le 
Ooute  que  le  de  fati  t  d'equilibra  ontre  l'aspiratimi  da  dedans 
et  l'atmosplière  du  deliors  gli>se  toujours  dans  les  àmes  jetines 
et  ardente»  :  lui  té  seni,  et  dans  rnmertumc,  avant  d'avoir 
trouvó  l'àme-smur  —  et  il  est  sorti  vainqueur  de  la  lutto;  il 
a  co  il  quia  la  place  qui  lui  était  duo  panni  ses  conci  toyens  ;  il 
a  étó  salué,  d'aborti  —  poti rq noi  ne  le  disions-noiis  pus  —  par 
uno  voix  venne  de  par  delà  do  l'Océiin.  puis  par  «elio  de  sa 
patrio,  frère  daua  la  Fiato:  ni  té  dea  Hautes  et  ...Esprits:  main- 
tenant,  qu'il  parlo;  il  ost  stir  d'étre  éoouté.  Pent-ètre  a-t-il 
Ulisse  bien  «le  lainbeaux  de  sa  chair  necrnehés  aux  Imissons  de 
la  routo;  mais  qu'e  t-eo  que  quclques  blossures  au  prix  d'une 
inission  rompilo?  Saignantoti  non,  il  est  là,  nudelàde  tous  les 
écueils,  vous  fai  sa  ut  sigile  de  la  ma  in  et  vous  indiquant  Io  p'ort. 
Est-ce  bien  le  port?  Nous  allous  le  voir;  mais  qu'il  le  soit  ou 
non,  le  bon  exemple  ost  réol.  Co  n'ost  pas  taufc  la  Véri  té  qu'il  nous 
importo,  eli  oe  moment,  de  conquérir;  c'est  le  eulte  de  la  Vé- 
riié;  c'est  la  franche  et  résoluo  detenni  natimi  do  l'obteuir  ; 
un  noyau  de  péltri  uh  dóvoués.  niarcliant  dans  la  Coi,  lettrs  reins 
ceints,  et  lo  bàton  de  vovage  *à  la  main.  à  la  déeou  verte;  un 
peuple  de  croyans,  iiivoquant  le  Dieu  incollili]  qui  doit  descen- 
dro  sur  l'autel  vide.  Fornii/  ce  peuple  d'adorateurs  :  ee  noyau 
de  prètres  :  le  Dieu  descendra,  n'en  dente/  pas.  Donne/  à 
l'Humnnité  la  volente,  rien  que  la  volonié;  et  la  Véri  té  qui 
lui   est  réservee,  elle,   saura  bien   la  conquérir. 

La  reuominée  aetuelle  do  Mr.  Carlylo  ost  dono  d'un  bon 
augure.  Klle  l'est  par  elle-niò  ne  ;  ear  tout  boinmage  rendu  à 
une  pit issante  Intelligence  est  un  aete  inorai;  c'est  uno  adora- 
timi à  l'Esprit  de  Dieu  se  inanifestaut  sous  sa  forme  la  plus 
complete  possiblo  sur  la  terre.  Bile  l'est  eucore  plus  dans  le 
ras  special  par  les  caraetérist iques  et  les  teudeuces  primitivo* 
Ar  cotte  Intelligence.  Nous  allons,  des  l'alieni,  les  Itigli  nler]. 
Nous  avons  des  divergeneei  à  constate!*  entro  la  miniere  do 
voir  do  Mr.  Carlyle  et  In  uótre..  Mais  nous  ne  pourrious  lo 
fai  re  ave.-  HMiirance,  si  ne  nous  domi imia  pas  avant  la  satis- 
faoi.ion   de  dóelarer  ses  inérites  incontostables,   inérites    impor 


XXXIV  INTKOIMIZIONK. 

tana,  et  encore  assez  rares  aujonrd'bui,  et  qui  atteignent  en 
lui  mi  degré  asse/,  élevé  polir  coniniander  respect  et  uumira- 
tion  ;\  cenx-là  moine  qui  apparile u n enti  a  un  autre  drapeau 
—  synipatbie  et  reconnaissance  à  nona  qui  ni  ili  ko  ira  an  fornì 
«ous  le  mème  et  qui  rie  varions  qtte  sur  le  eboix  «ics  moyena, 
sur  la  roste  à  suivre  perir  lui  procnrer  nne  prontpte  viotoire. 
Avaut  tout,  la  sincerile  de  PEori vaili.  Ce  qu'il  écril.  il  le 
pense:  uou  seiilemeut  il  le  penne,  il  le  sent.  Il  petit  étre  trompc: 
il  ne  pout  non»  tromper;  cnr  ce  qu'il  none  donne  fora  Diente 
qu'il  ne  iious  donne  pas  la  TÓrifcé,  e'esfc  elicere  le  vrai  :  itti;  *on 
iudividualité;  ses  erreurs,  ses  vnea  iucomplètes  dee  choses: 
de»  reali  tèa  et  non  pas  dea  no-entitiea^  la  vérité  limite,  pour- 
rions-nons  dire,  car  l'errenr  tic  botino  foi  dana  uno  intelli- 
gence supéricurc  n'est  que  cela.  Il  cherche  le  blèfi  ;  il  le 
«bercile  avec  coii8CÌence,  aree  ferveur,  non  par  amour  de  la 
g!o:ro[;  aon  ànie  s'élève  plus  haut  qne  lo  bruit  du  monde  pan 
memo,  bien  qu'il  y  tilt  plus  de  d anger  pour  lui  d'ai  ri  ver  la 
nn  jour,  pour  le  plaisir  de  la  découverte;  mais  pai  amour  poor 
aea  trères].  par  un  vif  sentiment  du  Devoir,  parte  qu'il  eroi! 
qne  c'est  la  mission  de  l'hoimue  ici-bas.  Il  éorit  mi  livie  cornine 
il  ferait  une  bornie  action.  Il  y  a  plus.  Non  seulement  toni  ce 
qu'il  ócrit  est  senti  par  lui;  mais  il  éerir,.  a  pcn  près  tout  ee 
qu'il  aent:  ce  qu'il  pense  et  qu'il  n'a  pas  encore  éerit,  ii  l'é- 
mira,  soyéz-en  stira,  quelque  jour.  Il  peut  prècber  tant  qu'il 
veut  le  inerire  <le  «  rerenir  sa  langue  :»  c'est,  au  fond,  àà<-eux 
qui  ne  peuaent  phk  conitne  lui  que  cela  s'adresse.  Quoi  qu'il 
en  dise,  et  fort  beureusetnent,  le  «  talenl  die  Si  foniti  »  n'est  pam 
le  sien  :  si  qnelque-fois  il  prétend  l'adorer,  c'est.  platoniqne 
meni,  conitne  on  dit;  c'est  pour  enipécher  lea  autres  de  mal 
parler.  Mais  dans  les  àines  trempées  coninie  l'est  la  sienne,  il 
n'y  a  pas  de  compression  possi ble  pour  la  Pensée:  il  iaufc 
qu'elle  s'épanclie  ;  et  tout  effort  prolongé  pour  le  relenir  nte 
ferait  qu'en  re  mi  re  Pexplosion  plus  violente.  Mr.  Carlylo  n'est 
pas  lioméopathe  [;  il  n'y  a.  pas  dans  sa  noble,  sinipre,  et  droite, 
nature  une  seul  action  de  diplomatiej;  jamais,  il  n'administrera 
aes  renièdes  anx  niaux  qu'il  pourra  découvrir  par  doses  inli 
nitésimales;  jamais  il  ne  souillera  la  sainteté  de  l'Idée  par 
dea  eonceptions  au-debors,  par  des  transactions  avec  l'erreur. 
\His  alti  tu  de  is  tmit,  of  a  man  «  tolto  has  said  lo  Cani,  Benone  ; 
and  lo  dilettanti*!)!.  Here  Unni  eantst  not  be;  and  lo  Trulli,  Be 
ih  on  in  place   of    ali    lo    one.  »]    Il  jette  bravemeut  —   [on    eu 


IN  TKODUZJONh  XXXV 

/«mitrerà.  longtemps  après  Ini  la  marque  aux  voyageurs  -^j 
«no   encrier  à    la    té  te,  du   Diable,   sona  quelque  forme » 

Il  terzo  frammento  dell'articolo  sul  Carlyle,  con- 
servato neW  autografoteca  Xathan,  è  quello  che  più  di 
tutti  gli  altri  .si  accosta  alla  redazione  inglese,  ed  è 
probabilmente  quello  che  fu  steso  quando  il  Mazzini  si 
decise  a  chiedere  all'editore  della  British  and  Forgigli 
Review  di  riprendere  in  esame  il  manoscritto  che  gli 
aveva  mandato  V  anno  innanzi.  Se  ne  dà  qui  il  testo, 
per  gli  opportuni  raffronti: 

*  — m;v  ;t  qne  trop  de  médioerités  aujonrd'hui  qui  s'iniaginent 
d'avo  Ir  parfaiiement  aceompli  le  Devoir  parce  qu'elles  sont 
botine*  uvee  leu  re  amis,  aimantes  avec  lenr  faniille,  inoffen- 
sive* avec  le  uste.  A  cenx-là,  la  maxime  de  Goethe  et  de 
Mr.  Carlyle  servirà  tonjours  d'appui  ]>our  transfortner  en 
devoirs  lea  atf'ecfcions  individuelles,  domestiques  cu  autres,  c'eat- 
^-dire  la  consola  tion  de  la  Vie.  Mr.  Carlyle,  tei  que  nous  le 
«onnaissons.  n'a  prnbableuieut  pas  le  «don  do  la  pratique;  » 
mais  son  principe  y  condnit,  et  il  ne  pent,  théoriqnenienfc,  en 
ìvoir  iV  autre.  «  Bere  on  ICarth  we  are  as  Holdìer*.  »  dit-il  : 
«'est  bien;  mais  nous  n'entendons  rien,  nous  n'avons  pas  be- 
«oin  de  rien  entendre,  au  pian  de  la  campagne.  Quelle  lei. 
quel  but  assure  pouvons- nous  dono  avoir  polir  des  actes,  si  ve 
uVst  poni  eeux  auxquels  non  instinets  individuels  nous  con- 
vient?  La  religion  est  le  premier  de  nos  besoins,  dira-t-il  en- 
core.  Mais  tandis  qu'elle  est  pour  nous  une  Croyance  et  un 
Culto  conmiiiiis,  un  Idéal  dont  l'Humanité  enti  ère  eberebe  la 
réalisaiiun.  un  Ciel  dont  la  Terre  doit  ótre,  ]iar  nos  eftorts, 
la  syinbole  visible.  elle  n'est  pour  lui  qu'un  simple  rapport 
d<-  \'iit(iiri<i,i  :i  l)ien.  Klle  doit  (Ione  precider,  selon  nous,  au 
développemeiit  de  l;i  vie  collective;  elle  ne  doit  chez  lui  que 
(onelure   a   la    pacificati  OD    de    rame    iii(|iiiete. 

V  euri,  hit-,  le  ,,ii  moinsf  Kst  il.  —  nous  parimi*  de  \\:<riraint 
le  seni    dont   nous   ayons   le   dr<dt  de    parler.  est  -il     caline? 

Non;    il    ne    l'est   pas.    Dan»   cetre   alternative   cont  innelle    entre 

ispira tipna   de    Titan    et  des  forces  néeessaiioinent  niiniiues. 

Mire  le  He.ntinieiit  de  la  vie  et  e. ini  do  Neam.  ■et  fuKoee  m 


XXXVI  IMKODrziO.NK. 

briaent  ansai  bien  que  oellea  de  Bea  lecteurs.  Il  a'échappe  par 
fois  <lo  Ha  benché  dea  ho  cena  de  détreaae  qn'i]  no  pent,  quoi- 
qu'il  faa*e,  faire  ouhl ii-r  cenx  qui  lV-oonient  avee  ntteution  et- 
avoc  sympathie.  QuVst-ee  tlonc  quo  ceti  e  nspiration  incassante, 
et  découragée  vera  le  repo8  qui  domine  —  bien  qn'il  alt  far 
niellement  reuoncé  a  la  Vie-Bouhenr  —  tona  Bea  ouvragea,  Sartor 
Resnrlns  siirtout,  et  qui  nona  a  roniis  si  aouvent  011  inénioire 
le  «  N'avons-noua  pas  tonte  l'étornifé  ponr  nona  reposor?  » 
d'Amane]  à  Nicollef  «  Lei  me  resi  here,  far  I  am  way-wenry, 
and    li/e  weary  ;  1   will   resi    here,  ivere    il  bui    io    die;    lo   die    or 

io  live  Ì8  alike  io  me,  alilce   insiynifwant Here,   then,  oh   I    lay 

in  ihtit  Cknthb  of  inmkfkickncic...  the  henry  dream»  rolled- 
gradnally  anmy.  »  (Sari.  He*.,  li.  2,  oh.  IX).  llélas  !  non, 
pauvro  Te  11  fé  lari  rock  !  il  n'y  a  paa  de  repoa  ici-haa.  Ben  im- 
porte si  tea  memhres  sont  nieurtiiés.  tea  facnltéa  épuisées. 
Ta  vio,  notre  vie  à  tona,  ost  «  noe  bataille  et  une  marche.  » 
Los  heavy  dream»  reviendront  :  nona  aommea  encore  trop  baa, 
l'air  est  encore  trop  Limi  autonr  de  nona  ponr  qu'ila  pilla- 
seli t  «  voli  anuty.  »  Ta  forco  consiste  à  avancer  au  milieu  d'eux 
et  malgré  enx,  r.nn  a  Ics  fa  ire  d  sptiraitre.  Ils  di  sparai  tròni 
plus  lia ut,  quand,  un  degré  do  l'éehelle  monte,  sa  vie  s'épan- 
oliera  dans  un  milieu  pitia  pur:  la  fieur  auasi  gonne  et  se  dé- 
veloppe  dans  la  tono  ponr  ne  s'épancher  que  dana  un  antro 
éléinont,  dans  l'air  et  au  soloil  do  Diou.  Eu  attendai) t,  aonffre 
et  a^ia.  Souifre  ponr  toi,  et  agjs  ponr  tea  fièrea  et  avec  eox. 
Ni'  mandi  t  pas  a  la  Soi«iice,  a  la  Philosophie.  à  l'esprit  d'Jiiquiry: 
co  sont  les  outils  que  Dieu  nona  a  donne  ponr  notre  travail  :  bona 
ou  man  vaia  selon  qn'il  a  sont  touruéa  vera  le  bien  mi  vera  le  mal. 
Ne  iious  dis'plus  que  «  Life  i/self  is  a  distane,  knowledye,  the  sym- 
ptom  of  dtrant/ement.  »  Ne  nona  parie  plus  d'un  «first  state  of 
Freedont,  ami  paradixiacal  Uncoiixciousiiess  »  (Exsay*.  Characte- 
ristiis).  11  y  a  plus  de  Byrouisme  là  en  ce  peu  de  mota  que  «bina 
Byron  tout  entier.  La  li  berte  et  le  Paradis  ne  sont  pus  der- 
idere nona,  mais  devant  nona.  Ce  n'est  pas  la  Vie.  e'est  la 
déviatrice  de  la  Vie,  «] ui  est  maladive.  La  Vie  est  aacrée.  La- 
Vie  c'est  notre  aspiratimi  vera  l'Idéal,  nos  att'ections.  engage- 
mens  qui  s'aceonipliront  un  .jour,  nos  vertna,  aeliominement  a- 
de  pina  grandes:  Dieu  limite  en  nona.  C'est  blasphénier  que 
de  proférer  une   parole  de  mépris  sur  elle. 

Le  mal  aujourd'hui   n'est  pus  en  ce  que  lea  liommes  don- 
n'ent  trop  do  valeur  à  la    vie:  c'est    plutót    le    contraire.  La 


INTRODUZIONE.  XXXVii 

vn  est  dècime,  paree  qne,  cornine  à  tonte  période  de  crise  et 
de  désorgauisatiou,  on  a  bri  sé  la » 

Al  contrario,  il  quarto  ed  ultimo  frammento,  che 
è  quello  di  maggior  mole,  perché  comprende  una  buona 
metà  dell'articolo  sul  Carlyle,  .si  avvicina  certamente 
alla,  redazione  originaria,  specialmente  per  il  fatto  che* 
come  il  primo  e  il  secondo,  conserva  certe  caratteri- 
stiehe  peculi  arietà  di  forma  che  si  rinvengono  nei  fram- 
menti citati,  e  di  pili  contiene,  com'essi,  parecchi  brani 
che  furono  poi  omessi  nel  testo  inglese,  che  si  collocano  qui, 
allo  stesso  modo  usato  in  precedenza,  fra,  parentesi  qua 
dre.  Compreso  nelle  carte  che  il  Mazzini  stesso  numerò 
da  5  a,  10,  delle  quali  la  settima,  la  nona  e  la,  de- 
cima formate  di  due  foglietti,  è  naturalmente  mutilo 
in  principio  e  in  fine,  anzi  in  principio  sono  due  ri- 
mandi a  brani  che  s' adagiavano  nella,  carta  prece 
dente.  Per  chi  voglia  istituire  inaggiori  confronti  di 
lezione,  è  da  avvertire  che  il  frammento  va  da  p.  180 
a  p.  204  dell'articolo  come  si  legge  nella  traduzione 
degli  Scritti  di  un  Italiano  vivente,  nella  quale  fu 
seguito  fedelmente   il  testo  inglese. 

—  ìIh  appettanti  l'Utile.  11  n'y  a  d'Utile  que  le  Bori  «tee qu'il 
produit:  o'est  ii ne  eonseViuence  a  prévoir,  et  non  un  principe 
a  invoquer. 

.inise'e  houh  le  noni  de  BYstème  de  garanti 68,  de  balauce  oh 
de  majorités  parlamentai  ras:  la  guerre  éntro  individua  en  eco- 
nomie Sons  le  noni  de  libre  -  libre  entre  ceux  qui  n'ont  rien 
et  travailli-nt  ponr  la  vie  et  ceux  qui  ont  beaiuonp  et  clier- 
ilitiit    le  Niiperflii  coneurrence  :   la  guerre  on   l'anarebie  ino- 

ral<-  par  l'HÌ'aeenient  de  tonte  fui  sociale  devant  l'indépeiidance 
alienine  «!<•  hi  <-ro\  ;ui<  <•  individnelìe.  C'est  là  co  que  nouN  avonti 
aiijonrd'lini  a  peli  *\><  ol&oee  pivs  datiti  !«■  monde.  Cesi  là  <•»•  dont  il 
fant,  a  toni,  piix,  sortir.    11  fant  qn'ici  et  ailleius  on  vienne  à  se 

<:on\  ni n.  ih  qu'il  n'esiste  qne  de  droiu  qne  ceni  qui  rétultwut 

de   l'aeeo  ni    d'un   devoir     -    qu'il   ne   ^'a-il     pai  ponr 


\\\\  III  IVII(il|)l7,l()NK. 

nous  i<i -btta  d'otre  ìhmi reu\ .  in;iis  ii<-  de  venir  meflieurs  qu'il 
n'y  a  d'ttiitre  bnt  a  la  vie  de  la  créature  limitarne  qne  relrn 
do  déooavrir  par  L'effort  eolleetif  et  d'exéeuter  ehacnn  pour 
sa  pari,  la  lui  de  Dica  poni'  s'ocruper  deja  resultata  individuels. 
Mr.  Carlyle  est  un  a  pò  tre  éloquent  de  cette  doctrine:  c'osti». 
ce  qui  fai t.  en  grande  partie  sa  graudeur;  e' eat  là  ausai  ce  qui 
fait  sa  priiasanòe  ;  car  il  >  a.  Dìen  merci,  asaez  de  bona  inatìncta 
au  fond  de  noè  ooanra  pouf  qtie  nona  rendiotia  homumge,  boUt 
en  fai  11  issau  t  duna  la  pratique.  a  la  vérité  quand  ella  bftNKHl 
panni   nona  un  interprete   pur  et  sincère. 

N'ous  nptons  en  troisièrae  ligne  aes  tendancea  coamopoli- 
tes-humanitaires,  voudrions-nous  dire,  si  le  mot  avait  eours. 
car  co8uiopolìt1ama  en  eat  anjourd'hui  verni  à  indiquer  più  tot 
l'indiffórence  quo  l'universal ite  dea  sympathica.  ('et  homine 
sai!,  qu'an-dessus  de  toutes  les  patri ea,  il  eafc  une  Terre  Saittfea 
dans  l:u|uelle,  aoua  quelque  latitude  qu'on  soifc  né,  oh  eat  frère 
par  Videe  et  le  dévouement.  11  appartieni  à  la  Patrie  dea  Esprita. 
Ce  qu'il  cherche,  dans  ses  pareils  en  intelligence,  ce  n'est  l'An- 
glais,  l'Italien,  l'Allemand  :  c'est  l'Homme.  Ce  qu'il  adorè, 
n'est  pas  le  Dieu  d'une  srete,  d'une  epoque,  ou  d'un  peuple  : 
e' est  Dieu;  et  comme  reflet  de  Dieu  sur  la  terre,  le  Beau,  Io 
Noble,  le  Grand,  partout  oh  il  le  trouve  :  il  sait  bien  que  d'oft 
qu'il  rayonne,  c'est  ou  ce  sera  tòt  ou  tard  pour  tona.  [Il 
croit  en  l'unite  du  monde  et  de  la  pensée  que  Dieu  a  min 
en  lui,  comme  une  àrae.  Il  croit  à  l'unite  de  l'Art  qui  ti'en 
eat  (pie  l'expression  syinpathique,  plus  ou  nioins  dai  re,  plus 
ou  moina  avancéo.  Le  doline  de  la  littérature  Eurojiéenne 
lui  apparai  b  comme  ne  pouvant  briller  de  tout  son  éelat 
a'il  n'est  pas  écrit  au  front  du  Panthéon  du  tonte*  leu 
littératures  ;  car  toutes  ont  vécu  et  vivent  d'un  rayon  de 
cette  Pensée  divine;  toutes  en  ont  traduit  une  Hgfie,  un  mot, 
une  syllabe.  Et  il  donne,  lui,  témoignage  pour  l'e^iatenee  de 
ce  lien,  commun  ;  il  apporto  une  pierre  à  ee  Panthéon.]  Hes 
points  de  vue  sont  toujours  élevésj  ses  horizons  dépassent  tou- 
jours  lo   pays  :  sa  eritique  n'osi  jatnais  enipreinte  de  eet  esprit 

—  nous  ne  dirons  pas  de  Nationalité,   ehose  sainte    pour    u>u« 

—  mais  de  natioiialisme.  qui  n'est  que  trop  à  Po3u\  re  ehe> 
nous,  et  qui  retarde  le  progrès  de  notre  \rie  intelloctuelle  en.  irò 
la  nourissant  pas  à  la  vie  universelle,  à  la  pensée  des  millions 
de  nos  frères  au-dehors.  11  s'est  attaché  avee  amour  à  la  lute- 
rà tu  re   la  plus  large,  la  plus  douce  de  cette  puissanee  assimr- 


INTKOIJUZIONK.  XXXIX 

lattico  qu'est  la  Vie,  et  il  noiis  Va  révélée  [:  révélée,  disons- 
iious,  non  que  nous  soyons  ingrato  vers  eeux  qui  y  ont  travaillé 
aiinultanénient,  011  iiième  avant  lui;  mais  par  ses  talens  émi- 
■0118  d'artiste,  par  la  oliale itr  de  Bea  sympathies,  par  l'intui- 
tion  prompte  et  sùre  qui  l'a  fail.  pónétrer  là  où  d'autres  ne 
nous  préaeutaient  que  dea  forme*,  jusqu'à  l'àine  de  la  littéra- 
ture  Allemande,  il  l'a  fa  ite,  lui  premier,  ici  en  Angleterre, 
aiiner  et  ótudier  avec  probe.  Ceei  —  mi  monde  entier  acqui» 
à  nous  par  Ini  —  est  quelque  cln»se  qu'on  n'oubiiera  paa,  nona 
l'espérons,  de  si  vite].  Ses  Essais  sur  Schiller,  sur  Goethe,  sur 
Jean  Paul,  sur  Werner,  ses  excel  leu  tea  tradu^tiona  de  l'Alle- 
mand,  resteroiir.  cornino  téiuoignage  de  la  naturnlisation  qu'il 
a  donno  chez  nous  à  la  letterature  Allemande,  cornine  les  bel- 
les  pagea  de  ses  Leetures  sur  Dante  et  qiielques-unes  de  eellea 
qu'il  a  vouées  aux  écrivains  franca ia  rémoigneiont  long-tenipa 
de  l'universalité  de  cetl.e  tenderne  que  nous  signalons  ici 
cerume  troisième  caraetéristique  des  travaux  de  Mr.  Carlyle. 
I'nis,  et  pour  deaeemlre  aux  qualités  pureuient  littérairea, 
Mr.  Carlyle  est  un  puissant  artiste.  Depuis  son  histoire  de 
la  Revolution  Francaise,  de  quelque  manière  qu'on  la  juge, 
nnl  ne  petit  plus  Ini  contener  ee  titre.  Les  facultés  brillantea 
qui  s'ét.aient  révélées  par  jet  dans  les  écrits  antérieurs  ont 
fait  oxplosion  dàns  celili  que  nons  vcnons  de  uommer.  Il  faut 
ie.r  une  vue  bieu  arre tee  sur  les  devoira  aetuels  de  l'his- 
torien  pour  ótre  a  la  melile  de  juger  froidement  ce  livre,  et 
d'y  r<  marquer  1(5  poi  ut  défectueux.  Il  entraine,  il  séduit.  il 
fascine.  l'uUsant  par  l'iniagination,  apte  a  découvrir  le  coté 
sympathique  des  ehoses  et  à  le  saisir  pai  son  DO  ili  t  saillant, 
■'esprimati  ti  en  «»u  atyle  originai,  qui  peut  paraitre  souvent 
bisarre,  mais  qui  e»t  l'howme  et  rend  parla  itement  sa  pensée, 
Mr.  ('ulyle  maiique  rarement  son  elb-t.  Doué  de  cette  objecti- 
vité  dont  Goethe  nous  a  olfort  dans  les  derniers  temps  la  plua 
limite  fòrmule,  il  s'identilie  tollement  avec  les  ehoses,  lea 
événemens  ou  Ica  bommee  qu'  il  a  à  nous  niontrer.  qu'il  at- 
daus  ses  poiiraits,  et  dans  ses  desci  ipt  ions  une  luci- 
dile <ie  centoni  -  mi'-  energie  de  tei  li  tea,  unii  préei.-ion  gra- 
phi(|ue,    vr;iimeiit,   rures;    ee   soni,   noti    pas   des    imi  t:i  I  ions,    inaia 

des  réproduetioiia,    et   oependant  jamaia   phex   lui   la   caraeté- 

ristiqun.  l'unite  de  l'objrt,  ètra  mi  idée,  qu'il  veni  exhiber. 
n'eal»  aiihinorgéo  dans  la  dét;iil.  Il  travaille  à  In  manière  dea 
mailres.     Il    it;di<|Uf    par    queiques    t,i;iiis    fermes.   proConda,  dèci- 


XI.  INTRODUZIONE. 

sita  la  physionomie  generale  de  l'objet,  puis  il  concentra  l'ei* 
fort  de  aon  travati  et  In  richesse  do  sa  lumière  sur  le  poiilt 
centrai  ou  qu'il  eroit  ótre  tei  :  il  y  insiste  tu  ut,  il  le  met  si 
bien  eri  relief  qu'on  est  sur  de  ne  pas  l'oublier.  L* humour,  si 
par  humour  ón  entend  la  facnlté  de  relever  )ea  peti  tea  elione*, 
l'humour  à  la  facon  de  .Jean  Paul,  abonde  chea  lui.  Kh  dcliorn 
de  l'idée  prineinale,  les  i<lét;>»  sccondaires  se  rencontrent  à  chn- 
qno  pan,  Bonvetit  nenvea  et  importante»  par  elles  mémes,  ato- 
ines  d'or  semés  sur  les  rives'par  le  large  fluì,  de  la  Pen 
sée  de  l'éerivain  [.  Ses  comparai  sons,  toujonrs  poétiques,  ne  se 
ooutenteut  pas,  cornine  cliez  tant  d'autres,  de  dédonbler  Pob- 
jet  ou  l'idée:  elles  ouvrent  toujonrs  des  ap<  rcus  dans  une 
haute  splière;  des  éehappées  de  lumière  du  monde,  des  Idées 
à  rei  ni  re  des  Fonnes].  Ses  épitliètes,  nombrcuses,  sont  rarement 
inutiles;  elle*  marqiient  une  progressi on  dans  le  développement 
de  l'idée  <»u  dea  qualirés  de  Pobjet.  Sa  dietion  pent  avoir  den 
défauts,  dont  nons  n'avons  pas  ici  à  nons  oecuper:  nona  re 
poussons  décisivement  celili  d'obscurité.  si  conminn  a  l'égard 
de  tous  les  penseurs  doués  de  quelque  originalité,  et  qui  n'est, 
généralement  parlant,  qu'une  déclaration  d'in  competente  à  com- 
prendre  ou  à  juger  les  idées  [;  nous  ne  nons  offe n sons  pas  trop 
du  danger  du  néologisme  ou  de  l'intr»  duction  de  tournures  étran- 
gères,  quand  surtout  ees  tournures  sont  empriintées  à  la  lan 
gue,  qu'est  la  soour  ainée  de  la  nótre:  pent  -è  tre  nVst-ce  qu'une 
tran^fusion  de  vie  nécessaire  en  nn  moment  de  langueur,  et 
dont  nous  apprécierons  plus  tard  les  bienf.iits],  (''est  au  reste, 
nous  l'avons  dit,  l'expression  la  plus  spontanee  du  genie  de 
Mr.  Carlyle,  la  forine  la  plus  apte  à  nous  symboliser  sa  pensée, 
le  eorps  faeonné  (shaped)  par  Pànie.  Nons  ne  vondriona  ])as  qu'clle 
flit  autre.  Ce  que  nous  voulons  c'est  l'homme  dans  soli  unite. 
Aitisi  [ —  car  nous  venons  trop  tard  pour  avoir  à  sacrifici- 
le    but  de    notre  article    à  des    détails  de    critique    littéraire. 

ou  à  des    citations    de   dans    des    livres    qui    sont    anjonr- 

d'bui  aux  maina  de  tout  le  monde  —  ainsi|  fianc,  Joyal, 
calme  et  puissant  «oline  Hast,  aber  oline  Rast  »  Mr.  Carlyle 
parcourt  braveinent  sa  carrière:  puisse-t-il  —  ce  soubait  parfc 
du  cceur  —  s'y  inontrer  longuement  et  y  re  cu»  illir  les  bon- 
neurs  qu'il  inerite,  non  pour  Ini.  qui  n'y  pense  guères,  mais 
pour  la  jouissance  de  ceux  qui  l'aiment,  pour  nous  tous  qui 
voudrions  voir  de  plus  en  plus  se  resserrer  le  rapport  ^ntre 
l'Intelligence  et  le  public,   et  pour  qu'il   puisse,  lui,  emporfer 


IN  TKOIM/.IONK.  XI.l 

par   dei  a.  son   pélerinage  ici-  1»mk,  la  conscienee  qne  les  semeiices 
qu'il  a  jettées  n'ont  pas  étó  ég:\ré* ■»  par  le   vent. 

[Et  mai  n  temi  ut.  pour  nous,  une  autre  teche  coinnience.j 
Nous  av«»na  assez  pleinement  satisfait  notre  cceur  en  consta- 
tantce  qui  est  absoliuneiit  boli  dans  l'écrivain  «pie  nous  nous  som- 
mes  cliargés  d'appréeier,  pour  que  n<  ns  puissions  librenient 
accouiplir  un  seco  mi  devoir,  eelui  d'énoncer  ce  qui  nona  pa- 
rai t  reudre  ee  beni  talent  incompleti  et  .vicier  son  oeuvre  ea 
la  retenant  en  parti  e  en  decu  «le  ee  que  les  temps  réelament 
ailleurs  et  réclameront  bientót  ici.  C'est  une  question  fcrèà 
«ériéuse  — -  trop  sórieuse  pour  le  petit  noinbre  de  pages  qui 
nous  est.  aecordé  —  que  nona  album  effleurer:  la  questuili  (In  de 
voir  impose  aujourd'bui  à  lout  le  monde,  mais  surtout  aux 
Intelligenees,  en  dépend. 

Il  nous  semble  que  la  tendanee  de  Mr.  Carlyle  appréciée 
jusqu'ici  d'un  point-de-vne  tory,  wliig,  sectaire  quelqu'il  soit, 
niérite  bieu  qu'on  ederelle  a  l'apprécier  du  point  de-vue  de  l'a- 
venir,  dont  toiis  les  pai  tis  trausitiounaires  actuels  sont  exclus. 

11  ne  manqne  qu'iine  ci) ose,  selon  nous,  à  Mr.  Carlyle: 
mais  eette  eliose  est  fondamentale,  vitale.  Son  manque  infine 
sur  tmit  ee  qu'il  a  fait;.  il  determini!  —  car  la    logique  et  le 

me  dominent  l'intelligence  bus  memo  qu'  elle  prétend 
se  ré  Voi  te  t  le  plus  contr'eux  —  toutes  ses  vues.  Cette  eliose. 
c'est  le  seut  meut  du  coUectif  \  et  par  là,  nous  le  eraignons 
bien,  l'intelligence  de  natie  epoque. 

Ce  qui  domine  l'epoque  qui  coinmence  en  tontes  ses  ma- 
nifestaftiòna  —  ce  qui  fait  qne  toni  Le  monde  se  piatiti  aujour 
d'Imi  et  clieiclie  taut  l>ien  <|iie  mal  (tea  remcdes  à  seii  mal 
06  qui  te.nd  parti  ut  à  substituer,  en  polilique,  la  Démocratie 
au  gou  vornemeiit  fonde  sur  le  l'rivilège,  en  economie  l'Asso- 
ciati- ti  a  la  concìirrenee  limitée,  en  religion  l'esprit  de  la 
tradition  universelle  à  l'inspiration  solitairo  de  la  eouseienee 
e'est  le  travail  d'une  uìét .  non  seulement  reculant  le  but, 
déplseant  le  point-de-départ  de  l'aetivité  baimi  ine.  C'est 
la  pensee  callrclivf  ebereliant  a  remplaecr  emonie  point-de  vue 
dans  l'organisme  melai  la  pensée  in  di  riduci  le:  l'esprit  do  \'Bu- 
ninnile  priinant,  visibbiuent  —  car,  silencieusemeiit  et  inapereu 
il  :i  .te  tonjonrs  a  l'o'iivre  —  l'espi i t  de  Vhomme.  Nous  a von a, 
dana  le  passi-,  étndié*  un  a  un  les   petites    fenilici   dn    ealice. 

t;ils  de    la    corolle;   aujoiird'iiui,   c'est    vers    l'épanouisse 
unni    de    la    fieni    que    nos    renard*    Hont    tournée. 


KlAl  INTKODOZIONK. 

Depili*  ics  premier*  Bièolea  da  la  Grèoe  jusqu'aux  dentiera 
de  Rome  payenne,  ont  elabora  V  imi  ivi  duali  le  sona  une  de  se» 
face*  ;  dix-huit  Font  éelaireie  et  développóo  Baite  l 'a  iure;  au- 
jonrd'lmi,  d'autres  borizons  se  dccouvrent;  nana  sortane  de 
l'individu  pomi  ali  et  à  l'espcee.  L'instriiment  est  organtaaj 
nous  lui  chorehons  une  loi  d'activitc.  et  mi  bui  eu-deliors.  I)u 
point-de-vue  de  1  ' i illividii  inatta  avons  conquia  l'idée  de  Droit; 
nane  avons  elaborò,  ne  fùt-ce  que  dana  la  apbèred©  la  poesie, 
la  liberto,  l'égalité,  lea  deus  grande»  garantie»  de  Joule  per- 
somi;! li  le;  nous  Marciana  ontre,  nous  balbutiona  le  mot  devoir, 
e'est  à-diie  quelque  cbosc  qui  ne  peufc  dériver  que  de  la  lo» 
generale;  association,  c'est-à-diro  quelque  eh  oso  qui  exige  un 
bnt  coiumun,  une  oroyanee  couimune.  La  plainte  prolongóe 
dea  niillions  éorasés  BOUB  lea  roues  de  la  Coneurrence  nona  a 
averti  quo  la  liberté  du  travati  ne  suffit  pas  à  fai  re  de  l'indu- 
strie ce  qu'elle  devait  ètre,  la  boti  ree  de  la  vie  matórielle  de 
l'Etat.  l'nnarcliie  intellcetnelle  à  laquelle  nous  somme»  cu  proie 
nous  a  montré  quo  la  liberté  de  conscienee  ne  suffit  pas  a 
fa  ire  de  la  religion  la  souree  de  la  vie  morale  de  l'Etat.  Et 
nona  avons  comnienoé  à  soupeonner  non  seuloinent  qu'il  y  a 
sur  la  terre  quelque  chose  de  plus  grand,  de  plus  Saint,  de 
plus  tii vin  que  l'individu,  l'Hiimanité  collecfcive,  ètre  toujoura 
vivant,  apprenant,  progressant  vera  Dieu,  dont  nous  ne  soui- 
mes  que  dea  fonctionnairea  —  mais  que  ce  n'est  que  du  baut 
de  l'idée  oollective  de  la  conception  de  «  the  uni  e  ermi  Alìnd, 
of  whivh,  cornine  Emerson  dit,  each  individuai  man  is  one 
more  incarìtatun  »  (Essay,  I)  que  nona  pouvons  déduire  nutre 
foncrion,  la  règie  de  notte  vie,  l'idéal  de  noa  socie tés.  Nous 
y  truvaillons  aujonrd'hui.  Peu  importo  que  nos  premiers  essai» 
aoicnt  d'étranges  aberra  tion».  Feu  importe  que  voua  puissiez, 
en  vena  acharnant  sur  leur  coté  faible,  condamner  au  ridicala 
les  doctrinea  de  St. -Simon,  d'Owen,  de  Fourier,  de  dix  autres 
qui  ont  aurgi,  ou  qui  vont  surgir.  Ce  qui  itnporte  c'ost  l'idée 
eommune  dont  le  soufflé  a  feconde -toutes  les  doctrines.  ce  qui 
importe  c'est  le  bnt  qu'instinctivcuient  elica  se  propoaent  toutea, 
le  point-de-départ  qu'elles  ae  donuent.  (11  y  a  cinquante  ans 
toutes  les  thóories  les  plus  liardiment  innovatricea  cliercltaient 
dans  l'orgainaation  des  aociótóa  dea  garantie»  et  l'action  libre 
de  l'individu  ;  la  société  n'était  au  forni  que  la  force  de  tona 
»  Tappili  dea  droits  de  chacun;  aujourd'hui,  lea  réforinateur» 
les  plus  titnides  partent  d'un  principe    social    pour    definir  le 


INTKODUZIONR.  IU1 

róle  de  l'individue  de  Padmission  d'une  loi  pour  ehercher 
«[liei  pènt  e»  étre  le  meilleur  interprete)  et  la  meillenre  ap- 
plication. Que  soiit  dans  Pordre  politique,  toutes  ees  tendan- 
ces  a  hi  centrnlisation,  au  suffrago  de  tous.  à  Peffacement  de» 
eastes?  IV  où.  viennent  dans  l'oidio  religieux  tous  ces  mécon- 
tentemens,  tous  ces  retours  vera  le  passe,  loutes  ce»  aspira- 
timi vers  ini  avenir  confus,  incertain.  mais  largo,  tolérant  et 
conciliatone  des  oroyances  aujourd'hui  opposées  ?  Ponrquoi 
PHistoire.  jadis  satisfai  te  de  raronter  les  actes  des  princes  ou 
des  eastes  doininantes,  s'inquiete-t-elle  tant  aujourd'hui  des 
masses,  et  éprouve  le  besoin  de  dosoendre  des  sommi  tés  so- 
cialis  à  la  base?  Et  qne  veut  diro  eette  idée  de  Progres,  <|iii, 
comprine  de  mille  manières,  se  trouve  cependant  sur  toutes 
les  houclios,  et  devient  ile  jour  en  jour  plus  le  mot  (Poi  die  de  tous 
les  Iravaux?  Nous  avous  soif  d'unite.  Nous  la  oherolions  dans  la 
solidarité  du  genre  humain.  Nous  coniineneons  a  eompreudre 
eette  belle  parole  de  St.-Paul  :  «  Quoique  plusieurs,  nous  ne 
sommes  tous  qu'iin  seni  corps....et  nous  sommes  tous  récipreqne- 
mentinemhres  les  uns  les  autres  (id  Homanos,  e.  XII,  v.  5).  Nous 
en  appelons  des  ineert  .itudes  et  des  caprices  des  individua  à  l'u- 
ni versai  ite.  Nous  cherohons  l'intelligence  et  Pharmonisntion 
des  puiliculiers  dans  le  collcclif.  Tello  est  la  tendance  de  l'e- 
poque, et  celui  qui  no  travaille  pas  enee  sena,  restii  nécessai- 
rement  en   arrière. 

Mr.  Carlyle  ne  coitiprcml  (pie  Vindiridn.  Le  vrai  sens  <le 
Punite  ilu  genie  humain  lui  éefiappe.  Il  sympathise  avoc  tous 
les  hommes.  mais  c'est  avee  là  vie  de  vhacun  d'eux,  et  non 
avee  leur  vie  colleotive.  Il  envisage  volontiers  ehaque  hom- 
me  cornine  le  représentant,  l'incarnai  ion.  en  quelquo  sorte, 
d'une  idée:  il  ne  eroit  pas  à  uni!  idée  mère  représentée  pro- 
gres  -iveiiient  p;ir  Phiimanité  tout-ent  ière.  Il  sent  vivement. 
plut/>t.  a  vrai  dire  par  L'insti  irti  du  coaur  révolté  «Mitra  le 
mal  présen!.,  qtie,  par  une  concepì  ion  petit  de  ee  qu'est  la  rie, 
\i-,  Incoiti  d'un  lien  conile  les  homnies  qui  s'ngitent  autour  de 
lui:  il  ufi  sent  pas  asse/,  Pexistenee  de  ee  li .  n  entro  Ics  ^e 
nérations  passées,  preseli  tea  et  futures.   La  grande  pensée  reli- 

gien  e,  itévilupprvirnt  conlinnr,  de  /'  llitmauilé  pur  un  ìruruii  col- 
lutti', d\ìj)ì<>n  un  pian  ciIihuiIìohihI  ansit/nc  pttf  La  l'iovìdence, 
ntie  d'ago  en  fige  par  quelqnes  inlell  igences  exeepl  ion- 
nelles,  et  proclamée  dans  1«  s  dernieiH  ci  nqiiante  ans  p;i  i  l'elite 
de*   pensimi  s  européens.    n'a  qii'un    faihle  éeho,   ou   plutot  n'oli 


XMV  INTKODUZIONK. 

a  pas  de  tont.  dans  gota  siine;  progresaif  par  nne  impulsino 
de  sentiment,  il  recti  le  devaiit  l'idée,  dèa  qn'i]  la  tronveexpti- 
eiteroent,  et,  sysiéuiatiquement  formulée:  et  drs  mote  tris  que 
le  «  progress  of  the  specie*  »  et  la  perfectibilité  ne  se  rencontrant 
juinais  sona  sa  piume  sana  qu'une  teinte  d'ironie,  inoxplicablc, 
il  fant  bteii  l'avouer,  pour  nous,  ne  vienile  a'y  associor.  Le 
genie  limnain  Bemble  lui  apparaltre  plutòt  corame  une  agre 
gation  d'iltdividna  seroblables  jnxta-poaéa  que  corame  imo  asw>- 
eiation  do  tra  va  il  leu  rs  diatribués  par  gioii  pes  et  poiieeéa,  par 
des  voìoh  diverses,  vera  un  but  unique.  La  Nation  elle-mème, 
la  Patrie,  aecond  odo  eollectif,  moine  vasto,  mais  pour  Ideo 
dea  siècloa  encore,  non  moine  sacre  que  l'Humanité,  a'effaee 
ou  se  niodifio,  tout  au  moine,  aous  sa,  inaili  :  co  n'eat  plus  lo 
signo  de  no  tre  part  de  bravai  1  duna  l'cenvre  commnnej  L'ate- 
lier où  Dieu  a  placés  les  instriiiuons  do  travail  pour  remplir 
notre  miaaion  plus  à  noi  re  portéo  ;  co  n'est  plus  le  aymbole 
doline  pensée,  d'une  vocation  speciale  à  poursuivre,  Iiidiqitée 
par  la  tradition  de  la  race,  par  l'affluite  do  tenda ncee,  par 
l'unite  de  langue,  par  les  caractères  locaux;  c'est  qurlque 
clioso  de  réduit.  autant  que  fai  re  se  pent,  aux  proportiona  do 
l'indi  v  idii  :  la  Nati  Oliali  té  Italienne,  c'est  la  gioire  d'avoir 
produit  Dante  ot  Christophe  Colorab;  la  Nationalitó  Allemande 
dans  eeile  d'avoir  donne  vie  à  Luther,  à  Goethe  ou  à  tout. 
antro;  l'ombre  projetée  par  ces  hommes-géans  parait  Ini  déro- 
ber  tonte  trace  de  la  pensée  nation  al  e  dont  eea  boinmea  n'ont 
été  ques  les  interpròtes  ou  les  prophètes,  et  du  peuple  qui  seul 
on  est  le  dépositaire.  Tonte  génóralisation  répngne  si  fort  à 
Mr.  Carlyle  (pie  nona  l'avons  vu  dans  sa  dentière  publication 
conner  ce  qu'il  penso  étro  mal  a  la  moine,  en  déclarant  quo 
«  the  History  of  the  World  !  !....  n'était  au  fond  ti u tre  choae 
quo  the  lìioyraphy  of  great  mcn  (V.  Ltetures).  C'est  s'inserire 
aaaes  nettement  en  faux  contro  l'idée  dominante,  dn  mouve- 
ment  de  l'epoque.  (4) 

Nous  p roteatone  de  t.o.utes  nos    forces,  au    noin    du    senti 
ment  démocratique  de  l'àge,  contro  de  telles  idées.  Non.  L'His- 


0)  Cent  l'essenee  des  idées  de  Mr.  Carlyle,  telles  qu'elles  non»pnr»loacut 
ressortir  de  l'ensemble  de  ses  vnes,  de  ses  jugemeiis,  de  l'esprit  general  qui 
respire  dans  ses  ouvrages,  que  uous  doiiuons  ici.  Il  va  sans  dire,  que  l'on 
peut  reucontrer  ca  et  là  des  passages  eu  conti adìction  avee  cet  esprit,  et 
relevaiit  de  l'esprit  de  l'àge.  Il  est  impossible  à  un  écrivain  de  la  treni  pn  de 
Mr.  Carlyle  de  s'y  soustraire;  mais  il  ne  nous  parait  pas  qu'ou  puisse  MM 
accuser,  pour  peu  qu'ou  lise  avec  attentimi,  d'iufédélité  quaut  au  fond. 


INTRODCZIONK.  XI.V 

torre"  n'eat  pas  la  Biographie  des  grand 8  Hommes  ;  l'Histoire 
de  VHumanité.  c'est  l'Histoire  de  la  religion  progressive  de 
l'Ho  man  ite,  et  de  la  traduction  par  symboles,  ou  aetionsexté- 
ricurcH  de  cotte  religion.  Les  grande  Hommes  ne  sont  qne  les 
colonnes  inillia ires  de  l'Humanité.  Il»  sont  Ics  Prètres  de  sa 
rei  idioti.  Et,  quel  est  —  [pour  nona  qui  ne  croyons  pas  au 
Pape]  —  le  piètre  qui  vai  He  la  Rei  i  gioii  tonfe-Oftfeièrel  Il  y  a 
quelque  cliose  de  plus  grand,  de  plus  divinenient  myslérienx 
que  tous  les  Q  randa  Hommes:  e' est  la  terre  qui  les  porte,  le 
gente  hmnain  qui  la  coarre,  la  pensée  en  Dieu  qui  circolo  en 
soii  sein  et  (jue  le  genre  humain  tout  entier  peut  seni  accom- 
plir.  Ne  rénlez  dono  pas  la  mère  corninone  pour  qnelqnes  una 
de  tea  eli  fa  118,  quelque  privilégiés  qu'ils  puissent  et  re.  Car. 
aussi  bien,  rona  perdriez,  en  la  reniant,  l'intelligence  de  ees 
hommes  exceptionnels  que  vous  admirez.  Le  Genie  est  coturno 
la  llcur  qui  tire,  une  moitié  de  sa  vie  des  srics  qui  circulent 
dans  la  terre  et  aspiro  l'antro  des  gazs  atmospbériques.  Som 
inspiratimi  appartieni  moitié  au  ciel,  moitié  au  peuple  qui 
formante  en-dessnus.  Pour  la  bien  compiendre  il  f'aut  eommen- 
oar  par  étu  ìi>r  le  milieu  dans  lequel  elle   vii. 

Ce  n 'est  pas,  au  reste,  ici  que  nous  pouvons  essayer  d'é- 
tablir  nos  idée*  positives  sur  la  voeatiou  de  tiotre  epoque  et 
sur  la  doetrine  du  progrès  collectif  qui  nous  parait  la .  caraeté- 
risiiqne.  IVur-étie,  saisirons-nous  un  jour  l'oceasion,  pour  peu 
qu'on  paraisse  le  désirer,  de  tracci*  i'bistorique  de  eette  dee- 
trine,  qni,  trai  tee  avec  déduin  eucore  aujeurd'liui  panni  nous, 
conipte  eependailt  panni  ses  adeptes  <les  bommes  t  la  que 
Danto,  Bacon,  Leibuitz.  Nous  ne  pouvons  en  ce  moment  que 
consta  ter  l'exiatoueé  i\  '  la  doetrine  contraire  en  Mr.  Carlyle 
et  l<s  eonfléqnencea  auxquellea,  s<lons  nous,  elle  l'enferai  ne. 

Eridemment,  dea  deux  erìtérinma  de  certi tode,  conaoieuoe 
indi  vidiiclle,  et  traditimi  uni  verselle.  entre  lesquels  l'bumanité 
■  loujouis  flotte  jusqu'ici,  et  dont  l' ha' nionisat'on  constitue, 
■elon  nous,  le  kciiI  mnyeii  que  nous  possédions  de  ivconiiaitre 
la  ferite,  Mr.  Carlyle  ne  premi  qu'un  seul  :  le  premier.  Il 
briae  l'ani  «■.  <»u  toni  au  moina  le  neglige  eutierentenfe.  Dèa 
lors,  pour  lui,  tout  s'enebalno.  L'indi vidualité  étant  tout,  sa. 
doetrine  de  Vmw>h*oìihùwi*ì  en  suit.  Be    lirror   a    L'intaition, 

aux  instinets  de  l'Alile,  c'est  écouter  la  voix  de  Dieu:  séparer 
l'indi  vidimi  ite  de  toni  tra  va  il  lumini  n  sur  elle  inème,  et  la 
jc.ter   vicine   au    hoiiIIIc   de    l'inspi  rat  i<>n    (i'en    haut, c'est   prépa- 


XLY1  INTKOm  /IONI-.. 

rer  à  Dien  nu  tempie.  Dien  et  l'individn.  Mr.  Carlyle  no.  voit 
aii tre  chose  dans  le  monde.  Or,  comment  pent-il,  l'individn, 
atteindre.  toni,  nenl,  Dien,  mi  s'en  rapprocln r,  si  ce  n'«st 
par  l'ohm,  par  l'enthonsiasme,  par  l'essor  imprémédité,  in- 
Homnis  à  la  méthode  et  Mi  cileni  de  1>  split?  De  là  ionie  kob 
antipathie  ponr  le  travail  de  la  l'hilosophie  ;  elle  doit  Ini  ap- 
parai tre  cornine  ime  tentativo  de  Ti  fan  avec  dei  force*  de 
pigmèe;  qne  penvent  Ics  pan  \  ics  facili  tèe  analytiqncs  expóri- 
mentatriees  de  l'intelligence  individnelle  dans  la  solution  du 
problèma  immense,  intini  1  De  là  anssi  soli  blàme  amer  et 
Honvent  violent  à  tons  les  ètres  qni  font  CBiivre  de  révolte 
contro  l'état  social  tei  qn'il  est:  la  vicroire  pent  bici»  Ics  ab- 
soudrc,  car,  la  victoire,  c'est  Dien  intervenant  par  non  arrét 
«ans  appel  ;  mais  ou  est,  l'iioinme  qui  puisse,  par  sofi  oeuvre, 
prétendre  à  calenler  d'avance,  à  déterininer  <et  arrèt?  Qne 
sert  de  reniplir  les  éehos  de  sa  piai  li  te,  comnie  Philoctètet 
Qne  sert  de  s' agi  ter  convnlsivement  iIiiiih  une  lntte  impnis- 
eantef  Ce  qni  est,  est.  Tonte:*  vos  agitations  ne  le  changcrmit 
pas  avant  le  temps  ;  or  le  teinps  Dien  seni  le  desiane.  Co  qni 
sera,  Dien  le  fera;  très  pmbahlemcnt  par  «les  moyens  tont  antres 
qne  cenx  qne  vous,  créature  faible  et  ephénière,  ponvez  ima- 
giner.  Sigliate/  donc  par  eette  parole  le  mal,  calmément,  pru- 
deminent;  finis,  résignez-vons,  espére/,,  et  attende*,  li  y  a  un 
profond  décoiiragement.  demi  sorte  ile  dósespoir  au  fond  de  tonte 
eette  fervenr  hardie  de  croyant,  qui  caraetérise  hien  des  p;v 
ges  dans  les  livres  de  Mr.  Carlyle.  Oli  dirait  qne  c'est  pi n tot 
cornine  ré  fu  gè,  qne  comme  ho  uree  de  droit  et  de  force  qn'il 
eherche  Dien.  On  dirait  qne  des  livres  de  cet  lioinme  si  frane 
et  andaeienx  il  s'éehappe  à  tont  iiistanft  le  cri  dn  pan  vie  ma- 
telot  breon:  «  Mon  Dien,  protège-moi  :  ma  barqne  est  si  pe- 
tite,  et  votre  mer  est  si   grande!   » 

Eh  hien  !  tont  ceei  est  vrai.  et  c<pendant  tont  ceci  est  fan x  : 
vrai  en  tant  que  conm-q'iénce  légiiiine  dn  point-de-départ  de 
Mr.  Carlyle:  fanx,  d'nn  point  de  vneplns  largo,  et  plus  nnitaire. 

Tire/,  tontes  vos  idées  des  choses  et  des  travanx  hmnaiiia 
de  la  notion  de  l'individn:  ne  voyez  dans  la  vie  Sociale  qne 
«  the  angreyate  of  ali  the  indiridiiaì  meri' 8  Ines;»  dans  l'histoire 
qne  «  the  esseuce  of  ìnnniuentble  Hiotiraphies  (Ks<ays.  —  S'ujns  of 
the  Times)  »  :  place/,  toujonrs  l'homnie  seni,  isole,  en  face  de 
l'Univers  et  de  Dien:  vons  anrez  larfaiiement  raison  de  teiiir 
le  langage  de  Mr.  Carlyle.  Si  la  philosophie  n'est.  cornine  celle 


!  NTItODUZION  K  .  XLVII 

-de  toiii.es  les  vieiUVa  écoles,  un'ime  simple  étnde  psycltologiqne 
de  l'indi vidu.  ime  analyse  plus  ou  moina  complèto  de  Bea  fa» 
cnltéa,  à  quoi  bon  si  ce  n'est  cornine  une  sorte  de  gvninas- 
tiqne  intellectnelle?  [et  que  pent  elle  prodnire.  excepté  une 
lueur  de  la  manière  doni  s'aceomplissent  qi-.elqnea  opérations 
intellectuelles  pour  le  petit  nombre,  et  ime  tendence  (Innsjó- 
rense  à  Pargutfe  et  au  sopliisme  ponr  le  grand?]  Si  nos  force» 
«e  bornent  à  eellea  qne  chacnn  d'entre  nous  peut  acquérir  elitre 
ce  moment  de  la  carrière  terrestre  qu'ou  nomine  naissance,  et 
celili  qn'on  appello  mort,  c'est  cortes  aaaez  qne  de  prevenir  à 
deviner  et  à  esprimer  par  quelqnes  pai  elea  parlées  ou  écrites 
un  petit  flragment  de  la  véri  té:  la  réalise  lei  qui  ponrra:  mais, 
place/,  viiuh  dn  point-de-vne  de  l'étre  enllectif.  Humanité;  re- 
gardez  la  vie  Sociale  cornine  le  <léveloppement  conlinn  dune 
Idèe  par  la  vie  d<-  tous  les  Individua,  l'histoire  commele  ré- 
eit  de  ce  développeinent  dans  le  tenipa  et  dans  l'espaee  à 
travi  rs  les  cnmvres  individnelles  ;  eroyez  à  la  solidarité  des 
généraiions  :  ne  perde/,  jamais  de  vne  que  la  rie  de  l'imlividu 
est  non  dèveloppenn-nt  dans  un  milieu  faconné  par  les  travanx 
de  fcbtw  ìes  individua  antérieiirs.  les  forces  de  1'  iudividn  snnt 
sor  c<'iles  de  tonte  l'Hiininnité  antérienre:  — 
et  fonte-  vos  idèes  chan^eront  :  la  Pliilosopliie  vons  apparairra 
la  scien. «e  de  la  loi  de  la  Vie.  cornine  «  the  fiotti  »  — 
c'est  Mi.  Carlyle  Ini-nième  le  dit  qnelqne  }>art  dans  ime  de 
ses  inlnitions  imi  contradict ion  aree  l'esprit  «renerai  de  ses 
«.  i>f  whieh  Rel'ujion.  ivurxìiip,  i.i  the  body  :  »  et  la 
piatti  te,  pretendile  inutile  dea  Intelligencea,  depnis  Hyron  jns- 
qn'a  ©eorge  Sand.  aera  ponr  vons  ce  quelle  est  en  eflet.  la 
protcstation  cnré<>;istrée,  efficace,  de  l'Esprit,  toiirnienté  dea 
.nliniciis  de  l'Avcitir,  contre  un  Présent  corrompa,  mine; 
ci  \ons  sentire/,  qne  c'est  non  senlement  votre  droif.  mais 
devoir  qne  d'inoarner  votre  pensée  en  action,  car.  pen 
imporle  qne  nix  t'orces  individnelles  soient  niininics  |iar  rnp- 
port  an  bnt  à  atteindre;  pen  iinporte  qne  le  resultai  de  votre 
action  iVffaee  en  un  tallitali)  insaisissabb*  à  \  otre  calcili  ;  rena 
nave/,  «pie  Ics  forcee  dea  millions  d'iionimes,  vos  freres.  vien- 
dront  travailler  apre*  vons  d;ins  le  ménte  s«ns;  vons  savey. 
qne  |fl  ani   atteiut,  qttand  qne  ce  soit.  sera   le  resultai  de  lous  voh 

efforti  souibi  net. 

Le  Ini!  :  mi  Imi  i  :i  pourmivre  collect  i  v-  •ineiit .  mi   Idéal  à  réa- 
liMt.      ;mtant    (pie     possilde.     ici    ii;is    par    1  "associa  I  imi    de    IoiiIch 


XI. Vili  INTKOIMIZIONK. 

les  facultés  et  <i«^  toules  les  forces,   «  Operatio  humanae  nnive.r- 
aitati*  »,  —  dit  Dante  da  uà  un  petit  livre  incornili  òu  méooiimi,  où 

il  a  seme,  il  y  a  oinq-eonts  ans,  les  principia  sur  lesquela  nona, 
travaillons  aujourd'hui  «  ad  quam  ip*a  nnirertita*    hominnm 

in  tanta  inulti  In  dine  ordinatili',  ad  qua  ni  q nide m  operati  meni,  neo 
homo  uuiis,  neo  dotati»  aita,  neo  rioinia,  nec  una  oiritalin,  neo  re- 
gimai par  Uvulare,  perliiKjere  pole.it  »  (*)  —  voilà,  ne  nous  i'ati- 
guons  pas  «le  le  répóter,  ce  qui  donne  nujo.urd'bui  mio  valenti 
et  une  règie  à  la  vie  et-  mix  notes  de  l'individu,  —  Mt.  Carlyle 
nous  paratt  prt'sii no  toujours  l'oublier  [.  Cornine  i'antiqnité,  il 
ignoro  l'espace].  Mnnqunnt  «tinsi  d  un  critèrium  solida  pour 
ap  preci  er  les  aei.es  individuels,  il  est,  reciti  i  t  à  les  èva  l'iter  plutòt 
par  les  force*  qui  y  out  eie  dópensées,  par  l'energie  et  la  persi- 
staneo  qu'ils  traliissent  quo  par  la  naturo  du  but  qu'ils  se 
soni,  proposós  et  p;ir  lour  rapport  avec  lui.  l'è  là  vient  cotto 
sorto  d'indiiiereuce  qui  lui  i'ait,  nous  no  dirons  pas  estimer, 
mais  aiinor  éguleiuent  des  boitimcs  dont  tonto  la  vie  a  pour- 
suivi  dos  buts  coutraires,  Johnson  et  Croniwoll  par  exeuiple. 
De,  là  cor,  esprit  de  Fatalismo  —  il  laut  bien  appeler  Ice 
choses  par  son  non»  —  qui  domine  de  loin  sou  beau  livre  sur 
la  Revolution  Fraitcaise,  qui  le  i'ait  tout  sy  ni  patii  iser  avec  Ics 
Faits,  aditi  irei*  le  Pouvoir,  quel  qu'il  soit,  saluer  si  souvenfc, 
au  risquo  de  se  l'aire  npótre  du  despotisuie,  la  Force  cornute 
le  Bignè  du  Droit.  Le  bien,  il  le  veut,  sans  don  te:  partou.fc 
et  toujours;  mais  il  lo  veut  d'où  qu'il  vienile:  d'en  linut  ou 
d'eli  bas:  impose  par  lo  Pouvoir,  ou  proclamò  par  Fini  pul- 
si pn  libro,  spontanee  de  la  inuliitude;  et  il  oublie  quo  le  bien 
est  une  questinu  morale  avaut  tout;  qu'il  n'y  a  de  bion  que 
là  oh  la  coHScienoe  da  bien  exis  e,  là  où  il  est,  non  pts  obtenu, 
mais  fttit  par  riioinine:  il  oublio  que  nous  ne  sommes  pas  dee 
machinos  à  production  dostjuelles  il  s'agisse  de  tirer  lo  plus 
de  parli  possi ble,  mais  des  ngents  libros,  appolós  à  mériier  ou 
à  démeriter  par  nos  ceuvres.  Sa  tliéorio  do  \  iiieomfeionnness, 
déposée  en  germe  dans  la  Vie  de  Schiller,  exposée  nettemenfc 
dans  son  Essai  Charaelerisiicx,  bien  (iii'elle  paiaisse  à  la  pre- 
mière vue  remile  boiumage  à  la  spontnuéiié  li u limine,  coiive 
elio- niènte  prufoudément  eet  oubli,  et  sacri  He,  dans  ses  applì 
cations,   le  but  social  à  un  point-de-vue  individue!. 


(!)  De  Monarchia. 


IN  1  KOIHZIONK.  XI,  1  \ 

Le  Genie  tfesr  pas,  généralement  parlant,  unconscious  de 
ce  qiril  éprouve,  de  ce  qu'il  peut.  Le  Genie  n'est  paa  la  barpe 
suspendue  qui   résonne,   comme  la  statue  de  Meninoli  au  dósert 

une  au  aoleiL  au  Bouftte  ehangeant,  imprévu  du  vent  à 
travers  ses  eordes ;  c'est  la  puissanee  sentite  de  ramo  d'un 
homme,  qui  se  livre  au  milieu  de  ses  semblables,  et  se  croir 
dit  fìls  de  Dien.  apótre  du  Vrai  et  dn  Beau  paterne  la 
sur  la  terre,  adorateur  privilégié  d'un  Idéal  eaché  encore  au 
plus  grand  nombre  :  il  est.  presque  toujours,  assez  tourmente 
par  ses  contemporains,  pour  qu'il  lui  soit  accordé  une  cora- 
penaation,  de  sentir  sa  vie  dans  les  générations  avenir.  Cesar. 
Christophe  Colomb  n'étaient  pas  uneon$ciou8.  Dante  qnand, 
au  couiraeneenieut  dn  oh.  XXV  du  Paretài»,  il  laueait  à  ses  en- 
demia rette  sublime  menace  que  des  commentateurs  sans  cunir 
<-i  sans  téte  (>ur  pria  pour  un  cri  de  supplieatiou  —  Kepplei 
quand  il  écrivait  «  Mon  livre  attenebra  son  leereur,  Dieu 
u'a-t-il  pas  attendn  si\  mille  ans  avant  de  cróer  un  boinnn- 
pour  contempi er  sea  oeuyrea  '.  »  Shakspeare,  Lui-inéme,  quand 
il   s'éeriait  : 

And    aothing  stands 

And   yet,    feo   times  in  hope,  my   verse  sitali   sland, 

n'étaient  pas  mhcouscìom*.  Mais  lors  mème  qu'ilsFauraientété,  lors, 
mème  'in*-  le  (iéuie  le  serait  toujours.  la  questi  on  n'est  pas  là.  Ci' 
n'est  pasdu  Genie  que  l'on  possedè,  qu'il  importe  d'ètre  oomeiow  ; 
c'estdece  qu'on  se  propose  de  l'aire;  c'est  la  consciousness  du  but 
ei  non  celle  des  moyens,  (pie  noiis  ai'firmons  ètre  indispensable 
tontes  les  Ibis  (|ii"il  y  a  quelque  grande  elione  à  ètre  accomplie. 
la.  toh-  les  hnmmes  puissans  ipii  ont  inearné  leur  pen- 
sée eri  une  (suvre,  —  cea  artistee  enx-mèmea  du  moveu  àge 
qui    ont   traduit  dans    la    piene    L'immense  aspiratimi  de  leur 

.noe    an    eie!    <-t    nona   ont    legué  les  cathédrales  ehréliennes    san> 

mème  graver  leur  aom  dans  un  ooiu  — -  l'étaient, 

i,iiif  devient,  des  i..r>.  L'anatheme  lance  par  Mr.  Carlyle  à 

la    l'Ini». Sophie  i   Qae    ili'Mciit    l'arrrt    polir     avee     lant     d'amer- 

Mim.-  oontre  la  plainte    inquiète  des  écriraina  eontemporains) 

La    PhilOSOphie  -       la    l'orni.-    sYnlrnd  rst-rllr  aitile  ehoseqnr 

Ce  qu*  il  appelle  la   maladie  <le    l'époqiir 

va  l'oiul  «pie  la  oonscience  d'un  but  aouveau, 
non  alt. mi  I  II   \   a,  non-  le  aavons,  bien  dea  hommes  preterì 

•  ianl.    san-    droit    .-I     -an      irai  .|er     drja     la     .-oliscimi  <• 


I.  I  M'KOIM  7.IUM    . 

complète  dea  moyens.   Est-oe  cela  <i n ' i  1  attaquef  Qu'il  attaque 

alors  le  cri  prematuro  <lu  briomphe :  l'orgueil,  non  la  plainte. 
La  plainte  n'est  qne  le  signe  de  la  souffrance  et  un  stimulant 
a  la  recherche.  Elle  est  deux  fois  sacrée. 

Deux  fois  sacrée,  disons-nous,  et  eette  plainte  de  la  plainte 
est  à  la  fois  injuste  et  imitile:  imitile  car  quoique  vons  fas- 
siez  la  «  tonte  créature  gémit  »  de  l'Apotre  qne  nous  ai  mone  a 
«•iter,  se  veritiera  plus  fortement  dans  les  intelligence»  choi- 
sies  tonte»  les  fois  qii'un  ordre  entier  de  choses  et  d'idées  sera 
dans  l'épuisement  ;  tontes  les  fois  qne,  comme  vous  le  dite», 
il  n'y  anra  plus  de  foi  sociale!  injuste,  car  d'un  coté  elle  at- 
taque ceux  qui  soutfrent  le  plus,  de  Fan  tre  'elle  voudrait  sup- 
priraer  ce  qui  est  symptóme  dn  mal  et  empécher  l'éveil  de 
ì'attention  de  tons  sur  Ini.  Souffrez  en  silence,  dites-vous  ì 
criez  sur  les  toits,  sonnez  le  toesin  ;  donne/  Salarine  cofite  qui 
coùte,  car  n'est  pas  seulement  votre  maison  qui  brulé;  c'est. 
celle  de  votre  voisin;  c'est  celle  de  tout  le  monde.  Le  silence 
est  toujours  beati;  il  est  mème  bien  souvent  un  devoir,  quand 
votre  souffrance  n'est  que  personnelle;  c'est  un  non-sense  er. 
une  fante  quand  elle  est  la  souffrance  des  millions.  Croit-on, 
par  basard,  que  e  ette  plainte,  cette  expression  de  malaise,  de 
mécontentement  qui  éclate  de  tous  còtés  aujourd'hui  ne  soit 
l'oeuvre  que  du  spleen  ou  des  déceptions  personnelles  de  quel- 
mies  écrivains  égo'istes?  Croit-on  qu'il  y  ait  plaisir  a  parade r 
devant  le  public  sa  propre  souffrance  [quand  elle  serait  de 
nature  à  pouvoir  s'épaneber  dans  un  ccenr  ami]?  Il  est  plus 
douce,  croyez-le  bien,  de  provoquer  autour  de  soi  le  sourire 
que  la  pitie.  Mais  il  y  a  des  temps  dans  lesquels  tout  oracle 
prononce  des  paroles  sinistres;  le  elei  est  voile,  l'air  est  froid, 
le  mal  est  partout:  comment  ne  serait-il  pas  dans  le  coiiir  de 
ceux  dont  la  vie,  exceptionnellement  sympatbique,  s'émeut  et 
vibre  le  plus  au  tremblement  de  la  vie  universelle  ?  Quoi  ! 
vous  constate/  le*  mal  à  chaque  instant  dans  vos  pages;  vous 
nous  montrez  la  socie  té  marebant  par  l'anarchie  morale  et  le 
vide  des  croyances,  à  sa  dissolution  ;  et  vous  prétendez  que 
nos  fronts  restent  calmes,  vous  étonnez  que  notre  voix  tremble. 
que  notre  àme  frissonne?  La  pensée  humaine  est  inquiète: 
elle  s'interroge,  elle  s'écoute,  elle  s'étudie;  évidemment,  ce 
n'est  pas  là  son  état  normal.  Soit;  mais  que  faire?  Abolir  la. 
pensée?  Constater  à  l'intelligence  le  droit.  le  devoir  de  s'é- 
couter,  de  s'étudier,  qiiand'elle  se  sent  malade?  C'est  bien  là 


INTRODUZIOXK.  LI 

le  sten»  de  l'Essai  «  Characteristics.  »  mi  dee  plus  remarqua- 
hles  de  Mr.  Carlyle.  La  première  partie  est  admirable  de  vé- 
le mal  y  est  parfaitement  caraetérisé  ;  le  symptóme prin- 
cipal  établi:  la  conclusimi,  nulle.  Elle  aboutit  a  supprimer — 
le  coiriment  n'est  pas  indiqué  —  l'inquiétude,  ce  qu'il  appaile 
la  »eìf-xentience,  la  self-survey.  la  consciousness.  Ne  vaudrait-il 
pas  mieux  chercher  à  supprimer  la  maladie,   qui    la    produit  ! 

Il  y  a  dans  oe  mème  Essai,  à  la  fin,  un  brillant  passage 
qni  parali  vouloir  servir  de  réponse.  «  Do  ice  not  already  know 
thut  the  nume,  of  the  Infinite  %%  Good,  is  God....  jusqu'à  ce- 
lestini (jnidiiuj-starn.  »  Nous  avons  cimisi  ce  passage,"  paree 
«ju'tii  rasant  le  vrai  dans  ses  dernières  lignes,  en  le  faussaut. 
Belone  nous,  dans  les  premières.  il  nous  parai  t  renfermer  en 
e  toutes  les  certitudes  et  toutes  les  incertitudes  du  «  Ever- 
ìaxtiny  Yea  and  the  Everlasting  No  »  de  Mr.  Carlyle.  Dieu  et 
le  Dkvoii:  :  ce  sont  là  en  effet,  les  deux  inots  sacrés  que  l'Hu- 
nianiré  a  répété  pour  se  sanver  à  toutes  ses  epoque»  de  oriate. 
ei  qnl,  aujourd'hui  encore.  la  sauveront.  Et  cependant.  il  faut 
BaToir  de  quelle  manière  ces  mots  sont   compris. 

Dieu.  nous  le  cherchons  tous.  Mais  où?  comment • .'  dans 
«jiiel  ini  t  .'  e 'est  là  la  question.  Cerchez-le.  dira  Mr.  Carlyle, 
dati»  le  eie!  étoile.  sur  la  mer  immense,  sur  le  front  calme  et 
pur  de  ritornine  de  bien,  dans  la  parole  du  Genie  avant  tout 
4  :  a n  i'oud  de  voi  iv  crnur  délivré  de  toutes  les  passions  egoiste». 
Dieu  est  partout.  Sachez  l'y  trouver.  Vous  ètee  entouré  de 
Be»  miraHes.  Vous  nagez  dans  l'intini.  D'Intuii  est  aussi  en 
vous.  Pénétrez-vous  bien  de  cria.  (Jrovk/.  Vous  sere/,  meil- 
ieers.  Vous  aeree  oe  une  I'Hommk  doit  étre.  — Ckoykz:  c'est 
bien.  Itala  eoimnent  Eaireeroirel  Km-ore  ante  ibis,  «-'est  là  la 
qneetion.  A  toutes  les  époques  de  Kliistoire  de  l'Huuianité,  il 
ii  <lcs  hommes  inspiré's  qui  ont  prò  fé  ré"  sain tenient  ce 
mot:  des  hommes  qni  ont  làit  appel  à  tout  ce  <{  n  i  fermente  de 
•n\.  de  tiiaiid.  do  divin  dans  le  cu-ur  humain  cont  re  lev 
appetii-,  matèrici-,,  contrc  le-  Lnstinctfl  égolttee*  Ces  homme- 
ohi    .:  .    I/Humaiiité    a    <>uc.    Elica   tàit.  pendant,  quel 

<|mc  B^èelee,  au  nom  de  set  creyanees,  de,  gntndea   el    boitoes 

.    l'uis.    clic    ;i    <4iadiicllcmciil    diminue.    diminu. 
proiinirc.    ( 'oiiiinciit    eelftf    Klait-cc    t'inx    ce    un'elfo     avait     cruf 
Non:    e"ci;,ii    incoiiiplct  .    ("était,    comme    loiitcs    lei     thOÉtk    Ini 
inaile  un    de    la    Véri  té    ahsoluc.    OODlbiné    avee  Lieti  des 

.  .  ti  rnps  et  au\  lieux,  destinées  k  disparattirc 


I.II  I  \ TKOlUV.lo.NK. 

aprèa  avoir  porte  leur  fruii,  et  lorsque  l'intelligence  humaine 
scrait  mure  pour  une  plus  haute  initiation.  Oe  terme  arrivé, 
tonte  exhortation  iaolée  à  la  Foi  est  mille.  Ce  qne  vons  pre- 
dicai peut  étre  éminemmeut  sage  et  moràl  :  il  aura  cà  e  In 
l 'autori té  que  peut  avoir  un  aystème  individuel  de  Philoso- 
phie;  il  ne  conquerra  jamais  eelle  de  la  Croyance.  Vane 
contrerez  une  approbation  stèrile,  théoriqtte,  mais  vous  no  do- 
iniuerez  pàa  la  prati  que.  Vous  ne  dicterez  pas  dv>  aetea,  vous 
ne  vous  emparerez  pas  de  la  rie  de  vos  frères  pour  la  fé- 
conder  dana  toutea  ses  manifestati one.  Il  n'est  paa  de  religion.. 
qui  ne  pùtj  si  le  contraire  était  vrai.  fai  re  vivre  pour  tou- 
jonrs  en  harmonie  l'univers  par  la  moralité  qui  s'y  trouve, 
développée  ou  en  germe.  Mais  il  y  a  dee  temps,  dans  lesquels 
tooa  efforts  se  brisent  contre  rapatine,  à  moina  que  voua  ne 
changiez,  par  le  développement  de  nouveaux  rapporta  entré 
les  homines,  l'appel  en  action  d'un  élément  jusqu'alora  stip- 
primé,  le  point-de-départ  dn  travail  social  et  que  vous  n'im- 
1  primiez  une  forte  secousse  a  l'intelligence  endormie,  fante 
d'aliment.  [Ce  n'est  que  dans  un  nouveau  milieu  que  l'annonce 
des  vérités  nouvelles  peut  rencontrer  des  croyans.  Or,  il  n'y 
a  personne  qui  puisse  demander  à  l'individu,  quelqu/il  soit. 
un.  ehangement  de  milieu  pour  l'Humanité.  Cela  rentre  dans  la 
sphère  des  travaux  de  l'Humanité  elle-mème.] 

Nous  clierchons  tous  Dieu.  Mais  nous  Savona  bien  qu'ici- 
baa  nous  ne  pouvons  l'atteindre,  ni  le  comprendre,  ni  le  con- 
templer.  L'absorption  en  Dieu  des  religions  Brabmaniques.  de 
Platon,  et  de  qnelques  ascétiques  modernes.  est  une  ili  usi  on 
irréalisable.  Nous  somme»  trop  loin.  C'est  de  nous  t'approdisi* 
de  Dieu  qu'il  s'agit.  C'est  nniquement  par  nos  ceuvrea  qiu? 
nous  le  pouvons.  [Nous  ne  clierchons  pas  Dieu  en  Dieu  :  c'est 
Dieu  en  sa  loi,  ou,  si  Fon  veut  une  expression  plus  exacte 
bien  qne  moins  simple  au  premier  àbord,  c'est  Dieu  en  sa 
vie.  c'est-à-dire  encore,  en  notre  vie.  qui  est  le  développe- 
ment continu  de  la  pensée  et  de  la  puissance  divine,  que 
nous  cherchons.]  C'est  d'incarner,  autant  que  possible,  aòn 
Verbe,  de  traduire,  ,de  réaliser  sa  Pensée  que  nous  a.vons 
eliarge  ici-bas.  Ce  n'est  pas  en  contemplant  les  wuvres  de  Dieu 
que  nous  pouvons  remplir  notre  mission  sur  la  terre;  c'est  en 
nons  dévouant  à  revolution  de  son  Oeuvre,  qui  ne  s'inter- 
rompt  jamais,  qui  n'a  pas  de  fin.  La  terre  et  l'homme  don- 
nent  par  tous  les  points    sur    Fintini:    nous    le    Savona    bien. 


[NTRODUZIONK.  LUI 

Mais  savoir  cela,  est-ce  là  tonti  Ne  nous  finir- il  pas  marche r. 
avancer  dans  cet  In  ti  ni  !  Or,.  1'  individu,  créature  fìnie  et  d'un 
jonr,  le  pentii,  en  ne  a'appuvant  que  sur  ses  forees  senleaf 
Prenez  garde;  c'est  préciaement  pour  s'ètre  trouvés  un  instant 
i  face  uvee  Fintini,  sans  calcnler  d'autres  facultés,  d'au- 
tres  forees,  que  lea  leurs  proprea,  que  quelquea  unea  dea  intel- 
ligence» que  nona  appelons  aujoiird'huì  corruptriees,  se  soni 
égarées  dans  le  scepticiame  ou  dans  la  uiisanthropie.  Les  im- 
inenses  aspirations  de  cea  àmes  se  aont  heurtéea  coni  re  1'  iin- 
pnissance.  Tounnentéea  de  désir,  et  d'une  tace  de  vie  excep- 
rionnelle,  mais  ne  communi ant  pas  asse/,  uvee  l'Humanité,  elles 
onr  entrevu  parto  ut  la  niort  et  le  néant,  et  elles  inni  plus 
«-U  le  courage  de  lutter.  L'Idéal  leur  a  apparii  cornine  une 
ironie,  ("est  qu'en  etr'et  la  vie  liuinaine.  regardée  du  point- 
de-vne  individuel,  esc  une  triste  éhoae.  [Elles  ont  blaaphómé 
cornine  Faust.  Paiivrea  gonttes  d'eau,  enlevéea  par  le  vent.de 
la  tempète,  er  retonibées  bientót  dans  [e  vaste  Océan  pour  s'y 
euglontir  sana  retour.]  Grandeur.  pouvoir,  gioire,  tout  s'éteint . 
joueta  d'un  jour  l»risés  le  aair.  Noa  mèree  meurerit.  Les  amitiés 
ineurent.  Meuveni  avant  nous.  L'amour  le  plus  vif.  le  plus  pur. 
serait  une  ironie  amère,  si  ce  n'était  une  promesse;  eette  pro- 
inesae  élle-méme  n'eat  pas  assez  fortement  sentie  par  nous  dans 
uotre  cxisience  ac  tue  He,  pour  nona  protéger:  le  fantóme  de  la 
mori  veille  an  chevetfle  noe  ohèrea.  L'adoration  intellectuelle  du 
Y  rai,  sana  espoir  de  réaliaatiou,  est  sterile  :  il  y  api  uà  de  vide  en 
noa  àmes,  plus  de  place  pour  la  Vórité,  que  nona  n'en  pouyona 
i.-niplir  dans  uotre  courte  cxisience.  Briaez  le  lien  de  continuiti 
entre  nous.  Individua,  et  Ics  generation»  <|ui  nous  ont  précède  et 
«ini  nona  sui  vront  sur  la  (erre:  et  qu'eat-oe  que  le  dévouemenl  ai 
ce  n'est   une  sublime  folief  anéantiaaez  la  solidarité  de  toutes 

lea    vies   liiiinaines.    et't'uce/,    l'iuta  illildlité   de    la     progression   de 

l'humanité  colleetive,  qne  devienl  le  Martyre  si  ce  n'est  un 
suicide  sane  Imi i  ì  (}n\  voudrail  sacrifier,  non  sa  vie,  mais  tona 
lea  joura  <!«•  sa  \  ie.  nea  affectiòna,  l<-  caline  dea  ètrea  aiméa  pour 

la  patrie,  pour  la  liberi.-  liiiinainc,  pour  revolution  d'une  grande 
-     inorali'.  <|iiand  «|  uelquea  joii  rs,  <|  nel«|  ues  a  ntnies,  sutìirout 

peut-étre  pour  le  détrnirel  Triateeae,  triatesae  inépnisable,  de 
sharraonie  contro  !<•  Vouloir  et  le  Ponvolr,  désenohantement, 
décotiragement:   Mula  la   \  ie.  quaod  ou    ne    L'euvisage  «pio  du 

point  <ì«-  \  in-  individuel.  tjuelques  rarcs  in  t  ci  ligem-es  se  <ier<> 
'-•ni    a    la    loi    e une   «•!    atteignent    le   caline;    «-'est   !<•    caline 


l.IV  IKTRODUZIONK. 

<le  l'i  insertai  n,  <le  in  contemplation  :    et    la    contemplatoli 
l»as.   e'eat  l'égolsme  du  Genie. 

[astinoti  vement,  nous  le  n'-pét  un-,  Mr.  Carlyle  a  tona  Ics 
pressenlimens  <le  l'Epoque.   Mais.  ne  comprenant  pas,  u'admet- 

tant   pas   la    vie   collettive,    il    est    dalia  l 'impossihili  té  abaohl  de 

tronver  Ics  morena  de  réalisation.  La  foi  et,  ]t.  déconragement 
alternent  dans  ses  livres  cornine  ils  doiveitt  al  temer  dans  son 
àme.  11  i'aii  et  défait  sa  toile.  oomme  Penèlope.  Il  picche  tour-a- 
tour  la  Vie  et  le  Néant.  Il  brise  Ics  f'orces  de  scs  leetetirs  cu  Ics 
roolant  sani  cesse  du  ciel  aux  enferà,  des  enferà  au  elei.  (*)  Il 
brise  ses  forces  aussi  :  ear  Ics  traces  d'un  déconragement  qui 
doit  s'accroìtre  aver  Ics  annécs  percent  visiblement  à  braverà 
fous  Ics  éerits.  Dans  tona  ses  éerits,  dans  Sarior  Resartus  sur- 
lont.  il  y  a,  bien  qu'il  ait  renoncé  a  la  théorie  de  la  Vic-I'x»- 
nheur.  une  aspi  rati  on  contili  nel  le  vere  le  repos.  qni  nous  a 
fait  revenir  souvent  à  mémoire  le  «  n'avons-nous  pas  tonte 
l'eterni  té  ponr  nous  réposer  ?  »  de  Nicolle  à  Amami.  I.i-i  m> 
test  here,  j'or  1  ani  iray-n-tarf/,  and  li/e-ireary  :  I  irill  rest  lieve, 
mere  il  bitt  io  die:  io  die  or  lo  lire  /s  aliké  t<>  mi  :  afike  insigui- 
fioant —  Here,  then,  as  1 

# 
#   * 

Anche  l'articolo  sulle  Opere  minori  di  Dante  segui 
le  stesse  sorti  di  quello  sul  Menio  e  tendenze  di  Tom- 
maso Carlyle.  Il  Mazzini  aveva  cominciato  ambedue 
a,  scrivere  nell'aprile  del  1840,  (2)  anzi  quello  sul- 
V Alighieri  qualche  mese  innanzi,  poiché  nel  settembre 
dell'anno  precedente,  avuta  notizia  che  era  stata  pub- 
blicata a  Torino  la  Vita  di  Dante  di  Cesare  Balbo, 
egli  s'era  appunto  proposto  di  stendere  un  articolo 
sui    biografi    del    sommo    poeta,  (3)   e    di    offrirlo    al- 

(J)  A  questo  punto,  in  ri-dazioni-  definitiva  ebbe  un  laborioso 
e  diffuso  ri  maneggia mento. 

(2)  Leti,  alla  madre,  dell7 8  aprili'  1840  fi-di:,  nazionale, 
voi.  MA',  p.  59).  - 

(3)  Lett.  alla  madre  del  IO  settembre  18X9  (hi.,  mi.  XVIII, 
p.    i93).    ì'iramenti-,    il   Mazzini    aveva    chiesto  alla   madri-   il    voi. 


INTKOIHTZIOM'. 


V  editore    (iella     IJritish    and     Foreigii     BevieWj,    che 

arerà  già  accettati  i  (ine,  .sulle  Voix  Intérieures  di 
V.  Ungo  e  sulla  Oblile  <ì"un  Auge  del  Lamart'ux 
ma  d'  un  tratto  lo  aveva  poi  sospeso,  avendo,  nel 
frattempo,  dorato  occuparsi  in  lavori  di  maggior 
mole.  Nella  lettera  pili  volte  citata  alla  madre,  del- 
l' 8  aprile  1H40,  egli  informava  infatti  che  era  in- 
tento a  ricominciare  a  «scrivere  un  articolo  su  Dante.  » 
da  lui  «per  direrse  ragioni  lasciato  interrotto;  »  ed 
è  noto  che  la  pubblicazione  del  commento  foscoliano 
alla  Di  vili  <i  Commedia  fu  la  ragione  che  gli  fece 
metter  da  parte  ancora  una  volta,  l'articolo  dan- 
tesco. <iel  quale  il  Mazzini  non  te  un  e  più  parola  (dia 
madre  per  oltre  un  anno.  Solamente  ai  primi  di 
settembre  del  1841  egli  accennava  a  ijuesto  argo- 
mento, sempre  però  vagamente,  (~ )  ed  appena  nel  gen- 
nai» dell'anno  successivo,  dopo  che  l'editore  della 
Foreigu  Quarterly  Review,  che  iniziava  allora  le  sue 
pubblicazioni,  lo  ebbe  richiesto  della  sua  collabora- 
zione. ■■■)  il  Manzini  si  decise  a  rimettersi  a  (/uesto 
.'((coro,    che   del   resto  gli   era   stato  facilitato   dai    /un- 


titi Balbo  tino  fitti  mese  precedente  (leti,  dal  2 I  agosto  (839,  in 
oli:,  nazionale,  fui.  X  l'Ili.  }>.  l<>.~>};  ma  non  potè  averlo  -se  non 
verso  iti  jint   tii  </nt  ir  anno. 

(*)    «Ho   xcritlt)   I'  al  Ir"  ieri   —   scriveva   olla     madie     nello    <it. 
lettera  del   IO  tlieemhre   Ì839  —  al   Direttore  ili  quella  Rivista..., 

proponendogli  d*  occuparmi  <C  mi  olirò  articolo  su   Dittile S'egli 

"'■<<ti<t mi  porrò  ol  lavoro,  e  §e  avrò  quella  tal  Vii.-i  del  Balbo, 

tra    utile   ossiti.»    1,1. .    rol.    XVIII,    p.    Ut."). 

(■)    Leti,    alla    uiti, Ire.    ilei    9     *rl tembre     1S1I     (1,1..    rol.      XX. 

,,.  30 

fi  l'.t  gennaio  1842  egli  scriveva  alla  madre:  «  M*è  ri- 
milo ora  richiesta  ilo  una  Rivista  Inglese,  ma  eli,  s'occupa  esdu- 
nivamsnte  <ii  vose  straniere,  4*  un  articolo  sopra  Dante,  ilo  farsi  in 
pochissimi  giorni;  ma  questo,  benone  mi  riesca,  pel    t'inpo.  passa* 


I.YI  INI  IIODI   /lo\K. 

<//ri  e  pazienti  studi  attorno  al  commento  dantesco  del  F<> 
.scoto.    Dagli  accenni   del l' epistolario   apparisce   infatti 
che  in  anello  stesso  mese  era  lutto  inlento  a  stenderlo 
ina   anche  questa   volta    ebbe    a    ('criticarsi   una    nuova 
interruzione,    dovuta    unica  incute    «    certe  crisi  edito- 
riali del  periodico     int/lcse,     il   (/naie,   come    la   prima 
volta,   ne/C  agosto  del    1*42  richiese  (ti   Mazzini  V  ar- 
ticolo dantesco,  a    condizione    d'  ((cerio   «  in    tre  setti 
mane,  »    Dando  notizia    alla    madre    di  questo  proce- 
dere cosi  sol  lecito  defili  editori   in  (/lesi,  (2)   il    Ma. 
lacera   notare  che  per   Ini  era     «  impossibile  d'  ((certo 
scritto  e  tradotto  »  in  quel  breve  spazio  di  tempo,  e  che 
aveva  proposto  «  di  dar  l'articolo   in   due  settimane,  » 
purché  il  direttore    della    rivista    ((resse  pensato  egli 
stesso  alla   traduzione.   Per  parte  sua,  fu   ({nasi  pun- 
tuale nel  suo  impegno^  poiché  ai  primi  del  mese  suc- 
cessivo V  articolo  dantesco  era   già  beli'  e  mandato 
contrariamente  a-  quanto,    è  da-  supporre,   si  fosse  as- 
sunto  l'editore,    il  quale,    ne  II'  ottobre  di  quello  stesso 
anno,  non  più  quindi  con   (/nella,  fretta  che  sembrava 
<li  avere  due  mesi  innanzi,  restituiva  ed  Mazzini  il  ma- 
noscritto   dell'  articolo,   invitandolo  a  provvedere  cali 
stesso  a   tradurlo.  (4)   Se  non   che   il   Mazzini,  pure  es- 


bd  mente  difficile,  mi  fa  piacere  (issai,  perché  se  l'articolo  riesce,  è 
cerio  ch'io  di  renio  col 'I  abora  lare  regolare  della  Ri  rista.  essendo 
nuova.  »  Ediz.  nazionale,  voi.   XXII,  p.   18. 

(!)  Lett.  alla  madre,  del  37  gennaio  1841  (hi.,  voi.  XXIII. 
p.  25). 

(2)  Lett.  alla  madre,  dell'  8  «aosto  1842  (Id..  voi.  XXIII, 
p.    237). 

(3)  Lett.  alla  madre,  del  13  settembre  1843  (Id.,  voi.  XXIII, 
P.   263). 

(4)  «L'articolo  su  Dante  m' è  stato  rimandato  —  scriveva  alla 
madre  il  18  ottobre  1843  —  perch'io  lo  consegni  al  traduttore: 
ciò  che  ho  fatto  ;   sicché  e  cosa,   mi  pare,   decisa   che    sarà     inserito 


INTHODCZIONE. 


se  rido  hì  adattato  a  questa  condì  zio  ne,  ebbe  pur  troppo 
a  fare  esperimento  delle  pessime  abitudini  dei  tra- 
duttori in  (itesi,  in  mezzo  alle  aitati  s'  era  già  dibat- 
tuto un  altro  esule  (//arioso:  dapprima  cominciarono 
le  irritanti  dilazioni  di  chi  s'  era  preso  l'assunto  di 
dar  f  opera  sua  in  un  determinato  giorno,  e  che  dopo 
di  in  rana  «promesso  dicci  rotte  almeno»  la  tra- 
duzione dell'articolo  dantesco,  e  impegnatosi  per  1'  un- 
dicesima di  consegnarla  per  il  28  febbraio  1843,  (l) 
aveva  ancora  mia  rotta  mancato  alla  parola,  data. 
«  Xou  ho  ancora  V  articolo  Dante  —  scriveva  il  Maz- 
zini alla  madre  il  3  apri/e  di  qucll'  aiuto.  —  Il  tra- 
duttore al  quale  in  un  biglietto  intimai  che  s'  ei  non 
mi  mandava  l'articolo,  io  lo  faceva  citare,  m'  ha  scritto 
un  biglietto  tanto  compunto  supplicandomi  che  ora 
eli' ei  l'aveva  quasi  finito,  glie  lo  lasciassi  fino  a 
martedì  (domani),  che  ho  accettato.  »  (-)  Ma  furono 
sempre  promesse  rane,  le  (inali  decisero  il  Mazzini 
a  metter  la  cosa  nelle  mani  a"  un  arrocato:  (■')  e  que- 
sto provvedimento,  se  rat  se  all'  esule  di  riavere  il  ma- 
noscritto suo.  rimettendoci  il  compenso  preteso  dal  le- 
gale, non  ebbe  però  l'effetto  di  vederlo  accom pai/nato 
dalla    traduzione   i ni/lese.  ch( .  con    evidente  i mpiidcnza . 


,kI  illuni  in  Uri  gennaio   1843.   Dipende   i»>i    dall'effetto    ette  farà 

/'  articolo   "iti    telluri    (telili    Rivista   I'  exser    io   eletta   a     collaboratore 

ordinario  della  Rivista.  Spero  bene}  perché  la  collaborazione  «i- 
tuuii  mi  sembra  piuttosto  debole:  e  il  mio  articolo  mi  pare,  xiin<- 
ramente  pai  landò.  <•//<  valga  meglio  dei  loro.  »  (Sdiz.  nazionale, 
eoi.  XXIII,  ,>.  297). 

.'..II.    alla    madre,    del    L>r,   febbraio    (843  (Id.,   eoi.   XXII. 

i'.d,\.  nazionale,  rol.   XXIV,  />.   92, 
Leti,   olio    iiiadn.  dell' 8   maggio   ($  i3  (Id.;  voi.  XXIV, 
,,.   ii8). 


INTKODUZIONK. 


la  persomi  che  si  era  incaricata  di  eseguirla,  pure 
affermando  il  contrario,  non  arerà  né  meno  iniziati 
Onde  il  Mazzini  tentò  di  riaffacciarsi  alt'  editore  della 
Foreign  Quarterly  Beviéw,  proponendogli  che  s'  oc- 
cupasse «eijli  del  traduttore,  deducendo,  ben  inteso,  dal 
pagaménto.  »  Però  l'editore,  pure  arendo  pensato  molto  a 
rispondere,  te  mie  duro,  e  rima  urlò  il  manoscritto,  che, 
per  ìa  traduzione,  fu  dal  Mazzini,  nel  luglio  del  t848, 
affidato  alle  cure  (V  una  «  signorina  inglése,  piena, 
d'  ingegno,  »  eh'  egli  aveva  conosciuta,  a  Londra,  ma 
che  viveva  a  Manchester.  (2)  Il  lavoro  di  traduzione, 
trascinatosi  stentamente  fino  al  settembre,  soddisfece 
il  Mazzini  «per  quanto  evidentemente  /'  ultima  parte  » 
fosse  «  fatta  di  furia,  »  e  fu  subito  spedito  al  di- 
rettore della,  rivista,  (*)  il  un  ale  mandò  le  bozze  di 
stampa  al  Mazzini  solamente  nel  dicembre.  (4)  e  lo 
fece  pubblicare  «per  ragioni  inutili  a  dirsi.  »  non  <jià 
nel  fascicolo  del  gennaio,  come  era  stato  promesso, 
ma  in  quello  dell'aprile  della  Foreign  Quarterly  Ite- 
vi ew,  (■"')  dove  potè,  infine,  leggersi  dopo  cinque  anni 
dalla  sua  primitiva  redazione. 

Gli  avvenimenti  che,  a  cominciare  dal  moto  ro- 
magnolo dell'agosto  1843,  assorbirono  d'allora  in  poi 
tutta   l'attività  del   Mazzini,  persuasero  l'esule  a  preti- 


(*)  Leti,   alla    madre,   del   1S    mapgio   Ì843  (Edi:,   nazionale, 
mi.  XX IV,  n.  1??). 

(2)  Lett.   alla   madre,   del    2'3   luglio    1843  (Id.,    voi.    XXIV, 
p.    191): 

(3)  Lett.  alla   madre,   del  9  settembre  1843  (Id.,  dot .    XXIV, 
pi    -42). 

(4)  Lett.  alla   madre,   del   16  dicembre  1843  (là.,  voi.  XXIV, 
p.   369). 

(5)  Lett.   alla   madre,  del  30  dieembre  1843  (Id..  voi.  XXIV. 
p.    389). 


INTROPUZIOXK. 


deve  un  definitivo  congedo  dei/li  studi  letterari,  che 
per  sei  o  sette  anni  aveva  coltivati  con  tanto  ardore. 
La  spedizione  dei  fratelli  Bandiera  del  JS44.  il  nuovo 
moto  insurrezionale  di  Romagna  del  Ì84Ò,  l'eiezione 
di  /*io  IX.  le  stragi  di  Cracovia,  le  difficoltà  insu- 
perate^ ma  trascinatesi  laboriosamente  per  piti  mesi, 
per  la  costituzione  del  Comitato  Democratico  Europeo, 
infine y  il  fremito  di  riforme  che  agitò  V  Italia  per 
tutto  il  ls/(i.  erano  per  se  stesse  vicende  che  dove- 
vano indirizzare  Fattività  del  Mazzini  verso  altre 
cure  e  condurla  per  altre  vie.  E  solamente  nelV  otto- 
bre del  J846  egli,  che  per  due  anni  si  era  esclusiva- 
mente occupato  di  scritti  politici,  a  richiesta  d'un  suo 
amico  inglese,  William  Shacn.  si  decise  a  stendere  in 
francese  una  commovente  Preghiera  a  l>io.  perché  per- 
donasse i  misfatti  dei  quali  si  rendevano  colpevoli  i 
piantatori  dell'America ,  alV  indirizzo  dei  poveri  negri 
che   tenevano  allo  stato  di  schiavi. 

Afferma  il  Holton  Kingf)  che  la  Premier»  a  PJp 
avrebbe  dovuto  inserirsi  nell'opera  intitolata  Kecpsake. 
della  notissima  Lady  lìlcssington .  V  amica  di  Lord  Uff 
ron.  da  lei  conosciuto  in  Italia,  e  fecondissima  scrit- 
trici.  UTon  è  possibile  di  controllare  quest'  ajfcrìna- 
zione.  poiché  nell'opera  citata  lo  scritto  del  Ma::ini 
non  comparve:  invece,  per  sicure  testimonianze,  la 
Preghiera  a  Dio.  che  il  Mazzini  aveva  steso  assai  ài 
buon  grado,  dichiarando  a  \Y.  Shacn  che  «  scrivere 
una  0  due  pagine  su f/'abnl  iiionc  >■  era  per  lui  tutt'uuo 
che  «  dimostrare  che  il  sole  dà  luce  e  calore.  »  [*  fu 
scritta    per     essere    inserita     «   in    un     libro   o   strenua  » 


(')    Mazzini    (ha, hi:,    ri!.),    p.    .'{li/. 

'.II.    a     II, Ili, ,„,    SIhuh.    ,1,1    :'li    nllnìni     IS  Ili  [i  ili: .   mi:  io- 
ni, .    mi.    1  .\  \.   p,    249). 


n  l'KODUZiONK. 


che  sì  stampava   «  annualmente  a  Boston,  negli  Stati 
latiti;  >■>  {l)ed  infatti  comparve  nel  Bell  of  Liberty,  che 

veniva  appunto  a  tnee  in  quella  città  e  ri  rimase  ÈCO 
noHciuta  sino  a  quando  fu  tradotta  e  pubblicata  nel 
n.  22 5  dell'  Italia  e  Popolo  del  tò  agosto  1854.  (') 
Stesa  originariamente  in  francese,  in  onesta  redazione, 
della  (/naie  si  conserra  l'autografo,  (3)  si  pubblica  (tra 
per  prima  volta,  omettendo  (ti  riportare  ta  traduzione 
i  uff  tese,  che  fu  ristampata  già  dal  Bolton  King:  invece, 
si  ritiene  opportuno  di  collocare  a  metà  pagina  col  testi» 
francese  ìa  versione  italiana,  che  con  tutta  probabilità 
è  dovuta  òlle  cure  di  Francesco  Bartolomeo  Steri,  uno 
dei  direttori  del  battagliero  periodico  genovese. 


(*•)   Lfitt.  alla  madre,  del  30    ottobre    1846    (ediz.  nazionale, 

voi.  xxx,  p.  £5i;, 

r)  La  traila  zio  ne  èra  preceduta  dalla  seguente  avvertenza  : 
«  Abbiamo  trovato  in  un  giornale  americano,  Bell  of  Liberty,  ta 
preghiera  scritta  da  ('• .  Mazzini  nel  1846.  Ci  è  sembrato  mio 
.squarcio  d'alta  poesia  dégno  di  essere  conosciuto  in  Italia,  princi- 
palmente in  questa  età  d'oro  in  cui  non  si  parla  clic  di  azioni 
per  miniere  e  lìngptd,  e  mentre  clic  la  nazione  è  schiava  dal  Bren- 
nero alla  Sicilia,  si  discute  (tracemente,  sapientemente  della  qui- 
stione  orientale,  delle  strade  ferrate  e  dell'  efficacia  dei  libri  per 
fare  la  rivoluzione  in  Italia.  Fra  noi  si  è  molto  parlato  dell7 Linde 
Tom's'Càbin:  è  debito  di  giustizia  far  conoscere  air  Italia  che  un 
suo  figlio,  dipinto  dalla  reazione  ora  conte  un  pazzo,  ora  come  uomo  di 
rapina,  di  terrore  e  di  sangue,  arerà  preceduto  la  signora  Beecher-Stowe 
nel  patrocinio  generoso  dello  schiavo,  non  solo  del  nero,  ma  di  tutti  i 
bianchi  schiari  dei,  planteurs  coronati  (V  Europa. -Ecco  la  preghiera 
in  una  versione  pallida,  che  sentiamo  quanto  sia  lungi  dalla  ener- 
gia  e  dalla  bellezza   dell'  originale.  » 

(3)  Una  fedelissima  copia  di  esso,  insieme  con  la  lettera  cit. 
y  W.  Shacn,  fu  cortesemente  comunicata  alla  Commissione  dal  si- 
gnor (ì.  M.  Tremlyan,  al  quale  sono  da  esprimere  i  pili  ri  ri  rin- 
graziamenti per  i  preziosi  contributi  da,  lui  offerti  all'edizione  na- 
zionale  degli   Scritti   di    (i.    Mazzini. 


IN'TKODl   ZIONK 


Ecco  l'indice    bibliografico  degli    articoli  compresi 
nel  presente  volume  : 

I.  Dante. 

[Pubbl.  nelV Apostolato  Popolare,  n.  3°  del  IO  settembre  18-11. 
r  poco  dopo  nel  Pellegrino,  giornale  istruttivo,  molale,  e  pia- 
cevole, ed  uso  della  Scuola  Italiana  «li  Greville  Street,  u.  27° 
del  .7  dicembre  184lJ.  Fiiì  tardi  fu  accolto  in  S.  I.  V.. 
voi.   1,  pp.   125-VJ5  <■  in  S.  E.  I.,   voi.    IV.  pp.    19-02}. 

II.  Sulla    «Storia    d'Italia    dal     le  50    al     f  900  »    di 
G.    Ri  e  ci  ardi. 

[Pubbl.  nelV Apostolato  Popolare,  //.  ~n  del  95  settembre  184? . 
Qui  si  ristampa  per  prima   colta]. 

III.  Frammento    di    traduzione. 

[Pubbl.  nelV Apostolato  Popolare,  n.  9°  del  31  dicembre  1842. 
(ini  si  ristampa  per  prima  volta], 

IV.  Commento  Foscoliano  alla    «Divina   Commedia.» 

[l'ubili,  col  tìtolo  di  Prelazione  all'edizione  e  Oon  la  tirimi 
Un'italiano.  /'//  La  Commedia  di  DANTE  ALIGHIERI, 
illustrata  da  UGO  FOSCOLO,  Tomo  primo  ;  Londra,  Pietro 
Rotondi,  90.  Bemer}  8  ^Street,  Ì842,  pj>.  ir-.r.r.  FHt  ristampato 
in  S.  I.  Y..  voi.  11.  pp.  170-1X7 .  e,  soppressa  la  lettera  di 
Ugo  Foneoìo  a  (ìino  Capponi,  nelle  Opere  postume  di  UGO 
FOSCOLO,  fai.  Ili  (Prone  letterarie;,  Firenze,  Le  Mounier, 
1H.~>0,   pp.    87-9Ì;    injini,    sempre   con    la  sii  ricordata  s<>ppr<  g. 

siane,  in  S.   E.   !..   voi.   IV.  pp.  33-42], 

v.  Mach  lavelli. 

[Pubbl.  nel  Coorrier  (!<■  L'Europe.    Fed.  a  p, 

Vi.  Qenio   <■    tendenze   <1  i    Tommaso   Carlyle. 

[Pubbl.  nella  Britiah   and   ForeigN  KVview.  voi.   Ali  (otto- 
pp.   962-293,  <   di  lo  tradotto  e  pubbl.   i»  S.  I. 

V..   eoi .   ili.  pp.    i?i  918,  coi  semplice    titolo    di  Tommaso 


in  ri:oi>r/n»M, 

Carlyie,  dichiarandosi  ohe  era  stato  *  tradotto  dall' inaimi  />< 
cura  dei/li   Editori,  »   Infine,  fu  in  parìe  riassunto,  tradotto 

pubbl.    dal    Mazzini    in    S.    E.    I. 


)l.    IV,  pp.   220-261 


VII.   Ai    Giovani. 

\Pubbl.  anonimo,  in  prefazione  all'  edizione  degli  Scritti 
.'dui  e  posi  unii  «li  CARLO  BINI,  emanila  a  Livorno,  nel 
MDCCCXLIII,  presso  la  tipografia  di  Paolo  Vannini  e  dif- 
fusa per  cura  del  Gabinetto  scienti  lieo  letterario  livornese. 
E  coni  preso  nelle  pp.  IX-  X  XIII.  Piti  fardi  fu  ristampalo  in 
S.  I.  V.,  voi.  LI,  pp.  2U-222,  e  in  S.  E.  !..  voi.  TV, 
pp.    65*75). 

VII  1 .  A  rt i  co  1  o  premesso   a  1 1"  ed  i  z  i  on  e  d  i   Lugano  degli 
«S 6 ritti    politici    inediti»    di    l'go  Foscolo. 

l'nhbl.  in  prefazione,  e  col  titolo  «  A  chi  legge,  »  agli  Scritti 
politici  inediti  di  Ugo  Foscolo,  raccolti  a  documentarne 
la  vita  e  i  tempi.  Lugano,  Tipografa  della  Srizzera  Italiana, 
1844,  j>j).  ì  II-XX XIX.  Reca  la  data  di  Londra,  5  agosto, 
e  la  Urina  GlJUSEPPB  Mazzini.  Fu  ristampato  in  S.  I.  Y.. 
eoi.    IL  pp.    18S-2I0,   e  in   S.   E.   I.,   voi.  IV,    pp.    43-64\. 

IX.    Opere    minori    di    Dante. 

l'abbi,  nella  Foreign  Quarterly  Revievs ,  col.  XXXIII  (a- 
prile  1S  Li),  pp.  l-.'iO.  Va  poi  tradotto  e  puhbl.  in  S.  I.  V., 
vài.  III.  pp.  &23-374j  eoi  titolo  di  Scritti  minori  di  Dante, 
allindi   in   S.    E.    I.,    voi.    IV,  pp.    17?-219). 


1'  re  gli  i  er 
s  e  h  i  a  v  i . 


di     un    esule    a    Dio    per    i    padroni    di 


[Pubbl.  in  inglese  nella  strenna  intitolata  lìell  of  Liberty, 
die  si  stamparti  a  Boston,  e  di  là  fu  poi  tradotta  in  italiano 
e  pubbl.   neir  Italia  e  Popolo,   nel  ri.  del  Io   agosto  1854], 


I. 
DANTE. 


Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi,  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  I 


DANTE. 


Nella  chiesa  di  Santacroce  in  Firenze,  tra  i.  nomi 
di  molti  grandi  Italiani,  un  monumento,  innalzato  da 
non  molti  anni,  porta 
il  nome  di  Dante 
Allighieri.  A  Por- 
ciano,  poche  miglia 
lontano  dalle  fonti 
d'Arno,  i  contadini 
indicandovi  la  torre 
maggiore,  vi  dicono 
eli'  ivi  Dante  fu  pri- 
gioniero. In  Gubbio, 
trovate  una  via  che 
ha  nome  da  Dante, 
e  s'insegna  con  or- 
goglio una  casa  ov'ei 
l'u.  A  Tolmino,  pres- 
so ad  ('dine,  i  montanari  additano  al  viaggiatore  la 
grotta  ov' egli  lavorava,  il  sasso  su  ch'egli  sedeva.  In 
ogni  città  d' Italia,  il  primo  nome  clic  vi  s'affaccia  allo 
sguardo,  appena  v'arrestate  davanti  all' invetriata  d'un 
libraio,  il  primo  ritratto  che  v'affascina  l'occhio  ogni 
Oliai    volta  VOX  guardate    per   entro   a    una   bottega    di 


4  DANTE.  [1841] 

stampe,  è  quello  di  Dante.  Chi  fu  l'uomo,  il  cui  nome  è 
fidato  alle  memorie  di  tutto  un  popolo?  Che  fece  egli 
per  la  dazione  che  dopo  cinque  secoli  e  mezzo  continua 
ad  ammirarlo  e  a  raccomandarne  il  ricordo  alle  ge- 
nerazioni che  verranno?  Pochi  tra  voi  lo  sanno.  Al- 
cuni hanno  udito  ch'ei  fu  potente  Poeta,  ed  ignorano 
perché  fu  potente,  quali  idee  lo  animassero,  qaal 
fede  lo  dirigesse  ne'  suoi  lavori.  Nessuno  forse  sa 
ch'ei  fu  grande  sovra  tutti  i  grandi  Italiani,  perché 
amò  sovra  tutti  la  Patria,  e  l' adorò  destinata  a  cose 
pili  grandi  che  non  spettano  a  tutti  gli  altri  paesi. 
Nessuno  sa  che  infelicissimo,  ramingo,  mendico,  Dante 
conservò  intatto  fino  all'ultimo  giorno  il  pensiero 
che  dominò  la  sua  vita  e  mori  confortato  cinque 
secoli  addietro,  nella  credenza  che  l'Italia  sarebbe 
un  giorno  Nazione  e  direttrice  una  terza  volta  del- 
l'incivilimento  Europeo.  Pure,  qual  forza  non  q,ggiun 
gerebbe  alla  vostra  fede  il  sapere  che  il  pili  grande 
intelletto  di  tutta  Italia,  anzi  di  tutta  Europa,  era 
credente  nella  credenza  che  noi  predichiamo,  e  ten- 
deva allo  scopo  medesimo  che  noi  oggi  cerchiamo  rag- 
giungere? 

Dante  fu  tale  uomo,  che  a  nessuno  Italiano,  co- 
munque sfornito  d'educazione,  dovrebbe  essere  con- 
cesso senza  rimprovero  d'ignorarne  il  nome,  i  me- 
riti, i  patimenti  e  i  pensieri.  Dante  ha  fatto  più  per 
l'Italia,  per  la  gloria  e  per  l'avvenire  del  nostro 
Popolo,  che  non  dieci  generazioni  d'altri  scrittori 
o  d'uomini  di  Stato.  Gli  stranieri  i  più  vogliosi  di 
vilipenderci  e  dichiararci  per  sempre  impotenti,  s'ar- 
retrano quasi  con  terrore  davanti  a  quel  nome  che 
né  secoli,  né  viltà  di  servaggio,  né  tirannia  di  stranieri, 
di  principi  nostri,  e  di  gesuiti  hanno  potuto  o  po- 
tranno mai  cancellare:  la  terra  che  ha  fecondato  un' a- 


[1841]  DANTE.  5 

nima  cosi  potente  è  terra  singolare  e  cova  una  vita 
che  non  può  spegnersi.  Tutti  gli  ingegni  Italiani  che 
scrissero  virilmente  e  giovarono  al  progresso  dell'idea 
Nazionale,  trassero  gran  parte  della  loro  ispirazione 
da  Dante.  Dante  può  riguardarsi  come  il  padre  della 
nostra  Lingua:  ei  la  trovò  povera,  incerta,  fanciulla, 
e  la  lasciò  adulta,  ricca,  frauca,  poetica:  scelse  il  fiore 
delle  voci  e  dei  modi  da  tutti  i  dialetti,  e  ne  formò 
una  Lingua  comune  che  rappresenterà  un  giorno  fra 
tutti  noi  l'Unità  Nazionale,  e  la  rappresentò  in  tutti 
questi  secoli  di  divisione  in  faccia  alle  nazioni  stra- 
niere. Dante  fu  grande  come  poeta,  grande  come  pen- 
satore, grande  come  politico  ne'  tempi  suoi:  grande 
oltr'  a  tutti  i  grandi,  perché,  intendendo  meglio  d' ogni 
altro  la  missione  dell'uomo  Italiano,  riunì  teorica 
e  pratica,  potenza  e  virtù:  —  Pensiero  ed  Azione. 
Scrisse  per  la  Patria,  congiurò  per  la  Patria  :  trattò 
la  penna  e  la  spada.  Costante  nell'Amore,  adorò  fino 
all'ultimo  giorno  la  memoria  della  donna  che  gì'  in- 
segnò prima  ad  amare.  Irremovibile  nella  Fede,  pati 
miseria,  esilio,  persecuzioni,  né  mai  tradì  la  riverenza 
alla  Patria,  la  dignità  dell'anima,  la  credenza  ne'  suoi 
principii.  Le  madri  Italiane  un  giorno  ne  trasmette- 
ranno la  vita,  come  insegnamento,  ai  fanciulli  Italiani. 
Giova  intanto  indicarla  per  cenni  al  popolo  ch'egli 
amo  e  che  ne  tradurrà  un  giorno  in  fatti  il  pensiero. 
Dante  Allighieri  nacque  in  Firenze  s'ignora  in 
qua!  giorno  del  mese  di  maggio  dell'anno  1265,  da 
una  famiglia  d'antica  discendenza  romana:  il  padre 
fu  giureconsulto  ;  la  madre  ebbe  nome  Bella,  non  si 
M  di  qnaJ  casa:  il  tiglio,  battezzato  in  San  Giovanni. 
fu  detto  Durante,  che  s'accorciò  poi  in  Dante.  Madre 
«•  padre  morirono,  quand'egli  era  ancora  fanciullo  di 
nove  anni  o  poco  pili. 


ti  dami;.  [1841] 

Il  primo  fatto  che  noi  conosciamo  della  vita  <ii 
Dante  è  il  suo  primo  amore.  Condotto  il  primo  giorno  di 
maggio  1274  nelle  case  di  Folco  Portuari,  ricco  cit- 
tadino fondatore  dell'ospedale  di  Santa  .Maria  Non  a. 
innamorò  di  Beatrice,  figlia  di  Folco,  fanciulla  d'otto 
anni  e  mesi.  Questo  amore,  concepito  a  nove  anni, 
ispirò,  dominò  tutta  intera  la  vita  di  Dante:  fu  l'a- 
nima dell'anima  sua.  La  storia  del  suo  innamoramento 
sta  registrata  in  un  libretto  intitolato  Vita  Nuora, 
scritto  da  lui  medesimo  in  gioventù;  né  mai  amore 
più  puro,  più  caldo,  più  gentile  e  poetico  si  mostro 
fra  viventi.  I  primi  versi  ch'egli,  nove  anni  dopo 
l'innamoramento,  compose,  riguardano  Beatrice,  e  non 
molto  dopo  egli  decideva  che  avrebbe  fatto  immor- 
tale quel  nome,  e  lo  fece.  Fu  riamato,  ma  castamente, 
quietamente,  e  certo  con  meno  fervore.  Non  s'arca 
sarono,  forse  per  la  diversità  di  condizioni  materiali. 
Beatrice  fu  data  in  moglie  a  un  Simone  de'  Bardi, 
e  non  molto  dopo,  nel  1290,  mori.  Dante  l'amò  sem- 
pre dell'amore  dell'anime,  pensò  ch'essa,  dall'alto 
d'una  vita  migliore,  lo  proteggesse  e  lo  guidasse  a 
virtù,  e  ne  perpetuò  la  memoria  nel  suo  Poema. 
Alcuni  de'  suoi  versi  d'amore  per  lei,  inseriti  nella 
Vita  Nuova,  sono  superiori  a  quei  del  Petrarca,  il 
cui  affetto  sentiva  spesso  meno  dell'uomo  che  del 
letterato. 

Intanto  ei  pensava  alla  patria,  e  s' occupava,  come 
deve  ogni  uomo  che  nasce  in  libero  stato,  delle  cose 
pubbliche.  Già  egli  aveva,  nell'età  di  ventiquattro 
anni,  combattuto  valorosamente  nelle  prime  fila  della 
cavalleria  Fiorentina  a  Oampaldino  contro  i  Ghibel- 
lini d'  Arezzo  ;  e  l' anno  dopo  nella  guerra  de'  Fio- 
rentini contro  ai  Pisani.  Ma  nel  1300,  a  trentacinque 
anni  d' età,  ei  fu  eletto  un  dei  primi  o  Priori  in  Firenze, 


[1841]  DANTE.  7 

quando  le  discordie  civili  fra  i  cosi  detti  Bianchi  e 
Neri  infuriavano  nella  città.  Dante  ottenne  che  i 
capi  delle  due  fazioni  fossero  mandati  in  esilio.  S'era 
proposto  di  ricorrere,  come  a  mediatore,  a  uno  stra- 
niero, Carlo  di  Valois,  protetto  di  Papa  Bonifazio  Vili, 
e  di  confidargli  l'armi  e  il  danaro  della  città:  Dante 
s' oppose.  Pare  eh'  ei  non  fosse  amato  da'  suoi  col- 
leglli di  governo  :  fatto  è  che  allontanato  sotto  pretesto 
d'ambasceria  a  Roma,  mentr' egli  cercava  indurre  a 
fini  di  pace  Papa  Bonifazio  Vili,  e  Papa  Bonifa- 
zio Vili  lo  teneva  a  bada,  si  trovò  condannato  in 
Firenze  da  un  tribunale  composto  di  Neri,  a  una 
multa  d'ottocento  lire  e  a  due  anni  d'  esilio,  e  la  gente 
della  fazione  che  lo  condannava  die'  il  guasto  a'  suoi 
averi  e  alla  sua  abitazione.  Il  processo  era  ingiusto 
e  feroce:  lo  condannava  assente  per  falli  non  veri, 
su  false  scritture;  lo  condannava  per  azioni  spettanti 
al  tempo  del  suo  Priorato,  che  nessuno  avea  più 
diritto  d'esaminare.  Dante  non  fé'  conto  del  giudizio, 
non  pagò  la  multa,  non  si  presentò.  I  suoi  nemici, 
crescendo  in  ira,  fulminarono  contro  lui  una  seconda 
condanna,  enei  marzo  1302  decretarono  ch'egli,  dove 
mai  fosse  preso,  fosse  arso  vivo.  D'allora  in  poi,  Dante, 
tenuto  dapprima  per  Guelfo,  fu  tenuto,  ed  è  tuttavia 
tenuto  da  tutti  per  Ghibellino.  L'aver  mutato  partito 
è  l'unica  colpa  di  che  ^ii  scrittori  poco  favorevoli 
a  lui  credano  poterlo  accusare:  l'unica  di  che  i  fa- 
vorevoli si  credano  in  dovere  di  cercargli  scuse.  E 
perché  mutare  partito,  non  per  convinzione  matu- 
ra tu.  ina  per  ira  e  nimicizie  personali  o  persecuzioni 
patite,  è  delitto  de'  piti  gravi  che  la  potenza  del- 
l' intelletto  aggrava  più  sempre,  è  necessario  spie- 
gtffvi,  (piatito  è  concesso  in  poche  parole,  il  vero  di 
questa  accusa,  perché  non  crediate  ohe  acciecati  dal 


8  DANTK.  [1841] 

Genio  noi  proponiamo  alla  vostra  venerazione  un 
colpevole. 

Il  vero  è  che  Dante  non  fu  Guelfo  né  Ghibellino, 
ma  com'egli  dice  in  un  verso  del  suo  poema,  s'era 
fatto  parte  per  se  stesso.  Le  idee  di  Dante,  erano  ben 
altre  o  più  ardite  che  non  quelle  de'  Guelfi  e  de'  Ghi- 
bellini. Egli  fu  quindi  or  cogli  uni  or  cogli  altri, 
tanto  quanto  gli  parevano  poter  giovare  come  mozzi 
a  raggiungere  lo  scopo  eh'  ei  s' era  prefisso,  non  più. 
Inoltre,  i  partiti  allora,  per  la  natura  de'  tempi  e 
per  influenza  continua  degli  eventi  stranieri,  muta- 
vano spesso  nome,  capi,  alleati,  cosi  che  l'individuo 
il  quale  si  rimanea  fermo  nelle  prime  credenze  pareva 
mutare  a  riguardo  del  proprio  partito.  Cangiò  il  Guel- 
fi srno,  non  Dante. 

I  Guelfi  erano  i  difensori  del  Papa,  i  Ghibellini 
dell'  Impero.  L'Impero  rappresentava  l'organizzazione 
feudale,  l'aristocrazia:  i  nobili  quindi  furono  ghibel- 
lini. Il  municipio,  il  Comune,  il  popolo  insomma  fu 
Guelfo.  Il  Guelfismo  trionfò.  Il  Comune  si  stabili 
irrevocabilmente.  Il  feudalismo  diventò  impossibile. 
Eimase  influenza,  e  in  alcune  parti  potere,  a  taluni 
fra  gl'individui  della  nobiltà;  ma  la  nobiltà,  come 
corpo,  fu  spenta,  d'allora  e  per  sempre,  in  Italia. 

Bensì,  il  popolo  vincitore  non  seppe  trarre  tutto 
il  frutto  che  si  poteva  dalla  sua  vittoria.  I  tempi 
non  erano  maturi  per  la  Nazione.  Kimase  dunque  tra 
que'  Comuni  senza  legame,  un  fermento  d'anarchia 
che  suddivise  i  partiti,  e  creò  nuove  liti,  non  di  prin- 
cipii  ma  di  passioni,  d'interessi,  d'ambizioni  indi- 
viduali. I  papi  che  per  tenerla  divisa  chiamavano  in 
Italia  uno  straniero  contro  l'altro,  le  attizzavano  sem- 
pre più.  Sotto  Urbano  IV,  che  chiamò  in  Italia  Carlo 
d'Angiò,  i  partiti  s'erano  già  modificati.  Sotto  Bo- 


1841]  DANTE.  9 

nifazio  Vili  che  chiamò  Carlo  di  Valois,  cangiarono 
interamente.  I  Guelfi  e  i  Ghibellini  diedero  luogo  ai 
Bianchi  e  ai  Neri:  popolani  i  primi,  patrizi  i  secondi. 
1  Neri  parteggiavano  per  Carlo  di  Valois,  e  perché 
Carlo  era  stato  chiamato  da  Bonifazio  VIII,  si  dis- 
sero Guelfi.  I  Bianchi  stavano  contro  il  Francese, 
e  dacché  i  Ghibellini  s'erano  mostrati  avversi  ai 
Francesi  fin  dalla  chiamata  di  Carlo  d'Angiò,  s'af- 
fratellarono con  essi,  quando  Carlo  di  Valois  li  cacciò 
da  Firenze. 

Dante  fu  Guelfo  ne'  suoi  primi  anni  di  gioventù; 
poi  fu  Bianco  :  sempre  col  Popolo,  cioè  coli'  elemento 
della  Nazione  futura. 

Ma  i  tempi  non  erano  allora,  come  abbiam  detto, 
maturi  per  la  Nazione.  Il  popolo  non  andava  più 
in  là  dell'idea  di  Comune.  I  Papi  non  potevano  né 
volevano  fondare  l'Unità  Italiana;  e  l'Unità  Italiana 
era  il  pensiero  predominante  nell'anima  di  Dante. 
Cercando  per  quali  mezzi  potesse  fondarsi,  ei  si  tro- 
vava tra  la  Francia  e  la  Germania:  ambe  tendenti 
a  governare  l'Italia;  ma  la  Francia,  forte  per  unità, 
pericolosa  per  la  simpatia  che  svegliava  pur  troppo 
fra  noi;  la  Germania,  incapace  allora  d'Unità,  in- 
capaee,  per  la  lingua,  per  l'opposizione  dei  Papi  ed 
altro,  di  conciliarsi  favore.  L' Imperatore  era  intanto 
riconosciuto  da  tutta  Europa  come  centro  nominale 
dell'autorità  temporale.  Dante,  non  potendo  distrug- 
gi e  (|iiesto  fatto,  volea  giovarsene;  ma  in  qual  modo! 

A  Dante  poco  importerà  che  l'uomo  il  quale 
avrebbe  rap presentato,  vivo  lui,  l' Impero,  fosse  Ita- 
liano o  Germanie*:  più  che  l' Imperatore,  gì'  impor- 
tava l'Impero:  gi>  importava  di  toglierlo  alla  Ger- 
mania <*  di  ripiantarlo  in  Italia:  gì' importava  che 
dall'  Italia    partisse    allora   come    sempre   la    parola 


10  DANTE.  [1841] 

dell'Autorità,  la  direzione  del  movimento  Europeo. 
Dante  sentiva  fremersi  dentro  l'orgoglio  della  \  ita 
Italiana  più  potente  che  non  fu  nei  migliori  tra  suoi 
concittadini  Ano  a'  tempi  nostri.  La  Patria  era  per 
lui  una  Religione.  Adorava  in  essa  non  solamente 
il  bel  paese  dov'egli  avea  ricevuto  la  prima  carezza 
materna  o  salutato  il  primo  sorriso  d'amore  di  Bea- 
trice, ma  la  terra  destinata  da  Dio  alla  grande  mis- 
sione di  dare  unità  morale  all'Europa  e  per  mezzo 
d'  Europa  all'  Umanità.  Ei  piantava  per  base  «  che 
il  popolo  Romano  avea  per  diritto  e  per  divina  pre- 
desti nazio?ie  preso  impero  sopra  tutti  i  mortali  — 
che  Roma  era  la  sede  preparata  dalla  Provvidenza 
all'Impero.  »  Affermava  «  che  nessun  popolo  avea 
più  dolce  natura  nel  signoreggiare,  più  forte  nel  so- 
stenere, più  sottile  nell' acquistare,  della  gente  latina, 
massimamente  del  santo  romano  popolo.  »  Credeva 
che  «  fossero  degne  di  riverenza  le  pietre  che  stanno 
nelle  mura  della  santa  e  gloriosissima  Roma,  e  il 
suolo  dov'ella  siede  fosse  degno  oltre  quello  che  per 
li  uomini  è  predicato  e  provato.  »  Roma,  capitale 
dell'Italia,  era  dunque  sede  naturale  dell'Impero  uni- 
versale: in  Roma  dovea  collocarsi  il  rappresentante 
di  quest'Impero:  da  Roma  partire  l'ispirazione  al- 
l'Umanità. È  chiaro  che  con  siffatte  credenze,  con- 
segnate da  lui  in  libri  che  pochissimi  fra  gì'  Italiani 
leggono,  intitolati  Convito  e  della  Monarchia,  Dante 
si  separava  tanto  dai  Ghibellini  quanto  dai  Guelfi. 
I  Ghibellini  volevano  sottomettere  V  Italia  all'  Im- 
pero Germanico  :  Dante  voleva  assorbire  1'  Impero 
Germanico  in  Roma,  e  provare  che  a  nessun  uomo, 
Italiano  o  straniero,  era  possibile  esercitare  ragione 
vplmente codesto  Impero  se  non  dall'  Italia  e  da  Roma. 


[1841]  "    DANTK.  1  l 

Tale  era  il  pensiero  di  Dante,  dell'uomo  il  più 
potente  per  ingegno  che  sia  nato  in  Italia. 

Né  mai  egli  tradì  quel  pensiero.  Tutta  la  sua  vita, 
combattuta  e  tristissima  vita,  fu  d'uomo  che  sente 
la  dignità  della  propria  fede  e  non  vuole  contami- 
narla. Cacciato  in  esilio,  cercò  d'operare  per  le  pro- 
prie credenze.  Gli  esuli  lo  elessero  nel  1302  mem- 
bro d'un  Consiglio  di  dodici  che  doveva  occuparsi 
delle  cose  loro  ;  ma  trovando  che  i  suoi  colleghi 
operavano  stoltamente,  Dante  li  abbandonò,  liitentò 
nel  1307,  ma  inutilmente.  Andò  pellegrino  per  tutta 
Italia,  di  città  in  città,  di  corte  in  corte,  tormen- 
tato dall'ira  generosa  che  alternava  in  lui  coli'a- 
more,  dalla  miseria,  dal  tedio  compagno  inseparabile 
dell'esilio,  e  da  un  pensiero  insistente  che  lo  affa- 
ticava, ma  senz'avvilirsi,  senza  rinnegar  quel  pen- 
siero, senza  tradirlo  col  silenzio  o  con  atti  non  degni. 
Trattato  con  sospetto  o  con  fasto  villano  dai  capi 
di  parte,  or  Guelfi  or  Ghibellini,  che  lo  ospitavano, 
imparò 

come  sa  di  sale 

Lo  pane  altrui,  e  come  è  duro  calle 

Lo  scendere  e  il   salii  per  l'altrui  scale; 

imparo  a  diffidare  della  fama,  della  riconoscenza,  del- 
l'amicizia,  e  d'ogni  cosa  fuorché  dell'anima  sua,  del- 
l'avvenire della  sua  Patria,  e  di  Dio:  imparò  quel 
desiderio  di  morte,  che  stilla  a  goccia  a  goccia  nel 
onore  dell'esule  finché  invada  tutta  la  sua  persona, 
«•  Hi' egli  espresse  in  quegli  altri  suoi   versi 

non    so    quant'  io    mi    vi  va. 

Ma    <jia   non    tia   il    twrnar   mio   tanto   tosto. 
Ch'io   non   >-ia    CO)    \«>l«-r   prima    alla    riva; 


12  DANTB.  [1841] 

e  imparò,  studiando  gli  uomini  e  le  cose,  e  i  condot- 
tieri ambiziosi  e  i  tiraunetti  italiani  nei  quali  ad  ora 
ad  ora  ei  cercava  infondere  un  pensiero  generoso 
d'unificazione  Italiana,  che  non  v'era  nulla  da  spe- 
rare e  1' amarezza  di  quell'idea  che  dice:  tu  morrai 
senza  vedere  verificato  il  concetto  più  santo  dell'  anima 
tua.  E  nondimeno,  durò.  Non  piegò  vilmente  la  testa 
davanti  al  soffio  della  sventura,  o  se  la  piegò  talora 
segretamente,  fu 


Come  la  fronda,  che  iìette  (*)  la  cima 
Nel  transito  del  vento,  e  poi  si  leva 
Per  la  propria  virtù  che  la  su  hi  ima. 


Pati  in  silenzio:  scrisse;  consegnò  via  via  nel  Poema 
eterno  al  quale  lavorava,  le  impressioni  dell'anima, 
le  sue  vendette  contro  a'  malvagi,  le  sue  benedizioni 
ai  pochissimi  che  trovò  buoni,  serbandole  per  get- 
tarle ai  posteri  dietro  il  sepolcro;  e  intanto,  quando 
gli  eventi  glie  ne  porgevano  occasione,  non  tralasciò 
mai  di  predicare  le  proprie  credenze,  e  di  chiamare 
all'Unità  la  sua  Patria.  Intorno  al  1316,  quand'egli 
era  vecchio  di  cinquantun  anni,  quei  che  governa- 
vano Firenze  gli  offrirono  di  ripatriare  e  di  riavere 
i  suoi  beni  a  patto  eh'  ei  si  dichiarasse  perdonato,  e 
quindi  colpevole.  Altri,  invitato,  accettò;  ma  Dante 
negò;  e  noi  vogliamo  tradurvi  quel  tanto  che  ci  è 
rimasto  della  lettera  latina  con  ch'egli  rispose  al 
l'amico  che  gli  trasmetteva  quella  proposta,  perché 
l'anima  di  Dante  v' è  tutta  scolpita,  e  perché  molti 
esuli  de'  tempi  nostri  hanno  bisogno   di    meditarla. 

(*)  Che   piega  la  cima  nel  passar  del  vento. 


[1841  j  DANTK.  13 

«  Dalle  vostre  lettere,  colla  debita  riverenza  e  con  affetto 
da  me  ricevute,  ho  con  animo  grato  e  pensatamente  raccolto 
quanto  vi  stia  a  cuore  ch'io  ritorni  alla  patria:  e  tanto  piti 
io  vi  sono  riconoscente  quanto  è  più  raro  che  gli  esuli  incon- 
trino amici.  Rispondo  or  dunque  alle  cose  in  quelle  significate, 
e  se  noi  fo  come  forse  la  pusillaininità  di  taluni  vorrebbe, 
prego  affettuosamente  che  l'esame  della  vostra  prudenza  pre- 
ceda il  giudizio. 

«  Le  lettere  del  vostro  e  mio  Nipote  e  d' altri  parecchi 
amici  mi  dicono  che  in  virtù  di  decreto  novellamente  escito 
in  Fiorenza  sull'assoluzione  degli  esuli,  io,  purché  accettassi 
di  pagare  una  certa  somma  e  sottomettermi  alla  vergogna 
dell'oblazione,  potrei,  rimanendomi  assolto,  tornare  in  patria 
immediatamente.  Nel  che,  per  vero  dire,  sono,  o  Padre,  due 
cose  degne  di  riso  e  mal  consigliate:  mal  consigliate  dico, 
accennando  a  quei  che  le  espressero,  dacché  le  vostre  lettere 
più  prudenti  e  assennate  non  contenevano  siffatte  proposte. 

«  È  questo  dunque  il  glorioso  modo  per  cui  Dante  Alli- 
ghieri  è  richiamato,  dopo  quasi  quindici  anni  d'  esilio,  alla 
patria?  Questo  merita  un'innocenza  a  tutti  patente?  Questo  i 
sudori  eie  lunghe  fatiche  negli  studi  durate?  Lungi  dall'uomo 
della  Filpsofia  famigliare  questa  inconsiderata  bassezza  degna 
d'un  cuore  di  fango,  ch'egli  a  guisa  di  certo  misero  saputello 
e  d'altri  vuoti  di  fama  patisca,  quasi  vinto,  d'essere  offerto 
al  riscatto!  Lungi  dall'uomo  apostolo  della  giustizia,  ch'egli, 
offeso  d'  ingiuria,  paghi  agli  offensori,  quasi  lo  avessero  be- 
neficato,  un  tributo  del  suo  ! 

«  Per  via  siffatta,  o  padre  mio,  non  si  ritorna  alla  patria; 
ma  se  un'altra  per  voi  o  poscia  per  altri  si  troverà  che  non 
tradisca  la  fama  e  l'onore  di  Dante,  io  mi  v'appiglierò  a  passi 
non  lenti:  e  se  per  via  sì  fatta  non  s'entra  in  Fiorenza,  io 
mai  in  Fiorenza  non  entrerò.  Che?  non  vedrò  io  d'ogni  dove 
le  sfere  d<:lle  stelle  e  del  sole?  Non  potrò  io  d'ogni  dove 
sotto  il  cielo  meditare  intorno  alla  dolcissima  verità,  se  prima 
io  non  mi  tolga  ogni  gloria,  anzi  mi  renda  ignominioso  al 
popolo  e  alla  città  Fiorentina?  Pane,  certo,  non  mi  mancherà.  » 

Per  siffatta  risposta  i  Fiorentini  gli  rifui  minarono 
contro  un  altro  bando.  Bensì  Dante  trovava,  negli 
ultimi  anni  della  sua  vita,  stanza  più  riposata  e  con- 


14  DANTK.  [1841] 

torta  ta  di  cure  amichevoli,  presso  Guido,  Signor  di 
Ravenna,  e  per  breve  tempo  anche  in  Verona  nella 
Corte  di  Cane  della  Scala,  famoso  a  quei  tempi  e 
Capitano  della  Lega  Ghibellina.  Dante  avea  moglie, 
una  Gemma  Donati,  da  lui  presa  dopo  la  morte  di 
Beatrice,  ma  non  l'ebbe  mai  seco  da  quando  fu  esule: 
avea  figli,  ma  è  incerto  s' ei  ne  avesse  mai  presso 
alcuno.  Scrisse,  oltre  il  Poema,  più  libri  latini  e  ita 
liani  de'  quali  or  non  importa  parlarvi.  Amava  con 
ardore  la  musica,  e  sapea  di  disegno.  Avete  in  capo 
all'articolo  l'immagine  del  suo  volto:  bruno  di  colore, 
mestamente  severo  e  pensoso.  Era  di  mediocre 
statura,  alquanto  curvo  nelle  spalle.  Parlava  poco, 
eloquentissimo  quando  s'incaloriva.  Mori  nel  1321, 
il  21  settembre,  in  età  di  cinquantasei  anni,  di 
ritorno  da  una  ambasciata  a  Venezia  per  Guido 
Novello,  Signor  di  Ravenna,  che  lo  accorò  pel  mal 
esito.  Guido  gli  celebrò  i  funerali,  e  poco  dopo  fu 
costretto  dai  casi  a  fuggir  di  Ravenna  a  Bologna. 
Né  se  i  figli  suoi  non  s'  opponevano  virilmente, 
avremmo  in  oggi  certezza  del  luogo  ove  dormono 
l'ossa  del  più  grande  pensatore  d'Italia,  dacché  il 
Cardinale  Poggetto  si  mosse  verso  Ravenna  non  molto 
dopo  la  fuga  di  Guido,  con  ordine  di  Papa  Giovanni 
di  dissotterrare  1'  ossa  di  Dante  e  maledirle  e  disper- 
derle. 

Un  giorno,  Dante  pellegrinando  venne  al  mona 
stero  del  Corvo  in  Monte  Caprione  nella  Lunigiana, 
e  richiesto  da  un  frate  che  si  cercasse,  rispose  :  Pace. 
Pace,  nessuno,  frate  od  altri,  poteva  dargliela  in  terra. 
Ma  la  pace  dei  morti,  s'essi,  come  crediamo,  guar- 
dano ancora  con  amore  alle  cose  nostre,  è  l'adempi- 
mento del  pensiero  che  li  agitò  sulla  terra.  Volete  voi, 
Operai  Italiani,  onorare  davvero  la  memoria  de'  vostri 


[1841]  DANTK.  15 

Grandi  e  dar  pace  all'anima  di  Dante  Allighieri? 
Verificate  il  concetto  che  lo  affaticò  nella  sua  vita 
terrestre.  Fate  Una  e  potente  e  libera  la  vostra 
contrada.  Spegnete  fra  voi  tutte  quelle  meschinissime 
divisioni  contro  le  quali  Dante  predicò  tanto,  che 
condannarono  lui,  l'uomo  che  più  di  tutti  sentiva  ed 
amava  il  vostro  avvenire,  alla  sventura  e  all'esilio, 
e  voi  a  una  impotenza  di  secoli  che  ancor  dura.  Li- 
berate le  sepolture  de'  vostri  Grandi,  degli  uomini 
che  hanno  messo  una  corona  di  gloria  sulla  vostra 
Patria,  dall'onta  d'essere  calpeste  dal  piede  d'un 
soldato  straniero.  E  quando  sarete  fatti  degni  di  Dante 
nell'amore  e  nell'odio  —  quando  la  terra  vostra  sarà 
vostra  e  non  d'altri  —  quando  l'anima  di  Dante  potrà 
guardare  in  voi  senza  dolore  e  lieta  di  tutto  il  santo 
orgoglio  Italiano  —  noi  innalzeremo  la  statua  del 
Poeta  sulla  maggiore  altezza  di  Roma,  e  scriveremo 
sulla  base  :  Al  Profeta  della  Nazione  Italiana 
gli  Italiani  degni  di  lui. 


IL 

SULLA 
STORIA  D'ITALIA  DAL  1850  AL  1900, 

DI  G.   RICCIARDI. 


Mazzini,   Scritti,  800.,    voi.    \  \  I  \    (Lciin-iitura,  voi.   V).  8 


SULLA  'STORIA  D'ITALIA  DAL  1850  AL  1900.' 
DI  G.   RICCIARDI. 


In  questo  libretto  (*)  virilmente  ideato  e  scritto,  il 
Sig.  Ricciardi,  esule  di  Napoli,  viene  esponendo  le 
nonne  principali  colle  quali  dovrebbe,  eom'ei  pensa, 
condursi  1?  insurrezione  Italiana  eh' ei  tìnge  accadere 
—  noi  speriamo  data  pia  prossima  —  nel  1850,  a 
vincer  l'intento.  Unitario  e  repubblicano,  egli  procede 
colla  GIOVINE  Italia  quanto  ai  caratteri  politici 
dell' insurrezione.  Il  principio  vitale,  che  1' insurre- 
zione, dovunque  essa  abbia  coinincianiento,  deve  in- 
nalzare una  bandiera  non  provinciale,  ina  Italiana, 
e  Spandersi  di  comune  in  comune,  di  città  in  città, 
di  parte  in  parte  d'Italia,  senza  riguardo  a  non  in 
terventi  o  a  calcoli  di  paura  nomata  prudenza  — 
l'audacia  e  la  rapidità  delle  mosse  insegnate  come 
-.-icm  di  vittoria  —  la  guerra  per  bande  posta,  se 
non  a  cardine,  a  principale  sostegno  almeno  della 
guerra  Italiana  —  la  nessuna  tede  da  mettersi  nei 
Governi  stranieri  qualunque  sia  il  loro  linguaggio  — 
hi  separazione  da  mantenersi,  quanto  al  Governo,  tra 


innit  # Italia  dal  i8ò0  ai   Ì900:  tcritta  da  Giuhki'pk 
i;i«  <  iabdi,   Parigi,    i8  (Si. 


20  SULLA    STÒRIA    D'ITALIA    Di    G.    RICCIARDI.  [1842] 

il  periodo  <r  insurrezione  e  quello  in  che,  Ubero  sino 
all'Alpi,  il  paese  Italiano,  incomincia  la  pacifica  ri- 
voluzione —  alcuni  degli  ordini  militari  —  e  più  altre 
cose  proposte  qua  e  là  dal  Sig.  Ricciardi  hanno  pieno, 
e  da  molto,  il  nostro  consenso,  e  faranno  utile  il  li- 
bro a  qualunque  lo  legga.  Scritto  con  sincerità  di 
convincimento  e  con  evidenza  d'intenzioni  purissime 
anche  nelle  parti  j)iù  dubbie,  chiama  la  mente  a  con- 
siderazioni importanti  e  merita  un  esame  che  noi 
daremmo,  se  molti  dei  punti  toccati  nel  libro  non  do 
vesserò,  per  la  natura  loro,  formar  soggetto,  tra  non 
molto,  d'articoli  separati  nel  nostro  Giornale.  Della 
questione  sociale  il  Sig.  Ricciardi  non  parla:  difetto 
grave  per  due  ragioni,  Puna  di  giustizia,  l'altra  di 
opportunità.  Senza  un  riordinamento  sociale  fondato 
su  basi  d' upa  equità  eh7  oggi  non  esiste  se  non  di 
nome,  senza  un  più  giusto  valore  dato  al  lavoro, 
anima  della  società  e  nondimeno  trattato  in  oggi 
coni'  opera  quasi  servile  e  da  retribuirsi  inferiormente 
ad  ogni  altra,  la  libertà  è  per  la  maggiorità  del  po- 
polo una  chimera,  la  rivoluzione  una  sventura  più 
ch? altro,  dacché  il  sangue  versato  frutterà  ai  x>iù  un 
peso  mag'giore  d7  ineguaglianza  in  ragione  della  co- 
scienza di  dignità  cresciuta  per  P-esercizio  di  diritti 
reali  nei  pochi  appartenenti  alle  classi  doviziose  e 
intellettualmente  educate.  Né  senza  la  promessa  so- 
lenne e  convalidata,  per  quanto  è  possibile,  dai  primi 
atti  dell'insurrezione,  di  questo  riordinamento, avremo 
le  moltitudini  preste  ad  entrare  in  campo  con  quel- 
la entusiasmo  di  costanza  e  di  sagrinolo  di  che  una 
causa  come  la  nostra  ha  bisogno.  Certo;  ordinamenti 
siffatti  non  appartengono  che  alla  lenta  e  matura 
ragione  del  Concilio  Nazionale,  quando,  restituito 
colla    pace    il    corso    regolare    alle    cose,    i    bisogni 


[1842]  SULLA    STORIA    d' ITALIA    DI    G.    RICCIARDI.  21 

avranno  traquilla  espressione  e  il  senno  comune  avrà 
elaborato  i  rimedi.  Ma  esistono  mali  urgenti,  mali 
clip  affliggono  quella  numerosa  parte  di  popolo,  alla 
(piale  le  braccia  sono  unica  proprietà:  e  a  questi  il 
Governo  dell*  Insurrezione  dovrà,  con  una  serie  di 
provvedimenti  a  tempo  destinati  a  segnare  il  passag- 
gio dal  vecchio  ordine  al  nuovo,  porre  riparo.  Or, 
ira  i  provvedimenti  indicati  dal  Sig.  Ricciardi,  uno 
solo  mira  al  vantaggio  della  classe  che  contempliamo, 
ed  è  l'abolizione  (p.  38)  di  tutte  le  imposizioni,  eccet- 
tuata la  fondiaria,  ch'egli  innalza  al  venti  per  cento  sul 
reddito  netto:  provvedimento  che  noi  non  vorremmo 
accettare.  Cura  del  Governo  futuro  sarà,  crediamo, 
non  già  di  costituire  colle  imposizioni  o  con  altro 
un  privilegio  oneroso  o  favorevole  per  la  proprietà 
delle  terre,  ma  di  eguagliare  quanto  è  possibile,  per 
ciò  che  spetta  ai  doveri  e  ai  diritti  pubblici,  la  prò 
prietà  delle  terre  a  tutti  gli  altri  generi  di  pro- 
prietà, lut ti  i  cittadini  devono  esser  tassati,  un  dove 
occorre,  proporzionalmente  sul  loro  superfluo.  Se  i  pro- 
prietari di  terre,  specialmente  quando  V  industria 
man  ufi  t  liniera  riceve  ogni  di  più  sviluppo,  fossero 
soli  tassati,  diventerebbero,  nello  spazio  di  venticin- 
que anni,  o  schiavi   o   tiranni. 

A  questo  difetto  vogliamo  contrapporre  un  eccesso, 
ed  e  quello  contenuto  nel  capo  XXI.  Altri  chiamerebbe 
fautore  imprudente.  L'accusa  che  noi  gli  facciamo 
e  piiì  grave.  Trascinato  da  un  senso  di  riazione  giusto 
nella  cagione  onde  move,  ma  cicco  dell'  avvenire,  egli 
ha  dimenticato  a  un  tempo  V  inviolabilità  e  Peter 
aita  del  sentimento  religioso.  Il  primo  decreto  del 
Governo  d'insurrezione  abolirà  necessariamente  il  pò 
temporale  del  Tapa  rovesciato  col  latto  dall'  in- 
siirrc/iunc    repubblicana  :   ma  nessun  Governo  tempie 


22  STI, LA    STORIA    D' ITALIA     DI    0.    RICCIARDI.  [1842] 

raneo  ardirà  dichiarare  abolito  il  Papato:  nessun 
Governo  Italiano,  temporaneo  o  no.  ardirà  trattare 
il  Papa  come  il  Sig.  Ricciardi  propone.  Non  siamo. 
la  Dio  mercé,  sospetti  d'essere  ligi  al  Papato:  ma 
una  credenza,  comecué  invecchiata,  non  s'  abolisce 
per  editto  governativo  venti  di  dopo  una  insurrezione. 
Le  credenze  non  periscono  se  non  col  sorgere  d'altre 
credenze  più  pure  e  più  vaste.  E  quando  credenze 
siffatte,  ch'oggi  fermentano  nel  petto  di  pochi  buoni, 
saranno  diffuse  colla  stampa  e  colla  parola  tra  i  mi 
Moni  dei  nostri  concittadini  redenti,  ed  essi,  inter- 
rogando, senza  inganni  e  paure,  la  loro  coscienza, 
troveranno  in  essa  tra  eco  a  quelle  credenze,  il  Con- 
cilio Nazionale,  interprete  della  Fede  politica,  sociale, 
religiosa  del  Popolo,  la  promulgherà.  Allora,  ma  non 
prima  d'allora,  il  Papato  cadrà.  E  allora,  scema  del 
l'avvenire,  libera  di  giudicare  spassionatamente  un 
cadavere,  l'Italia  non  dimenticherà  che  il  Papato, 
prima  di  ravvoltolarsi  nel  fango  delle  corti  e  delle 
cancellerie  principesche,  le  diede  per  dodici  secoli 
l'iniziativa  dell'unità  e  dell'incivilimento  d'Europa. 
Le  esequie  del  Papato  saranno  solenni  come  furono 
i  suoi  primordi i.  L'ultimo  Papa  sarà  congedato  non 
coli'  infamia,  ma  col  compianto.  Lo  Stato  non  si  di- 
chiarerà; imitando  sconciamente  Costituzioni  forastiere 
e  idee  segnatamente  francesi,  ateo  e  senza  credenza. 
Predicare  Unità  di  Nazione,  unità  d' associazione, 
unità  di  tendenze  e  d' amore,  non  unità  di  Fede,  è 
contradizione  che  verrà  più  sempre  ponendosi  in 
chiaro.  Il  Governo  d' Italia  avrà  dunque  una  Fede, 
perché  i  più  fra  gl'Italiani  l'avranno:  Fede,  s' intende, 
non  tirannica,  non  intollerante  dei  progressi  dell'umano 
intelletto,  né  della  inviolabile  libertà  per  la  quale  ogni 
individuo  che  sente  diversamente  la  relazione  tra  gli 


[1842|  SULLA    STORIA    D'ITALIA    DI    G.     RICCIARDI.  23 

uomini  e  Dio  ha  diritto  di  confessarla  pubblicamente 
e  senza  persecuzione.  Se  il  Sig.  Ricciardi  vorrà,  coll'oc- 
chio  rivolto,  non  al  passato,  ma  ali7  avvenire,  rimedi- 
tare intorno  al  problema  religioso,  troncato  avventata- 
mente nei  due  capitoli  XXI  e  XXII  del  suo  libro,  ben 
altri  fati,  speriamo,  gli  appariranno  come  spettanti  al- 
l'Italia  (die  non  son  quelli  di  ricalcare  Porrne  del  se- 
colo XVIII  e  trascinarsi  per  entro  il  cerchio  della 
fredda,  sterile,  negativa  opposizione  dei  quindici  anni. 
Per  ciò  che  riguarda  la  guerra  Italiana,  non  cre- 
diamo che,  data  l'insurrezione  trionfante  della  Sicilia 
fino  al  Ticino  ed  al  Po,  il  piano  suggerito  di  ritrarsi 
deliberatamente  sinoalle  gole  abruzzesi  abbandonando 
tutto  il  paese  intermedio  all'Austriaco,  sia  da  se- 
guirsi con  una  popolazione  nuova  ai  calcoli  delle 
guerre  e  facile  agli  sconforti:  non  crediamo  alla  pos- 
sibilità che  l'insurrezione  si  trovi  ridotta  uiai  a  ri- 
concentrarsi nelle  tre  isole  Italiane  prossime  alla 
Penisola:  non  crediamo,  benché  certi  della  guerra 
coperta,  alla  discesa  d;  un  esercito  francese  nemico 
in  Italia,  né  alla  lunga  inerzia  dei  popoli  davanti 
una  insurrezione  repubblicana  Italiana  iniziata  eoi 
caratteri  di  forza  e  d'energica  volontà  descritti  nel 
libro.  Se  non  che  del  piano  di  guerra  non  monta  il 
discorrere,  perché  verrà  suggerito  da  circostanze  in 
oggi  non  prevedibili,  e  l'altre  supposizioni  furono 
probabilmente  ideate  dallo  scrittore,  non  perdi' ei  le 
credesse  ragionevolmente  possibili,  ma  per  convin- 
cere i  suoi  concittadini  che  le  pessime  condizioni  non 
valgono  contro  la  felina  volontà  d'  un  pòpolo  conscio 
«Iella    propria    potenza.     E2    basti   di   critica.    Notando 

rapidamente  ciò  in  che  noi  dissentiamo,  abbiamo 
inteso  pagare  tributo  fraterno  di  lode  al  .molto  in  ehe 
ei  troviamo  concordi. 


L'I  siila    storia    D'ITALIA    1>I    G.    RICCIABDl.  [1842] 

E  concordi  siamo,  pur  troppo,  anche  nel  severo 
giudizio  portato  dal  Sig.  Ricciardi  sugli  esuli  italiani 
nel  capo  XXIX.  Pochi  tra  gli  esuli  hanno  inteso  la 
missione  e  la  santità  dell'esilio:  pochi  intendono 
come  Dio  li  chiamava,  cacciandoli  nelle  terre  stia 
niere,  a  incarnare  in  sé  V  Unità  futura  Italiana,  a 
farsi  apostoli,  tra  le  genti  e  in  faccia  ai  loro  con 
cittadini,  dell'associazione  fraterna  destinata  a  spe- 
gnere le  gare  intestine,  cagione  perpettua  del  comune 
servaggio.  Traviati,  gli  uni  da  vecchie  influenze  set- 
tarie, gli  altri  da  illusioni  diplomatiche  forestiere, 
i  più  da  misere  vanità  individuali,  hanno  dimenticato 
e  dimenticano  che  il  loro  dovere  e  la  loro  potenza 
pel  bene,  stanno  nel  concentrarsi  tutti  a  una  sola 
bandiera  e  nel  promuoverla  cogli  scritti,  coi  detti, 
e  coli' opere.  E  nondimeno,  sente  d'ingiusto  l' after- 
mare  che  per  cagioni  siffatte  fu  tolto  agli  esuli  di 
giovare  davvero  alla  patria  loro.  Non  tocca  oggi  a 
noi  di  ribattere  questa  accusa:  ma  gli  Italiani,  spe 
riamo,  la  ribatteranno  un  giorno   per  noi. 


III. 
FRAMMENTO  DI  TRADUZIONE. 


FRAMMENTO  DI  TRADUZIONE. 


Un  albero  essendo  solo  i  venti  lo  combattono,  e 
lo  sfrondano:  invece  d'innalzare  i  suoi  rami  li  declina 
come  se  cercasse  la  terra. 

Quando  ima  pianta  è  sola,  non  potendo  essere 
coperta  contro  gli  ardori  del  Sole,  marcisce,  secca,  e 
muore. 

Quando  V  uomo  è  solo,  il  vento  del  potere  lo 
inclina  verso  la  terra,  e  V  ardore  della  cupidigia 
de7  grandi  di  questo  mondo  assorbe  V  umore  che  lo 
midrisce. 

Non  siate  adunque  come  la  pianta,  e  come  l'al- 
bero che  sono  soli:  ma  unitevi  tutti,  ed  appoggia- 
tevi,  e  sostenetevi  scambievolmente. 

l'ino  a  tanto  che  sarete  disuniti,  e  che  Giasche 
etano  penserà  per  se  solo,  nuli' altro  avete  a  sperare 
che  soft'rimenti,  sventure,  oppressioni. 

Ohi  più  debole  del  passero  ?  Ohi  con  meno  difesa 
della  rondine?  Tuttavia  quando  l'augello  da  preda 
comparisce,  le  rondini  ed  i  passeri  pervengono  a 
scacciarlo,  riunendosegli  dattorno,  e  perseguendolo 
tutti   insieme. 

Prendete  esempio  del    passero.   <•  dalla  rondine. 


28  PBAMMKNTO    DI    TRADUZIONI:.  [  1  S  I  L' 

('ohii  che  si  separa  da  fratelli  suoi  è  inseguito 
«lai  timore  quando  cammina,  lo  ha  presso  di  sé  quando 
riposa,  e  non  lo  abbandona  nemmeno  (piando  dorme. 

Se  vi  si  chiede  adunque  in  qual  numero  siete,  ri- 
spondete: i  nostri  fratelli  e  noi  non  formiamo  che  un 
solo  individuo. 

Dio  non  creò  né  grandi  né  piccoli  ;  né  padroni  né 
schiavi  :  né  Re  né  sudditi.  Egli  fece  tutti  gli  uomini 
eguali. 

Ma  fra  gli  uomini,  alcuni  hanno  più  forza  di  corpo, 
o  di  spirito,  o  di  volere,  e  sono  questi  che  cercano 
di  soggettare  gli  altri,  quando  l' orgoglio  e  la  cupi- 
digia soffoca  in  essi  l'amore  de?  loro  fratelli. 

E  Dio  sapeva  che  ciò  doveva  accadere,  e  per 
questo  comandò  agli  uomini  di  amarsi  per  essere 
uniti,  e  perché  i  deboli  non  cadessero  sotto  la  oppres- 
sione dei  forti. 

Imperocché  colui  che  è  più  forte  di  uno  solo,  sarà 
meno  forte  che  due,  e  colui  che  è  più  forte  di  due, 
sarà  meno  forte  di  quattro;  e  cosi  i  deboli  nulla 
temeranno,  se  amandosi  vicendevolmente,  saranno  ve- 
ramente uniti. 

Viaggiando  un  uomo  in  luogo  montagnoso,  giunse 
là  dove  un  grosso  macigno  rotolato  fin  sulla  strada, 
la  chiudeva  intéramente,  e  fuori  di  quella  via  non 
era  vi  sentiero  per  continuare  il  cammino  né  a  destra, 
né  a  manca. 

Or  quest'uomo  vedendo  di  non  poter  continuare 
il  suo  viaggio  a  causa  del  macigno,  tentò  di  rimuo- 
verlo per  farsi  un  passaggio  :  si  affaticò  lunga  pezza 
in  questo  lavoro,  e  tutti  gli  sforzi  suoi  riescirono 
vani. 

Scorgendo  la  sua  impotenza,  si  assise  costernato 
e  disse  :  che  sarà  di  me  al  sopraggiungere  della  notte 


[1S42|  FRAMMENTO    DI    TRADUZIONI-:.  29 

in  questa  solitudine,  senza  nutrimento,  senza  rico- 
vero, senza  difesa  alcuna  nel  momento  che  le  bestie 
feroci  sortono  per  cercare  la  preda. 

E  mentre  era  egli  assorto  in  questo  pensiero,  giunge 
un  altro  viaggiatore,  ed  avendo  tatto  altrettanto  come 
il  primo,  ed  egualmente  trovandosi  impossente  a 
muovere  il  macigno,  si  assise  silenzioso,  inclinando 
il   capo. 

E  dopo  questi  ne  vennero  più  altri,  e  niuuo  potè 
muovere  la  pietra:  e  grande  era  la  loro  costerna- 
zione. 

Finalmente  uno  disse  agli  altri:  Fratelli  miei,  pre- 
ghiamo il  nostro  Padre  che  è  nel  Cielo,  forategli  avrà 
pietà  del  nostro  cordoglio. 

E  questo  detto  fu  approvato,  e  tutti  pregarono 
di  cuore  il  Padre  loro  che  è  in  Cielo. 

E  quando  ebbero  pregato,  quegli  che  aveane  fatto 
il  progetto,  disse  ancora:  Fratelli  miei,  ciò  che  ninno 
di  noi  ha  potuto  fare  da  sé  solo,  chi  sa  se  uniti  non 
lo  faremmo  I 

E  tutti  si  alzarono, ed  insieme  spinsero  il  macigno, 
che  cedette  e  poterono  proseguire  il  loro  cammino  in 
pace. 

Il  viaggiatore  è  l'uomo,  il  viaggio  è  la  vita,  il 
macigno  le  miserie  che  V  uomo  incontra  ad  ogni  passo 
sul   suo  cammino. 

Niiin  uomo  saprebbe  solo  sollevare  questo  macigno; 
ma  Dio  ne  ha  misurato  il  peso  in  modo  che  giani- 
mai  trattiene  coloro  che  viaggiano  uniti. 


IV. 

COMMENTO  FOSCOLIANO 

ALLA 

«  DIVINA  COMMEDIA.  » 


COMMENTO    FOSCOLIANO 
ALLA   «DIVINA  COMMEDIA.» 


Jn  data  del  26  settembre  1826,  Foscolo  scriveva 
«la   Londra  a  Gino  Capponi: 

«....Sperava  di  lasciarti  sapere  ch'io  vivo,  mandati- 
doti  la  Commedia  di  Dante  illustrata  da  me;  e  se  il  li- 
braio non  si  fosse  dato  al  tristo,  tutto  intero  il  poema 
oggi  mai  sarebbe  stampato  e  pubblico  e  arrivato  in  Italia. 
Da  prima  era  l'animo  mio  di  stamparlo  in  quarto,  e  non 
pili  di  cinquecento  copie,  non  aspettandomi  io  per  com- 
pratori se  non  alcuni  amatori  di  edizioni  belle  e  corrette, 
e  i  bibliotecari  delle  pubbliche  librerie  qua  e  là  per 
1'  Kuropa,  e  parecchi  lettori  di  Dante,  ai  quali  impor- 
tasse di  vederlo  illustrato  in  guisa  tutta  nuova  e  non 
tentata  mai  da  veruno,  ben  eh'  io  mi  creda  sia  1'  unica 
posta  giovare  a  far  conoscere  davvero  la  poesia,  il  se- 
colo e  la  mente  tutta  quanta  di  Dante.... 

«  Né  io  poteva  continuare,  se  non  ricorrendo  ad  as- 
sociati; e  sarebbe  stato  accattare  elemosina  né  più  né 
meno  —  <>.  addossandomi  le  spese  della  stampa  gravis- 
sime, dove  i  tempi  del  pagamento  fossero  scaduti  innanzi 
lo  smercio  dell'opera,  io  mi  sarei  trovato  di  nuovo  in- 
golfato fra' debiti,  quando  invece,  per  uscirne,  mi  sono 
Contentato  di    approdare  nudo  alla   riva,  l'ero  mi  rassegnai 

Mazzini,   Scritti,  ecc.,  voi.    \  X  I  \    |  I^Ui-rat  ti  ni,  voi.    V). 


34  COMMKNTO    FOSCOLIANO  [1842] 

à'  patti  esibitimi  da  un  libraio  d'illustrare  per  conto  suo 
la  Divina  Commedia,  e  quatti-' altri  poemi  maggiori  italiani, 
che  in  tutti  farebbero  venti  un  to metto,  e  fu  stipulato  clic 
io  gli  darei  il  testo  e  le  note  di  tutti  nel  corso  di  due  anni.  <• 
eh'  ei  mi  pagherebbe  mille  dugento  lire  sterline.  —  Si  fatto 
lavoro  per  me  (dalla  noia  in  fuori  di  rivedere  il  testo,  e  di 
tradurre  e  accorciare  quanto  ho  inserito  intorno  a'  nostri 
poeti  nell' Edinburgh  e  nel  Quarterly  Eeview  e  in  altre  opere 
periodiche)  era  lavoro  da  nulla.  Pur  non  mi  pativa  il  cuore 
di  perdere  tanti  miei  studi  intorno  a  Dante,  e  benché 
ne'  tometti  adottati  per  economia  del  libraio  io  doversi 
strozzare  il  mio  primo  disegno,  pur  mi  provai  di  serbarlo 
alla  meglio;  e  questa  fu  la  sudata  delle  mie  fatiche ... 

«  Del  volume  primo  di  Dante  già  pubblicato  col  titolo 
—  Discorso  sul  testo  e  su  le  opinioni  diverse  prevalenti  intonno 
alla  storia  e  all'emendazione  critica  della  Commedia  —  alcuni 
esemplari  capitarono,  credo,  in  Firenze;  e  so  di  certo  che 
il  cavaliere  Puccini  n'  aveva  uno,  e  tu  fa'  d' averlo  e 
di  leggerlo....  basterà  ad  ogni  modo  a  lasciarti  discer- 
nere quali  illustrazioni  io  abbia  preparato,  e  credo  che 
arriverebbero  necessarie  e  care  all'  Italia  tanto  più  quanto 
ninno  s'è  mai  attentato  d'applicarle  allo  scopo  acni  le 
dirigo;  né  stampatore  né  plagiario  veruno  potrà  avventu- 
rarsi a  rifarle  o  tutte  o  in  parte  in  altre  edizioni,  ec.  ec. 

«  Adunque  io  mi  sono  deliberato  di  tornarmi  e  starmi 
d'ora  innanzi  pur  sempre  al  mio  primo  proposito,  e  illustrare 
il  poema  a  posta  mia,  e  pubblicare  l'edizione  in  cinqne  vo- 
lumi in-4°.  Ma  di  libri  forestieri  qui  non  si  fa  mai  vendita 
tanta  che  basti  a  rifare  le  spese;  da  che  settecento  copie, 
a  dir  poco,  son  necessarie  innanzi  tratto  a  pagare  lo  stam- 
patore e  gii  sconti  richiesti  da'  librai,  e  la  gravissima  fra 
le  altre  spese  d'inserire  nelle  gazzette  moltissimi  avvisi, 
senza  de'  quali  libro  veruno  in  questo  paese  non  può 
mai  pubblicarsi  né  trovare  chi  comperi.  Aggiungi  la 
miseria,  se  passeggiera  o  perpetua  non  so,  ma  fiera  di 
certo  ed  universale  in  questo  paese;  e  la  letteratura  og- 
gimai  come  cosa  di   lusso,  e  più  quand' è  forestiera,  sarà 


[1842]  AI. [.A    «    DIVINA    COMMKDIA.    »  35 

tralasciata  da  chiunque  la  coltivava,  ed  oggi  a  stento  può 
provvedere  alle  più  fiere  necessità  della  vita.  Senza  che, 
a  dirne  il  vero,  benché  molti  invaniscano  a  chiacchierarne, 
pochi  intendono  Dante;  ed  è  libro  da  Italiani,  ed  io  m'in- 
tesi  sempre  a  illustrarlo  per  1'  Italia    presente  o  futura. 

«  E  però  se  avessi  alcuna  certezza  di  smerciare  in  Ita- 
lia da  dngento  cinquanta  copie  della  mia  edizione,  non 
avrei  da  gittare  danaro  innanzi  tratto  per  avvisi  di  gaz- 
zette, né  soggiacere  alla  regola  degli  sconti  richiesti  da'  li- 
brai in  Inghilterra.  Le  copie  250  sarebbero  per  l'appunto 
la  metà  dell'edizione,  e  ad  una  ghinea  per  volume  da- 
rebbero a  un  dipresso  le  lire  mille  cinquecento  richieste 
a  stamparli.  A  me  quindi  resterebbe  quasi  netta  l'altra 
metà  dell'  edizione  che  farei  di  smerciare  :  in  parte  qui 
per  via  di  baratto  di  libri,  che  mi  son  necessari,  e  dopo 
che  m'è  toccato  di  venderne  parecchi  per  vivere  sento 
assai  pili  che  mi  mancano:  e  in  parte  nel  continente 
per  le  pubbliche   librerie,  ec.  ec. 

«  A  me,  Gino  mio.  importa  pili  eh'  altro  il  non  perdere 
tanti  anni  di  studio  intorno  a  Dante  ed  al  medio  evo, 
e  all'Italia.  Cominciai  a  fare  le  parti  di  critico  e  d'an- 
tiquario e  pedante  per  V  Edinburgh  Review,  'perdi'  ei  co- 
minciassero a  conoscere  una  volta  davvero  docuit  quae 
maximus  Atlas  in  tempi  che  la  razza  umana  Europea 
non  era  atta  ad  intenderlo.  Poscia  andai  innanzi  con  ar- 
ticoli e  libricciuoli  sovra  i  nostri  poeti,  disegnandomi,  pur 
troppo,  di  fare  arnese  e  fé rr uzzo  da  bottega  della  mia 
penna,  finché  essendone  divenuto  stucco  fracido,  e  pur 
nondimeno  continuando  per  provvedermi  miseris  viatica 
f<tnis.  tutti  i  miei  provvedimenti  ed  avanzi  tornarono  in 
nulla,  e  solo  mi  rimase  il  vantaggio  d'avere  ben  impa- 
rato il  modo  d'  illustrare  il  poema  di  Dante.  E  vi  ho 
tanto  stiioi.-ito  sopra  e  con  tanta  insistenza,  che  oggimai 
non  mi  bisognerebbe  se  non  tempo  e  opportunità  di  stam- 
par» •.  e  me  ne  struggo  tanto  piti  (pianto  nel  diradare 
il  porma  e  il  secolo  oseu  rissi  ino  di  Dante,  panni  d'avere 
•piato  barlume  ud  esplorare  il  secolo  ignotissimo  d'Omero 


S6  toM.MKMO    FOSCOLIANO  [1842 

e  lo  stato  della  civiltà  de'  Greci  a  que'  tempi.  La  tra- 
duzione mia  della  Iliade  intendo  «li  stamparla  poscia  e 
illustrarla  nella  guisa  medesima  per  l'appunto  adottata 
da  me  per  la  Divina  Commedia;  e  per  ultimo  volume 
vorrei  aggiungervi  un  testo  greco,  dove  mi  proverei  di 
giovarmi  delle  novità  proposte  dal  Wolf,  dall'  Ileyne  e 
da  Payne  Knigt,  e  il  mio  testo  sarebbe  tatto  per  uso 
de'  Greci  d'oggi  in  guisa  da  persuaderli  una  volta  a  leg- 
gere in  Omero  non  già  spiriti  e  accenti,  bensì  piedi  mu- 
sicali ed  esametri. 

«  Innanzi  all'edizione  in-4°,  incominciata,  come  ti  ho 
detto  dianzi,  e  interrotta,  della  Commedia,  dovea  starsi 
una  lunga  letterona  politica  agli  uomini  letterati  italiani, 
amara  forse,  ma  utile  un  giorno  fors' anche,  e  vera  a  ogni 
modo.  E  n'erano  già  stampate  da  50  e  pili  pagine;  pur 
al  libraio,  essendosi  egli  fatto  impresario  dell'edizione, 
e  riducendola  a  piccolissimo  sesto,  la  lettera  non  servi  : 
onde  si  giace  a  mezzo  e  mezza  stampata,  e  per  giunta 
col  rimanente  di  quel  manoscritto  in  mano  degli  stral- 
ciar! che  ne  faranno  ciò  che  potranno  o  sapranno  :  né 
me  ne  curo;  —  quando,  se  pubblicherò  l'edizione  mia 
di  Dante,  io  vi  porrò  quella  lettera  ;  —  e,  se  perderò 
ogni  speranza  dell'edizione,  la  lettera  ad  ogni  modo  sarà 
stampata,  pigliandomi  altra  occasione  e  rimutandovi  sola- 
mente il  principio. 

E  parimenti  all'Iliade  avrei  voluto  premettere  un  di- 
scorso politico  in  via  di  lettera  diretta  a"  Greci  su  le 
faccende  della  loro  sacra  e  misera  patria  ;  e  mi  sarebbe 
stato  caro  di  potere  pubblicare  ad  un  tempo  medesimo 
il  volume  primo  della  Commedia  e  il  primo  dell'Iliade, 
della  quale  mi  trovo  d'avere  fatti  e  riniti  nove  libri. 
che  oggi  mai,  dopo  studio  moltissimo,  non  mi  sembrano 
indegni  del  mondo.  Il  libro  terzo  stampato  nell'  Antolo- 
gia di  Firenze  1'  ho  ripulito  in  guisa  che,  se  tu  il  rive- 
drai, ti  parrà  statua  levigata  e  moventesi.  D'altri  libri 
io  fo  ricopiare,  mentre  ora  ti  scrivo,  parecchi  squarci, 
tanto  che  tu  pur  abbia  alcun  saggio,  che  ti  giovi  ad  avvi- 


[1842]  ALLA     «DIVINA    COMMEDIA.»  37 

sanili  se  la  pratica  mia  lunghissima  m'aiuta  a  trattare 
ineiio  infelicemente  il  metodo  di  tradurre  adottato  da 
me.  e  dal  quale  le  sue  mille  ed  incredibili  difficoltà  pur 
non  faranno  mai  eh'  io  mi  diparta.  Il  copiatore  andrà 
innanzi,  finché  1'  amico  mio,  che  verrà  a  pigliarsi  que- 
sr"  involto  e  dirmi  addio,  farà  far  punto  al  copiatore  ed 
a  me.  Or  tanto  che  ho  tempo  e  me  ne  ricordo,  pregoti 
d'ottenere  dalla  signora  Quirina  Magi  otti  una  copia  del- 
l' Esperimento  di  traduzione  del  primo  libro  dell'  Iliade, 
dove  in  alcune  carte  bianche  legatevi  insieme  troverai 
parecchi  tentativi  di  rit  rad  azione  qua  e  là.  Lascia  andare 
gli  altri,  e  solo  fa  di  raccozzarmi  e  spedirmi  lo  squarcio 
ove  Palladi)  cala  dall'alto  a  rattenere  Achille,  che  sta  per 
dar  addosso  ad  Agamennone.  So  che  allora,  e  sono  oggimai 
quindici  anni,  io  rifaceva  quo'  versi  con  ardore,  e  che 
poi  io  rileggevali  con  piacere.  Forse  che  oggi,  rileggendoli, 
mi  darebbero  noia;  ma  pure  impartirebbero  fuoco  alla  nuov;i 
mia  traduzione  Fa'  dunque  di  rimandarmeli.  Cominciano 
al  verso  Disse  e  r<in<foseia  s' infiammò  d'Achille,  procedono 
co'  discorsi  tra  Minerva  e  il  guerriero,  e  chiudono  col 
ritorno  «Iella  Diva  in   Olimpo,  ec. 

«  Per  altro  a  finire  la  traduzione  tutta  intera  dell'  l- 
liade  e  illustrarla  come  vorrei  e  potrei  mi  bisognereb- 
bero quatti-' unni  di  lavoro  e  di  quiete,  e  certezza  che 
smerderei  l'edizione  mia  fuor  d'Inghilterra:  —  perché 
qui  altri  libri  che  inglesi  possono  avere  lode,  ma  non  mai 
tare  fortuna:  e  John  JJull  ha  ragione,  e  gl'Inglesi  fore- 
sti.! ati  chiacchierano  di  letteratura  e  poesia  forestiera, 
ma  non  l'intendono;  non  però  sono  oche,  per  ch'io  pure 
non  giurerei  d'intendere  addentro  e  a  modo  i  loro  poeti: 
«  condimento  tra  bene  e  male  scrivo  spesso  e  mi  lascio 
stampare  alle  volte  in  inglese.  Frattanto  se  liai  piacere 
«  opportunità  di  far  pubblicare  nell'Antologia  alcuni  al- 
tri libri  della  mia  traduzione,  io  ti  manderò  il  <iuart<>  e 
poscia     il   quinto  e   1'  un   dopo    1'  altro  sino  a    tutto  il 

nono:   il   srcomlo   mi   pare  finito  anch'esso,  e  non  domanda 
pili   d'essere   ritoccato;   ma   il   primo   mi   darà    tuttavia   da 


.SS  COMMUNIO    FOSCOLIANO  [1842] 

pensare;  né  per  ora  potrei  affaccendarmi  sovra  l'Iliade. 

E  però  bisognandomi  both  on  account  of  my  public  and 
private  character.  per  dirla  all'inglese,  di  lasciar  leggere  al 
mondo  le  mie  opinioni  e  passioni  intorno  alla  Grecia,  il 
discorso  politico,  che  doveva  precedere  la  versione  e  le  illu- 
strazioni ad  Omero,  uscirà  presto  da  sé  in  lingua  inglese:  «• 
se  la  vendita  risponderà  all'aspettativa,  forse  che  potrò 
nllora  stamparlo  in  italiano  co'  primi  nove  libri  dell'  Iliade, 
la  quale  allora  potrà  dir  non  fbss'altro  uon  orniti*  inoriti)-. 

«  Tu  più  che  ad  altro  attendi  a  riscrivermi  intorno  all'e- 
dizione di  Dante:  ma  innanzi  tratto  ti  ripregherò  di  leggere 
il  volume  primo  già  pubblicato  in-8°  edizione  di  Pickering... 
....E  se  mai  anche  il  Boccaccio  del  Pickering,  edizione  ele- 
gante davvero,  fosse  capitato  fino  a  Firenze,  vedi  di  leggere 
quel  centinaio  di  pagine  che  stanno  innanzi  al  primo  volume, 
e  fa'  eh'  io  possa  intendere  quando  che  sia  ciò  che  ne  pensi,  e 
ciò  che  ne  dicono  non  tutti  i  dottissimi,  ma  i  pochissimi  dotti 
fra'  Fiorentini,  e  il  reverendo  mio  Niccolini  fra  gli  altri. 
So  che  Non  Cruscanti  e  Cruscanti  mi  si  faranno  nemici } 
pur  credo  che  i  fatti  osservati  da  me  su  questa  faccenda 
delle  questioni  grammaticali,  e  il  modo  di  raccontarli,  e 
i  teoremi  che  ne  ho  desunti  gioveranno  un  di  o  1'  altro 
non  a  rimediare  a'  guai  della  lingua,  e  non  a  racquietarne 
le  liti,  bensì  a  indicare  a  ogni  modo  la  radice  delle  que- 
stioni e  de'  guai.  —  E  la  radice  è  quest'unica;  che  la 
lingua  italiana,  non  è  stata  mai  parlata;  che  è  lingua 
scritta  e  non  altro,  e  perciò  letteraria  e  non  popolare  ; 
—  e  che  se  mai  verrà  giorno  che  le  condizioni  d'Italia 
la  facciano  lingua  scritta  insieme  e  parlata,  lingua  let- 
teraria e  popolare  ad  un  tempo,  allora  le  liti  e  i  pedanti 
andranno  al  diavolo  e  dentro  a'  vortici  del  fiume  Lete 
in  anima  e  in  corpo,  e  i  letterati  non  somiglieranno  più 
a'  mandarini,  e  i  dialetti  non  predomineranno  nelle  città 
capitali  d'  ogni  provincia;  la  nazione  non  sarà  moltitu- 
dine di  Chinesi,  ma  popolo  atto  ad  intendere  ciò  che  si 
scrive,  e  giudice  di  lingua  e  di  stile  —  ma  allora,  non 
ora,  e  non  mai  prima  d'allora. 


1842]  ALLA     «    DIVINA     COMMEDIA.    »  3ìJ 

«  Pareccliie  altre  scritture  sulla  storia  della  lingua 
italiana  (da  che  la  storia  sola  de'  fatti  e  le  vicissi- 
tudini della  letteratura  giovano  a  ricavare  utili  teorie) 
feei  inserire  in  quel  giornale,  che  cominciava  con  pro- 
messe magne  e  magnifiche,  e  fini  sciaguratamente,  e 
che  ho  nominato  dianzi  The  European  lieview.  Allora  io 
per  la  somma  di  L.  240  diedi  agli  editori  quattordici 
articoli  intitolati  Epoche  delia  lingua  italiana,  ciascheduna 
delle  quali  occupava  mezzo  secolo,  incominciando  da  Fe- 
derico I  (il  Barbaresca)  sino  a'  di  nostri.  Le  prime 
tre  o  quattro  Epoche  si  pubblicarono,  —  ma  gli  editori 
fallirono;  io  non  toccai  né  un  unico  soldo,  e  non  solo 
sborsai  da  forse  tre  dozzine  di  lire  per  copisti  e  tradut- 
tori, ma  per  avere  parte  non  foss'  altro  del  mio  cre- 
dito, gli  avvocati  mi  travolsero  in  altrettante  dozzine  di 
lire  per  le  spese  forensi,  e  non  n'ebbi  vantaggio  se  non 
questo,  che  pur  non  è  poco,  di  riavere  i  miei  manoscritti 
delle  Epoche  non  pubblicate.  Vorrei  ridurle  in  una  sola 
opera,  diretta  alla  Accademia  della  Crusca  col  motto 
Battimi  e  ascolta  ;  perché  forse  i  Mentisti  e  i  Perticariani 
con  tutta  la  loro  confraternità  mi  batterebbero  peggior- 
mente. Se  non  che,  Gino  mio,  quid  brevi  forte»  jaculamur 
aevo  multa?  A  me  mancano  pochi  anni  ai  cinquanta,  ed 
oltre  alla  minore  certezza  e  gioia  e  forza  di  vita  in  que- 
lla «tà  mia,  s'è  accanita  contro  di  me  la  fortuna,  tanto 
che  non  ho  certezza  oggiraai  né  di  vivere  per  lavorare, 
né  di    lavorare  per  vivere,   ec.  ec. 

Nella  lettera  che  s'è  qui  ripubblicata  a  frammenti 
dal  numero  104  dell'Antologia  di  Firenze,  si  perché 
porge  indizio  del  modo  con  che  Foscolo  tentava  l'il- 
lustrazione della  Commedia,  e  si  perché  gli  esemplari 
dell'  Antologia  sono  oggi  pochi  e  rari  a  trovarsi,  è 
menzione  <li  parecchi  lavori  preparati  in  Inghilterra 
da  Foscolo  e  rimasti  ignoti  alF  Italia.  Dei  nove  canti 
dell'  Iliade  accennati  soli  cinque  furono  trovati  coni- 


40  (O.MMl.MO     FOSCOLIANO  [1842] 

piuti,  più  altri  a  lunghi  frammenti,  ed  era  niente  di 
Foscolo  ritoccarli.  La  lettera  ai  Greci,  se  pur  fu 
scritta,  è,  credo,  irreparabilmente  smarrita.  Riman- 
gono, alcuni  in  ordine  per  la  stampa,  altri  abbozzati. 
i  Discorsi  sulle  Epoche  della  Lingua  Italiana,  e  quel 
tanto  che  non  fu  poscia  inserito  da  Foscolo  in  altri 
lavori  stampati  e  parrà  giovevole  all'incremento  della 
patria  letteratura,  verrà  fatto  noto  in  un  modo  o 
nell'altro  all'Italia.  Della  lunga  lettera  apologetica 
ai  letterati  d'Italia  letta  negli  ultimi  tempi  della 
sua  vita  con  animo  traboccante  d'affetti  da  Foscolo 
a  taluno  fra  gli  amici  suoi,  poi  smarrita  e  tiepida 
mente  cercata,  e  dichiarata  perduta,  (*)  son  oggi  — 
e  m'è  dolce  annunziarlo  primo  agli  amici  di  Foscolo 
—  ricuperati  i  due  terzi  almeno,  sommanti  a  ducento 
pagine  incirca  di  stampa.  La  Lettera  è  indirizzata 
agli  Editori  Padovani  della  Divina  Commedia  dalia 
Tipografia  della  Minerva  uscita  neW  anno  1822.  È 
documento  importantissimo  per  valore  biografico  e 
storico,  perché,  mentre  ribatte  virilmente  e  decisi- 
vamente le  accuse  mosse  dalla  malignità  e  dalla  cor- 
tigianeria letteraria  a  Foscolo  uomo  e  scrittore,  porge 
lume  a  discernere  il  vero  d'alcuni  fatti  segnatamente 
degli  anni  1814  e  1815,  travisati  per  mala  fede  o 
taciuti  per  paura  sino  a'  di  nostri  ;  e  sarà  pubbli- 
cata coni'  è  in  un  libro  intitolato  :  Vita  e  Lettere 
d'  Ugo  Foscolo,  intorno  al  quale  chi  scrive  queste 
pagine  sta  lavorando  quanto  concedono  angustie  d'o- 
gni sorta  e  doveri  da'  quali  ei  non  pensa  potersi 
esimere.  Quel  che  avanza  delle  illustrazioni  al  Poema 
di  Dante  forma  i  volumi  che  qui  si  pubblicano. 


(!)  Camillo  Ugoni  nella  Vita  di  Pecchio. 


[1842  ALLA     «DIVINA    COMMEDIA.»  41 

Quel  che  avanza  :  perché  il  concetto  d'  illustra- 
zione era  ben  altrimenti  vasto  e  degno  di  Dante. 
Oltre  il  Discorso  sul  Testo  pubblicato  nel  1825  pieno 
zeppo  d'  errori  dal  Pickering  e  due  anni  dopo  con 
nuovi  errori  da  Euggia,  ed  oggi  ripubblicato  con  mag- 
giore esattezza  di  correzione  e  con  emendazioni  ed 
aggiunte  considerevoli  (*)  desunte  da  un  esemplare 
postillato  di  mano  dell'autore,  era  intenzione  di  Fo- 
scolo d'aggiungere  al  Poema  tre  discorsi  intorno  allo 
stato  civile,  letterario,  religioso  in  Italia  a'  tempi  di 
Dante  :  poi,  per  ogni  cantica,  osservazioni  intorno  ai 
passi  ne'  quali  la  storia  e  la  poesia  s'illustrano  scam- 
bievolmente, e  lunghe  note,  ricordate  spesso  nel  ma- 
noscritto, sul  sistema  teologico  del  Poema,  sulle  ap- 
plicazioni della  reologia  alla  politica,  sui  latinismi 
di  Dante,  sull'aspetto  e  senso  corporeo  dell'ombre, 
e<\.  ee.  Coni'  ei  fosse  strozzato  a  ridurre  il  primo 
disegno  nelle  minori  proporzioni  del  lavoro  ch'oggi 
si  pubblica,  appare  dalla  lettera  inserita  qui  sopra 
e  dalla  prerazioncella,  finora  inedita,  di  Foscolo  che 
precede  in  questa  Edizione  il  Discorso  sul  Testo.  E 
questo  pure,  dacché  la  morte  di  Foscolo  troncò  l'E- 
dizione, si  rimarrebbe,  con  danno  e  vergogna  all'  Italia, 
inedito  tuttavia,  se  la  generosità  d'un  libraio  Ita- 
liano qui  in  Londra.  Pietro  Rolaudi,  non  ricomprava, 
a  presso  <H  quattrocento  lire  sterline,  il  manoscritto 
dalle  mani  del  libraio  inglese,  avventurandosi  a  forti 
spese  «li  stampa,  dalle  quali  egli  forse  non  ritrarrà 
«•Ih*   l'onore   d'averle   affrontate. 


(')  Vedi  a  «aggio  delle  aggiunte  inedite  le  lunghe  note  alle 
MS.  CIV.  CXXI,  CXLIII,  CCX,  e  gran  parte  delta  WS.  OCVÌ, 
<■  tu  ita  la  CCII.  Le  emendazioni  ricorrono  prowsoché  ad  ogni 
pagi  ti». 


il  COMMENTO     FOSCOLIANO  [1842 

A  chi  intende  come  dopo  tanto  diluvio  di  com- 
menti e  note  e  lezioni  e  dissertazioni  e  logogrifi 
accumulato  per  cinque  secoli  da  frati,  abbati,  mon- 
signori, accademici  arcadi  o  degni  d'esserlo,  e  prò 
fessori  d'università  principesche  sul  Poema  Sacro. 
non  rimangono  oggimai  clic  sole  due  vie  ad  after 
rame  V  anima  e  l'intima  vita  e  l'eterno  vero,  lo 
studio  della  vita  e  dell'opere  del  Poeta  e  la  cor 
rezione  del  testo,  il  lavoro  di  Foscolo,  cosi  come  i 
casi  V  han  fatto,  parrà  pur  sempre  importante.  E 
Vita  e  Testo  si  stanno  tuttavia  a  rischio  d'essere 
fraintesi  in  Italia  dove  l'assoluta  mancanza  di  critica 
letteraria  lascia  l'inesperienza  dei  giovani  ai  peri 
coli  della  diffidenza  cieca  e  della  cieca  venerazione. 
e  gì'  indizi  del  vero  dati,  coni'  è  concesso,  dai  po'- 
«bissimi  savi  vanno  sommersi  nella  farragine  degli 
errori:  il  testo,  sviato  e  guasto  in  mille  guise  dalla 
molteplicità  de'  copisti,  dalla  ignoranza  dei  più  fra 
loro,  dall' esclusiva  fiducia  d'ogni  Editore  nel  proprio 
Codice,  e  dal  meschinissimo  pregiudizio  che  trascina 
i  pili  fra  gli  scrittori  toscani  ed  altri  i  quali,  scri- 
vendo pure  intrepidamente  lombardo,  teorizzano  coi 
Toscani,  a  ringrettire  il  Verbo  della  Nazione  futura 
per  entro  i  termini  d'  una  provincia  e  la  maestà  se- 
vera della  lingua  Dantesca  tra  gl'idiotismi  e  la  sin- 
copi effeminate  d'un  dialetto  —  e  sia  pure  il  migliore  — 
d'Italia:  —  la  Vita,  falsata  prima  da  quanti  non 
hanno,  duce  il  Pelli,  guardato  in  Dante  che  il  let- 
terato, poi  da'  biografi  che  scrissero,  nessuno  eccet- 
tuato, da  guelfi  o  da  ghibellini  intorno  ad  un  uomo  il 
quale  si  svincolò,  giovanissimo,  dalle  due  fazioni  e 
vantavasi  nel   Poema  d' 

Aversi  fatta  parte  per  se  stesso. 


1842)  ALLA    «    DIVINA    COMMEDIA.    »  43 

Dante  è  tal  uomo  i  cui  libri  studiati  in  un  colla 
vita  sarebbero  da  tanto  da  ritemprare  tutta  una  ge- 
ne) azione  e  riscattarla  dall'infiacchimento  che  tre 
secoli  d'inezie  o  di  servilità  hanno  generato  e  man- 
tengono. Bensì,  lo  studio  ha  da  essere  severo,  spre- 
giudicato, libero  d'ogni  venerazione  alle  autorità, 
impreso  non  per  notare  e  citare  le  molte  terzine  e 
gì'  infiniti  versi  sublimi  d'immagini  e  d'armonia  che 
raccomandano  il  Poema  all'orecchio  e  alla  fantasia, 
ma  coli7  animo  volto  al  futuro,  e  santificato  dal  di- 
sprezzo per  tutta  quanta  la  genia  de'  pedanti  eunuchi 
e  dall'amore  pei  milioni  d'uomini  nati  in  Italia  che 
covano  il  pensiero  di  Dante,  a  trovare  e  svolgere 
quel  pensiero,  a  raccogliere,  colla  religione  con  che 
il  figlio  interroga  la  sepoltura  paterna,  il  segreto 
dell'Idea  che  Dante  adorava,  che  lo  innalzava  al  di 
sopra  di  quanti  Grandi  ha  l'Italia  e  lo  confortò  nella 
povertà,  nella  solitudine  e  nell'esilio.  E  lo  studio  ha 
da  cominciare  dalla  vita  del  Poeta,  dalla  tradizione 
Italiana  eh'  ei  compendiava  e  continuava  colla  potenza 
del  Genio,  dall'Opere  Minori  ch'ei  disegnava  come 
preparazione  al  Poema,  per  conchiudersi  intorno  alla 
Divina  Commedia,  corona  dell'  edifìzio,  espressione 
poetica  del  concetto  ch'ei  traduceva  politicamente 
nella  Monarchia,  filosoficamente  nel  Convito,  lettera- 
riamente nel  libro  su  la  Lingua  Volgare.  Perché  Dante 
è  una  tremenda  Unità:  individuo  che  racchiude,  sic- 
eome  in  germe,  l'unità  e  l' individualità  nazionale; 
e  la  sua  vita,  i  suoi  detti,  i  suoi  scritti  s'incatenano 
in  un'Idea,  e  lutto  Dante  è  un  pensiero  unico,  se- 
guito, sviluppato,  predicato  nei  cinquantasei  anni 
della  sua  esistenza  terrestre  con  tale  una  costanza 
superiore  alle  paure  e  alle  seduzioni  mondane  die 
basterebbe   a    consacrarlo   (lenio   do\  '  anche  quel  pcn 


44  CoMMK.N  lo     FOSCOLIANO  [1842 

siero  tosse  utopia  non  verificabile  mai;  or  di  qnal 
nome  onorarlo  quando  fosse  il  pensiero  fremente  nella 
vira  di  cento  inconscie  generazioni,  misura  del  nostro 
progresso,  segno  della  nostra  missione? 

Ed  è.  La  Patria  s'è  incarnata  in  Dante.  La  grande 
anima  sua  ha  presentito,  più  di  cinque  secoli  addie- 
tro e  tra  le  zuffe  impotenti  de'  Guelfi  e  de'  G  hi  bel 
lini,  V Italia:  l'Italia  iniziatrice  perenne  d'unità  re- 
ligiosa e  sociale  all'Europa,  l'Italia  angiolo  di  civiltà 
alle  nazioni,  l'Italia  come  un  giorno  l'avremo.  Quel 
presentimento  spira  per  entro  a  tutte  le  cose  di  Dante 
e  riveste  aspetto  di  dogma  nei  suo  libro  de  Monar- 
chia, che  uno  scrittore  torinese,  guelfo,  chiama  an 
ch'oggi  tessuto  di  sogni,  e  uno  scrittore  lombardo, 
brancolante  tra  il  guelfo  ed  il  ghibellino,  abbiettissimo 
libro.  Oggi,  pigmei,  non  intendiamo  di  Dante  che  il 
verso  e  la  prepotente  immaginazione;  ma  un  giorno, 
quando  saremo  fatti  più  degni  di  lui,  guardando 
indietro  all'orme  gigantesche  ch'egli  stampò  sulle 
vie  del  pensiero  sociale,  andremo  tutti  in  pellegri- 
naggio a  Eavenna,  a  trarre  dalla  terra  ove  dormono 
le  sue  ossa  gli  auspicii  delle  sorti  future  e  le  forze 
necessarie  a  mantenersi  su  quell'altezza  ch'egli,  tin 
dal  decimoquarto  secolo,  additava  a'  suoi  fratelli  di 
patria. 

E  quando  saremo  fatti  degni  di  Dante,  troveremo 
oltre  a  quel  segreto,  nelle  pagine  ch'ei  ci  lasciava, 
una  lingua,  quale  in  oggi  gli  sfibrati  scrittori  che 
tengono  in  Italia  il  campo  delle  lettere,  guasti  da'  Fran- 
cesi, guasti  da'  Tedeschi,  guasti  da  tutti  e  pure 
armeggiane  a  dichiararsi  indipendenti  da  tutti,  nep- 
pure sospettano:  troveremo  una  Filosofia,  nazionale 
davvero,  anello  tra  la  Scuola  Italiana  di  Pitagora 
e  i  pensatori  italiani  del  secolo  XVII:  troveremo  le 


1842]  ALLA     «    DIVINA    COMMEDIA.»  45 

basi  d'una  Poesia,  vincolo  fra  il  reale  e  V ideale,  fra 
la  terra  e  il  cielo,  che  l'Europa,  incadaverita  nello 
scetticismo  e  nel  l7  egoismo,  ha  perduta:  troveremo Ji 
«ermi  d'una  credenza  che  tutte  le  anime  invocano 
senza  raggiungerla.  Gli  studi  di  Foscolo  su  Dante, 
oggi  non  citati  o  citati  a  fior  di  labbro  dai  letterati, 
verranno  allora  in  onore.  E  quando  uomini  imbevuti 
per  lunghi  studi  della  tradizione  Italiana,  e  santifi- 
cati dall'amore,  dalla  sventura  e  dalla  costanza,  sa- 
cerdoti di  Dante,  imprenderanno,  monumento  dell7  in- 
telletto nazionale,  una  edizione  delle  sue  Opere, 
preporranno  ali7  edizione  un  volume  di  critica  che 
sarà  quasi  vestibolo  al  tempio  ove  Dante  sarà  ve- 
nerato, e  quel  volume  conterrà  pure  le  cose  di  Fo- 
scolo. 

Foscolo  non  fa  un  sacerdote  di  Dante,  né  le  sue 
mani  potevano  ardere  iìicenso  al  suo  santuario.  Troppe 
delle  vecchie  credenze  sull'umana  natura  e  sulla 
legge  che  regola  le  sorti  delle  nazioni  combattevano 
nell'anima  sua  i  nuovissimi  presentimenti.  Troppi 
errori  accumulati  da  secoli  si  stavano  fra  Dante  e 
lui,  perch'ei  potesse  contemplare  il  Dio  nello  splendore 
del  primitivo  concetto.  Venuto  a  tempi  ne7  quali 
1"  intelletto  italiano  s'agitava  più  per  impulso  stra- 
niero che  non  per  propria  virtù,  non  ebbe  fede, 
quanto  voi  e  vasi,  in  una  poesia,  nazionale,  e  pur  fa- 
ticando sull'orme  del  pensiero  moderno,  s'ostinò, 
nuche  per  le  memorie  dell'infanzia,  nelle  forme  gre- 
che. Irritato  dalla  serva  plebe  di  letterati  che  gli 
Stava  intorno  e  dalle  delusioni  (die  amareggiarono 
gli  ultimi  anni  del  suo  soggiorno  in  Italia,  imparò 
da  Dante  l'energia  delle  passioni,  l'indipendenza 
negli  studi,  la  santità  delle  lettere,  gli  sdegni  santi 
contro  chi    le    contamina:    non   la  credenza  che    cai- 


Iti  COMMRNTO    foscoliano  [1842] 

pesta  uomini,  cose  e  speranze  contemporanee  e  si 
leva  a  quelP  Ideale  che  i  pili  tra  noi  chiamano  im- 
maginazione e  non  è  che  presagio.  Ma  vide,  se  non 
quanto  era  in  Dante,  quanto  almeno  in  Dante  non 
era,  e  innestatovi  nondimeno  dalla  malizia  o  dalla  cre- 
dulità dei  commentatori  ne  deformava,  le  sembianze 
e  la  vita.  Si  armò  di  flagello  contro  ai  profanatori 
del  tempio.  Si  levò  a  distruggere  —  e  distrusse. 

Distrusse  il  rispetto  alle  congetture  avventate, 
alle  imposture  letterarie,  agli  anacronismi  eruditi, 
ai  mille  errori  accettati  senza  esame,  solo  perché 
patrocinati  dall'autorità  d'un  nome  o  d' un'accade- 
mia. Distrusse  la  cieca  fiducia  ne'  Godici  tutti  po- 
steriori di  molti  anni  al  Poeta  e  da  correggersi  col 
confronto  e  colla  logica  e  colla  conoscenza  della  vita 
e  della  mente  di  Dante.  Distrusse  i  sistemi  originati 
dalle  meschine  vanità  locali  o  dalla  riverenza  adii 
latrice  a'  discendenti  d'illustri  famiglie,  che  altera- 
vano la  storia  dei  pellegrinaggi  di  Dante  e  conta- 
minavano l'anima  più  nobilmente  altera  che  mai  si 
fosse  or  di  calcolo  or  di  basso  rancore  —  la  vene- 
razione al  pregiudizio  toscano  fatale  al  testo  — 
l'abitudine  di  dar  predominio  all'estetica  sul  pen- 
siero, alla  forma  sull'idea,  allo  studio  dei  mezzi  sulla 
ricerca  del  fine.  Condusse  la  critica  sulle  vie  della 
storia.  Cercò  in  Dante  non  solamente  il  poeta,  non 
solamente  il  padre  della  lingua  nostra,  ma  il  citta- 
dino, il  riformatore,  l'apostolo  religioso,  il  profeta 
della  nazione.  Schiuse  a  noi  tutti  la  via,  che  i  tempi, 
l' educazione,  la  vita  infelicissima  e  alcuni  errori 
della  mente,  da'  quali  e'  non  potè  emanciparsi 
vietarono  a  lui  di  correre  intera.  E  s'oggi  gli  studi 
su  Dante  movono  più  severi  e  più  nlosofìci  e  di 
certo  più  giovevoli  alla    gioventù  d' Italia   che   non 


[1842]  AI-LA     «    DIVINA    COMM1CDIA.   »  47 

tutte  le  industrie  sudate  degli  spiluccatori  disillabe, 
è  dovuto  pei  due  terzi,  comunque  altri  pensi,  al  Di- 
ntorno sul  Testo  e  agli  altri  scritti  di  Foscolo  intorno 
a  Dante  :  se  un  giorno  avremo  una  edizione  del  Poema 
da  non  ritoccarsi  più  oltre,  sarà  dovuto  alle  norme  con 
che  Foscolo  condusse  1'  emendazione  del  Testo  e  la 
scelta  delle  varianti  nel  lavoro  ch'or  pubblichiamo. 

E  fu  l'  ultimo  suo  lavoro.  Cominciò  tra  le  lodi 
e  gì5  incoraggiamenti  dei  migliori  intelletti  dell'  In- 
ghilterra, tra  le  speranze  d'ima  riposata  vecchiaia 
e  d'una  gloria  vagheggiata  d'antico:  fini  tra  le  an- 
gustie d-  una  povertà  che  pochi  saprebbero  soppor- 
ta iv  senza  avvilirsi,  tra  le  persecuzioni  de'  creditori, 
tra  i  dolori,  inacerbiti  dall'  opera  assidua,  della  ma- 
lattia che  lo  condusse  a  morire,  e  nell'amarezza  del 
sentirsi  impotente  per  mancanza  di  mezzi,  di  tempo 
e  di  pane,  a  compirlo  coni' ei  l'aveva,  per  venera- 
zione a  Dante  ed  amore  all'Italia,  ideato.  Se  in  Italia 
gli  uomini  letterati  pensino  altrimenti,  non  so.  Ma 
i<>  sento  oell7 anima  che  la  pubblicazione  di  questo 
manoscritto,  giacente  da  quindici  anni  nella  polvere 
degli  scaffali  d'un  libraio  inglese,  era  debito,  debito 
sacro  pei*  gV  Italiani.  Panni  che  il  giacersi  dell'ossa 
di  Foscolo  in  un  cimitero  straniero  sotto  una  pietra 
postavi  da  mani  straniere  sia  tributo  che  basti  agli 
avversi  tempi  senza  che  debba  consegnarsi  all'obblio 
anche  I' ultima  testimonianza  d'affetto  agli  studi  ed 
a  noi  d'  un  uomo  che,  solo  forse  fra  i  noti  del  pe- 
riodo tempestoso  in  che  visse,  serbò  incorrotta,  ini* 
mutata  «lavanti  al  potere,  davanti  alla  prospera  e 
all'avversa  fortuna,  e  all'esilio  e  alla  fame,  1'  indi- 
pendenza  dell'  animo  e  del  pensiero,  e   riconsecrò  a 

larcedozio  in  Italia  l'Arte,  scaduta  pur  troppo,  salve 
poche  eccezioni,  a  mestiere. 


V. 

MACHIAVELLI. 


Mazzini.  Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  ir 


MACHIAVELLI. 


Più  di  tre  secoli  passarono  sulla  tomba  dell'uo- 
mo il  cui  nome  sta  scritto  a  capo  di  quest'  articolo. 
Cento  scrittori,  dal  cardinal  Polo  allo  storico  Eoscoe 
ne  investigarono  la  vita  e  le  opere.  Eppure  ai  più 
dei  lettori  le  sue  tendenze  e  le  sue  intenzioni  riman- 
gono tuttora  un  mistero,  un  insolubile  problema.  La 
città  sua  natale  scrisse  sulla  sua  tomba,  quasi  sen- 
tenza d' inappellabile  giudizio,  le  celebri  parole  : 
tanto  nomini  nullum  par  elogium ;  eppure  presso  tutte 
le  nazioni  europee,  nel  seno  stesso  della  sua  patria, 
il  suo  nome  rende  suono  incerto,  quasi  sinistro  ;  e 
ciò  che  si  convenne  indicare  come  sua  dottrina  resta 
e  resterà  ancora  per  lungo  tempo  sinonimo  di  astu- 
zi;i,  di  furberia,  iV  immoralità. 

Non  conosciamo  altro  gran  scrittore,  eccettone 
forse  Spinoza,  la  cui  memoria  sia  stata  per  tre  se- 
coli pili  aKpr;miente  e  più  ingiustamente  assalita.  Qua 
e  là  qualche  raro  difensore  ardi  resistere  alla  cor- 
rente; i  suoi  biografi,  commossi  dal  suo  patriotismo, 
dalle  semplici  ed  antiche  virtù,  dalle  sventure  stoica- 
mente sopportate,  invocarono  una  revisione  del  giu- 
dizio sfavorevole  che  lo  colpi,  e  un  novello  esame 
<!<•*    suoi    libri.    Ma    nessuno   osò    assolverlo    intera- 


52  M  ACIIIAVKM,!.  [1849] 

mente:  nessuno,  per  quanto  sappiamo,  imprese,  risa- 
lendo alle  origini  della  persecuzione,  di  sottomettere 
a  una  severa  critica  i  motivi  che  dovettero  influire 
sulla  maggior  parte  degli  scrittori,  il  carattere  per- 
sonale de'  giudici,  le  passioni  e  gli  interessi  che 
intervennero  nel  giudizio.  È  questo  un  lavoro  non 
peranco  intrapreso  e  che  qui  non  possiam  che  in- 
dicare, ma  che  avebbe  indubbiamente  per  risultato 
di  annientare  V  intero  cumulo  di  ostili  testimonianze 
che  or  s' interpongono  ad  ogni  modo  fra  noi  e  V  og- 
getto de?  nostri  studi,  e  che  influiscono,  quasi  a  no- 
stra insaputa,  sul  giudizio  che  pronunciamo  alla,  uo 
stra  volta. 

Ohi  darà  opera  a  questo  lavoro  s7  accorgerà  che 
il  secreto  di  tutto  quest'  impeto  di  collera  contro 
Machiavelli  sta,  per  quanto  risguarda  principalmente 
gli  scrittori  Italiani  e  Francesi,  non  già  nelle  mas- 
sime politiche  contenute  nel  Principe  che  potreb- 
bonsi  del  resto  rinvenire,  siccome  mostrò  Gaspare 
Scioppius  in  uno  scritto  latino  generalmente  igno- 
rato, ne'  libri  di  S.  Tommaso  d'Aquino;  ma  nella 
costante,  ostinata  opposizione  contro  il  predominio 
temporale  della  corte  di  Roma,  che  trapela  da  tutte 
le  opere  di  Machiavelli  ;  negli  sforzi  ch?  ei  fece  per 
segnalarne  gli  inconvenienti  alla  gioventù  contem- 
poranea; e  nell'arditezza  con  cui  nelle  sue  comme- 
die attaccò  V  ipocrisia  e  la  corruzione  dei  monaci 
de?  suoi  tempi.  La  persecuzione  sistematica  organiz- 
zata contro  Machiavelli  nella  seconda  metà  del  se- 
dicesimo secolo,  non  fu  a  tutta  prima  che  un  intrigo 
di  sagrestia  cattolica  inasprito  più  tardi  e  pei  pro- 
gressi della  riforma,  e  pei  crescenti  pericoli  della 
corte  di  Roma,  e  per  le  sue  contese  con  alcuni  go- 
verni temporali.  Il  primo  attacco  ebbe  principio  verso 


[1843]  MACHIAVELLI.  53 

il  1535  dal  cardinal  Polo,  e  occasiona  vanlo  le  cita- 
zioni che  il  governo  inglese  pigliava  in  Machiavelli 
contro  il  potere  temporale  del  clero.  Peraltro  il  car- 
dinal Polo  medesimo  aveva  raccolto  dalla  bocca  di 
persone  che  avevano  vissuto  intimamente  con  Ma- 
chiavelli «  aver  egli  voluto  apparecchiare  la  rovina 
di  colui  cui  il  libro  era  stato  diretto  dandogli  con- 
sigli che  l'avrebbero  tratto  a  perdimento  pratican- 
doli. »  È  questa  una  spiegazione  di  più,  che  non  fu 
inni,  per  quanto  ci  è  noto,  ripetuta;  e  prova,  qua- 
lunque ne  sia  il  valore,  che  pochi  anni  dopo  la  morte 
di  Machiavelli,  a  Firenze  nessuno  immaginava  d' ac- 
cusare questo  grande  Italiano  d7aver  voluto  divul- 
gare la  sua  dottrina. 

Più  tardi,  cioè  nel  1564,  poiché  Oattarino  Irate 
domenicano  ebbe  scritto  un  altro  libro  contro  di  lui, 
un  concilio  condannò  Machiavelli;  e  le  sue  opere 
che  sino  al  1559  erano  state  impresse  colP  approva- 
zione e  col  privilegio  della  corte  di  Roma,  ebber 
V  onore  d?  essere  poste  ali7  Indice.  Rotto  allora  ogni 
argine,  non  vi  fu  magro  scrittoruccio  cattolico  che. 
non  lanciasse  il  suo  libercolo  e  non  superasse,  dif- 
famandolo, i  suoi  predecessori.  Gli  uni  incolparonlo 
d'ateismo;  gli  altri  promulgarono  eh7  ei  t'osse  morto 
bestemmiando;  e  i  Gesuiti,  allora  come  sempre,  per 
Impudenza  e  calunnie  tutti  sopravanzarono.  Contando 
dal  gesuita  Possevino,  falsatore  sfrontato,  che  inventò 
passi  a  bella  posta  per  confutarli,  sino  al  gesuita 
Tirabosclii  che  contende  a  Machiavelli  il  solo  merito 
aggiudicatogli  dagli  stessi  suoi  più  ardenti  nemici, 
il  inerito  di  storico  profondo  e  veritiero  —  contando 
<l;i  (pici  gesuita  spagnuolo  che  mentre  accusava  Ma- 
Qbiavelli  d*  immoralità  offriva  modello  a'  principi  un 
Ferdinando  il  Santo  che  portava  sulle  sue  spalle  la 


54  MACHIAVICLM.  [1843] 

legna  ai  roghi  dell'  Inquisizione,  sino  ai  gesuiti  d'  In- 
golstadt  che  arsero  con  gran  pompa  la  statua  <lel- 
V ausiliario  del  Diavolo,  l'intera  società  fece  san- 
tamente il  suo  dovere.  La  massima  :  Calunniate, 
calunniate,  ne  rimarrà  sempre  qualche  cosa,  non  fu  mai 
si  egregiamente  applicata;  e  grazie  alla  turba  peco- 
rina de' letterati  che  sopravvennero,  essa  raggiunse 
il  suo  scopo. 

Diverse  passioni  e  diversi  pregiudizi  trassero, 
trano]  evento,  ad  egual  biasimo  gli  scrittori  pro- 
testanti. Il  Principe  era  stato  dedicato  a  Lorenzo 
de'  Medici  duca  d'  Urbino  :  Caterina,  madre  di  Car- 
lo IX,  era  stata  moglie  a  Lorenzo:  e  questo  bastò 
perché  i  calvinisti  asserissero  «  aver  essa  tratto  dalle 
pagine  di  Machiavelli  la  giustificazione  dell'orribile 
pensiero  che  consigliava  la  notte  di  S.  Bartolomeo.  » 
Altri  affermarono  Enrico  IV  portasse  con  lui  il 
libro  del  Principe  quando  cadde  trafitto  sotto  il  pu- 
gnale di  Eavaillac.  A  tutto  si  prestò  facile  orecchio, 
e  direbbesi,  che  ad  esser  creduto,  bastasse  accusar 
Machiavelli.  Bayle,  il  gran  scettico,  ripetè  gli  aned- 
doti inventati  dai  Gesuiti  ;  e  la  parola  Machiavellismo, 
egualmente  diffamata  da  entrambi  i  partiti,  venne 
quindi  usata  a  dinotare  ciò  che  la  fraude  ha  di  più 
dottamente  spregevole,  di  più  freddamente  ipocrita- 
mente crudele.  E  da  chi  dunque  era  stato  Luigi  XI 
inspirato  ? 

Cionullastante  nel  suo  libro  de  Augniti.  Scient.  un 
uomo,  il  più  gran  pensatore  dell'  era  moderna,  Ba- 
cone, scriveva  tranquillamente  queste  parole  :  Gra- 
tto* agamus  Machiavello  et  hujusmodi  scriptoribus  qui 
aperte  et  indissimulatpter  proferunt  quid  homines  fa- 
cere  soleant,  non  quid  debeant.  Più  tardi  Gian  Giacomo 
Eoùsseau    chiamò    Machiavelli   il  gran  repubblicano. 


[1843]  MACHIAVELLI.  55 

Ne'  due  casi,  era  il  genio  compreso  dal  genio.  Il  giudi- 
zio di  Rousseau  e  di  Bacone,  a  nostra  mente,  conta 
assai  più  che  non  quello  di  migliaia  di  gesuiti  e  di 
settari  calvinisti,  e  racchiude  la  migliore  interpreta- 
zione che  dar  si  possa  dei  libri  di  Machiavelli  e 
delle  intenzioni  sue. 

Si,  Machiavelli  fu  repubblicano.  L7  nonio  che  subì 
coraggiosamente  la  tortura  per  aver  cospirato  contro 
i  Medici  ;  V  uomo  che  inculcò  in  tutta  la  sua  vita 
agli  Italiani:  Siate  forti;  non  v'affidate  a  soldati 
stranieri,  ma  alle  braccia  vostre  e  al  vostro  coraggio; 
non  volle  addottrinare  nella  tirannia  principotti  eh'  ei 
dispregiava.  Quand'  ebbe  percorse  tutte  le  vie  di 
ammaestramento  nazionale  che  stavano  innanzi  a  lui, 
scrisse  il  suo  libro  del  Principe  e  gettollo  tra  i  suoi 
contemporanei  a  dir  loro:  Ecco  ciò  che  i  vostri  prin- 
cipi, deboli  e  vili  quanti  sono,  faranno  per  dominarvi: 
or  pensateci. 

Si,  come  disse  Bacone,  Machiavelli  fu  un  grande 
storico.  Egli  dipinse  fedelmente  i  suoi  tempi  contro 
i  quali  protestò  tutta  la  sua  vita.  E  ascriveremo  a 
sua  colpa  se  questi  furono  pessimi  e  machiavellici  ? 
Quanti  1'  accusano  oggidì,  somigliano  a  coloro  che 
rimproverano  a  Byron  ed  a  Goethe  d7  aver  sparso 
il  seme  dello  scetticismo,  di  cui  furono  essi  stessi 
le  prime  vittime. 

V  hanno  uomini  di  genio  che  profetizzano,  altri 
che  riassumono:  e  Machiavelli  appartiene  a  questi 
ultimi.  Non  cercate  in  lui  il  concetto  della  legge  del 
progresso  od  il  sentimento  della  vita  collettiva  del- 
l'umanità,  cui  egli  è  pienamente  estraneo,  ma  1'  in- 
dividuo, V  uomo  della  sua  epoca,  di  quell7  epoca  che 
comincia  con  Luigi  XI  e  finisce  con  Borgia;  né  in- 
OOlpatelo  pei   colori  o  per  l'effetto   de7  suoi    quadri. 


56  MACIIIAVKLLI.  [1843J 

Ei  non  crea  ma  riproduce.  Ei  dipinge  ciò  che  gii 
sta  innanzi. 

.Ne 'occorrevano  alla  menta  questi  pensieri  ad  una 
lettura  del  signor  G-onzales  (*)  sugli  storici  <V  Italia. 
Noi  udimmo  con  piacere  un  italiano  riabilitare,  troppo 
timidamente  forse,  ma  con  una  giustezza  di  idee 
superiore  ad  ogni  elogio,  La  memoria  d7  un  uomo 
quivi  tanto  incompreso.  L7  anti  ■  machiavellismo  di 
Luigi  XI,  di  Ferdinando  il  Cattolico,  d'Alessandro  VI, 
del  duca  Valentino,  di  Ludovico  il  Moro  (e  quanti 
altri  nomi  potrebbero i  aggiungere  !).  —  lo  stato  dell'  I- 
talia  e  le  sciagurate  tendenze  de7  principi  che  la  go- 
vernavano, —  le  altre  opere  di  Machiavelli,  —  so- 
pratutto la  sua  vita  cosi  illustre,  cosi  devota  al  servigio 
della  patria  —  servirono  d7  altrettanti  punti  di  par- 
tenza al  signor  Gonzales  alla  retta  intelligenza  del 
Principe. 

È  l'anatomia  del  tiranno,  diss7  egli.  Machiavelli 
intraprese  a  svelarne  i  misteri  perché  i  sudditi  ne 
avessero  abbominio,  i  principi  vergogna.  Il  sig.  Gon- 
zales è  già  vantaggiosamente  conosciuto  dai  nostri 
lettori,  e  più  ancora  delle  nostre  lettrici.  La  lettura 
di  cui  parliamo  giustifica  pienamente  le  nostre  sim- 
patie e  la  stima  che  facciamo  de7  suoi  studi  con- 
scienziosi  e  de7  suoi  talenti. 


(£)  Il  sig.  Gonzales  di  Mantova,  che  diede  occasione  a 
questo  articolo,  è  uno  degli  esuli  italiani  che  a  Londra  inse- 
guano la  lingua  e  la  letteratura  italiana. 


Vi. 

GENIO  E  TENDENZE 

Di 

TOMMASO  CARLYLE. 


ON   THE  WORKS  OF  THOMAS  CARLYLE. 

(GENIUS  AND  TENDENCIES). 


1.  Six  Lectures  on   Heroes  and  Hero  Worship.  By  Thomas  Car- 

lyle. London  :  Fraser.   1041. 

2.  Sartor    Resartus  :    in   Three    Books.    By  Thomas  Carlyle. 

London:  Fraser,   1841. 

3.  Past  and  Present.  By  Thomas  Carlyle.  London  ;  Chapman 

and  Hall,  1843. 

We  g'ìadly  take  the  opportuuity  oifered  by  the 
publication  of  a  new  work  by  Mr.  Carlyle,  to  express 
olir  opinion  of  this  remarkable  writer.  We  say,  our 
opinion  of  the  writer, — of  his  genius  and  tendencies, 
rather  than  of  his  books, — of  the  idea  which  inspires 
him,  rather  than  of  the  form  with  which  he  chooses 
to  invest  it.  The  latter  in  truth  is  of  far  less  impor 


iscoi'8Ì  intorno  agli  Eroi  e  al  Culto  degli  Eroi,  Londra.  1841 
—  Sartor  Resartus:  in  tre  Libri,  1841  —  Passato  e  Pre- 
sente, 1843. 

L'ultimo  libro  di  Tomaso  Carlyle  m'offre  una  oppor- 
tunità lungamente  desiderata  per  esprimere  un  giudizio 
generale  intorno  a  questo  potente  scrittore,  lo  dico  in- 
torno allo  scrittore,  al  suo  genio  e  alle  sue  tendenze  an- 
ziché intorno  a'  suoi  libri,  perché  l'idea  che  lo  ispira 
panni  assai  piti  importante  che  non   la  forma  della  quale 


t)0  <;km<>   b  tk.ndk.nzk   di   Tommaso  carlylk.         [1843] 

tance  t litui  thè  fornier.  In  fchis  period  of  transition 
troni  doubt  fco  aspiratdon,  tliis  "siek  jmd  oiit-ot-Joint77 

lime,  old  ideas  die  away,  or  weigh  upon  the  heart 
like  midnight  dreanis:  young  ones  spring  ap  to  vicw. 
briglit — coloured  and  fresh  with  hope,  but  vague  and 
incomplete,  like  the  dream s  of  the  morning.  \\ C 
stand  wavering  between  a  past  whose  lite  is  extinct, 
and  a  future  whose  lite  lias  not  yet  began  :  one  while 
discouraged.  at  another  animated  by  glorious  presen- 
timents,  looking  through  the  clouds  for  some  star 
to  guide  us.  One  and  ali,  like  Herder,  we  demand  of 
the  instinct  of  our  oonscience,  a  great  religious 
thought  whieh  may  resene  us  from  doubt,  a  social 
faith  whieh  may  save  us  from  anarcliy,  a  inorai 
inspiration  whieh  may  embody  that  faith  in  action 
and  keep  us  from  idle  contempla tion.  We  ask  this 
especially  of  those  men,  in  whom  the  unuttered  sen 


ei  va  rivestendola.  In  questo  nostro  periodo  di  transi- 
zione dal  dubbio  all'aspirazione,  le  vecchie  idèe  muoiono 
e  pesano  sull'anima  come  sogni  a  mezzo  la  notte;  le 
nuove  s'affacciano  belle  di  luminosi  colori  e  seducenti  di 
speranze,  ma  indefinite,  imperfette,  come  sogni  del  mat- 
tino. Noi  tentenniamo  dubbiosi  tra  un  passato  oggi  mai 
senza  vita  e  un  futuro  la  cui  vita  non  s'è  rivelata  finora, 
in  preda  talora  a  profondo  sconforto,  talora  animati  di 
splendidi  presentimenti  e  intenti  a  spiar  tra  le  nubi  una 
stella  che  possa  dirigerci.  Ciascun  di  noi  invoca,  come 
Herder,  agli  istinti  della  coscienza  un  grande  pensiero 
religioso  che  ponga  fine  allo  scetticismo,  una  fede  sociale 
che  ci  salvi  dall'anarchia,  una  ispirazione  morale  che  tra- 
duca quella  fede  in  azioni  e  ci  liberi  da  una  oziosa  con- 
templazione. Ciascun  di  noi  guarda  con  ansiosa  speranza 
segnatamente  in  quei  pochi  nei  quali  i  taciti    sensi  e  le 


[1843]  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  61 

timents  and  aspirations  of  the  multitudes  are  con- 
centra t ed  and  harmonized  with  the  highest  intnition 
of  individuai  conscience.  Tlieir  mission  changes  with 
the  times.  There  are  periods  of  a  cairn  and  normal 
activity,  when  the  thinker  is  like  the  pure  and  serene 
star  which  illumines  and  sanctifìes  with  ita  halo  of 
light  tliat  which  is.  There  are  other  times,  when 
genius  ni  usi  move  devotedly  onward  before  us,  like 
tlie  pillar  of  tire  in  the  desert,  and  fathom  for  us 
Uh-  depths  of  tliat  which  shall  he.  Snch  are  onr  times: 
wo  cannot  at  the  present  day  merely  amuse  ourselvesr 
witli  being artìsts,  playing  with  sonnds  or  forms,  tick- 
ling  only  onr  senses,  instead  of  pondering  some 
«Torni  of  fchought  which  may  save  ns.  We  are  scar- 
cely  dispose d,  living  in  the  nineteenth  century,  to 
act  like  that  people  mentioned  by  Herodotus.  who 
begniled  eighteen  years  of  famine  by  playing  with 
dice  and  tennis-balls. 


inconscie  ispirazioni  delle  moltitudini  si  riflettono  in  ar- 
nioni;! colle  pili  alte  intuizioni  della  coscienza  individuale. 
La  loro  missione  muta  coi  tempi.  Nei  periodi  d'una  at- 
tività tranquilla  e  normale,  il  pensatore  somiglia  una 
Stella  che  illumini  e  santifichi  di  pura  e  serena  luce  il 
presente:  in  altri  e  pili  tempestosi,  il  Genio  è  chiamato 
a  precederci,  (piasi  colonna  di  fuoco  in  deserto,  e  ad  esplo- 
rine per  noi  le  terre  ignote  dell'  avvenire.  E  son  questi  i 
nostri.  Noi  non  possiamo  in  oggi  -contentarci  di  vivere 
<<»ltoii  dell'arte  per  sé  e  scherzare  con  suoni  e  forme  e 
accarezzare  i  nostri  sensi,  ma  ci  sentiamo  spronati  in  cerca 
d'una  idea  che  valga  a  migliorarci  e  salvarci.  La  paziente 
inazione  colla  quale  un  popolo  ricordato  da  Erodoto 
Ingannò  coi  dadi  diciotto  anni  di  carestia  non  è  virhi 
—  se  pur  merita  qnel  nome  —  del  secolo  deci  mommo. 


*Ì2  GKtflO    K    TKNDKNZK    1)1    TOMMASO    CARLYLK.  }  184 

The  writer  with  whom  we  bave  now  to  deal,  by 
the  nature  of  his  labours  and  the  direction  of  bis 
genius,  authorizes  the  examination  we  propose  to 
make.  He  is  melancholy  and  grave:  he  early  felt 
the  evil  which  is  now  preying  upon  the  world,  and 
from  the  outset  of  his  career  he  proclainied  it  loudly 
and  courageously. 

"Cali  ye  that  a  society",  he  exclaims,  in  one 
of  his  first  publications,  "where  there  is  no  longer 
any  social  idea  extant,  not  so  ranch  as  the  idea  of 
a  common  home,  but  only  of  a  common  over-crowded 
lodging  house?  where  each,  isolated,  regardless  of 
his  neighbour,  turned  against  his  neighbour,  clutches 
what  he  can  get,  and  cries  Mine  !  and  calls  it  Peace, 
because  in  the  cut-purse  and  cut  throat  scramble, 
no  steel  knives,  but  only  a  far  canni nger  sort  can 
be  employed — where  friendship,  coramunion,  has  be- 


Per  la  natura  de'  suoi  lavori  e  per  l' indole  speciale 
della  sua  niente,  Tommaso  Carlyle  provoca  l'esame  ch'io 
mi  propongo.  Egli  è  mesto  e  grave  :  senti  fin  da'  primi 
anni  di  studi  il  male  che  tormenta  oggi  il  mondo  e  lo 
denunziò  con  alta  intrepida  voce.  «  Potete  voi  »  —  egli 
esclama  in  uno  de'  primi  suoi  libri  (*)  —  «  proferire  il 
«  nome  di  Società  dove  non  una  sola  idea  sociale  soprav- 
«  vive,  neppur  quella  dei  sacri  lari  domestici  mutati  og- 
«  gimai  in  troppo  densamente  abitate  case  d'alloggio? 
«  —  dove  ogni  uomo,  isolato,  straniero,  anzi  ostile  al 
«  vicino,  afferra  ciò  ch'ei  può  e  grida  è  mio!  e  chiama 
«  Pace  condizione  si  fatta  di  cose  soltanto  perché  in  que- 
«  sto  assalto  alle  borse  e  alle  gole  non  s'  adopra  coltello, 
«  ma    un'arma    più    subdola  e  agevole   a  celarsi  —  dove 

(*)  Sartor  lìesartus,  Lib.  3,  Cap.  6. 


[1843]  GKNIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  63 

come  an  iucredible  tradition,  and  your  holiest  sacra- 
mentai snpper  is  a  smoking  tavern  dinner,  witli 
cook  for  evangelista  where  your  priest  has  no  tongne 
but  for  plate-licking,  and  yonr  high  guides  and  go- 
vernors  cannot  gnide  ;  but  on  ali  hands  hear  it  pas 
sionately  proclaimed,  Laissezfaire!  Leave  us  alone 
of  your  guidance — such  light  is  darker  than  dark- 
ness — eat  your  wages,  and  sleep."  (#) 

Mr.  Carlyle,  in  writing  these  lines,  was  conscio  us 
that  he  engaged  himself  to  seek  a  remedy  for  the 
evil,  nor  has  he  shrunk  from  the  task.  Ali  that  he 
has  since  writteu  bears  more  and  more  evidently 
the  stamp  of  a  high  purpose.  In  bis  '  Ohartism  ?  he 
attempted  to  grapple  with  the  social  question;  in 
ali  bis  writings,  whatever  be  their  subject,  he  has 
touched  upon  it  in  some  one  of  its  aspects.    Art  is 

C)  Sartor  Kesartus,   Book  III,  chap.  6. 


«  amicizia  e  comunione  d'anime  son  fatte  tradizioni  in- 
«  credibili  e  la  vostra  più  santa  Cena  sacramentale  è  un 
«  fumante  pranzo  di  bettola  col  cuoco  per  evangelista? 
«  —  dove  il  prete  non  ha  lingua  che  per  lambire  i  piatti 
«  del  mecenate  e  i  vostri  guidatori  e  uomini  di  governo 
«  non  s'attentano  di  guidare:  ma  gridano  e  odono  grida 
«  da  ogni  banda,  Laissez  /aire  !  Liberateci  dal  vostro  gui- 
«  dare  —  luce  si  fatta  è  peggiore  delle  tenebre  —  in- 
«  goiate  i  vostri  salarii,  e  dormite.  » 

Scrivendo  quelle  linee,  Carlyle  era  conscio  ch'ei  s'as- 
sumi-va  di  <<rc:ire  un  rimedio  al  male,  né  s'arretrò  da 
^dell'obbligo.  Un  alto  fine  traspare,  da  quanto  ei  scrisse 
d'allOHI  In  poi.  Nel  suo  Cartismo  egli  aggredì  deliberata - 
menti'  la  questione  sociale;  in  tutti  gli  altri  suoi  scritti, 
<-i   ne   tonte  qualche   lato.  L'Arte  non  è  che  un  mezzo  per 


♦51  GENIO    K    TKNDKN/10    DI    TOMMASO    CAKI.YLK.  [1848] 

to  him  but  as  a  means.  Iu  liis  voeation  ms  a  writer 
he  ftlle  the  tribune  of  an  apostle,  and  it  is  here  that 
we  must  judge  him. 

There  is  a  multitude  around  him;  and  tliis  is  Mie 
first  fact  to  establish,  for  it  speakes  both  in  favoni- 
of  the  writer  and  of  the  public  whoni  lie  has  won 
over.  Since  the  day  when,  alone  and  uncompre 
hended,  he  penned  the  words  which  we  bave  quoted, 
Teufelsdròck  has  made  proselytes.  The  "mad  hopes", 
expressed,  with  an  allowable  consciousness  of  the 
power  whicli  stirred  within  him,  in  the  last  chapter 
of  "Sartor  Kesartus",  bave  been  largely  realized. 
The  philosophy  of  clothes — thanks  to  the  good  and 
bad  conduct  of  the  two  Dandiacal  and  Drudge  seets 
— has  made  some  progress.  Signs  bave  appeared; 
they  multiply  daily  on  the  horizon.  The  diaineter 
of  the  two  "bottomless,  boiling  whirlpools"  (*)  has 
widened  and  widened,  as  they  approach  cach  other 
in  a   threatening   nianner:    and    many    readers    who 

(*)  Sartor  Resartus,  Book  III,  olia]).   10. 


lui.  Sotto  lo  scrittore  tu  vedi  sempre  l'apostolo;  e  io  in- 
tendo giudicarlo  siccome  tale. 

S'addensa  intorno  a  Carlyle  una  moltitudine  d' ascol- 
tatori ;  ed  è  il  primo  fatto  che  m'occorre  di  registrare, 
perché  onora  a  un  tempo  lo  scrittore  e  il  pubblico  eh'  ei 
conquistava.  Dal  giorno  in  cui,  solitario  e  frainteso,  ei 
vergò  le  parole  citate  or  dianzi,  Teufelsdròck  ha  rac- 
colto proseliti  in  copia.  Le  pazze  speranze  alle  quali,  con 
onesta  coscienza  delle  proprie  forze,  egli  accennava  nel- 
l' ultimo  capo  di  Sartor  Resartns,  sono  oggi  largamente 
adempite.  La  filosofìa  ch'egli  insegnava  sotto  il  bizzarro 
nome  di  filosofia  delle  vestimenta  ha  conquistato  terreno. 


[1843]  GKNIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CA1U.YLK.  65 

oommeneed  with  a  sinile  of  pity.  or  seorn  of  the 
uniiirelligible  and  tire-some  j argon,  the  iusinua- 
rions,  half  ironical.  half-wild,  of  the  dark  dreainer, 
now  look  jnto  his  pages,  with  the  perseverance  of 
the  monks  of  Mount  Athos,  to  see  whether  they 
eannot  there  discover  the  "great  thought",  of  which 
they  themselves  begin  to  teel  the  want.  They  now  ad- 
mire  as  mach  as  they  once  scorned, — they  admire 
even  when  they  eannot  understand. 

Bè  it  so,  for  this  too  is  good  :  it  is  good  to  see 
that  the  great  social  question,  which  uot  long  ago 
w;is  ridiculed,  begins  to  exercise  a  kind  of  fascina- 
tion  ui)on  the  public  mind;tó  find  that  even  those 
whose  own  pòwers  are  not  adequate  to  the  task, 
acknowledge  the  necessity  of  some  solution  of  the 
sphinx-like  enigma  which  the  times  present.  It  is 
good  to  see,  by  a  new  example,  that  neither  ignorant 
levity  nor  materialist  indifference  can  long  suppress 
the  divine  rights  of  intellect. 


Molti  lettori  che  cominciarono  dal  sorridere  a  scherno  del 
gergo  incomprensibile  e  delle  strane  ironiche  frasi  del- 
l'oscuro sognatore,  guardano  oggi  alle  di  lui  pagine  colla 
perseveranza  dei  monaci  del  monte  "Athos  a  rintracciarvi 
il  grande  pensiero  del  quale  provano  essi  medesimi  il  bi- 
sogno. Ammirano  quanto  una  volta  schernivano;  ammi- 
rano anche  quando  non  viene  loro  fatto  d' intendere. 

Ed  è  bene  ad  ogni  modo.  Giova  accertare  che  la  grande 
questione  sociale,  sprezzata  un  tempo  e  salutata  di  riso, 
comincia  a  esercitare  un  fascino  sulle  nienti,  e  che  anche 
gli  uomini  ineguali  all'  impresa  ammettono  non  foss' altro 
la  necessità  eli' altri  tenti  sciogliere  l'enigma  di  sfinge 
proposto  dai  tempi.  E  v' impariamo,  che  né  ignoranza  su- 
perficiale né  indifferenza  di  materialismo  possono  cancellar 
lungamente  i  divini  diritti  dell'intelletto. 

Mazzini,  .Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  B 


66  ftRNlÓ    K    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CARLYLE.  [1843] 

Tliere  are  dift'erences  between  Mr.  Carlyle's  intuì 
nei*  of  viewing  things  aud  ours,  which  we  bave  to 
premise:  but  we  will  not  do  tliis  witliout  first  avow- 
ing  bis  incontestable  merito, — merita  which  at  the 
present  day  are  as  important  as  they  are1  rare,  which 
in  liim  are  so  elevated  as  to  command  the  respect 
and  admiration  even  of  those  who  rauk  under  ano- 
fcher  standard,  and  the  sympatliy  aud  gratitude  of 
those  whó,  like  ourselves,  are  in  the  main  upon  the 
sanie  side,  and  who  differ  only  respecting  the  choice 
of  means  and  the  road  to  pursue. 

Above  ali,  we  would  note  the  sincerity  of  the 
writer.  What  he  writes,  he  not  only  thinks,  but 
feels.  He  may  deceive  biniseli', — he  eannot  deceive 
us;  for  what  he  says,  even  when  it  is  not  the  tinth. 
is  yet  true, — kù  individuality,  his  errors,  hi»  incom- 
plete views  of  things, — realities,  and  not  noneutities. 
— the  truth  limited,  we  might  say,  for  error  spring 


A  me  converrà  notare  le  diversità  che  corrono  tra  le 
tendenze  di  Carlyle  e  le  nostre.  Ma  prima,  è  giustizia 
dichiarare  i  meriti  incontrastabili  dello  scrittore:  —  me- 
riti importanti  in  oggi  quanto  son  rari,  e  che  in  lui  rag- 
giungono tal  grado  da  meritargli  rispetto  e  ammirazione 
anche  dagli  uomini  che  guerreggiano  sotto  altro  stendardo, 
e  affetto  riconoscente  da  quelli  che,  come  noi,  movono 
verso  lo  stesso  intento  separandosi  unicamente  nei  modi 
e  sulla  via  da  tenersi. 

E  innanzi  ad  ogni  altra  cosa  sta  la  sincerità  di  Carlyle. 
Ei  non  solamente  pensa,  ma  sente  quant' egli  scrive.  Ei 
può  talora  ingannar  sé  stesso;  non  noi.  S' anche  ciò  ch'ei 
proferisce  non  fosse  il  Vero,  rivelerebbe  pur  nondimeno 
una  potente  realtà:  l'individualità  dello  scrittore,  i  suoi 
errori,  il  suo  modo  imperfetto  di  guardare  alle  cose  —  io 


[1848]  GENIO    E    TENDEN'ZK    DI    TOMMASO    CAIiLYLE.  67 

iìig-  from  sincerity  in  a  high  intellect  is  no  other 
than  such.  He  seeks  good  with  conseientious  zeal, 
not  troni  a  love  of  fame,  not  even  froni  the  gratifì- 
cation  of  the  discovery:  his  moti  ve  is  the  love  of  Iris 
fellow-men,  a  deep  and  active  feeling  of  duty,  for  he 
believes  this  to  be  the  mission  of  man  upon  earth. 
He  writes  a  book,  as  he  would  do  a  good  action. 
Yet  more,  not  only  does  he  feel  ali  that  he  writes, 
]>ut  he  writes  nearly  ali  that  he  feels.  Whatever  is 
in  his  thonghts  and  has  not  yet  been  pnt  on  paper, 
we  niay  be  sure  will  sooner  or  later  ap])ear.  He 
may  preach  the  merit  of  ''holding  one's  tongue";  to 
those,  in  truth,  who  do  not  agree  with  him,  are  such 
«rords  addressed;  but  the  "talent  of  silence"  is  not 
bis:  if  sometinies  he  pretends  to  reverence  it,  it  is 
as  we  may  say  platouically, — to  prevent  ofchers  speak - 
ing  ili.  "But  in  minds  constituted  as  his,  com- 
pressiou  of  thought  is  iinpossible:  it  must    expand, 


potrei  dire,  la  verità  limitata,  dacché  tale  è  l'errore,  quando 
sorge  per  convincimento  sincero  in  un  alto  intelletto.  Non 
è  in  lui  artificio  di  menzogna  o  calcolo  di  fama.  Traviando 
<>  no.  tu  Renti  eli' 61  cerca  il  bene,  eh' ei  non  segue  se  non 
un  impalco,  l'amore  del  proprio  simile,  un  profondo,  at- 
tivo senso  di  dovere  inseparabile  per  lui  dalla  nostra  mis- 
sione (piaggili.  Carlyle  scrive  un  libro  com'ei  farebbe 
Bll'open  buona.  E  non  solamente  ei  crede  nella  verità 
di  (pianto  egli  scrive,  ma  scrive  quasi  tutto  ciò  ch'egli 
ecede  esser  vero  ;  o  lo  scriverà  presto  o  tardi.  Ei  può 
predicare  Ò  sua  posta  i  meriti  del  sapere  tacersi;  ma  la 
predicazione  è  visibilmente  per  quanti  da  lui  dissentono: 
il  genie  del  silenzio  non  gli  appartiene,  e  se  ei  sembra 
talora  venerarlo,  è  venerazione  platonica.  Menti  della  sua 
tempra    riescono  difficilmente   a    reprimere    il    pensiero,  e 


98  QKN10    H    i  i:\DKNZK    di    TOMMASO   CA  Kl.Yl.K.  [1843] 

and  l'vcry  prolonged  eft'ort  iliade  to  resti  a  in  it  will 
only  render  the  explosion  the  more  violent.  Mr.  Car- 
ialo is  no  homosopathist  :  lie  never  adininisters  re- 
medies  l'or  evil  in  infinitesima!  doses  ;  he  never 
pollutes  the  saeredness  of  thought  by  ontwa rd  eon- 
cessions  or  coni  promise  with  error.  Like  Luther,  he 
hnrls  bis  infestane!  at  the  head  of  the  de  vii,  under 
w  ha  te  ver  t'orni  he  shows  himself,  without  looking  to 
the  oonsequences;  but  he  does  it  with  sudi  since- 
rity,  sudi  naiveté  and  goodwill,  that  the  devil  bini 
self  conld  not  be  displeased  at  it,  were  the  moment 
not  criticai,  and  every  blow  of  the  inkstand  a  serions 
thing  to  him.  We  know  no  English  writer  who  has 
during  the  last  ten  years  so  vigoronsly  attacked  the 
ìialf gothic.  naif  pagan  edifice  whieh  stili  imprisons 
the  free  flight  of  the  spirit, — no  one  who  has  thrown 
among  a  public  mudi  addicted  to  routine  and  t'or- 
malism,  so  many  bold  negations,  so  many  religione 


se  vi  riescono  un  tempo,  ne  rendono  pili  terribile  l'esplo- 
sione. Carlyle  rifugge  per  natura  da  ogni  sistema  omio- 
patico;  i  rimedi  ch'egli  appresta  al  male  non  sono  in 
dosi  infinitesime:  egli  non  contamina  mai  la  santità  del 
pensiero  di  concessioni  codarde  o  di  transazioni  coli' er- 
rore. Come  Lutero,  egli  avventa  il  calamaio  contro  il 
Tentatore,  qualunque  forma  egli  assuma,  senza  guardare 
alle  conseguenze;  ma  lo  avventa  con  tanta  sincerità  d'in- 
tenzioni, con  tanta  ingenuità  di  buone  tendenze,  che,  se 
la  guerra  non  minacciasse  di  riuscir  decisiva  il  Tentatore 
stesso  non  saprebbe  gran  fatto  irritarsene.  Non  so  di 
scrittore  Inglese  che  abbia,  negli  ultimi  dieci  anni,  assa- 
lito con  vigore  eguale  il  semi-gotico  semi-pagano  edifizio 
che  imprigiona  tuttavia  le  libere  aspirazioni  dell'intel- 
letto —  o  che  abbia  cacciato  fra  un  popolo  inservilito  da 


(1813]  GENIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLE.  69 

and  social  views;  novel  and  contrary  to  ali  existing 
ones, — yet  no  one  who  excites  less  of  hostility  und 
animadversion.  There  is  generally  so  much  calmness 
and  impartiality  in  liis  attacks,  so  much  conviction 
in  bis  thoughts,  so  entire  an  absence  of  egotism,  that 
we  are  compelled  to  listen  to  wbat,  if  uttered  by 
any  otber  man  with  anger  or  contempt,  would  excite 
a  storm  of  oppositiou.  There  is  never  anger  in  the 
langnage  of  Mr.  Oarlyle;  disdain  he  has,  but  without 
bitterness,  and  when  it  gleams  across  bis  pages,  it 
speedily  disappears  under  a  smile  of  sorrow  and  of 
pity,  the  rainbow  after  a  storm,  He  condemns,  be- 
cause  there  are  things  which  neither  heaven  nor 
earth  can  justify:  but  bis  reader  always  feels  that 
it  is  a  painful  duty  he  fulfils.  When  he  says  to  a 
creed  or  to  aii  institution,  "you  are  rotten, — begone!" 


forme  e  convenzioni  artificiali  un  tal  numero  d'  audacis- 
sime negazioni,  d'idee  religiose  e  sociali  ostili  al  pre- 
sente —  che  susciti  nondimeno  si  poco  le  avverse  passioni. 
Egli  assale  cosi  lealmente,  con  tanta  imparzialità,  con 
tanta  evidenza  di  convincimento,  con  tale  una  assenza 
d'egoismo,  che  è  forza  ai  dissenzienti  d'ascoltare  con 
tranquilla  attenzione  da  lui  ciò  che  proferito  da  altri  con 
ira  o  disprezzo  promoverebbe  una  tempesta  di  sdegno. 
Carlyle  non  ha  indizio  di  collera;  ben  egli  è  capace  di 
disdegno,  ma  senza  amarezza,  e  quando  solca  rapido  ta- 
lune delle  sue  pagine,  tu  sei  certo  di  vederlo  cancellato 
in  un  subito  da  un  sorriso  di  dolore  e  pietà:  diresti 
sott  entrasse  r  iride  al  turbine.  Ei  condanna,  perché  vi  sono 
(  <>»<  che  né  terra  né  cielo  possono  giustificare,  ma  sempre 
a  guisa  di  citi  compie  mestamente  un  dovere.  Quando  ei 
dice  a  una  credenza  o  una  istituzione  :  tu  se'  irreparabil- 
mente corrotta:  svanisci!  ei  trova  sempre  qualche  cortese 


70  QBNK)    B   TENDBNZK    DI    TOMMASO    CAKl.Vi.K.  [1843] 

be  has  always  some  good  word  upon  what  it  has 
achieved  in  the  past,  upon  its  utility,  sometimes 
even  upon  its  inutility.  He  never  buries  witbout 
an  epitaph,  —  uValeat  quantum  valere  potest."  Take 
as  an  instance,  above  ali,  bis  'History  of  the  French 
Revolution'. 

We  place  in  the  second  rank  bis  tendencies  to- 
wards  the  ideal, — tbat  whicb  we  shall  cali,  for  waut 
of  a  better  word,  bis  spiritualisni.  Ile  is  the  must 
ardent  and  powerful  cornoìttant  of  our  day  in  tbat 
reaction,  wbich  is  slowly  working  against  the  strong 
niaterialism  tbat  for  a  century  and  a  half  has-main- 
tained  a  progressive  usurpation,  one  wbile  in  the 
writings  of  Locke,  Bolingbroke  or  Pope,  at  anotber 
in  tbose  of  Smith  and  Bentham,  and  bas  tended,  by 
the  doctrines  of  self-interest  and  material  well-beingy 
to  the  enthronement  of  selfishness  in  men's  hearts. 
Ali  the   movement    of   industriai   civilization,   whicb 


parola  che  ricordi  il  bene  di  ch'essa  fu  provvida  nel  pas- 
sato, o  ne  commemori  l'utilità,  talora  anche  l'inutilità. 
Ei  non  seppellisce  mai  senza  epitaffio:  valeat  quantum 
valere  potest.  E  citerò  volentieri  ad  esempio  la  sua  Storia 
della  Rivoluzione  di  Francia. 

Primeggiano,  dopo  la  sincerità  di  Carlyle,  le  sue  ten- 
denze verso  l'ideale,  alle  quali,  per  difetto  di  più  esatta 
parola,  darò  nome  di  spiritualismo.  Carlyle  è  il  pili  fer- 
vido e  potente  fra  quanti  oggi  combattono  con  probabilità 
di  successo  quel  materialismo  che  un  giorno  cogli  scritti 
di  Locke,  Bolingbroke  o  Pope,  un  altro  con  quelli  di 
Smith  e  Bentham,  invadeva  usurpatore  i  campi  dell'in- 
telletto e  tende  da  un  secolo  e  mezzo,  colle  dottrine  del- 
l'interesse  individuale  e  del  benessere  materiale,  a  signo- 
reggiare   coli' egoismo    l'anima    umana.    Tutto  quel    moto 


■1843]  GENIO    K    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  71 

bas  overflooded  intellectual  and  moral  civilization, 
lias  iiot  deafened  him.  Amidst  the  noise  of  inachi- 
nery,  wheels  and  steain-engines,  he  has  been  able 
fco  distinguisi!  the  stitìed  plaint  of  the  prìsoned  spi- 
rit,  the  sigh  of  raillions,  in  whose  hearts  the  voice 
of  G-od  whispers  at  times,  uBe  men  /"  and  the  voice 
of  society  too  often  cries,  4,In  the  name  of  Produc- 
tion, be  brutes!"  and  he  is  come,  with  a  amali 
bomber  of  chosen  spirita,  to  be  their  interpreter. 
He  declares  that  ali  the  bustle  of  matter  and  of 
industry  in  movement  does  not  weigh  against  the 
cairn,  gentle  and  divine  whisper  that  speaks  from 
the  depths  of  a  virtuous  soul,  even  when  fouud  in 
tfefc  lowest  grade  of  mere  machine-tenders  ;  that  the 
producer,  not  the  production,  should  forni  the  chief 
object  of  social  institutions  ;  that  the  human  soul, 
not    the    body,  should    be    the  starting-point   of  ali 


d'incivilimento  industriale  sovrapposto  al  progresso  intel- 
lettuale e  inorale,  non  valse  a  sviarlo.  Attraverso  il  fra- 
stuono di  macchine,  ruote  e  congegni  a  vapore  che  assorda 
e  confonde  l'udire  dei  fiacchi,  egli  non  ha  cessato  mai 
di  diseernere  il  lamento  soffocato  dello  spirito  prigioniero, 
il  sospiro  dei  milioni  nel  cui  core  la  voce  di  Dio  mor- 
mora: siate  uomini,  e  ai  quali  la  Società  grida  troppo 
sovente  :  hi  nome  della  Produzione,  aiate  animali  :  e  s'  è, 
con  altri  pochi  eletti,  costituito  interprete  di  quella  pro- 
tendi. Ei  dichiara  che  tutto  quel  romore  di  materia  e  d'in- 
dustria in  moto  non  vale  il  tranquillo,  gentile,  divino 
mormorio  d' un'anima  benedetta  di  virtù,  dove  anche  sorga 
dall'  ultime  sfere  dei  poveri  lavoratori  —  che  fine  alle 
ist  if  ii/ioni  sociali  dorrebbe  essere,  non  la  produzione,  ma 
il  produttore  —  che  dall'anima  amena,  <  non  dal  corpo, 
dovrebbero  prender  le  mosse  tutte  l'opere  nostre,  perché 


72  GBNIO   B    l'KNDKN/K    di   TOMMASO  caiu,ylk.         [1843] 

our  labours;  silice  the  body  without  the  soni  is 
bctt  a  carcase  ;  whilst  the  soni,  wherever  ir  is 
fouiid  free  and  holy,  is  sure  to  inould  for  itself 
such  a  body  as  its  wants  and  vocation  require.  In 
ali  his  writings,  in  -Sartor  Beaartua,'  in  his  <Lec- 
tures,'  in  his  'Essays'  especially,  (some  of  whicli 
appear  to  us  to  be  among  the  best  of  Mr.  Carlyle'a 
writings,)  the  standard  of  the  ideal  and  divine  La 
boldly  nnfnrled.  He  seeks  to  abolish  nothing,  but 
he  desires  this  trnth  to  be  acknowledged  and  prò* 
claimed,  that  it  is  the  inviatole  which  governa  the 
visible,  the  spiritual  life  which  informa  the  exterior: 
he  desires  that  the  universe  should  appear,  not  as— 
a  vast  workshop  of  material  production  (whether  its 
tendency  be  to  centre,  as  at  the  present  day,  in  the 
hands  of  a  few,  or  to  spread,  according  to  the  uto- 
pian  scliemes  of  Owen  or  Fourier,  among  the  whole 
community),  but  as  a  tempie,  in  which  man,  sanc- 
tified  by  suffering    and  toil,    studies   the   infinite  in 


il  corpo  senz'  anima  è  cadavere,  ma  l'anima  dovunque  è 
libera  e  santa,  è  certa  di  formarsi  un  corpo  che  corri- 
sponda alle  necessità  della  propria  missione.  Splende  ar- 
ditamente spiegato  su  tutti  i  suoi  scritti,  sul  Sartor  Be- 
sartus,  sui  Discorsi,  sui  Saggi  segnatamente,  che  a  me 
paiono  il  miglior  lavoro  dello  Scrittore,  lo  stendardo  del- 
l' ideale  divino.  Carlyle  non  mira  ad  abolire  l' attività 
materiale;  ei  solamente  afferma  che  il  mondo  visibile  è 
governato  dall'invisibile  e  che  la  vita  esterna  s'informa 
sulla  interna  :  ei  vorrebbe  che  l' universo  apparisse,  non 
in  sembianza  d'una  vasta  manifattura  di  produzione  —  sia 
concentrata  coni'  oggi  nelle  mani  di  pochi,  sia  diffusa,  come 
suggeriscono  le  utopie  d' Owen  e  di  Fourier,  per  tutta 
quanta  la  società  —  ma  come  Tempio  ove  V  uomo,   san- 


;  1843]  ftMNIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLK.  73 

the  finite,  and  walks  on  toward  bis  object  in  faith 
and  in  hope7  with  eyes  tnrned  constantly  toward 
heaven.  Toward  tliis  heaven  the  thought  of  the 
writer  soars  continnally  with  fervour,  sometimes  even 
with  a  kind  of  despair.  It  is  a  retiection  of  tliis 
heaven,  theimageof  thesun  in  the  dew  drop,  whieh  he 
seeks  in  terrestrial  objects.  He  penetrates  the  sym- 
bol, to  arrive  at  the  idea  :  he  seeks  God  through 
visible  forins,  the  soul  through  the  external  mani- 
festations  of  its  activity.  We  feel  that  wherever 
he  found  the  first  suppressed,  the  second  extingnish- 
ed,  nothing  wonld  be  left  for  him  bnt  idolatry, 
fals.'hood,  things  to  despise  or  to  destroy.  For  him, 
ìli  for  ali  who  have  loved,  suifered,  and  bave  not 
lost,  in  the  selfish  pursuit  of  material  gratifìcations, 
the  divine  sense  which  makes  us  meu — it  is  a  pro- 
found  truth  that  ''we  live,  we  walk,  and  we  are  in 
God."     Hence  bis  reverence  for  nature, — hence  the 


tilicato  dal  dolore  e  dalla  fatica,  studia  l'infinito  nel  fi- 
nito e  move,  nella  fede  e  nella  speranza  e  coli'  occhio 
rivolto  al  cielo,  verso  1'  intento  che  gli  è  prefisso.  E  a 
quel  cielo  tenta  sollevarsi,  con  fervore,  talvolta,  diresti, 
disperatamente  il  pensiero  dello  scrittore  ;  e  un  riflesso 
di  quel  cielo,  come  di  sole  in  goccia  di  rugiada,  ei  cerca 
negli  oggetti  terrestri.  Ei  penetra  il  simbolo  per  raggiun- 
ger l'idea;  va  in  traccia  di  Dio  attraverso  le  forme  visi- 
bili, d«  IT  anima  attraverso  le  manifestazioni  esterne  della 
sua  attività.  Dove  l'anima  e  Dio  gli  mancassero,  ei  non 
\.  (Irebbe  nel  mondo  che  idolatrie,  menzogne,  cose  meri- 
tevoli «li  disprezzo  o  di  distruzione.  Per  lui  come  pei 
«manti  amarono,  patirono,  e  non  rinegarono  nell'egoismo 
<1<  i  godimenti  materiali  il  senso  divino  eh'  è  battesimo 
all'uomo,  è  verità   profonda  che   noi    viviamo,  moviamo  e 


74  (JKNIO    K    TKNDKN/IO    DI    TOMMASO    CABLTLK.  1843] 

universality  of  bis  sympathies,  proinpt  to  seize  the 
poetical  side  in  ali  things. — hence,  above  ali,  bis 
iiotiou  of  human  lite  de  voteci  to  the  pursuit  of  duty, 
and  not  to  that  of  happiness, — "the  worship  of  sor 
row  and  renunciation,"  such  as  he  has  given  it  in 
his  chapter  "The  Everlasting  Yea"  of  Sartor  Besar- 
tus,  and  such  as  comes  out  in  ali  his  works.  There 
are,  no  doubt,  inany  who  will  term  this  a  traisi!)  : 
there  are  others  who  will  cali  it  utopian,  We  would 
however  remind  the  first  that  it  is  not  enough  to 
stammer  out  the  sacred  words  "sacrifico  and  duty.'? 
and  to  inscribe  the  name  of  Gocl  upon  the  porch  of 
the  tempie,  in  order  to  render  the  worship  real  and 
fruitful:  the  theory  of  individuai  well-being  rules 
incontestably  at  the  present  day,  we  will  not  say 
ali  onr  politicai  parties  (this  it  does  more  than  enough 
of  course),  bnt  ali  our  social  doctrines,  and  attaches 
us   ali    un-consciously    to    materialism.     We    would 


siamo  iu  Dio.  Quindi  il  suo  culto  della  natura,  l'univer- 
salità degli  affetti  pronti  ad  afferrare  il  lato  poetico  in 
tutte  le  cose,  il  concetto  della  vita  derivato  dall'idea,  non 
della  felicità,  ma  del  Dovere,  e  l'adorazione  del  dolore  e 
del  sagrificio  cotn'  ei  la  descrive  nel  capitolo  V  eterno  si  di 
Sartor  Besartus  e  la  serba  pili  o  meno  dominatrice  in  tutti 
i  suoi  scritti.  E  molti  la  diranno  verità  inutile  più  die 
mai  a  ripetersi,  altri  invece  utopia.  Ma  io  vorrei  ricor- 
dare ai  primi  come  non  basti  balbettare  le  sacre  parole 
sagrificio  e  dovere  e  scrivere  il  nome  di  Dio  sul  limitare 
del  tempio,  ma  importi,  se  l'adorazione  non  deve  rima- 
nersi oziosa  e  infeconda,  distruggere  in  sé  e  in  altri  la 
teoria  del  benessere  individuale  che  signoreggia  in  oggi, 
non  solamente  ogni  parte  'politica,  ma  ogni  nostra  dottrina 
e  ci. lega  inconsci  al  materialismo.  E  vorrei  ricordare  ai 


[1S43]  GKNIO    K    TKNDENZK    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  75 

likewise  remind  the  second,  that  although  \ve  bave 
pretended  for  the  last  tìfty  years  to  organize  every- 
thing  with  a  view  to  the  interests,  that  is  to  say 
the  nappi  ness,  of  society,  we  yet  see  before  us  a  so- 
ciety harassed  by  ills,  by  misery  and  couiplaints  in 
eighteen  twentieths  of  its  members.  Is  it  then  just 
to  treat  the  contrary  practice  as  utopiau  ì  In  look- 
in»  around  us,  we  affimi  that  the  spiritual  view 
wbich  Mr.  Carlyle  takes  of  human  life  is  the  only 
good,  the  only  essentially  religious  one,  and  one  of 
extreme  importance,  bere  especially,  where  the  very 
uien  who  battle  the  most  boldly  for  social  progress 
are  led  away  by  degrees  to  neglect  the  development 
of  what  is  highest,  holiest  and  most  imperishable  in 
man.  and  to  devote  themselves  to  the  pursuit  of  what 
they  cali  the  useful.  There  is  nothing  useful  l>nt 
the  good,  and  that  which  it  produces;  it  is  a  conse- 
quence  to  be  foreseen,  not  a  principle  to  be  invoked. 
rFlie  theory  which  gives  to  life,  as  its  basis,  a  righi 


secondi  die  quantunque  sia  nostra  pretesa  d'avere,  negli 
ultimi  cinquanta  anni,  ordinato  ogni  cosa  al  consegui- 
mento della  felicità  sociale,  abbiamo  pur  nondimeno  da- 
vanti una  società  tormentata  di  mali,  di  miseria  e  querele 
nei  diciotto  ventesimi  de'  suoi  membri.  Perché  dunque 
battezzeremmo  noi  avventatamente  utopia  il  metodo  con- 
trario  a  quello  che  è  chiarito  impotente  dai  fatti?  Guar- 
dandomi intorno,  io  mi  sento  trascinato  ad  affermare  che 
lo  spiritualismo  applicato  da  Carlyle  alla  vita  umana  è 
lunico  concetto  religioso  davvero  e  d'importanza  suprema 
dovi  il  culto  dell'  utile  minaccia  di  condannare  all'obblio 
•  io  .he  vive  in  noi  d'immortale  e  di  santo.  Untile  non 
è  se  non  riHiiltato  del  bene',  conseguenza  da  antivedersi, 
non    mai    principio.  La    teorica    che    pone    a  fondamento 


76  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAHI.VI.K.  [1843] 

to  well-being,  which  places  the  object  of  life  in  the 
search  after  happiness,  can  only  lead  vulgar  minda 
to  egoisni,  noble  and  powerful  minda  to  deception, 
to  doubt  and  to  despair.  It  may  indeed  destro?  a 
given  evil,  but  can  never  establish  the  good;  it  may 
dissolve,  but  cannot  re- unite.  Whatever  names  it 
assume,  in  whatever  Utopia  it  may  cradle  itself,  it 
will  invariably  terminate  in  organizing  war, —  war 
between  the  governors  and  governed  in  politica,  àia- 
guised  under  the  name  of  a  system  of  guarautees, 
of  balance,  or  of  parliamentary  majorities, — war  be- 
tween individuals  in  econoniy  under  the  name  of 
free  competition  {free  competition  between  those  who 
ha  ve  nothing  and  who  work  for  their  liveìihood,  and 
those  who  nave  much  and  seek  a  supernuity), — war. 
or  moral  anarchy,  by  effacing  ali  social  faith  before 
the    absolute   independence    of   individuai    opinion. 


della  vita  il  diritto  al  benessere,  e  a  fine  dell'opera  no- 
stra la  felicità,  condanna  inevitabilmente  l'anime  volgari 
all'egoismo,  le  nobili  e  potenti  alla  delusione,  al  dubbio, 
allo  sconforto,  senza  speranza.  Capace  talora  di  distrug- 
gere un  male  determinato,  essa  non  può  fondare  il  bene 
durevole:  può  dissolvere,  non  unire.  Qualunque  nome  essa 
assuma,  a  qualunqne  utopia  s'affratelli,  dottrina  si  fatta 
non  varcherà  mai  i  confini  d'  una  guerra  ordinata  —  guerra 
tra  governati  e  governanti  in  politica,  mascherato  del 
nome  di  guarantigie,  d'equilibrio  o  di  maggiorità  parla- 
mentari —  guerra  tra  gli  individui  nella  sfera  economica 
sotto  nome  di  libera  concorrenza,  libera  tra  quei  che  nulla 
possedono  e  lavorano  per  le  necessità  della  vita  e  quei 
che,  ricchi,  speculano  pel  superfluo  —  guerra  o  anarchia 
morale  col  sagritìcio  d'ogni  fede  sociale  all'indipendenza 
assoluta  dell'opinione  individuale.  E  si  fatta  a  un  dipresso 


[1843]  GENIO    K    TEXDEXZE    DI    TOMMASO    CAHLYLE.  77 

This  is  nearly  the  presene,  state  of  things  in  the 
world, — a  state  from  which  we  must  at  any  cost 
escape.  We  must  come  to  the  conviction,  in  this 
as  in  ali  other  eases,  that  there  exist  no  vigli  ts  but 
those  which  result  from  the  fulfilment  of  duty;  that 
our  concernment  liere  below  is  not  to  be  happy,  but 
to  become  better;  that  there  is  no  other  object  in 
human  lite  than  to  discover,  by  collective  etfort,  and 
to  cxecute,  every  one  for  himself,  the  law  of  G-ody 
without  regarding  individuai  results.  Mr.  Carlyle  is 
an  cloqiient  advocate  of  this  doctrine,  and  it  is  tliis 
which  crcates  his  power;  for  there  are,  thank  God, 
enow  good  instincts  at  the  bottom  of  our  hearts  to 
make  us  render  homage  to  the  truth,  although  fail- 
ing  in  its  practice,  when  it  fìnds  among  us  a  pare- 
li) inded  and  sincere  interprete!*. 

We  place  in  the  third  rank  our  author's  cosmo- 
poli tan  tendencies, — humanitarian    we  would   say,  if 


è  la  condizione  di  cose  nella  quale  versiamo  e  alla  quale 
è  necessario  sottrarsi.  Non  esistono  diritti  se  non  dove 
esistono  doveri  compiti.  Intento  nostro  quaggiù  non  è  la 
ricerca  della  felicità,  ma  il  nostro  miglioramento  morale. 
Noi  dobbiamo  consecrare  la  vita  a  scoprire  coli'  opera 
collettiva  la  legge  di  Dio  e  ad  eseguirla,  come  a  ciascuno 
è  dato,  lòtta  riguardo  alle  conseguenze  che  ne  scendano 
air  individuo.  Carlyle  è  promotore  eloquente  di  questa 
dottrina,  e  in  essa  è  il  segreto  della  sua  potenza.  I  buoni 
Istinti  del  nostro  core  ci  costringono  a  piegar  la  testa 
davanti  al  Vero,  s' anche  lo  tradiscono  le  nostre  azioni, 
ovuiiqii»  incontriamo  chi  lo  interpreta  con  pura  e  sincera 
•  nza. 
A  qoests  doti  s'aggiungono  le  tendenze  cosmopolitiche 
dello  Scrittore,  e  direi  umanitarie,  dacché  la  parola  Sossio- 


IX  QBFIO    R   TRMDBNZK    IH   TOMMASO    CAltf.YLR.  [1843] 

the  word  were  in  use;  for  cosmopoli tis m  has  at  Mie 
present  day  come  to  indicate  rabher  the  indifterence 
than  the  universality  of  sympathies.  He  well  knows 
that  there  is  a  lioly  land,  in  which,  under  whatever 
latitude  tliey  may  be  born,  meu  are  brethren.  He 
seeks  among  liis  equals  in  intelligence,  not  the  En- 
glishinan,  the  Italian,  the  German,  but  man  :  he  ado- 
res,  not  the  god  of  one  serct,  of  one  period,  or  of 
one  people,  but  God  :  and,  as  the  reflex  of  God  upon 
earth,  the  beautiful,  the  noble,  the  great,  wherever 
he  finds  it  :  knowing  well,  that  whencesoever  ir 
beams,  it  is,  or  will  be,  sooner  or  later  for  ali.  His 
points  of  view  are  always  elevated  ;  his  horizon 
always  extends  beyond  the  limits  of  country;  his 
criticism  is  never  stainped  with  that  spirit  of  nationa- 
lism  (we  will  not  say  of  nationality,  a  thing  sa- 
cred  with  us  ali),  which  is  only  too  much  at  work 
amongst  us,  and  which  retards  the  progress  of  our 


politismo  indica  in  oggi  l' indifferenza  anziché  l'universa- 
lità degli  affetti,  se  non  che  il  vocabolo  non  è  finora  po- 
polare abbastanza.  Ei  sa  che  esiste  una  Terra  Santa,  nella 
quale,  a  qualunque  latitudine  appartengano,  gli  uomini 
sono  fratelli.  Ei  cerca,  tra  gli  eguali  a  lui  nelle  facoltà 
della  mente,  non  l'Inglese,  l'Italiano  o  il  Tedesco,  ma 
Vuomo:  egli  adora,  non  il  Dio  d'una  setta,  d'un  popolo 
o  d'un  periodo  di  tempo,  ma  Dio,  e  come  riflesso  di  Dio 
sulla  terra,  quanto  è  nobile,  bello,  grande,  dovunque  ei 
lo  trovi,  e  come  chi  intende  che  da  qualunque  punto 
splenda,  splenderà  presto  o  tardi  su  tutti.  Le  sue  contem- 
plazioni sono  sempre  dall'alto:  il  suo  orizzonte  si  stende 
invariabilmente  oltre  i  limiti  della  propria  contrada:  la 
sua  critica  non  ha  mai  l'impronta  di  quel  nazionalismo 
—  nazionalismo  io  dico  e  non  nazionalità  eh' è  idea  sacra 


{1843]  GK-NIO    E    TBNDKNZE    DI    TOMMASO    CARLYLK.  79 

intellectual  life  by  isolatine  it  from  the  uni  versai 
life,  derived  from  the  millions  of  our  brethren  abroad. 
He  has  attached  himself  earnestly  to  the  widest  1  ite- 
ratine endued  with  this  assimilating  power,  and  has 
revealed  it  to  us.  His  Essays  on  Schiller,  on  Goethe, 
011  Jean  Pani,  on  Werner,  his  excellent  translations 
from  the  Gerraan,  will  remain  a  testiinony  of  the 
naturali zation  which  he  has  given  to  German  lite- 
rature  amongst  us  ;  as  the  beautiful  pages  in  his 
Lectnres  on  Dante,  and  some  of  those  which  he  has 
devoted  to  French  writers,  testi fy  the  universality 
of  that  tendeucy  which  we  distinguigli  here  as  form- 
ine the  third   characteristic  of  his  mind. 

To  descend  to  quali ties  purely  literary,  Mr.  Car- 
lyle  is  moreover  a  powerful  artist.  Silice  the  appear- 
ànoe   of  his   work  on  the  French  Revolution,  no  one 


per  tutti  noi  —  troppo  influente  tuttora  e  che  inceppa 
il  progresso  della  nostra  vita  intellettuale,  isolandola  dalla 
vira  universale  fremente  nei  milioni  dei  nostri  fratelli 
posti  al  di  là  delle  nostre  frontiere.  Egli  ha  studiato  con 
amore  quante  manifestazioni  letterarie  rivelano  quella  ten- 
denza assimilatrice  e  ci  comunica  il  frutto  de'  lunghi  suoi 
studi.  I  suoi  Saggi  su  Schiller,  su  Goethe,  su  Jean  Paul, 
su  Werner,  e  le  sue  traduzioni  dal  Tedesco  rimarranno 
testimonianza  d'.un  progresso  compito  per  opera  sua  nella 
conoscenza  della  Letteratura  Germanica,  come  le  belle 
pagine  contenute  ne'  suoi  Discorsi  su  Dante  e  alcune  di 
quelle  circi  consacrò  agli  scrittori  Francesi  attestano  V  um- 
ilila di  quella  tendenza  alla  quale  io  qui  accenno 
coni»    a  terza  caratteristica  della   sua   mente. 

Carlyle  è  inoltre,  scendendo  a  qualità  puramente   let- 
ic,    un    potente   artefice.    Nessuno   può,  da   quando   ap- 
pi '\  «•   il   suo   libro  sulla    Rivoluzione  Francese,  contender- 


80  GENIO    B     IKNDKN'ZK    DI    TOMMASO    CAltLYI.K.  [1843] 

«aii  n  11  s  longer  dispute  liis  claim  fco  Uiis  title.  The 
brilliant  facnlties  which  were  revealed  in  flashes  in 
his  previous  writings  burst  out  in  tliis  work,  and 
une  must  bave  a  very  limited  view  of  the  actaal 
duties  of  Mio  historian  to  be  able  to  jndge  it  coldly 
and  to  remark  ita  defects.  He  carries  liis  reader 
along,  he  fascinate»  him.  Powerful  in  imagination, 
which  is  apt  to  discover  the  syrapathetic  side  <>f 
things  and  to  seize  its  salient  point, — expressing 
himself  in  an  originai  style,  which,  though  it  often 
appears  whinisical,  is  yefc  the  trae  expression  of  the 
man,  and  perfectly  eonveys  his  though  t, —  Mr.  Gar 
lyle  rarely  fails  of  his  effect.  Gifted  with  that  ob 
jectivity,  of  which  Goethe  has  in  recent  times  given 
us  the  liighest  model,  he  so  ideutifies  himself  with 
the  things,  events  or  men  which  he  exhibits,  that 
in  his    portraits  and    His    descriptions  he    attains   a 


gli  questa  palma.  Le  facoltà  brillanti  che  splendevano  a 
lampi  ne'  suoi  scritti  anteriori,  si  versano  ad  onda  con- 
tinua e  dominatrici  in  quell'opera.  E  a  poter  giudicarne 
con  freddezza  d'esame  e  scoprirne  i  difetti  è  necessaria 
una  fede  non  comune  nei  gravi  doveri  di  chi  s'assume 
missione  di  Storico.  Carlyle  trascina  con  sé  affascinato  il 
lettore.  Una  fantasia  potente  davvero  e  pronta  a  scoprire 
1'  aspetto  simpatico  delle  cose  e  afferrarne  il  punto  sa- 
liente —  una  facoltà  d'espressione  originale,  talora  strana, 
ma  sempre  immagine  fedele  dell'uomo  e  del  suo  con- 
cetto —  conquistano  quasi  invariabilmente,  non  foss' altro 
per  un  tempo,  l'altrui  suffragio.  Ricco  di  quella  obbiet- 
tività, della  quale  abbiamo,  nei  tempi  più  prossimi  a  noir 
la  più  alta  formola  in  Goethe,  Carlyle  s'immedesima  sif- 
fattamente colle  cose,  cogli  eventi  e  cogli  uomini  eh'  ei 
vuole  descriverci,  che  n'escono,  per  nettezza  di  contorni. 


1843]  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  81 

rare  lucidness  of  outline,  force  of  colouring  and  gra- 
phic  precisioni  they  are  not  hnitations,  but  repro- 
ductions.  And  yet  be  never  loses  in  the  detail,  the 
ckaracteristic,  the  nnity  of  the  object;  being  or  idea 
which  he  wishes  to  exhibit.  He  works  in  the  man- 
ner  of  a  master,  indicating  by  certain  featnres,  finn, 
deep  and  decisive,  the  general  physiognoiny  of  the 
objectj  concentrating  the  effort  of  his  labour  and 
the  ricliness  of  his  light  npon  the  centrai  point,  or 
that  which  he  deems  sueh,  and  placing  this  so  well 
in  relief  that  we  cannot  forget  it.  Humour,  or  the 
foculty  of  setting  off  small  things,  after  the  manner 
of  Jean  Pani,  abounds  in  his  writings.  Beside  the 
principal  idea,  secondary  ideas  meet  ns  at  every 
strp,  often  new  and  important  in  theinselves,  parti- 
cles  of  gold  scattered  npon  the  shore  by  the  broad 
wave  of  the  writer's  thonght.  His  epithets,  although 
nnmerous,    are    seldom  without  force:    they  inark  a 


per  vigore  di  colorito  e  precisione  grafica,  riproduzioni 
anziché  imitazioni.  E  nondimeno,  il  senso  dell'unità  del- 
l'oggetto e  l'abitudine  ingenita  in  lui  di  coglierne  il  ca- 
rattere principale  non  gli  tolgono  d'esser  maestro  nei 
particolari.  Mentre,  come  tutti  i  grandi  artefici,  egli  in- 
dica con  pochi  tratti  fermi,  profondi,  la  generale  fisono- 
in ia  dell'oggetto  e  concentra  lavoro  e  luce  sul  punto  ch'ei 
erede  centrale  facendo  ch'esso  risalti  a  rilievo,  ei  versa 
a  dovizia  ne'  suoi  scritti  gli  indizi  di  quella  facoltà  chia- 
mata in  Inghilterra  e  in  Germania  umoristica,  che  illu- 
mina, ove  occorra,  anche  le  minute  particolarità  delle 
cose.  Oltre  l'idea  principale,  idee  secondarie  ci  balzano 
incontro  a  ogni  passo,  nuove  spesso  e  importanti  in  sé, 
quasi  atomi  d'oro,  sparsi  sul  lido  della  vasta  onda  del 
pensiero  dello  scrittore.  I  suoi  epiteti,  benché  numerosi,. 

MUssi  '-it.,  voi.  x.xix  (Lettorattm,  voi.  v>.  8 


82  GENIO    K    TKNDKNZI    DI     TOMMASO    caiu.yi.k.  lsìll 

progression  in  the  development  of  the  idea  or  the 
qualities  of  the  object.  His  diction  may  have  faults; 
of  these  we  shall  not  treat  bere,  but  we  may  re- 
mark  that  the  charge  of  obscurity  so  common ly 
brought  against  ali  thinkers  endowed  with  origina 
lity,  is,  generally  speaking,  only  a  declaration  of  in- 
competenee  to  comprehend  or  to  judge  of  their  ideas. 
Moreover  his  style  is,  as  we  have  said,  the  sponta- 
neous  expression  of  the  genius  of  Mr.  Carlyle,  the 
aptest  form  to  symbolize  his  thought,  the  body  sii  a 
ped  by  the  soni.  We  wonld  not  that  it  were  other 
wise  ;  what  we  require  in  ali  things  is,  man  as  he 
was  vieant  to  he. 

Thns  frank,  honest  and  powerful,  "  oline  Hast, 
aber  oline  Rast,  "  Mr.  Carlyle  pursues  his  career  : 
may  he  long  continue  it,  and  reap  the  honours  that 
he  inerits, — not  for  himself  so  much,  as  for  the  gra- 


noni mancano  quasi  mai  di  forza,  e  segnano  una  progres- 
sione nello  sviluppo  dell'idea  o  della  qualità  dell'oggetto. 
Lo  stile  non  è  senza  perché,  e  nondimeno  giova  osservare 
come  l'accusa  d'oscurità  avventata  sovente  contro  gli 
scrittori  dotati  di  vera  originalità  mova  generalmente  da 
incompetenza  a  intenderne  o  giudicarne  ìe  idee.  Lo  stile 
di  Carlyle  è  a  ogni  modo  l'espressione  spontanea  del  di 
lui  genio,  la  forma  pili  opportuna  a  simboleggiarne  i  con- 
cetti, il  corpo  voluto  dall'anima.  Né  io  bramerei  che  fosse 
altrimenti.  Nel  campo  delle  lettere,  l'uomo  quale  vera- 
mente è  rappresentato  nella  propria  unità,  non  riesce  inu- 
tile mai. 

Cosi,  schietto,  onesto,  potente  —  oline  Hast,  aber  oline 
East  —  Carlyle  procede  sulla  propria  via.  Possa  egli  co- 
gliervi lungamente  gli  allori  ch'ei  merita,  non  tanto  per 
lui  quanto  per  conforto  dei  molti  che  lo   stimano  e  vor- 


[184H]  GKNIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLK.  83 

tification  of  those  who  esteem  bini,  of  ali  those  who 
would  see  the  relation  between  intelligence  and  the 
public  drawn  more  and  more  close;  and  inay  he 
thus,  in  his  pilgrimage  bere,  attain  the  consciousness 
that  the  seed  which  he  has  scattered  has  not  been 
given  to  the  wind. 

We  have  stated  sufficiently  at  large  what  is  ab- 
solutely  good  in  the  writer  we  bave  undertaken  to 
estimare,  that  we  migli t  the  more  freely  fulfil  a  se- 
cond  duty,  that  of  declaring  what  appears  to  us  to 
render  this  noble  talent  incomplete,  and  to  vitiate 
his  work  by  keeping  it  behind  what  the  times  re- 
quire  elsewhere,  and  will  soon  require  here.  It  is  a 
very  important  question  (too  important  for  the  few 
pages  we  can  here  devote  to  it)  that  we  must  now 
glance  at:  upon  it  depends  the  question  of  the  duty 
imposed  at  the  present  time  on  the  whole  world.  It 
appears  to  us  that  Mi*.  Carlyle's  tendency,  hitherto 
appreciated    from    only    one    point    of   view, — tory, 


n  libero  vedere  più  sempre  affratellati  scrittori  e  lettori. 
E  possa  egli,  nel  suo  pellegrinaggio  terrestre,  ottener  la 
certezza  che  i  germi  da  Ini  cacciati  non  furono  trabal- 
zati  dal  vento  in  terreno  sterile. 

Ed  ora  ch'io  ho  notato  quanto  mi  par  buono  nello 
scrittore,  posso  liberamente  compire  un  secondo  dovere 
accennando  alle  imperfezioni  della  di  lui  mente  e  al  vizio 
<li<  .  a  mio  avviso,  lo  indugia  al  di  qua  della  meta  indi- 
enti! dai  tempi.  Quella  meta  costituisce  un  dovere  per 
tutti  coi.  Ed  è  o  dovrcbb' essere  norma  suprema  all'Arte, 
all'artefice  <  ai  critici.  I  giudizi  a  me  noti  intorno  a  Car- 
ivi»- mossero  dal  (tassato  o  dal  presente:  whig,  tory,  set- 
tario :   giusto  o  errato,    il   mio,   non   foss'  altro,  guarderà 


84  GENIO    K   TRKDBNZK    DI    TOMMASO    <\\  K  i.Y  1.1: .  jl^JS, 

whig,  or  sectarian, — well  deserves  bhat  we  should 
seek  to  appicciate  it  from  the  point  of  view  ofthe 
futuro,  from  which  ali  the  preseli t  traiisitioiiary  par- 
ties  are  exeluded-. 

There  is  but  one  defect  in  Mr.  Oarlyle,  in  mir 
opinion,  but  that  one  is  vital:  it  influences  ali  he 
does,  it  determines  ali  his  views:  for  logie  and  sy- 
stem mie  the  intellect  even  when  the  latter  pre- 
benda to  rise  the  most  against  them.  We  refer  ro 
his  view  of  the  eollective  intelligence  of  our  times. 

That  which  mles  the  period,  which  is  now  coni- 
mencing,  in  ali  its  manifestations, — that  which  nia- 
kes  every  one  in  the  present  day  complain,  and 
seek  good  as  well  as  bad  remedies, — that  which  e- 
verywhere  tends  to  substitute,  in  politics,  demo- 
cracy  for  governments  fonnded  upou  privilege, — in 
social  economy,  association  for  unlimited  competition, 
— in  religion,    the  spiri t    of  universa!   tradition  for 


esclusivamente  al  futuro,  conteso  a  tutte  le  scuole  di  tran- 
sizione. 

Il  vizio  del  quale  io  parlo  è  uno  solo  ;  ina  è  vitale, 
esercita  influenza  su  quanto  ei  scrive  e  determina  ogni 
suo  concetto.  La  logica  regola  inesorabilmente  gl'intelletti, 
quand'anche  s'illudano  a  ribellarsene. 

Quel  vizio  sta  nel  modo  col  quale  ei  considera  l'in- 
telletto collettivo  dei  nostri  tempi. 

La  forza  che  governa,  in  tutte  le  sue  manifestazioni, 
il  periodo  in  cui  viviamo  —  che  sprona  ogni  uomo  a 
lagnarsi  delle  condizioni  dell'  oggi  e  a  ideare  rimedi  — 
che  tende  a  sostituire,  in  politica,  la  democrazia  ai  go- 
verni fondati  sul  privilegio  ;  in  economia  sociale,  l' asso- 
ciazione alla  concorrenza  illimitata;  in  religione,  lo  spirito 
della  tradizione  universale  alla  solitaria  ispirazione  della 


[1843  GHCNIO    8    TKXDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  85 

tlie  solitary  inspiration  of  the  conscience, — is  the 
work  of  an  idea,  which  not  only  distances  the  object. 
but  misplaces  the  starting-point  of  human  activity; 
it  is  the  collective  thought  seeking  to  supplant,  as 
the  point  of  view  in  the  social  organismi,  the  indi- 
viduai thought;  the  spiri t  of  hum ani ty  visibly  sur- 
passing  (for  it  has  been  always  silently  and  unper- 
ceived  at  work)  the  spirit  of  man.  In  the  past,  we 
studied  one  by  one  the  small  leaves  of  the  calix,  the 
petals  of  the  corolla;  at  the  present  day  our  atten- 
tion  is  turned  to  the  full  expansion  of  the  flower. 
Twothousand  years,  from  tlie  earliest  times  of  Greece 
down  to  the  la  test  times  of  Pagan  Rome,  worked 
out  Individuality  under  one  of  its  phases,*  eighteen 
centuries  ha  ve  enlightened  and  developed  it  under 
the  other.  At  the  present  day  otlier  horizons  reveal 
themselves, — we  leave  the  individuai  for  the  species. 
The  instrument  is  organized:  we  seek  for  it  a   law 


coscienza  individuale  —  è  la  forza  d'una  idea  che  muta 
punto  <li  mossa  e  intento  all'attività  umana:  è  il  pen- 
siero collettivo  che  cerca  sottentrare,  nelle  cose  d' ordina- 
mento sociale,  al  pensiero  dell'individuo:  è  lo  spirito  del- 
l' Umanità  operante  visibilmente  —  dacché  fa  nel  passato 
lavoro  continue,  ma  tacito  e  inavvertito  —  per  sostituirsi 
a  qnóllo  dell' «omo.  Noi  studiammo  nel  passato  una  ad  una 
le  fogliuzzc  «lei  calice,  uno  ad  uno  i  petali  della  corolla; 
oggi  studiamo  l'unità  di  vita  e  d'espansione  del  fiore. 
Duemila  anni,  dai  primi  tempi  della  Grecia  fino  agli  ul- 
timi «Iella  Roma  Pagana,  svolsero  P  individualità  in  uno 
de'  due  suoi  aspetti  :  dieiotto  secoli  di  Cristianesimo  illu- 
minarono l'altro:  oggi,  il  nostro  sguardo  abbraccia  un  più 
lontano  orizzonte  —  noi  passiamo  dalla  contemplazione 
dell"  individuo   a    quella    della    speeie.    Lo    stroineuto   è   or- 


86  GKNIO    K    TENDKNZK    DI     TOMMASO    CARLYLK.  L848] 

of  aetivity  and  an  outward  object.  From  the  point 
of  view  of  the  individuai  we  have  gained  the  idea 
of  right;  we  have  vvorked  out  (were  it  only  in 
thought)  liberty  and  equality — the  two  great  gua- 
rantees  of  ali  personality:  we  proeeed  further — we 
staminer  out  the  word  Duty,  that  is  to  say,  some- 
thing  which  cari  only  be  derived  from  the  general 
law,  association — that  is  to  say,  sornething  which  re- 
quires  a  common  object,  a  common  belief.  The  pro- 
longed  plaint  of  millions  crushed  beneath  the  wheels 
of  competition  has  warned  us  that  freedom  of  labour 
does  not  suffice  to  render  industry  what  it  ought 
to  be,  the  source  of  material  life  to  the  state  in  ali 
its  members:  the  intellectual  anarchy  to  which  we 
are  a  prey,  has  shown  us  that  liberty  of  conscience 
does  not  suffice  to  render  religion  the  source  of 
moral  life  to  the  state  in  ali  its  members.  We  have 


dinato;  e  noi  gli  cerchiamo  una  legge  d'attività  e  un  fine 
estrinseco  da  raggiungersi.  La  contemplazione  dell'  indi- 
viduo ci  diede  l'idea  del  diritto:  conquistammo  —  intel- 
lettualmente talora,  talora  praticamente  —  le  due  grandi 
condizioni  della  vita  dell'  io.  la  libertà  e  1'  eguaglianza  -r 
oggi  moviamo  innanzi:  le  nostre  labbra  balbettano  la  pa- 
rola Dovere,  cioè  tal  cosa  che  non  può  derivarsi  se  non 
dalla  legge  generale  e  guida  all'  associazione,  alla  deter- 
minazione d'un  fine  comune,  di  una  fede  comune.  Il  lungo 
grido  di  dolore  dei  milioni  schiacciati  sotto  le  ruote  della 
concorrenza  ci  ha  rivelato  che  la  sola  libertà  del  lavoro 
non  basta  a  far  dell'industria  una  sorgente  di  vita  ma- 
teriale allo  Stato  in  tutti  i  suoi  membri;  e  dall'  anarchia 
intellettuale  alla  quale  siam  preda  impariamo  che  la  sola 
libertà  di  coscienza  non  basta  a  fare  della  religione  una 
sorgente  di  vita    morale    allo    Stato   in  ciascuno  de'  suoi 


1*431  GENIO   E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  87 

began  to  suspeet,  not  only  that  there  is  upon  the 
earth  something  greater,  more  holy,  more  divine 
tlian  the  individuai, — collective  Humanity, — an  ex- 
istence  always  living,  learning,  advancing  toward 
G-od,  of  which  we  are  but  the  instruments, — but 
that  if  is  alone  from  the  summit  of  this  collective 
idea,  from  the  concepbion  of  the  Universal  Mind, 
••  of  which,  v  as  Emerson  says,  u  each  individuai 
man  is  one  more  incarnatiou,  ;;  that  we  can  derive 
our  fnnctiou,  the  mie  of  our  life,  the  ideal  of  our 
societies.  We  labour  at  this  at  the  present  day.  It 
signifies  little  that  our  first  essays  are  strange  ab- 
errations:  it  signifìes  little,  that  falliug  upon  their 
weak  side,  the  doctrines  of  St.  Simon,  of  Owen, 
of  Fourier  and  others,  who  have  arisen  or  shall 
arise,  may  be  condemned  to  ridicule.  That  which 
is  important  is  the  idea  common  to  ali  these 
doctrines,    and    the  breath    of   which    has    rendered 


cittadini.  Noi  cominciamo  a  intravvedere,  non  solamente 
l'esistenza  sulla  terra  di  tal  cosa  eh' è  pili  grande,  più 
tanta  e  divina  dell'  individuo,  dell'Umanità  collettiva  che 
vive,  impara,  innoltra,  continua  verso  l'ideale  e  della  quale 
noi  siamo  stromenti,  ma  la  necessità  di  rintracciare  in 
quell'ente  collettivo,  nel  concetto  della  Mente  Universale, 
della  quale,  come  Emerson  dice,  ogni  individuo  ò  una 
incarnazione  novella,  «piai  sia  la  nostra  missione,  la  norma 
della  nostra  vita,  P  intento  prefìsso  alle  nostre  società.  È 
questo  il  nostro  lavoro.  Poco  importa  che  i  nostri  primi 
untativi  non  siano  se  non  traviamenti  ;  poco  importa  che 
Lrli  errori  contenuti  nelle  dottrine  di  Saint-Simon,  d'Owen, 
•  li  Fourier  o  in  altre  si  fatte,  meritino  ridicolo  o  severo 
Itiasinio:  importa  l'idea  comune  a  tutte  quelle  dottrine, 
l'intento  ch'esse  tutte  si  proponevano  e  bastò  perché,  an- 


88  GENIO    E    TKNDENZB    DI    TOMMASO    CABLYLK.  [1843 

them  fruititi!  ;  it  is  the  object  wh ioli  they  ali  instili- 
ctively  propose,  the  starting-point  they  take.  Balf 
a  century  ago,  ali  the  boldest  and  most  innovatine 
theories  sought  in  the  organization  of  societies  gua- 
rà nters  for  free  individuai  action;  society  was  i'un- 
damentally  only  the  power  of  ali  directed  to  the 
support  of  the  rights  of  each:  at  the  present  day. 
the  niost  timid  reformers  start  with  a  social  princi- 
pe to  detìne  the  part  of  the  individuai, — with  the 
admission  of  a  law,  to  seek  what  may  be  its  best 
interpreter  and  its  best  application.  What,  in  the 
politicai  world,  are  ali  these  tendencies  to  centra- 
lization,  to  uni  versai  suora  gè,  to  the  annihilation 
of  castes?  Whence  arise,  in  the  religious  world,  ali 
these  discontents,  ali  these  revisiona  toward  the 
j)ast,  ali  these  aspirations  toward  a  future,  confused, 
uncertain,  but  wide,  tolerant  and  reconciliatory  of 
creeds  at  present   opposed?    Why   is  history,  which 


che  traviando,  giovassero.  Mezzo  secolo  addietro,  le  teo- 
riche de'  novatori  più  audaci  cercavano  nell' ordinamento 
delle  società  aiuti  o  difesa  alla  libera  attività  individuale: 
lo  Stato  non  era  per  essi  che  la  forza  di  tutti  in  appog- 
gio del  diritto  di  ciascuno;  oggi  i  riformatori  più  cauti 
s'adoprano  a  definire  dall'alto  d'un  principio  sociale  la 
parte  d'ogni  individuo  e  ammettono  l'esistenza  d'una  legge 
generale  suprema  alla  quale  cercano  il  migliore  interprete 
e  la  migliore  applicazione  possibile.  Donde  derivano,  nel 
mondo  politico,  le  tendenze  universalmente  diffuse  al  con- 
centramento, alla  conquista  del  voto  per  tutti,  all'an- 
nientamento d'ogni  privilegio  di  casta?  D'onde,  nel  mondo 
religioso,  i  molti  sintomi  di  sconforto,  i  subiti  ritorni  al 
passato,  le  frequenti  aspirazioni  a  un  futuro  confuso,  in- 
certo,  ma  vasto,  tollerante  e  tendente  a  riconciliare  ere- 


[1843]  GENIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLE.  89 

in  old  times  was  satisfìed  with  relating  the  deeds 
of  princes  or  of  ruling  bodies  of  men,  directed  at 
the  present  day  so  iiiuch  to  the  masses,  and  why 
does  it  feel  the  want  of  descendiiig  from  the  sum- 
mits  of  society  to  its  base  ?  And  what  means  that 
word  Progress,  which,  understood  in  athousand  ways, 
is  yet  found  on  every  lip,  and  becomes  more  from 
day  to  day  the  watchword  of  ali  labours  ì  We  thirst 
for  nnity  :  we  seek  it  in  a  new  and  larger  expression 
of  the  mutnal  responsibility  of  ali  men  towards  each 
other, — the  indissoluble  copartnery  of  ali  generations 
and  ali  individuals  in  the  human  race.  We  begin 
to  comprehend  those  beautiful  words  of  St.  Paul 
(Romana,  xii.  5),  "  We  being  many,  are  one  body  v 
in  Christ,  and  every  one  members  one  of  another. 
We  resolve  the  incertitude  and  caprices  of  indivi- 
duals into  a  uni  versali  ty  :  we   seek  the   intelligence 


denze  oggi  avverse?  Perché  vediamo  la  Storia,  paga  un 
tempo  a  registrare  fatti  di  principi  o  di  governi,  aifac- 
eendarsi  oggi  intorno  alle  moltitudini  e  insistere  a  scen- 
dere dalla  sommità  alla  base  della  vita  sociale?  E  quale 
è  il  senso  di  quella  parola  Progresso,  che  —  comunque 
intesa  in  cento  diversi  modi  —  suona  pure  su  tutte  le 
labbra  e  diventa  più  sempre  quasi  parola  d'  ordine  di  tutti 
lavori?  Noi  abbiamo  sete  d'Unità;  e  la  cerchiamo  in  una 
nuova  e  più  vasta  espressione  del  vincolo  che  annoda  l' un 
uomo  all'altro,  della  indissolubile  associazione  di  tutte  \v 
<m  ri.  razioni  e  di  tutti  gli  individui  nella  razza  umana. 
Noi  cominciamo  oggi  a  intendere  le  belle  parole  di  San 
Paolo  ai  Romani  :  (XII,  5)  Molti  come  siamo,  noi  formiamo 
un  sol  corpo  in  Cristo  e  ciascuno  è  quasi  membro  dell1 altro  ; 
<•  ci  studiamo  di  rintracciare  l'armonia  delle  opere  indi- 
viduali nell'intelletto  della  moltitudine  collettiva.  È  que- 


90  OVVIÒ    K    TKNDKN/.K    DI    TOMMASO    CARLTLB.  [1843] 

and  harmonizing  of  persona  in  tlie  collective  mass. 
Sudi  is  the  tendency  of  the  present  times,  and  wlioso 
ever  does  not  labour  in  accordance    with    it,  neces- 
sarily  remains  behind. 

Mr.  Oarlyle  comprehends  only  the  individuai;  the 
true  sense  of  the  unity  of  the  human  race  escapes 
him.  He  sympathizes  with  ali  men,  but  it  is  with 
the  life  of  each  one,  and  not  with  their  colleetive 
lite.  He  readily  looks  at  every  man  as  the  repre- 
sentative,  the  incarnation  in  a  manner,  of  an  idea: 
he  does  not  believe  in  a  "  supreme  idea,  "  repre- 
sented  prog'ressively  by  the  develo])ment  of  mankind 
taken  as  a  whole.  He  feels  forcibly  (rather  indeed 
by  the  instinct  of  his  heart,  which  revolts  at  actual 
evil,  than  by  a  clear  conception  of  that  which  con- 
stitutes  life)  the  want  of  a  bond  between  the  men 
who  are  around  him:  he  does  not  feel  snfficiently  the 
existence  of  the  bond  between  the  generations  past, 


sta  la  tendenza  del  nostro  tempo,  e  chi  la  trascura  è  con- 
dannato a  rimanersi  addietro  del  moto  comune. 

Carlyle  intende  V  individuo  soltanto:  il  vero  senso 
dell'unità  della  razza  umana  gli  sfugge.  Ei  prova  sim- 
patia per  tutti  gli  uomini,  ma  separati,  considerati  ad 
uno  ad  uno,  non  nella  loro  vita  collettiva.  Ei  non  dissente 
dal  guardare  ad  ogni  uomo  come  a  chi  rappresenta  una 
idea  e  la  incarna  in  sé;  ma  rifugge  dall' ammettere  una 
Idea  suprema  rappresentata  progressivamente  dall'insieme 
del  genere  umano.  Ei  lamenta  —  più  per  istinto  d' una 
anima  ribelle  ai  mali  dell'oggi  che  non  per  un  chiaro 
concetto  delle  condizioni  costituenti  la  vita  —  la  man- 
canza d'un  vincolo  tra  gli  uomini  che  lo  circondano;  ma 
non  sente  a  dovere  l'esistenza  di  quel  vincolo  tra  le  ge- 
nerazioni   passate,    presenti  e  future.  Il   grande    pensiero 


[1843]        Genio  k  tendenze  di  Tommaso  carlylk.  91 

present  and  future.  The  great  religious  thought,  the 
continued  development  of  Humanity  by  a  collective  la- 
bour,  accordino  to  an  educational  pian  assigned  by  Pro- 
vidence,  fore-felt  froin  age  to  age  by  a  few  rare  in- 
tellects,  and  proclaimed  in  the  last  tifty  years  by 
the  greatest  European  thinkers,  finds  but  a  feeble 
echo,  or  rat  ber  no  eeho  at  ali,  in  his  soul.  Progres- 
sive front  an  impulse  of  feeling,  he  shrinks  back  from 
the  idea  as  soon  as  he  sees  it  Stateti  explicitly  and 
systematically  ;  and  such  expressions  as  "  the  pro- 
gress of  the  species  "  and  "  perfectibility  w  never 
drop  from  his  pen  unaccompanied  by  a  taint  of  irony, 
whicb  \ve  confess  is  to  us  iuexplicable.  He  seems  to 
regard  the  hnman  race  rather  as  an  aggregate  of  si- 
milar  individuala,  distinct  powers  in  juxtaposition, 
than  as  an  association  of  labourers,  distributed  in 
groups,  and  impelled  on  different  paths  toward  one 
single  object.  Xation  itself,  country — the  second  col- 
lective existence,  less  vast,  but  stili  for  many  cen- 


religioso,  evoluzione  continua  dell'  Umanità,  per  opera  col- 
lettiva, a  seconda  d1  un  disegno  educatore  Provvidenziale, 
presentito  d'epoca  in  epoca  da  pochi  rari  intelletti  e  pro- 
clamato negli  ultimi  cinquanta  anni  dai  più  potenti  pen- 
satori d'  Europa,  non  trova  eco  in  Carlyle.  Progressivo 
per  impulso  d' affetto,  ei  s'  arretra  insospettito  davanti 
all'  idea  non  si  tosto  ei  la  vede  chiaramente  espressa  ed 
eretta  a  sistema;  né  mai  le  frasi  progresso  della  specie, 
perfettibilità,  e  siffatte  gli  cadono  dalla  penna,  senza  un 
tocco  d' ironia  inesplicabile.  La  razza  umana  è  per  lui 
piuttosto  un  aggregato  d'individui  simili,  di  forze  distinte 
pOtte  a  contatto,  che  non  una  associazione  di  lavori  ripar- 
titi poi  nuclei  e  tendenti  per  vie  diverse  a  un  fine  co- 
nnine.  Anche  hi  Nazione,  la  Patria  —  seconda  esistenza 


92  GRNIO    K    TBNDENZK    1>I    TOMMASO    CAKI.YLK.  [1848 

turies  not  less  sacred  tban  humanity, — vanishes,  or 
is  modi  ned  under  bis  liane!  :  it  is  no  longer  the  sigli 

of  oiir  portion  of  labour  in  the  common  work,  the 
workshop  in  whieh  God  has  placed  the  instruments 
of  labour  to  fui fil  the  mission  most  within  our  reach; 
it  is  no  longer  the  symbol  of  a  thought,  of  a  special 
vocation  to  be  follo  wed,  indicated  by  the  tradition 
of  the  race,  by  the  affinity  of  tendencies,  by  the 
unity  of  language,  by  the  character  of  localities;  it 
is  something  reduced,  as  mnch  as  possible,  to  the 
proportions  of  the  individuai .  The  nationality  of  I- 
taly  is  the  glory  of  having  produced  Dante  and 
Christopher  Columbus;  the  nationality  of  Germany 
that  of  having  given  birth  to  Luther,  to  Goethe  and 
to  others.  The  shadow  tlirown  by  these  gigantic  men 
appears  to  eclipse  to  his  view  every  trace  of  the 
national  thought  of  which  these  men  were  only  the 
interpreters  or  prophets,  and  of  the  people,  who  a- 


eollettiva  menò  vasta  dell'Umanità,  ma  per  lunghi  secoli 
ancora  egualmente  sacra  —  sfuma  o  riesce  singolarmente 
modificata  tra  le  sue  mani  ;  essa  non  è  più  il  segno  della 
nostra  parte  di  lavoro  nell'opera  comune,  il  luogo  ove  Dio 
pose  per  noi  gli  stromenti  di  lavoro  opportuni  al  compi- 
mento d'una  missione  speciale,  il  simbolo  d'un  pensiero, 
d'  una  vocazione  particolare  indicata  da  una  tradizione  di 
razze,  da  una  singolare  affinità  di  tendenze,  dall'  unità  di 
favella,  dai  caratteri  topografici;  bensì  un  non  so  che 
ridotto,  per  quanto  è  possibile,  alle  proporzioni  dell'  indi- 
viduo. La  nazionalità  dell'Italia  è  per  Carlyle  la  gloria 
d'avere  prodotto  Dante  e  Cristoforo  Colombo:  la  nazio- 
nalità della  Germania  vive  in  Lutero,  Goethe  e  pochi  altri 
sommi  intelletti.  L'ombra  di  quei  giganti  gli  vela  ogni 
segno  di  quel  pensiero   nazionale  del  quale  essi   non  fu- 


[1843]  GKXIO    E    TKNDKNZk    DI    TOMMASO    OAKTA'LK.  93 

loue  are  its  depositary.  Ali  generalization  is  so  re- 
pugnant  to  Mr.  Carlyle,  that  he  strikes  at  the  root 
ài  the  error  as  he  deems  it7  by  declariug  that  the 
bistory  of  the  world  is  fundainentally  notliing  more 
thaii  the  biography  of  great  meu  ('  Lectures  ').  This 
is  to  plead,  disti  ne  tly  enough,  the  t'alseness  of  the 
idea   whieh  rules  the  movement  of  the  times.  (*) 

We  protest,  in  the  iiame  of  the  democratic  spirit 
of  the  age,  against    sudi    ideas.  History    is  not  the 

(*)  This  is  the  essence  of  Mr.  Carlyle's  ideas,  as  they  ap- 
pear  to  us  to  he  deducible  from  the  body  of  his  views  aud 
opinione  and  the  general  spirit  which  breathes  in  his  works. 
Of  conrse  we  ineet  here  and  there  with  passages  in  opposi tiou 
to  this  spirit.  and  in  accordance  with  that  of  the  age.  It  is 
iinpossible  for  a  writer  of  Mr.  Carlyle's  stamp  to  avoid  this; 
bnt  we  d  >  not  think  we  can  be  accused,  if  onr  rcmarks  are 
read  with  attention,  of  nnfaithfuluess  in  the    material   point. 


rono  che  interpreti  o  profeti  e  che  il  popolo  serba  quasi 
a  deposito.  Ogni  proposizione  generale  suona  ostile  di  tanto 
all'  ingegno  dello  scrittore  eh'  ei  dichiara,  a  liberarsene 
uuìi  volta  per  sempre,  che  la  Storia  del  mondo  non  è  se 
non  la  biografia  dei  grandi  uomini  (vedi  i  Discorsi).  Ed 
è  negazione  assoluta  dell'idea  che  governa  tutti  quanti  i 
moti  del  nostro  tempo.  (l) 

Io  protesto,  in  nome  delle  tendenze  democratiche  del- 
l'età nostra,  contro  quelle  idee.  La  stòfìa   non  è  la  bio- 

(*)  Desumo,  imparzialmente  quanto  m'  è  dato,  1'  essenza 
delle  idee  di  Carlyle  dall'  insieme  de'  suoi  scritti,  dallo  spirito 
generale  che  li  informa.  Occorrono  senz'  altro  qua  e  là  linee 
che  sembrano  contraddirle  e  attestare  coscienza  delle  tenderne 
dei  tempi.  Ma  prorompono  isolate,  sconnesso  dalla  serie  delle 
idee  predominanti  sui  lavori  dello  scrittore,  e  dettate  da  qual- 
che istinto  prepotente  del  coro  anziché  dall'  intelletto  che  si 
manifesta   gem-raliiu-nte  quale  io  lo  descrivo. 


B4  GENIO    K    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CAULYI.K.  [1848] 

biography  of  great  men;  the  history  of  mankind  is 
the  history  of  the  progressive  religion  of  mankind, 
and  of  the  translation  by  symbols,  or  external  action  s. 
of  that  religion.  The  great  men  of  the  earth  are  but 
the  marking-stones  on  the  road  of  humanity:  they 
are  the  priests  of  its  religion.  What  priest  is  equal 
in  the  balance  to  the  whole  religion  of  which  he  is 
a  ministeri  There  is  yet  something  greater,  more 
divinely  mysterious,  than  ali  the  great  men, — and 
this  is  the  earth  which  bears  them,  the  human  race 
which  includes  them,  the  thought  of  God  which 
stirs  within  them,  and  which  the  whole  human  race 
collectively  can  alone  accomplish.  Disown  not,  then, 
the  common  mother  for  the  sake  of  certain  of  her 
children,  however  privileged  they  may  be;  for  at 
the  sanie  time  that  you  disown  her,  you  will  lose 
the  intellect  of  these   rare  men  whom  you   admire. 


grafia  dei  più  rari  e  potenti  fra  gli  intelletti:  la  Storia 
dell'Umanità  è  la  storia  della  religione  progressiva  del- 
l'Umanità e  della  traduzione  di  quella  in  simboli  o  atti 
visibili.  I  grandi  ingegni  non  sono  che  le  pietre  migliari 
della  via  che  l'Umanità  segue:  essi  sono  i  sacerdoti  della 
sua  religione.  Or  dov'è  il  sacerdote  che  valga  sulla  bi- 
lancia storica  la  religione  alla  quale  è  ministro?  V'è  pur 
sempre  tal  cosa  c"n' è  più  grande  e  più  divinamente  mi- 
steriosa di  tutti  i  grandi  individui  —  ed  è  la  terra  che  li 
sostiene,  la  razza  umana  che  li  comprende  in  sé,  il  pen- 
siero di  Dio  che  s'  agita  in  essi  e  che  solo  1'  opera  col- 
lettiva di  tutti  può  tradurre  in  fatto  pratico  e  norma  di 
vita.  Perché  rinegate  la  madre  comune  a  prò'  di  taluni 
tra'  suoi  figli  comunque  appaiano  privilegiati1?  Rinegan- 
dola, voi  smarrite  appunto  l'intelletto  di  quei  singolari 
individui    che   voi   circondate  d'  ammirazione.    Il  Genio  è 


[1848]  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  95 

Genius  is  like  the  flower,  wbich  draws  one  naif 
of  ita  life  from  the  moisfcure  that  circulates  in  the 
earth,  an<l  inhales  the  other  half  from  the  atmo- 
sphere.  The  inspiration  of  genius  belongs  one  half 
to  heaven,  the  other  to  the  crowds  of  common  mortals 
from  whose  life  it  springs.  No  one  is  gifted  with  a 
right  comprehension  of  it,  without  studying  the  me 
dium  in  which  it  lives. 

We  canno  t,  however,  here  attempt  to  establish 
any  positive  ideas  respecting  the  vocation  of  our 
epoch,  or  the  doctrine  of  the  collective  progress 
which  appears  to  us  to  characterize  it:  perhaps  we 
may  one  day  take  an  occasion  to  trace  the  history 
of  this  doctrine,  which  treated  as  it  stili  is  with 
neglect,  reckons  nevertheless  amongst  its  followers 
nien  who  bore  the  names  of  Dante,  of  Bacon  and 
of  Leibnitz.  We  can  at  present  only  mark  the  exi- 
stence  of  the   contrary  doctrine    in    the  writings  of 


come  il  fiore  che  deriva  metà  della  vita  dai  succhi  che 
circolano  nella  terra  e  l'altra  metà  dall'atmosfera  che  gli 
sovrasta.  L'ispirazione  del  Genio  appartiene  per  metà  al 
cielo,  per  metà  alla  moltitudine  dei  mortali  sulla  cui  vita 
<i  s'innalza.  Nessuno  può  intenderla  dirittamente  senza 
uno  studio  profondo  del  mezzo  attraverso  il  quale  quella 
ispirazione  si  svolve. 

I%non  posso  tentare  in  queste  pagine  idee  positive 
sulla  vocazione  dell'  epoca  nostra  o  sulla  dottrina  di  pro- 
gresso collettivo  che  la  distingue  dalle  anteriori.  Forse 
un  giorno  io  potrò  accertare  la  storia  di  questa  dottrina 
ch'altri  può  trascurare  a  sua  posta,  ma  che  pur  numera 
tra'  suoi  segnaci  uomini  che  si  chiamano  Dante,  Bacone, 
Leibnitsio.  Oggi   non   in'  importa  se   non  di   notare   1'  esi- 


9(>  GKNIO    K   TRNDRNZR    l>i    Tommaso    CARLYÌ.R;  [1848] 

Mr.  Carlyle,  and  the  consequences  to  which,  in  oht 

opinion,  it  leads  hi  in. 

It  is  evident  tliat,  of  the  two  criteria  of  certaiuty, 
individuai  conseience  and  nniversal  tradition,  be- 
tween  which  inaukind  has  hitherto  perpetually  tluc- 
tuated,  and  the  recono i le ment  of  which  appetì  rs  to 
us  to  consti  tute  the  only  means  we  possess  of  re- 
cognizing  truth,  Mr.  Oarlyle  adopts  one  alone — the 
first.  He  rejects,  or  at  least  wholly  neglects,  the 
other.  From  this  point,  in  his  view,  ali  follows  in  a 
naturai  connexion  :  individuali ty  being  everything, 
the  doctrine  of  unconsciousness  follows.  The  voice  of 
God  is  heard  in  the  intuition,  in  the  instincts  of 
the  soni  :  to  separate  the  individuality  from  every 
human  external  agency,  and  to  offer  it  in  native 
purity  to  the  breath  of  inspiration  from  above, — this 
is  to  prepare  a  tempie  to  God:  God  and  the  individuai 


stenza  della  dottrina   contraria   nelle   opere   di   Carlyle  e 
le  conseguenze  che  n'escono. 

È  chiaro  che  dei  due  criterii  d'  ogni  certezza,  la  co- 
scienza dell'  individuo  e  la  tradizione  universale,  tra  i 
quali  l'umanità  è  andata  sino  ai  nostri  giorni  alternando 
e  dalla  cui  riconciliazione  sorgerà,  credo,  quando  che  sia, 
la  scoperta  del  Vero,  Carlyle  sceglie  uno  solo  ;  ed  è  il 
primo.  Ei  rifiuta  deliberatamente  o  trascura  il  secondo. 
Da  questa  scelta,  tutto  si  coordina,  nei  suoi  lavori,  logi- 
camente. L' individuo  essendo  ogni  cosa,  esso  deve,  incon- 
scio, raggiungere  il  Vero.  La  voce  di  Dio  si  rivela  nel- 
l'intuizione, negli  istinti  dell'anima.  Separare  V  io  da  ogni 
esterna  influenza  umana  e  offrirla  nella  sua  primitiva  pu- 
rezza all'ispirazione  che  vien  dall'alto  —  questo  è  ciò 
che  Carlyle  chiama  preparare  un  tempio  all'Eterno.  Nel 
mondo  ei  non  vede    se  non    Dio   e   l' individuo.  Or  come 


[1843]         <tKXio  e  TENDENZE  di  Tommaso  caklyle.  97 

man— Mr.  Carlyle  sees  no  other  object  in  the  worid. 
But  how  can  the  individuai  alone  approach  God, 
unless  by  transport,  by  euthusiasm,  by  the  impre- 
meditated  upward  flight  of  the  spiri  t,  unshackled 
by  ìnefchod  or  calculation?  Hence  arises  ali  Mr.  Car- 
lyle's  antipathy  to  the  labours  of  philosophy  :  they 
must  appear  to  nini  like  the  eftbrts  of  a  Titan  with 
the  strength  of  a  pygmy.  Of  what  avail  are  the 
poor  analytieal  and  experiiuental  faculties  of  the  in- 
dividuai intellect,  in  the  solution  of  this  immense 
and  infinite  problemi  ?  Hence,  likewise,  bis  bitter 
and  ofteu  violent  censure  of  ali  those  who  labour 
against  the  social  state  as  it  exists.  Victory  may 
indeed  justify  them,  for  victory  is  the  intervention 
M  (iod  by  bis  decree,  from  which  there  is  no  ap- 
peal  :  but  where  is  the  man  who  can  pretend  to 
fore-calcutate,  to  determine  this  decree  ?  What 
avail s  it  to  fili  the  echoes  with  compiami,  like  Phi- 


ptiò  il  solitario  individuo  accostarsi  a  Dio  se  non  coli' en- 
tusiasmo, con  un  subito  concentramene  d'aspirazioni,  col 
rapido  inconscio  innalzarsi  dello  spirito  senza  ceppi  di 
metodo  o  calcolo?  E  Carlyle  guarda  con  diffidenza,  spessa 
con  sorriso  di  scherno,  a  tutti  lavori  filosofici  :  imprese 
titaniche  tentate  con  forze  pigmee.  Possono  esse  mai,  le 
povere  analitiche  sperimentali  facoltà  dell'intelletto  in- 
dividuale risolvere  l'immenso  problema  dell'  infinito  f 
Quindi  le  frequenti  amare  censure  vibrate  contro  quanti 
lavorano  a  mutare  le  condizioni  sociali  dell' oggi.  Carlyle 
accetta  la  loro  giustificazione  dalla  vittoria,  ch'ei  saluta 
incoisi  ihile  intervento  di  Dio,  ma  dalla  vittoria  soltanto; 
»•  dov'è  l'uomo  che  possa  calcolarne  anzi  tratto  o  deter- 
minarne i  decreti?  A  che  giova  diffondere  intorno,  come 
Filottete,    lagni   e  querele    di    ferito    impotente?    A    elio 


Massimi  ..  voi.  xxix  <L«-t telatimi,  voi.  v>. 


9*  GENIO    N    TKNDKNZK    Di    TdM.MASii    CAKLYLK.  1  8  1  il 

loctetes  ì  What  avails  it  to  contend  eonvulsively  in 
a  powerless  struggle  ?  What  i*.  is.  Ali  our  endea- 
vours  will  not  alter  it  before  the  time  decreed  :  tliat 
tinie  God  alone  detenuines.  Wbat  is  to  happen  G-od 
will  bring  to  pass,  very  probably  by  wholly  diffe- 
rent  means  from  those  which  we,  feeble  and  e  pre- 
merai creatures,  may  imagine.  Point  pnt  the  evil. 
calmly,  wisely;  theu  resign  yourself,  trust,  and  wair! 
There  is  a  deep  discouragement,  a  very  despair,  at 
the  bottoni  of  ali  that  bold  fervour  of  belici*  whieh 
€haracterizes  many  of  Mr.  Oarlyle's  pages.  To  08  he 
seein  to  seek  God  rather  as  a  refuge,  than  as  the 
source  of  right  and  of  power  :  from  bis  lips,  at  ti- 
mes  so  daring,  we  seem  to  bear  every  instant  the 
€ry  of  the  Breton  mariner —  «  My  God,  protect  me! 
my  bark  is  so  small  and  thy  ocean  so  vast  !  » 

Now  ali  this  is  partly  trae,  and    nevertheless  it 
is  ali  partly    false  :  true7    inasnmch  as  it  is  the  le- 


1'  agitarsi  inutile  a  guisa  di  convulso  senza  rimedio  ?  ciò 
•che  è,  è.  Tutti  i  nostri  tentativi  non  muteranno,  prima 
<lel  tempo  decretato;  e  Dio  lo  determina  solo.  Dio  trarrà 
il  futuro  probabiinente  da  dove  il  guardo  di  noi,  povere 
■creature  d' un  giorno,  non  giunge.  Indicate  il  male,  con 
«alma  e  saviezza  ;  poi  rassegnatevi,  fidate  e  aspettate.  Un 
profondo  sconforto  che  tocca  i  confini  della  disperazione 
serpeggia  nelle  pili  calde  pagine  di  Carlyle.  Diresti  eh'  ei 
cerchi  Dio  più  come  rifugio  a  dolori  senza  speranza  che 
come  sorgente  di  diritti  e  di  forza.  Le  sue  labbra  parlano 
sovente  audaci  parole  ;  e  nondimeno,  il  grido  d'  angoscia 
del  marinaio  Brettone  :  mio  D/o,  proteggetemi  :  il  mio  bat- 
tello è  si  piccolo  e  il  vostro  Oceano  si  vasto  !  sembra  a  ogni 
istante  presso  a  proromperne. 

Or  tutto  questo  è  vero  in  parte  e  nondimeno  in  parte 
falsissimo:    vero    in    quanto    deriva    a  guisa  di  legittima 


[1843]  GENIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLE.  99 

gitimate  consequence  froin  Mr.  Oarlyle's  starting- 
point  ;  false,  in  a  higher  and  more  comprendisi  ve 
point  of  view.  If  we  derive  ali  onr  ideas  of  human 
affairs  and  labours  from  the  notiou  of  the  individuai, 
and  see  only  in  social  life  "the  aggregate  of  ali 
the  individuai  men's  lives" —  in  history  only  "the 
essence  of  innumerable  biographies"  (*) —  if  we  al 
ways  place  man,  singly,  isolated,  in  presence  of  the 
universe  and  of  God,  we  shall  have  full  reason  to 
hold  the  language  of  Mr.  Carlyle.  If  ali  philosopby 
be  in  fa-ct,  like  tliat  of  tbe  ancient  schools,  merely 
a  simple  physiological  study  of  the  individuai, —  an 
analysis,  more  or  less  complete,  of  his  faculties, — 
of  what  use  is  it,  but  as  a  kind  of  intellectual  gym- 
nastics  ì  If  our  powers  be  limited  to  such  as  each 
oiie  of  us  may  acquire  by  himself,  between  those 
moments  of  our  earthly  career  wliich  we  cali  birthand 

(*)  Essays — 'Signs  of  the  Times.' 


conseguenza  dalle  premesse  di  Carlyle:  falso,  se  noi  ci 
innalziamo  a  sfera  più  alta  e  dominatrice.  Se  noi  deri- 
viamo le  nostre  idee  delle  cose  umane  e  del  nostro. la- 
voro dalla  sola  nozione  dell'  individuo  e  nella  vita  sociale 
non  vediamo  che  l' aggregato  di  tutte  le  vite  individuali  e 
Bella  Storia  V  euensa  soltanto  d'innumerevoli  biografie  — 
le  collochiamo  ostinatamente  1' uomo,  solo,  isolato,  in  pre- 
senza dell'universo  <•  di  Dio  —  la  parola  di  Carlyle  è 
fondata.  Se  la  filosofia  non  è,  come  quella  della  vecchia 
si  nol.i.  -<•  non  uno  studio  fisiologico  dell'  Individuo,  una 
analisi  pili  o  menu  imperfetta  delle  sue  facoltà,  qual  van- 
o  possiamo  noi  trarne  fuorché  quello  d'una  eserci- 
tazione ginnastica  intellettuale?  E  se  i  limiti  delle  nostre 
forze   -tanno    l'i.i    (pici    dm-     momenti,   segnati     irievocahil- 


100  GttNIO    B   TKNDKNZK    DI     TOMMASO    CARLYLB.  L843] 

death,  they  are  indeed  enougb  to  attain  the  power  of 
guessing  and  of  expressing  a  small  fragment  ofthe 
trutli  :  let  Inni  who  can  realize  it  bere.  Bai  il*  we 
place  ourselves  in  the  point  of  view  of  the  collective 
existence,  Mankind,  and  règard  social  lite  as  the 
continned  development  of  an  idea  by  tbe  lite  of 
ali  its  individuate, — if  Ave  regard  bistory  as  Mie  re- 
lation of  tbis  development  in  time  and  space  bbròogli 
tbe  works  of  individaals;  if  we  believe  in  the  copurt- 
nery  and  mutuai  responsibility  of  generation*,  never 
losing  sigbt  of  the  fact  that  the  lite  of  the  individ- 
uai is  bis  development,  in  a  medium  fashioned  by 
the  labours  of  ali  the.  individuate  who  bave  preceded 
bim,  and  that  the  powers  of  tlie  individuai  are  his 
powers  grafted  npon  those  of  ali  foregoing  Imma- 
nity, — ali  our  ideas  will  cbange.  Philosophy  will 
appear  to  us  as  the  science  of  the   law    of   lite,  as 


mente  a  ciascuno,  che  hanno  nome  da  noi  di  nascita  e 
morte,  bastano  forse  talora  a  indovinare  ed  esprimere  una 
menoma  frazione  di  verità  ;  ma  chi  mai  potrebbe,  tra 
quei  brevi  confini,  attentarsi  di  convertirla  in  realtà  sulla 
terra?  Ma  se  noi  guardiamo  alle  cose  dall'alto  dell'esi- 
stenza collettiva,  dell'Umanità  —  se  nella  vita  sociale  noi 
vediamo  lo  sviluppo  continuo  d'una  idea  per  opera  di 
tutti  gl'individui  consapevolmente  o  inconsciamente  as- 
sociati —  se  cerchiamo  nella  Storia  il  ricordo  di  quello 
sviluppo  nello  spazio  e  nel  tempo  —  se  crediamo  parte- 
cipi di  quel  lavoro  e  responsabili  l'ima  all'altra  le  suc- 
cessive generazioni  e  non  trasandiamo  il  fatto  che  la  vita 
dell'individuo  si  svolge  in  un  mezzo  preparato  dal  lavoro- 
di  tutti  gli  individui  anteriori  e  le  forze  dell'  individuo 
sono  le  sue  innestate  su  quelle  dell'  umanità  precedente 
—  troviamo  il    nostro  concetto    mutarsi.  La  filosofia  di- 


[18431  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  101 

••  the  soul  ,?  (Mr.  Oarlyle  himself  once  uses  this  ex- 
pression  in  contradiction  to  the  general  spirit  ofhis 
works),  u  of  whicli  religion,  worship  is  the  body  :  w 
and  the  compla:nfc  of  the  iiitellect,  so  often  looked 
upon  as  idle.  from  Byron  down  to  George  Sand, 
will  be  to  ns,  what  it  is  in  truth,  the  regisfered, 
efficacious  protest  of  the  spirit,  tormented  by  pre- 
sentiinents  of  the  fatare,  against  a  present  corrupted 
and  destroyed  ;  and  we  shall  feel  that  it  is  not  only 
our  righi*,  but  our  dnty,  to  incarnate  oar  thought 
in  action.  For  it  inatters  little  that  our  individuai 
powers  be  of  the  sniallest  ainount  in  relation  to  the 
object  to  be  attained  ;  it  inatters  little  that  the  re- 
sti lt  of  our  action  be  lost  in  a  distance  which  is 
beyond  our  calcili ation  :  we  know  that  the  powers 
of  inillions  of  nien,  our  brethreu,  will  succeed  to  the 
work  after  us.  in  the  some  truck.  —  we  know  that  the 


venta  la  scienza  della  legge  dell»  vita,  l'anima  —  Car- 
iale medesimo  usa  1'  espressione  comunque  contradica  al- 
l' insieme  delle  sue  idee  —  della  (piale  il  culto  è  il  corpo. 
11  grido  di  dolore  che  gli  intelletti,  da  ByroD  tino  a  Gior- 
gio Sand,  versano  sulla  attuale  generazione  e  eie  altri 
chiama  ozioso  e  inopportuno,  riveste  per  noi  il  carattere 
i\'  una  efficace  protesta  dello  spirito,  tormentato  dai  pre- 
sentimenti dell' avvenire,  contro  un  presente  corrotto  e 
spirante.  8  sentiamo  oh' è  non  solamente  diritto  nostro, 
ma  debito  incarnare  nell' azione  il  pensiero.  Perché,  poco 
importa  die  le  nostre  forze  individuali  siano  deboli  e  in 
fenoli  all'  intento;  poco  importa  die  le  conseguenze  delle 
iiux/rr  azioni  |j  <ma  rri-ca  no  in  un  avvenire  non  calcola- 
bile:     noi    lappiamo    Che     le    fòrte    ài     milioni     d'uomini. 

fratelli  nostri,  continueranno,  sull'orme  nostre,  il  lavoro 


102  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAK1.YLE.  [1843] 

objeot  attained,  be  it  wben  it  niay,  will  be  the  result 
of  ali  oar  efforts  combined. 

Tbe  object — an  object  to  be  pursued  collectivelyr 
an  ideal  to  be  realized  as  far  as  possible  bere  below, 
by  the  association  of  ali  our  faculties  and  ali  our 
powers — uoperatio  buinanae  universitatis,  "  as  Dante 
says  in  a  work  little  known,  or  misunderstood.  in 
which,  Ave  centurie»  ago,  he  laid  down  many  of  the 
principles  upon  which  we  are  labouring  at  the  pre- 
sent  day — "ad  quam  ipsa  universitas  hominuin  in 
tanta  multitndine  ordinatur,  ad  qnam  quidem  ope- 
rationem  nec  homo  nnus,  nec  domus  una,  nec  vicinia, 
nec  una  civitatis,  nec  regnuni  particulare,  pertingere 
potest  "  (#) — this  alone  gives  vaine  and  niethod  to  the 
life  and  acts  of"the  individuai.  Mr.  Oarlyle  seenis  to 
us  almost   always  to  forget  this.    Being  thus   without 

(*)  De  Monarchia. 


iniziato,  e  che  il  fine  sarà  quando  che  sia  raggiunto  dal- 
l' opera  collettiva  di  tutti  noi. 

Il  fine  —  V  ideale  da  verificarsi,  per  quanto  è  possi- 
bile quaggiù,  nella  realtà  coli'  associazione  di  tutte  le 
facoltà  e  forze  nostre  —  operatio  fiumana*  universitatis, 
come  dice  Dante  in  un  libro  poco  noto  o  frainteso  nel 
quale  ei,  cinque  secoli  addietro,  registrava  molti  de'  prin- 
cipii  che  oggi  affaccendano  le  nostre  menti,  ad  quam  ipsa 
universitas  nominimi  in  tanta  multitndine  ordinatur,  ad 
quam  quidem  operationem  nec  homo  trotti,  nec  domus  una, 
nec  vicinia,  nec  una  civitas,  nec  regnum  particulare,  pertingere 
potest  (*)  —  il  fine,  io  dico,  porge  solo  valore  e  metodo 
alla  vita  e  agli  atti  dell'  individuo.  Oarlyle  lo  dimentica 

(1)   De  Monarchia. 


[1843]  GENIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLK.  103 

a  sound  criterion  whereby  to  estimate  individuai 
aets,  be  is  compelled  to  value  thein  rather  by  the 
power  which  has  been  expeuded  upon  them,  by  the 
energy  aud  perseverance  wliicli  they  betray,  than 
by  the  nature  of  the  object  toward  which  they  are 
directed,  and  their  relation  to  that  object.  Hence 
arises  that  kind  of  inditference  which  makes  bini, 
we  will  not  say  esteein,  but  love,  equally  uien  whose 
whole  life  has  been  spent  in  pursuing  contrary 
objects, — Johnson  and  Cromwell,  for  example.  Hence 
proceeds  that  spirit  of  fatalisni  (to  cali  things  by 
tlieir  right  names)  which*reìnotely  pervades  bis  work 
on  the  French  Revolution  ;  which  makes  him  sym- 
pathize  so  much  with  bold  deeds,  admire  ability, 
under  whatever  forni  displayed,  and  so  often  ha  il, 
at  the  risk  of  becoming  an  advocate  of  despotism, 
might  as  the  token  of  right.  He  de.iires  undoubtedly 


quasi  sempre.  Mancando  cosi  d'  un  giusto  criterio  per  ae- 
rei tare  il  valore  degli  atti  individuali,  ei  lo  misura,  non 
tanto  dal  line  a  cui  si  dirigono  e  dalla  loro  relazione  con 
MAO,  (pianto  dalla  forza  spesa  in  essi  e  dalla  perseve- 
rante energia  che  rivelano.  Quindi  quella  specie  d'  indif- 
ferenza polla  quale  egli  guarda  egualmente  amorevole  a 
■omini  ebe  cousecrarono  la  vita  a  lini  radicalmente  di- 
vo-i. Cromwell  a  cagion  d'esempio  e  Samuele  Johnson. 
Quindi  quello  spirito  di  fatalismo  —  dacché  ni'  è  pur  forza 
chiamar  l<-  (ose  coi  loro  nomi  —  che  invade  da  lungi  le 
sue  pagine  sulla  rivoluzione  di  Francia,  che  lo  move  a 
salutale  d' ammirazione  ogni  grande  audacia,  ogni  mani- 
fettftzione  <T  intelletto  potente,  qualunque  t'orina  essa  as- 
suma. <  lo  -prona  sovente,  anche  a  rischio  di  puntellare 
il  dispotismo,  a  confondere  Forza  e  Diritto.  Senza  dui» 
bio,  ei  brami  linoeramente   il    bene,  sempre  e  ovunque; 


104  GENIO    B    TENDENZE    DI   TOMMASO    CARLYLE.  L848] 

the  good  everywhere  and  always;  but  he  desi  rea  it. 
from  whatever  quarter  it  may  come — from  above  or 
fi'oin  below, — imposed  by  power,  or  proclaimed  by 
the  free  and  spontaneous  impulse  of  the  multi  tilde; 
and  he  forgets  that  the  good  is  above  ali  a  mora! 
question  ;  that  there  is  no  good  apart  from  the  con 
sciousness  of  good  ;  that  it  exists  only  where  it  is 
made,  not  obtained,  by  man  :  he  forgets  that  we  are 
not  machines  for  production,  from  which  as  mach 
work  as  possible  is  to  be  extracted,  but  free  agents, 
called  to  stand  or  fall  by  our  works.  His  theory  of 
unconsciousness,  the  germ  of  which  appears  in  the 
'  Life  of  Schiller  '  and  is  clearly  defined  in  his  essay 
'  Oharacteristics,  7  although  at  first  view  it  may 
indeed  appear  to  acknovvledge  human  spontaneity, 
yet  does  emphatically  involve  its  oblivion,  and  sa 
crifiees,  in  its  application,  the  social  objeet  to  an 
individuai  point  of  view. 


ma  ei  lo  brama  da  dove  che  venga  —  dall'  alto-  o  dal- 
l' imo  —  imposto  dal  Potere  o  proclamato  dal  libero, 
spontaneo  impulso  delle  moltitudini  ;  e  dimentica  che  il 
bene  è  sovratutto  una  questione  morale;  dimentica  che 
non  esiste  bene  dove  non  ne  vive  la  coscienza,  dove  scende 
siili'  uomo  quasi  dono,  quasi  elemosina,  invece  di  sorger 
da  lui,  fattura  e  conquista  delle  sue  mani  ;  dimentica  che 
noi  non  siamo  macchine  da  produzione  dalle  quali  deve 
trarsi  quanto  più  lavoro  si  può,  ma  liberi  agenti  chia- 
mati a  levarci  eretti  col  nostro  lavoro  o  cadere.  La  teo- 
rica nella  quale  Carlyle  dichiara  il  Genio  dovere  essere 
inconscio  —  teorica  che  racchiusa  in  germe  nella  Vita  di 
Schiller  è  chiaramente  definita  nel  Saggio  Caratteristiche  — 
quantunque  sembri  sulle  prime  un  omaggio  all'umana  spon- 
taneità, ne  involve,  se  scrutata  a  fondo,  l'obblio  e  sagrifìca, 
nelle  sue  applicazioni,  il  fine  sociale  al  culto  dell'  individuo. 


[1843]  ti  KMQ    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  105 

Genius  is  not,  gen erally  speaking,  vincoli scious 
of  what  it  experiences  or  of  what  it  is  capable.  Ir 
is  not  the  suspended  harp  which  sounds  (as  tbe 
statue  of  Meninoli  in  the  desert  sounds  in  the  sun) 
at  the  changing  unforeseen  breath  of  wind  that  sweeps 
across  its  stringa;  it  is  the  conscious  power  of  the  soul 
of  a  man,  rising  from  amidst  his  fellow-men,  belie- 
ving  and  ealling  himself  a  son  of  God?  an  apostle 
of  eternai  truth  and  beauty  upon  the  earth,  the  pti- 
viloged  worshiper  of  an  ideal  as  yet  concealed  from 
the  majority:  he  is  almost  always  sufficiently  torment- 
ed  by  his  contemporaries,  to  need  a  compensatoli — that 
of  feeling  his  li  fé  in  the  generation»  to  come.  Cassar, 
Christopher  Columbus,  were  not  unconscious  :  Dante, 
wheo,  at  the  opening  of  the  twenty-fifth  chapter 
of  the  *  Paradiso  '  he  hurled  at  his  enemies  that 
sublime  menace,  which  coni  menta  tors  without  heart 
and    without    head    bave     mistaken    for    a    cry    of 


Il  Genio  non  è,  generalmente,  inconscio  delle  proprie 
sensazioni  o  della  propria  capacità.  Non  è  V  arpa  sospesa 
che  suona,  come  la  statua  di  Meninone  nel  deserto  ai 
raggi  del  Sole,  a  seconda  dell'  aure  che  ne  toccano  ca- 
pricciosamente le  corde;  è  la  conscia  potenza  d'  un  uomo 
<  h<  sorge  di  mezzo  a'  suoi  fratelli,  affermandosi  figlio 
prediletto  di  Dio,  apostolo  del  Bello  e  dell'eterno  Vero 
lolla  terra  <*  adoratore  privilegiato  d'un  Ideale  ignoto 
tuttora  ;ii  dìo;  e  questa  fede,  in  sé  e  nella  comunione 
della  propria  vita  colla  vita  delle  generazioni  future,  gli 
è  eonlpeneo  unico  alle  torture  morali  delle  quali  gli  sono 
larghi  i  contemporanei.  Cesare,  Colombo  non  erano  in- 
eonacii.  Né  inconscii  erano  —  Dante  quand'  ci  gettava, 
comi  uria  n  do  il  «auto  XXV  del  Paradiso,  a'  suoi  nemici 
quella   sublime   minaccia  nella  «piale  commentatoli  senza 


106  GKNIO    K   TBNDXNZB    DI    TOMMASO    CARLYLE.  [1843] 

supplication, — Kepler,  when  he  wrote,  "  My  hook 
will  await  its  reader  :  has  not  God  waited  six  thou- 
and  years  before  he  createti  a  man  to  contemplate 
his  works  ì  "  (*) — Shakspeare  himself,  when  he  wrote, 

(t  And  nothing  stands 

And  yet,  to  times  in  hope,  my   verse  shall  stand.  "  t 

— these  men  were  not  unconscious  :  but  even  liad 
they  been  so,  even  were  genius  always  unconscious, 
the  question  lies  not  there.  It  is  not  the  consci- 
ousness  of  genius  that  is  importali t  to  a  man,  but 
of  that  which  he  proposes  to  do  :  it  is  the  conscions- 
ness  of  the  object,  and  not  that  of  the  ineans, 
which  we  assert  to  be  indispensable,  whenever  man 
has  any  great  thing   to  accomplish.  Tliis  conscious- 

(*)  Harmouices  Mundi  :  libri  quinque. 

(t)  Sonnets,  60.     See  also  Sonnets  17.   18.  55,  63,  81,  etc. 


anima  e  senza  mente  non  videro  se  non  una  supplica- 
zione —  Keplero,  quand'ei  scrisse  nell'  Hanno  nices  Mandi: 
«  il  mio  libro  aspetterà  il  suo  lettore  :  non  ha  Dio  aspet- 
«  tato  sei  mila  anni  prima  di  creare  un  degno  contem- 
«  platore  dell'  opere  sue  ?»  —  Shakespeare,  quando  escla- 
mava E  nulla  dura...  ma  nei  tempi  invocati  il  mio  verso 
starà.  (*)  Pur  dov'anche  fossero  stati  inconscii,  e  se  il  Ge- 
nio fosse  tale  perennemente,  non  varrebbe  a  sciogliere 
la  questione.  Non  importa  che  il  Genio  sia  conscio  della 
propria  potenza,  importa  lo  sia  del  fine  eh'  ei  si  propone  : 
coscienza  siffatta  è  indispensabile  a  qualunque  voglia  ten- 
tar grandi  cose.  E  coscienza  siffatta  visse  in  tutti  i  grandi 

(*)  Sonetto  60.  Vedi  anche  i  Son.  17,   18,  55,  63,  81. 


[1843]  GENIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  107 

ness  pervaded  ali  the  great  men  who  bave  embodied 
their  thou^ht,— the  artists  of  the  middle  ages  them- 
selves,  who  bave  transferred  to  storie  the  aspiration 
of  their  souls  towards  heaven,  and  bave  bequeathed 
to  us  Christian  cathedrals,  without  even  graving 
their  names  011  a  corner-stone.  What  then  becomes 
of  the  anathema  hurled  by  Mr.  Carlyle  at  philoso- 
phy  '}  What  becomes  of  the  sentence  passed  vvith  so 
mach  bitterness  against  the  restless  complaints  of 
contemporary  writers  !  What  is  philosophy  but  the 
science  of  ends  f  And  is  that  which  he  calls  the 
disease  of  the  times,  at  the  bottoni  aught  else  than 
the  conscioiisness  of  a  new  object,  not  yet  attained? 
We  know  there  are  many  men  who  pretend,  without 
right  and  without  reality,  that  they  already  possess 
a  complete  knowledge  of  the  meaus.  Is  it  this  that 
lie  attaeks  I  If  so,  let  him  attack  the  premature  cry 
of  triumph.  the  pride,  not   the    plaint.    This  is    but 


che  intesero  a  dar  forma  al  pensiero  —  negli  stessi  ar- 
ti liei  che  espressero  con  pietre  e  marmi,  nei  tempi  di 
mezzo,  1'  aspirazione  dell'  anima  loro  al  cielo  e  innalza- 
rono le  Cattedrali  cristiane  senza  pure  incidere  il  loro 
nome  -ovr'esse.  Or  che  significa  1'  anatema  di  Carlyle  alla 
filosofia  I  E  perché  condanna  egli  con  tanta  amarezza  i 
lagni  irrequieti  degli  scrittori  contemporanei?  Cos'è  la 
filosofia  M  non  la  scienza  dei  fini?  E  cos'è  ciò  eh' ei 
chiama  la  malattia  dei  tempi  se  non  la  coscienza  d'un 
nuovo  Jiiie  non  peranco  raggiunto?  Io  so  che  molti  uo- 
mini ■'  Illudono,  senza  diritto,  ad  avere  in  pugno  la  co- 
ROSeensa  dei  mezzi.  S'  indirizza  a  questi  il  biasimo  di 
Carlyle.'  Diserrila  culi  allora  fra  l'inno  prematuro  del 
trionfo,  fra  il  mal  concetto  orgoglio  e  l'espressione  di 
dolore  eh'  esce  da    que1    scrittori.  Quel  dolore  è  doppia- 


10*  GKNIO    i;    ikm>i:\/.i:    DJ    Tommaso   cari, vi. k.  L843 

the  sign  of  sutfering,  and  a  stiinulus  to  research  :  it 
is  doubly  sacred. 

Doubly  sacred,  we  say, — and  to  niuriuur  at  the 
plaint  is  botli  unjust  and  vain  :  vain, — l'or  w  hatcver 
we  may  do,  tbe  words;  u  the  whole  oreation  groancth.  " 
of  tbe  A  posti  e  wboui  we  love  to  quote  will  be  ve- 
rified  tbe  niost  forcibly  in  tbe  cboicest  intellects, 
wbenever  an  entire  order  of  tbings  and  ideas  sball 
beexbausted;  wbenever,  in  Mr.  (Jarlyle's  plirase,  tbere 
sball  exist  no  longer  any  social  faitb  :  unjust,  fot 
wbile  on  one  side  it  attacks  tbose  wbo  sufter  tbe  niosr. 
on  tbe  otber  it  would  suppress  tbat  wbicb  is  the 
symptoin  of  tbeevil,  andprevent  attention  being  awak- 
ened  to  it.  Buffer  in  silence,  do  you  say?  no,  cry 
aloud  u})on  tbe  bousetops,  sound  tbe  tocsin,  raise 
tbe  alami  at  ali  risks,  for  it  is  not  alone  your  bouse 
tbat  is  on  Are,  but  tbat  of  your  neigbbour,  tbat  of 
every  one.   Silence  is  frequently  a  duty,    wben    suf- 


mente  sacro  :  accenna  a  un  male  esistente  e  sprona  a  cer- 
carvi rimedio. 

Si,  doppiamente  sacro  ;  e  ingiusto  e  a  un  tempo  inutile 
è  il  rimprovero  che  Carlyle  gli  avventa  :  ingiusto  perché 
mentre  morde  quei  che  più  soffrono,  tende  a  nascondere 
il  sintomo  del  male  e  a  lasciare  eli'  altri  s'  addormenti 
nell'indifferenza;  inutile,  perché  le  parole  tutta  la  crea- 
zione geme  dell'  apostolo  eh'  io  cito  con  predilezione  pro- 
romperanno, checché  si  faccia,  dagl'  intelletti  più  nobili 
ovunque  un  intero  ordine  di  cose  e  d'  idee  si  mostrerà 
esaurito,  ovunque  ogni  fede  sociale  sarà  sparita.  Soffrite 
in  silenzio,  voi  dite  ;  no  ;  gridate  dall'  alto  dei  comignoli 
delle  vostre  case,  suonate  a  stormo,  annunziate  con  ogni 
mezzo  il  pericolo,  però  che  non  si  tratta  solamente  di  voi, 
ma  dei  vostri  vicini  e  di  tutti.  Il    silenzio  è  sovente  un 


[1843]  GKNIO    E    TENDENZA    DI    TOMMASO    CARLYLE.  109 

fViin«-  is  0nly  personal  :  it  is  an  error  and  a  fault, 
when  the  sa  fife  ring  is  that  of  niillions.  Oan  we  pos- 
sibly  imagine  that  this  compiami  ng,  this  expression 
of  unrest  and  discontent  whicb  at  the  present  day 
bursts  oat  on  every  side,  is  only  the  effect  of  the 
personal  illusione  of  a  few  egotistical  writers  !  Do 
we  imagine  that  there  can  be  any  pleasure  in  pa- 
rading  one's  own  real  snffering  be  fiore  the  public  ? 
It  is  more  pleasant  to  cause  smiles  than  tears  in 
those  around  us.  But  there  are  times  in  which  every 
oracle  utters  words  of  ili  omen  :  the  heavens  are 
veiled.  evil  is  everywhere:  how  shoiild  it  not  be  in 
the  heart  of  those,  whose  li  fé  vibrates  most  at  the 
trembling  of  the  universa]  life"?  What!  after  proving 
the  evil  every  instant  in  our  pages,  after  showin g 
society  advancing  through  inorai  anarchy  and  devoid 
of  belief  towards  its  dissolution,  can  we  expect  the 


dovere,  quando  siamo  soli  a, patire  ;  è  sempre  ..colpa  gra- 
vissima, quando  milioni  d'  uomini  soffrono.  Possiamo  noi 
plausibilmente  ideare  che  questo  lagno  perpetuo  e  questa 
espressione  d' irrequieto  sconforto  oggi  frequente  su  tutte 
le  labbra  siano  effetto  soltanto  d' illusioni  personali  nu- 
drite  da  meschino  egoismo  negli  scrittori?  0  crederemo 
che  sia  suprema  voluttà  agi'  intelletti  snudare  al  pubblico 
le  proprie  piaghe?  Giova  a  chi  scrive  provocare  chi  legge 
a  lieto  e  geniale  sorriso  più  che  a  pietà.  Ma  sono  tempi 
mi  quali  ogni  oracolo  proferisce  parole  di  tristo  augurio  : 
il  cielo  è  velato  :  il  male  accampa  a  trionfo  per  ogni  dove; 
e  come  non  sarebbe  anche  nell'  anima  d'  uomini  la  cui 
\it;i.  sensibile  oltre  ogni  altra,  concentra  in  sé  i  palpiti 
dell*  vita  universale?  Che!  dovremo  noi  insistere  nelle 
noetre  pagine  sui  mali  esistenti  e  rivelare  1' affrettarsi  a 
rovina   «    dissolvimento   d'una   società  data   all'  auan  hia 


110  (iKNIO    K    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  [1848] 

features  to  reuiain  cairn  ?  are  we  astonished  if  the 
voice  trembles,  if  the  soni  shudders?  Human  thou^iit 
is  disquieted  ;  it  questiona  itself,  listens  to  itself, 
studies  itself:  this  is  evidently  not  its  normal  state. 
Be  it  so;  but  what  is  to  be  done  ?  must  we  abolirà 
thought, — deny  the  intellect  tbe  right,  the  duty  of 
studying  itself  when  it  is  sick?  This  is  indeed  the 
resul t  of  the  essay  on  *  Characteristics,  '  one  of 
Mr.  Oarlyle's  most  reniarkable  works.  The  first  part 
is  truly  admirable  :  the  evil  is  there  perfectly  char- 
actered  and  tbe  principal  symptonis  described  :  bnt 
the  conclusion  is  most  lame  and  impotent.  It  ends 
by  suppressing  (hoiv,  is  not  indicated)  tbe  disquietude, 
or  what  he  terms  the  "  self-sentience,  "  the  "  self- 
survey,  "  the  consciousness.  Would  it  not  be  better  to 
suppress  the  malady  which  produce»  it?  There  is  a 
brilliant  passage  at  the  end  of  this  same  essay,  which 
serves  us  as  a  conclusive  reply  :  — 


e  diseredata  di  fede,  senza  che  la  voce  tremi  e  un  bri- 
vido corra  dal  cuore  ai  lineamenti  del  volto  ?  L' agitarsi 
irrequieto,  V  interrogarsi,  il  sottoporre  se  stesso  ad  ana- 
lisi, non  è  condizione  normale  dell'intelletto;  ed  è  vero 
—  pur  dobbiamo  noi  abolire  il  pensiero,  contendere  al- 
l' intelletto  il  diritto,  il  dovere  di  studiare  se  stesso  e  le 
proprie  infermità.  Il  saggio  Caratteristiche  di  Carlyle  volge 
a  conchiusione  siffatta.  La  prima  parte  è  mirabile  e  de- 
scrive eloquentemente  in  ogni  suo  più  minuto  sintomo 
il  male  :  la  seconda  è  singolarmente  manchevole  e  inef- 
ficace. Carlyle  comanda  in  essa  agli  uomini  di  soppri- 
mere —  il  come  non  v'  è  accennato  —  V  irrequietezza, 
1'  anatomia  di  se  stessi,  1'  esame  de'  propri  guai.  Or  non 
sarebbe  da  preferirsi  la  ricerca  dei  rimedi  alle  infermità 
che  producono  quelle  condizioni  anormali  ? 


[1843  |  GKNIO    E    TENDICNIK    DI    TOMMASO    CARLYLK.  Ili 

"Do  we  not  al  ready  kuow  tbat  the  name  of  the 
Infinite  is  Good,  is  God  ì  Here  on  earth  we  are  as 
soldiers,  fighting  in  a  foreign  land,  tbat  understand 
not  the  pian  of  the  campaign,  and  bave  no  need  to 
understand  it  ;  seeing  well  what  is  at  onr  band  to 
be  done.  Let  ns  do  it  like  soldiers,  witb  submission. 
with  conrage.  witb  a  beroic  Joy.  '  Whatever  thy  band 
fìndetb  to  do.  do  it  with  tby  migbt.  '  Behind  us, 
beliind  each  one  of  us,  lie  six  thousand  years  of 
human  eftbrt,  human  conquest  :  before  us  is  the  bo 
undless  Time,  with  its  as  yet  uncreated  and  uncon- 
quered  continents  and  Eldorados,  which  we.  even 
we,  bave  to  conqner,  to  create  ;  and  from  the  bosom 
of  E  terni  ty,  sbine  for  us  celestial  guiding-stars." 

We  bave  selected  this  passage,    because,   appro- 
aching  as  it  does  near  to  the  tratti  in  the  last  liues, 


«  Non  sappiamo  noi  »  —  cito  una  splendida  pagina 
di  quel  Saggio  —  «  che  il  nome  dell'  Infinito  è  Buono, 
«  è  Dio  ?  Qui  sulla  terra,  noi  stiamo  come  soldati  che, 
«  coni  battei)  do  in  contrade  straniere,  ignorano  il  disegno 
«  ultimo  della  guerra,  né  sentono  il  bisogno  di  cono- 
«  sceilo,  chiamati  coni'  essi  sono  a  compire  1'  operazione 
«immediata  dell'oggi.  Compiamola  come  soldati,  som- 
4  messi,  «oli  forte  animo  e  lietezza  d'  eroi.  Poni  tutte  le 
«  tue  forze  in  fare  ciò  che  via  via  le  circostanze  V  affacciano. 
«  Dietro  noi.  dietro  ciascuno  di  noi,  stanno  sei  mila  anni 

-  di   sforzi    umani,  (rumane  conquiste:  davanti  a    noi  si 

-  stende  senza  limiti  il  Tempo  con  tutti  i  suoi  continenti 
<  incieliti,  inconquistati,  che  noi,  noi  medesimi,  dobbia- 
■•  ino  conquistare,  creare,  e  dal  seno  dell'  Eternità  splen- 
•  dono  a  guidarci  le  stelle  celesti.  »  Ho  scelto  fra  molte 
queste    lince    perché,   avvicinandosi    al    vero    sulla    line  e 

contraddicendogli,  coìn' io  eredo,  mi  cominciare,  rendono 


112  GKNIO    B    TBNDENZK    DI    i(#IMASo    0ARLTL1  [1843] 

and  contradieting  fchein  (in  oer  opinion)  in  the  first . 
ir  appears  to  us  to  include  in  essencealJ  the  certain- 
ties  and  uncertainties,  the  "  everlasting  Yen  ?'  and 
the  u  everlasting  No"  of  Mr.  Oarlyle.  God  and  Di  tv 
—  these  are  in  fact  the  two  sacred  words,  w  li  irli 
mankind  has  in  ali  criticai  perioda  repeated,  and 
whicb  at  the  present  day  stili  contain  the  tneans  of 
sai  vati  on.  But  Ave  must  know  in  what  manner  these 
words  are  understood. 

We  ali  seek  God  :  but  where,  bow,  with  what 
aim  !  This  is  the  question.  Seek  him,  Mr.  Oarlyle 
will  say,  in  the  starry  fìrmament,  on  the  wide  oeean, 
in  the  cairn  and  pure  brow  of  a  heroic  man  :  above 
ali,  in  the  words  of  genius  and  at  the  bottoni  of 
your  heart,  freed  from  ali  egoistic  passions.  God  is 
everywhere:  learn  to  find  him.  You  are  surrounded 
by  his  miracles  :  you  swim  in  the  Influite  :  the  Influite 
is  also   within   you.  Believe, — you  will  be  better  ; 


immagine  di  tutte  le  certezze  e  incertezze,  dell'  eterna 
Si  e  dell'  eterno  No,  tra  i  quali  oscilla  1'  intelletto  dello 
scrittore.  Dio  e  il  Dovere  —  son  queste  infatti  le  due 
sacre  parole  ripetute  ad  ogni  periodo  critico  dall'  Uma- 
nità e  nelle  quali  si  racchiudono  anch'  oggi  le  vie  di  sa- 
lute. Ma  nel  come  intenderle  sta  la  questione  vitale  per  noi. 
Cerchiamo  noi  tutti  Dio;  ma  dove,  come,  con  quale 
intento  ?  la  questione  è  tutta  qua  dentro.  Cercatelo,  dirà 
Carlyle,  nel  cielo  stellato,  siili'  immenso  oceano,  nell'  a- 
spetto  tranquillo  e  sereno  d'un  eroico  mortale,  più  che 
altrove  nella  parola  del  Genio  e  nel  profondo  del  vostro 
cuore  purificato  d'ogni  egoismo.  Dio  è  in  ogni  luogo:  im- 
parate a  trovarlo.  I  suoi  miracoli  vi  circondano;  voi  nuo- 
tate nell'  Infinito  e  l' Infinito  è  in  voi  pure.  Abbiate  fede  : 
diventerete  migliore  e  sarete  ciò  che  1'  uomo  deve  essere. 


[1843]  GBNIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLE.  113 

voli  will  be  what  man  should  be.  True  indeed, — but 
how  create  beliefl  This,  again,  is  the  question. 
In  ali  periods  of  the  history  ot'  mankiud  there  have 
been  inspired  nien  who  have  appeaìed  to  every  ge- 
nerous.  great,  divine  emotion  in  the  human  heartr 
ngainst  material  appetites  and  selfish  instincts.  These 
inen  have  been  listened  to  ;  mankind  has  believed  : 
it  has,  durine  several  centurie^  done  great  and  good 
thiugs  in  tlie  name  of  its  creeds.  Then  ifc  has  stopped, 
and  eeased  to  produce.  Wliy  so  ì  Was  the  thing  it 
had  believed,  false?  No,  it  was  incomplete:  like  ali 
human  things.  it  was  a  fragment  of  absolute  trutli, 
eombined  with  inany  truths  relative  to  time  and 
pince,  destined  to  disappear  after  having  borne  their 
fruit  and  when  the  human  intelligence  should  be 
ripe  for  a  higher  initiation.  When  this  period  arrives, 
ali  isolateci  exhoitation  to  faith  is  useless.  What  is 
preached  may  be  eminently  sage  and  inorai  ;  it  may 


lutto  questo  è  vero;  pur  come  può  crearsi  la  fede?  In 
nmi  i  grandi  periodi  storici  dell' Umanità  sorsero  uomini 
ispirati  i  quali,  suscitando  i  grandi,  generosi  divini  im- 
pulsi dell9  anima,  mossero  guerra  agli  appetiti  materiali^ 
■gì'  istinti  dell'egoismo.  E  trovarono  ascoltatori.  L'Uma- 
nità ebbe  fede;  e  in  nome  d'una  credenza,  compi  buone 
i  solenni  cose  per  alcuni  secoli.  Poi  s'arrestò;  e  cessò 
d"  operare.  Perché?  Era  falsa  quella  credenza?  No;  ma 
imperfetta,  incompiuta:  era,  come  tutte  le  umane  cose 
un  frammento  del  Vero  assoluto,  ingombro  di  realtà  ap- 
partenenti al  tempo  e  allo  spazio,  destinate  a  perire  dopo 
unii  certa  somma  di  risultati  e  quando  V  intelletto  umano 
avrebbe  raggiunto  il  momento  d'una  più  alta  inizia- 
zione E  giunto  quel  momento,  ogni  isolata  esortazione 
alla   fede  riesce   sterile,  inefficace.    La    predicazione    può 

Mazzini,  Scritti,  eoe.,  \<>l.   XXIX   <  !..  tt.-iatuni,  voi.  V).  H 


114  GKNIO    R    TK.NDKXZK    DI     TOMMASO    CARLYMC.  [1843] 

bave,  Jiere  and  thére,  the  authority  of  an  individuai 
system  of  philosophy,  but  it  will  never  coinpel  belici. 
It  inay  meet  with  a  sterile  tlieoretic  approbatìon, 
but  it  will  not  cotnmand  the  practice,  it  will  not 
dietate  the  action,  it  will  not  gain  that  mastery 
over  the  li/e  of  men  whicli  can  make  it  fruitf'ul  in 
ali  its  manifestations.  If  the  eontrary  were  trae, 
there  is  no  religion  that  could  not  make  the  universe 
exist  for  e  ver  in  harmony,  by  the  morality  which 
is  either  developed  or  involved  in  it.  But  there 
are  times  in  which  ali  efforts  are  paralyzed  by 
apathy,  except  we  chance  (by  the  development 
of  new  relation 8  betwTeen  men,  or  by  calling  into 
action  an  element  hitherto  suppressed)  the  starting- 
point  of  social  energy,  and  give  a  strong  shake  to 
the  intellect,  which  has  fallen  asleep  from  want  of 
nourishment. 


«ssere  saggia  e  morale  :  può  assumere  a  intervalli  auto- 
rità di  sistema  filosofico  individuale,  ma  non  creare  la 
fede.  Essa  otterrà  forse  una  fredda  teorica  approvazione, 
ma  la  pratica,  la  sfera  degli  atti,  le  rimarrà  inaccessi- 
bile. La  vita  umana  nel!'  unità  delle  "sue  manifestazioni 
sfuggirà  ostinatamente  all'  influenza  d'  ogni  apostolato  in- 
dividuale. Se  fosse  altrimenti,  ogni  religione  manterrebbe 
per  sempre,  mercé  la  morale  eh'  essa  dichiara  o  racchiude 
implicita,  1'  armonia  del  mondo  terrestre.  Ma  esistono 
tempi,  nei  quali  ogni  sforzo  è  vinto  dall'  apatia  univer- 
sale e  a  superarla  è  necessario  mutare  —  sviluppando 
nuove  relazioni  tra  gli  uomini  o  chiamando  in  azione  ele- 
menti condannati  finallora  a  giacersi  inerti  —  il  punto 
onde  move  V  energia  sociale  e  scotere  violentemente  1'  in- 
telletto intorpidito  delle  moltitudini. 


[1843]  GENIO    E    TKNDKNZE    DI    TOMMASO    CAltLYLB.  115 

We  ali  seek  God  ;  but  we  know  tbat  bere  below 
we  cannot  attain  unto  bini,  nor  comprehend  bini, 
nor  contemplate  bini:  the  absorption*  into  God  of 
tbe  Brah  nimicai  religions,  of  Plato  and  of  some 
modera  ascetics,  is  an  illusion  that  cannot  be  re 
alized  :  we  are  too  far  off.  Onr  aim  is  to  approacb 
God  :  tbis  we  can  do  by  our  works  alone.  To  in- 
carnate, as  far  as  jiossible,  bis  Word  ;  to  translate, 
to  realize  bis  Thought,  is  our  ebarge  bere  below. 
It  is  not  by  contemplatine  bis  works  tbat  we  can 
fnlfil  our  mission  upon  eartb  ;  it  is  by  devoti ng 
ourselves  to  tbe  e  volli  ti  on  of  bis  work,  witbont  inter- 
ruption,  witbont  end.  The  eartb  and  man  touch  at  ali 
points  on  the  infinite:  this  we  know  well,  but  is  it 
enougb  to  know  tbis?  bave  we  not  to  march  onwards, 
to  advance  into  this  infinite!  But  can  the  individuai, 
finite  creature  of  a  day  do  this,  if  he  relies  only  upon 


Xoi  tulli  cerchiamo  Dio  ;  ma  sappiamo  di  non  potere 
qui  sulla  terra  raggiungerlo  o  intenderlo  o  contemplarlo  : 
1'  assorbimento  in  Dio  delle  religioni  Brabmaniche,  di  Pla- 
tone e  d'alcuni  moderni  ascetici,  è  illusione  e  rimarrà  tale. 
Lo  stadio  rappresentato  dalla  vita  terrestre  è  troppo  in- 
tcriore al  concetto.  L'  intento  nostro  è  d'avvicinarsi  d'  un 
grado  a  Dio,  e  noi  possiamo  se  non  coli'  opere  nostre. 
Incarnare,  quanto  è  possibile,  la  sua  Parola  ;  tradurne 
in  t';iiti.  (oiiic  concedono  le  facoltà  nostre,  il  Pensiero: 
<  questa  la  nostra  missione  umana.  Né  può  compirsi 
eolia  sola  <•  iterile  contemplazione  delle  sue  opere,  ma 
irolgendone,  con  lavoro  continuo,  il  disegno.  La  terra 
e  1"  uomo  toccano  pei  Ogni  lato  V  infinito  ;  ina  a  ebe  giova 
-e  non  moviamo  innanzi  a  innoltrarci  in  esso?  Or  può 
1'  Individuo,  finito  e  creatina  d1  un  giorno,  riuscirvi  se 
non    aggiungendo    le    forze    altrui    alle    proprie.'    K   ila    che 


116  QRNiO    K   tkndknzk    i>i    TOMMAJK)    CMU.VI.K.  [1848 

bis  own  powersf   It   is  precisely   [Vomì  having  found 

themselves  for  an  instant  face  to  face  with  infinity. 
wibhout  calculating  apoti  other  faculties,  upon  other 
powers  than  their  own,  timi  some  of  the  greatest 
intelleets  of  the  day  bave  beeii  led  astray  into  K<-<*p- 
tieisui  or  misautbropy.  Not,  identifyiug  themselves 
snfficiently  with  inankind,  and  starti  ed  al  bbe  dia* 
proportion  between  the  object  and  the  means,  bhey 
have  ended  by  viewing  everywliere  death  and  an- 
nihilation,  and  bave  no  longer  had  courage  for  th<* 
conflict.  The  ideal  has  appeared  to  them  like  a  tre- 
niendous  irony. 

In  trufcli,  human  lite  regarded  from  a  merely 
individuai  point  of  view  is  a  melanoholy  thing.  Glory, 
power,  grandeur,  ali  perigli, — playthings  of  a  day, 
broken  at  night.  The  niothers  who  loved  us,  whom 
we  love,  are  snatehed  away  ;  friendships  die,  and 
we  survive  them.  The  phaiitom  af  death  watches  by 


mai  deriva  la  tendenza  che  precipita  nello  scetticismo  o 
nella  misantropia  alcuni  de'  più  nobili  intelletti  dei  no- 
stri giorni,  se  non  dall'  essersi  essi  trovati  senz'altro  aiuto 
che  delle  loro  facoltà  individuali.,  a  fronte  del  problema 
dell'  Infinito1?  Colpiti,  schiacciati  dallo  squilibrio  fra  V  og- 
getto e  i  mezzi,  essi  finirono  per  vedere  morte  e  annien- 
tamento per  ogni  dove.  L' ideale  apparve  ad  essi  come 
tremenda  ironia. 

E  davvero  la  vita,  se  guardata  come  cosa  meramente 
individuale,  è  spettacolo  d' immensa  mestizia  :  non  altro. 
Gloria,  potere,  grandezza,  tutto  perisce  :  stromenti  d'  mi 
giorno,  ridotti  a  frantumi  dalla  inevitabile  notte.  Le  ma- 
dri che  amammo  e  ci  amarono,  ci  sono  strappate  :  le 
amicizie  muoiono  e  noi  sopravviviamo  ad  esse.  Il  fanta- 
sma della    morte  siede  al    guanciale  dei    nostri  cari  :    il 


GKNIO    E    TBNOUNZK    DI    TOMMASO    CAIÌLYI.K.  117 

the  pillow  ofthose  dear  to  us  :  the  liveliest  and  pu- 
rest  love  would  be  a  bitter  irony,  were  it  not  a  promise 
for  the  future;  and  tbis  promise  itself  is  not  felt 
strongly  enough  by  us,  such  as  we  are  at  the  present 
day.  The  intellectual  adoratimi  of  truth,  without 
hope  of  realization,  is  sterile  :  tbere  is  a  larger  void 
in  our  souls,  more  room  for  the  truth  than  we  can 
fili  dnring  our  short  terrestrial  existenee.  Break 
the  bond  of  conti nuity  between  ourselves  and  the 
generation^  whieli  bave  preceded  and  shall  follow 
us  upon  the  earth.  and  what  is  the  devotion  to  ideas 
but  a  sublime  folly  ?  Annihilate  tbe  connexion  of 
ali  liumau  lives,  eftace  the  infallibilìty  which  lies  in 
the  progression  of  eollective  inanimici,  and  wliat 
beeomes  martyrdom  but  a  suicide  without  an  objectJ 
Who  would  sacrifìce — not  bis  lite,  l'or  tbat  is  little 
—  but  ali    the  days  of   bis    life,    his    affections,   the 


pili  puro  e  fèrvido  amore  sarebbe  amara  ironia,  se  non 
fosse  ima   promessa  di  avvenire;  e  anche  questa  promessa 

è  sentita,  nelle  condizioni  imperfette  della  natura  umana, 
languidamente  ds  noi.  1/ adorazione  intellettuale  del  Vero, 
senza  speranza  d'incarnarlo  nei  fatti,  è  sterile:  quel 
tanto  di  velila  die  noi  possiamo,  nei  brevi  giorni  del- 
l' esistenza  terrestre,  raggiungere  e  rappresentare,  non  ba- 
sta .'  riempire  il  vuoto  dell'  anima.'  Rompete  il  vincolo 
di  continuità  tra  noi  e  le  generazioni  che  furono  innanzi 
a  noi  «•  saranno  dopo  noi  sulla  terra,  e  la  devozione  alle 
idee  apparila  sublime  follia.  Struggete  il  nesso  fra  tutte 
le     vite     umane,    cancellate     I*  infallibilità     che     giace     nel 

progresso  dell'Umanità  collettiva,  poi  ditemi  se  il  mar- 
tirio non  diventa  un  suicidio  senza  intento  possibile.  (  lii 
mai    Porrebbe    sagrifieare  non    dirò    la    vita,   ciré   poca 

cosa         ma    tutti    i    giorni    della  vita  e   gli    affetti    e    la   pace 


118  GKNIO    E    1  KMH.W.K    DI    TOMMASO    CAKI.VI.K.  [1843] 

peace  of  those  he  loves,  Por  country,  for  human  li- 
berty, for  the  evolutioo  of  a  great  inorai  bhought, 
wheu  a  few  years,  perhaps  a  few  days,  will  sutìice 
to  destro?  iti  Sadness,  exhaustless  sadness,  disoor- 
dance  betweeu  the  will  and  the  power,  disenchant- 
ment,  discouragement, — suoli  constitute  lite,  wlien 
looked  at  only  from  tlie  individuai  point  of  view. 
A  few  rare  intellects  eseape  the  common  law  and 
attain  calmness  ;  but  it  is  the  cairn  of  inaction,  of 
contemplatimi  ;  and  contemplatici!  here  on  earth  is 
the  selfishness  of  genius. 

We  repeat,  that  Mr.  Oarlyle  has*  instinoti vely  ali 
the  presentiments  of  the  period;  but  not  under- 
standing,  not  admitting  throughout,  wliere  he  la- 
bours  with  the  intellect  rather  than  with  the  heart. 
the  collective  life,  it  is  absolutely  impossi ble  for 
him  to  fìnd  the  means  of  realization.  A  perpetuai 
antagonism  prevails    throughout    ali  that    he  does  i 


di  quei  che  s'  amano,  per  la  Patria,  per  la  libertà  umana, 
per  lo  sviluppo'  d'  un  grande  pensiero  morale,  quando 
pochi  anni,  pochi  giorni,  possono  bastare  a  distruggerne 
la  conquista  ?  Mestizia,  mestizia  senza  fine,  ineguaglianza 
tra  il  volere  e  la  forza,  delusione,  sconforto  —  son  queste 
inseparabili  compagne  alla  vita  guardata  unicamente  nel- 
V  individuo.  Pochi  e  rari  intelletti  sfuggono  alla  legge 
comune  e  raggiungono  uno  stato  di  calma  ;  ma  è  calma 
d'  inerzia,  di  contemplazione;  e  la  contemplazione  quag- 
giù non  è  se  non  P  egoismo  del  Genio. 

Io  lo  ripeto  :  Carlyle  ha  instintivamente  tutti  i  pre- 
sentimenti dell'  epoca  nuova;  ma  seguendo  pili  che  il  core 
il  solo  intelletto  e  fraintendendo,  rifiutando  il  concetto 
della  vita  collettiva,  ei  rinunzia  a  ogni  possibilità  di  ve- 
rificarli praticamente  quando  che  sia.  Un  perpetuo  antago- 


[  1 843]         QaeSUO  e  tendenze  di  Tommaso  carlyle.  119 

bis  instinets  drive  liiro  to  action,  his  theory  to 
contempi  ation.  Faith  and  discourageinent  alternate 
in  his  works,  as  tbey  must  in  his  soni.  He  weaves 
and  nnweaves  his  web,  like  Penelope  :  he  preaches 
by  torna  lite  and  nothinguess  :  he  destroys  the 
powers  of  his  readers,  by  continually  carrying  them 
troni  heaven  to  hell,  from  hell  to  heaven.  Ardent. 
and  almost  menaciug,  upon  the  ground  of  idea,  he 
become8  tinrid  and  sceptical  as  soon  as  he  is  en- 
gaged  on  that  of  its  application.  We  may  agree 
with  bini  with  respect  to  the  aim — we  cannot  re- 
specting  the  means  ;  he  rejects  them  ali,  but  he 
proposes  no  others.  He  desires  progress,  bnt  dislikes 
progressi ves:  he  foresees,  he  announces  as  inevitable. 
great  changes  or  revolutions  in  the  religious,  social, 
politicai  order  ;  bnt  it  is  on  condition  that  the  re- 
volution isfs  take  no  part  in  them  :    he   has  written 


nismo  è  visibile  in  ogni  sua  cosa  :  i  suoi  istinti  lo  spronano 
all'azione,  la  sua  teorica  lo  condanna  alla  contemplazione 
oziosa.  Fede  e  sconforto  alternano  ne'  suoi  libri,  e  senza 
dubbio  Dell1  anima  sua.  Ei  tesse  e  distrugge,  come  Pene- 
lope, la  propria  tela;  predica  or  la  vita  ora  il  nulla: 
Itaaca  e  logon  le  facoltà  (lei  lettori  trascinandole  senza 
posa  dal  cielo  al  1'  inferno,  dall'inferno  al  cielo.  Ardito 
e  qómJ  minaccioso  sul  campo  dell'idea,  ei  diventa,  non 
>i  tosto  ^*  a  Ha <  eia  a  quello  dell'  applicazione,  timido  e  scet- 
tico. Noi  possiamo  consentire  con  lui  quanto  alfine;  noi  pos- 
siamo sui  mazzi  ;  ei  li  rigetta  tutti,  ad  uno  ad  uno,  senza 
proporne  alcuno  di  suo.  Kgli  brama  progresso,  ma  guarda 
OOtilfl  a  (pianti  si  dichiarano  progressivi:  presente,  an- 
nunzia siccome  inevitabili,  grandi  mutamenti  o  rivolu- 
zioni neir  online  sociale,  politico,  religioso,  ma  a  patto 
eludere  quanti    si    collocano,  francamente  rivolniio- 


120  GHNIO    R   tkndi-.n/.k    DJ    TOMMASO    I  Ain.vi.K.  [1843 

inany  admirable  pagee  od  Kiiox  and  Croinwell;  but 
the  chance»  are  fchat  lie  wonld  bave  written  ;is  ad- 
mirably,  althoogh  less  truly.  against  them,  had  he 
lived  at  the  commenoement  of  their  struggles.    Give 

him  the  past — give  him  a  power,  an  idea,  something 
which  has  triuinphed  and  borne  ita  fruita — so  tliat. 
placed  thns  at  a  distance,  he  can  examine  and  coni 
prehend  it  under  ali  ita  points  of  view,  calnily.  at  bis 
eaae,  without  fear  of  being  troubled  by  ir.  or  drawn 
into  the  spliere  of  ita  action — and  he  will  see  in  ir 
ali  that  there  ia  to  see,  more  than  others  are  able 
to  see.  Bring  the  object  near  to  him,  and  as  with 
Dante's  souls  in  the  i  Inferno,  '  bis  vision,  his  fa- 
culty  of  penetration  is  clouded.  If  his  judgenient 
respecting  the  F  rendi  revolution  be  in  our  opinion 
very  incomplete,  the  reason  is  that  the  event  is  stili 
continned,  and  that  it  appeara    to  him    living    and 


nari,  al  lavoro;  né  forse  le  mirabili  pagine  che  egli  scris.se 
su  Knox  e  Cromwell  sarebbero  state  scritte  mai  se  quei 
due  potanti  gli  fossero  contemporanei.  Ponetegli  innanzi 
il  passato  ;  ponetegli  innanzi  una  forza,  una  idea,  un 
elemento  qualunque,  che  abbia  trionfato  degli  ostacoli  e 
generato  conseguenze  pratiche  —  tanto  eh'  ei  possa  esa- 
minarlo ed  intenderlo,  sotto  ogni  aspetto  e  pacatamente 
e  senza  timore  d'  essere  trascinato  egli  stesso  in  azione 
—  ed  ei  vi  ravviserà  quanto  è  da  ravvisarvisi  e  più  eh'  altri 
non  sa  ravvisarvi.  Trasportate  quell'  oggetto  nel  presente: 
e  —  come  accade  ai  dannati  di  Dante  —  le  sue  facoltà 
di  penetrazione  s'  annebbiano.  Se  i  suoi  giudizi  intorno 
alla  Rivoluzione  Francese,  sono,  come  a  me  paiono,  so- 
vente errati  e  imperfetti,  attribuitelo  al  loro  aggirarsi  in- 
torno a  un  fatto  non  compiuto  finora  e  fecondo  di  vita 
e  pregno  d'  agitazione  per  lui.    Il  passato  può  aspettarsi 


1843j  GKNIO    E    TKNOKNZB    DI    TOMMASO    CARLYLK.  121 

disturbili^'.  Tlie  past  has  everything  to  expect  troni 
him — the  presene  nothing — not  even  common  justice. 
Have  patience,  he  says,  to  those  who  complain  :  ali 
will  come  to  pass,  but  not  in  your  way  :  God  wiìl 
provide  the  means.  I>y  whom  then  will  God  provide 
means  upon  earth  unless  by  ns  f  are  we  not  bis 
agents  nere  below  ì  Onr  destinies  are  within  ns  : 
to  nnderstand  them,  we  need  intellect — to  accom 
plish  them,  power.  And  why  does  he  assign  us  the 
first,  without  the  secondi  Wherefore  does  he  speak 
to  us  at  tinies.  in  such  beautiful  passages,  of  liope 
and  faith,  of  the  divine  principle  that  is  within  us, 
of  the  duty  which  calle  us  to  act,  and  the  next 
instaiit  smile  with  pity  npon  ali  that  we  attempt, 
— and  point  to  us  the  night,  the  vast  night  of  ex 
tinction.   swallowing  up  ali   our  eftbrts  \ 

There  is;  in  our  opinion,  something  very  incom- 
plete,  very  narro  w.   in  this  kind  of  contempt  which 


giustizia  e  verità  d'esame  da  Cailvle  :  il  presente  no. 
Si.u «■  pazienti,  ei  va  dicendo  a  quanti  si  dolgono  :  ciò 
ohe  invocate  verrà,  ma  per  vie  diverse  dalle  vostre  e 
provvedute  da  Dio.  Or  per  mezzo  di  chi  Dio  provvede  se 
non  degli  uomini  !  Non  siamo  noi  dunque  gli  artefici  suoi 
quaggiù  1  I  nostri  fati  vivono  in  noi:  per  intenderli,  ci 
occorre  intelletto;  per  compirli,  potere.  E  perché  conce- 
dendoci il  primo,  ei  s'ostina  a  negarci  il  secondo?  Per- 
che (  i  parla  egli,  talora,  in  pagine  splendide  di  bellezza, 
parole  di  speranza  e  di  fede  intorno  al  principio  divino 
clic  t'agita  in  noi  e  al  dovere  d'agire  per  sorrider»'  un 
istante  dopò  d' ogni  nostro  tentativo,  per  additarci  immi- 
nente la  notte,  l'eterna  notte  divoratrice  dei  nostri  sforzi.' 
\   in»-  lo  scherno  del   «piale   Carlyle  minaccia   a  ogni 

tanto    gli    uomini    che    s' all'accendano    intorno    a    riforme 


122  (iKMii    K    TKNDKjfZK    DI    Tommaso    CARI.YLK.  [1843] 

Mr.  Oarlyle  exhibits,  wlienever  he  meets  in  his  patb 
with  auything  bhat  meo  ha  ve  àgreed  bo  cali  politicai 
re forin.  The  forms  of  governine nt  appear  to  him 
almost  without  meauing  :  such  objects  as  the  ex- 
tension  of  the  suffrago,  the  guarentee  of  any  kind 
of  politicai  right,  are  evidently  in  his  eyes  pitifal 
fchings,  materialism  more  or  less  disguised.  What 
he  requires  is,  that  raen  should  grow  better,  bhat 
the  number  of  just  men  should  increase  :  one  wise 
man  more  in  the  world  would  be  to  him  a  fact  of 
more  importanee  than  ten  politicai  revolution»/  It 
would  be  so  to  us  also,  were  we  able  to  create  him 
as  Wagner  does  his  Homunculus  by  blowin«i  OB  the 
furnaces, — il'  the  changes  in  the  politicai  order  <>f 
things  did  not  precisely  constitute  those  very  ma- 
ni festa  tions  which  appear  to  us  indispensable  to  the 
life  of  the  just  and  wise  man.  When  a  creed  is  the 
professed  object,  we  must  not  capriciously  destroy 
the  instruments  which  may  enable  us  fnlly  to  at- 
tain  it. 


politiche,  sembra  indizio  di  mente  angusta  e  singolarmente 
imperfetta.  Le  forme  governative  non  hanno,  diresti,  va- 
lore per  lui  :  le  agitazioni  intorno  al  suffragio  universale, 
o  ad  ogni  altro  diritto  politico,  gli  sembrano  indegne  di 
cooperazione,  materialismo  più  o  meno  celato.  Ciò  eh'  egli 
vuole  dagli  uomini  è  il  loro  miglioramento  morale  :  un 
giusto,  un  savio  aggiunto  a  quei  che  già  esistono  sulla 
terra,  gli  sembra  conquista  più  assai  importante  che  non 
dieci  rivoluzioni.  E  sarebbe  tale  per  noi,  se  potessimo, 
come  Wagner  crea,  soffiando  in  fornace,  1'  Homunculus, 
creare  quel  giusto  sapiente  —  se  un  mutamento  nelL'  or- 
dine politico  delle  cose  non  paresse  appunto  condizione 
indispensabile  a  crearlo. 


[184  3]  GENIO    K    TRNDSNZK    DI    TOMMASO    CARLYLE.  123 

We  kuow  well  enongh,  tliat  tbere  are  too  many 
nien  wlio  lose  the  reinembranee  of  God  in  the  symbol, 
wìio  do  not  go  beyond  questions  of  forni,  contract 
a  love  for  them,  and  end  in  a  kind  of  liberalisni 
for  liberalisni' s  sake.  We  do  not  need  to  enter  our 
protest  against  this  capricc,  if  the  reader  has  paid  atten- 
tionto  what  we  have  already  said.  In  our  viewthe  real 
problem,  wliich  rules  ali  politicai  agitation,  is  one 
of  education.  We  believe  in  the  progressive  inorai 
amelioration  of  man  as  the  sole  important  object 
of  ali  labour,  as  the  sole  strict  duty  which  ought 
to  direct  us  :  the  rest  is  only  means.  But  where 
the  liberty  of  means  does  not  exist,  is  not  its 
atfainment  the  first  thing  need  fui  ?  Take  an  ensla- 
ved  country, — Italy  for  example, — there  we  find  no 
•MÌiication.   no    press,    no    public  meetings:  but  cen- 


so che  a  molti  accade  di  smarrire  nel  simbolo  il  Dio, 
•  soffermandosi  nelle  questioni  di  forma,  innamorarsi 
d'esse  e  farsi  parteggiane  di  liberalismo,  per  amore  di 
liberalismo,  senz'altro  scopo.  Non  parmi,  per  poco  che 
il  lettore  abbia  inteso  ciò  di'  io  dissi  finora,  di  dover 
protestare  contro  capriccio  siffatto.  Per  me  il  vero  pro- 
blema die  governa  ogni  agitazione  politica  è  un  pro- 
blema <1"  educazione.  Credo  che  il  miglioramento  morale 
progressivo  dell'  uomo  sia  il  solo  fine  importante  d'  ogni 
nostro  lavoro,  il  solo  dovere  al  quale  si  debba  pei  noi 
serbar  fede:  tutte  l'altre  sono  questioni  di  mezzi.  Ma 
dove  libertà  di  messi  non  è,  non  dobbiamo  noi  ado- 
prarci  a  conquistarla  anzi  tutto  ?  Eccovi  una  terra  schiava, 
I"  Italia  a  cagione  d' esempio  :  (4)  là  non  è  educazione, 
io-  stampa,  né  diritto   «li   pubbliche   adunanze,  ma  vi  ab- 

C)  Bicordi   il  lettore  L'anno  nel  qnalc  i<>  ■eriYeya  [1862]. 


124-  GKNIO    R   TKNOKNZK    I>l    TOMMASO    <  a  i;  i.Yi.i:.  [1843] 

sors.  who,  after  baving  mutilateci  a  literary  jour- 
nal for  years,  seeing  th.it  it  stili  survives,  suppress 
it  nlt  o^et  Iht  ;  (*) — arco  bi  shop  s,  who  preacb  againsl  ali 
kinds  of  poputóf  instrnction,  and  declare  the  esta- 
blishment of  infant-schools  to  be  immoral;  (**) — 
princesj  who  stani])  ali  the  books  belonging  botheir 
subjects.  (#*#)  What  can  be  (Ione  to  ameliorate  in 
such  a  country  the  inorai  and  intellectual  conditi ón 
of  felle  people  ?  Take  a  country  of  serfs, — l'oland  or 
Russia  for  example, — how  can  we  set  about  the  ;it 
tenipt  to  annihilate  the  rcally  existing  distinction  ì 

(*)  The  '  Subalpino,  '  the  '  Letture  Popolari,  '  in  Pied- 
niont  ;  the  ;  Antologia  '   at  Florence,   e, te. 

(**)  The  Archbishop  of  Turili,  Franzoni,  in  a  pastora! 
letter. 

(***)  The  Duke  of  Modena. 


bondano  censori  che  dopo  aver  mutilato  per  anni  un 
giornale  letterario,  vedendolo  pure  ostinato  a  vivere,  lo 
sopprimono  (l)  —  arcivescovi  che  predicano  contro  ogni 
insegnamento  popolare  e  dichiarano  cosa  immorale  lo  sta- 
bilimento di  scuole  infantili  (2)  —  principi  che  affiggono 
uno  stampo  a  tutti  i  libri  appartenenti  ai  sudditi  loro.  (3) 
Che  mai  può  farsi  a  migliorare  la  condizione  morale  e 
intellettuale  del  popolo  in  terra  siffatta?  Eccovi  un  paese 
dove  vive  pressoché  universale  il  servaggio,  la  Polonia, 
la  Russia  :  come  mai  ci  ad  opreremo  ad  abolire  le  distin- 
zioni odiose,  che  deturpano    la    società   se    non  con   una 

(*)  Il  Subalpino,  le  Letture   Popolari   in    Piemonte:  l'Anto- 
logia in  Firenze,   ecc. 

(2)  L'  Arcivescovo  Franzoni,  in  Torino,  in  una  lettera  pa- 
storale. 

(3)  Il  Duca  di  Modena. 


[1843]  QKNiO    K    TKNDRNZK    DI     TOMMASO    CAKI.Yl.E.  125 

Oould  Mie  education  of  these  nations  be  eommeuced 
otherwise  tlian  by  a  revolution  i  Take  a  man,  for 
instance,  wlio  labours  hard  freni  fourteen  to  sixteen 
hours  a  day  to  obtain  the  bare  necessaries  of  exis- 
fcence  :  he  eata  liis  bacon  and  potatoes  (when  indeed 
he  ean  get  theni)  in  a  place  wliich  might  rather  be  called 
a  den  than  a  house;  and  then,  worn  out,  lies  down 
ami  sleeps  :  he  is  brutalized  in  a  inorai  and  physical 
point  of  view  :  he  has  not  ideas,  but  propensi  ties, 
— not  belief:  but  instinct;  he  does  read, — he  cannot 
read;  he  has  not  within  his  reach  tlie  least  means 
of  self-enlightenment,  and  his  contact  with  the  upper 
class  is  only  the  relation  of  a  servant  to  a  master, 
of  a  machine  to  the  director  of  the  machine.  Of 
wiiat  use  are  books  to  sudi  a  being?  How  canyon 
come  at  bini,  how  kindle  the  divine  spark  which  is 
toipid  in  his  soul,  how  give  the  notion  of  lite,  of 
sacred  life,  to  him,  who  knows  it  only  by  the  ma- 
terial  labour  that  crushes  him,  and    by    the    wages 


rivoluzione  che  le  distrugga?  Eccovi  finalmente  un  uomo 
al  (piale  un  lavoro  assiduo  di  quattordici  o  sedici  ore  sulle 
ventiquattro  procaccia  appena  ciò  eh' è  necessario  adesi- 
stere :  ei  mangia  il  suo  lardo  e  le  sue  patate  in  un  luogo 
che  diresti  covile,  non  casa;  poi,  affranto,  giace  e  dor- 
ili»-: la  sua  vita  morale  e  fisica  è  vita  di  bruto;  non  ha 
idee,  ma  appetiti,  non  credenze,  ma  istinti:  ei  non  legge, 
|m  io  die  non  gli  fu  insegnato  mai  né  ha  modo  per  im- 
palare; e  il  suo  contatto  colla  classe  che  gli  sta  sopra  è 
di  -crvo  o  di  macchina.  A  che  giovano  i  libri  per  quel- 
li uomo?  Per  quali  vie  potete  voi  ridestare  in  lui  l'ani- 
ma intormentita,  suscitarvi  dentro  la  divina  scintilla,  in- 
fornici l«  la  nozione  della  vita,  della  sacra  vita  ?  La  vita  ? 
non  gli  è  nota  che  per  1'  oppressione  del  lavoro  materiale 


126  GKNIO    K    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CAKLYL».  [184S] 

that  abase  him?  Alas  !  tbis  man's  name  is  Million; 
he  is  met  witb  on  every  side;  he  constitates  nearly 
tliree-fourths  of  the  population  of  Europe.  How  w  ili 
you  give  him  more  tiine  and  more  energy  to  deve- 
lope  his  faculties,  except  by  lessening  the  n  uni  ber 
of  bis  hours  of  labour,  and  increasing  bis  profitsl 
How  cari  you  render  his  contact  witb  the  enlightened 
classes  serviceable  to  bini,  except  by  altering  the 
nature  of  bis  relations  toward  tbem  ?  How,  above 
ali,  will  you  raise  tbis  fallen  soul,  except  by  saying 
to  bini, — by  telling  him  in  acts,  not  reasonings  whicb 
he  does  not  understand,  "  Thou  too  art  man  :  the 
u  breath  of  God  is  in  thee  :  thou  art  bere  below  to 
u  develope  thy  being  under  ali  its  aspects  ;  thy  body 
u  is  a  tempie;  thy  immortai  soul  is  the  priest,  which 
u  ougbt  to  sacrifice  there  for  ali  v  ?  And  wbat  is  tbis 
act?  this  token    destined    to   raise    bini    in    bis  own 


e  per  V  avvilimento  del  salario.  Or  badate  :  il  nome  di 
quell'  uomo  è  Milione  :  voi  lo  incontrate  a  ogni  passo  : 
ei  costituisce  i  tre  quarti  a  un  dipresso  della  popolazione 
d1  Europa.  Come  dargli  tempo  e  vigore  a  sviluppare  le 
sue  facoltà,  se  non  diminuendo  il  numero  dell'  ore  del 
suo  lavoro  e  aumentandone  il  frutto  J?  Come  mutare  in 
contatto  d'  affetto  il  contatto  eh'  egli  ha  colle  classi  agiate, 
se  non  mutandone  radicalmente  i  caratteri  fondamentali  ,JÌ 
Come  anzi  tutto  innalzare  quell'  anima  decaduta  se  non 
dicendole  —  dicendole  con  fatti  e  non  con  raziocini  eh',  ei 
non  intende  —  tu  pure  sei  uomo  :  vive  in  te  il  soffio  di  Dio  : 
tu  sei  chiamato  a  sviluppare  V  essere  tuo  sotto  tutti  i  suoi 
aspetti  :  il  tuo  corpo  è  un  tempio  ;  V  anima  tua  immortale 
è  il  sacerdote  che  dovrebbe  sacrificarvi  per  tutti  ì  E  quale 
è  1'  atto  più  efficace  a  rialzarlo  di  quello  che  gli 
mostrerà    una   missione  da  compiersi  da    lui  sulla  terra, 


[1843]  GENIO    E    TKNDKNZE    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  127 

eves,  to  show  to  bini  that  he  has  a  mission  upon 
earth,  to  give  hini  the  cousciousness  of  bis  duties 
and  his  rights,  except  his  initiation  into  citizenship, 
the  soffra  gè  !  What  is  meant  by  "  re-organizing 
labour,"  but  bringing  back  the  dignity  of  labour  ! 
What  is  a  new  forni,  bnt  the  case  of  a  new  idea  ! 
We  perhaps  have  had  a  glimpse  of  the  ideal  in  ali 
its  pnrity, — we  feel  ourselves  capable  of  soaring  into 
the  invisible  regions  of  the  spirit.  Bnt  are  we,  on 
tbis  account,  to  isolate  ourselves  froni  the  nioveuient 
whicb  is  going  on  aniong  our  brethren  beneath  us? 
Must  we  bear  ourselves  addressed  thus.  "  You  pro- 
fane the  sanctity  of  the  idea  ,?,  because  the  ìuen 
into  wboni  we  seek  to  instil  it  are  ilesh  and  blood, 
and  we  are  obliged  to  speak  to  their  senses.  n  (Jon- 
demn  ali  action,  then  :  for  action  is  only  a  forni  gi- 
ven  to  tbought, — its  application,  practice.  "  The  end 
of  man  is  an  action,  and  not  a  thouaht.  w  Mr.  Carlyle 
liimself  repeats  this  in  his  i  Sartor  ttesartus  7  (book 


che  gli  darà  coscienza  di  diritti  e  doveri,  e,  col  voto,  lo 
inizierà  cittadino?  Che  cosa  significa  il  riordinamento  del 
lavoro  se  non  la  restituzione  al  lavoro  della  sua  dignità? 
Cos'è  una  nuova  forma  se  non  il  simbolo  d'ima  nuova 
Idea  !  Dobbiamo  noi,  perché  forse  intrav vedemmo  V  ideale 
in  tutta  la  sua  purezza  e  ci  sentiamo  capaci  di  sollevimi 
alle  regioni  invisibili  dello  spirito,  isolarci  dal  moto  in- 
feriore  dei  nostri  fratelli?  meriteremo  che  ci  si  dica  :  voi 
profanate  la  santità  dell'1  idea,  perché  gli  uomini  nei  (piali 
cerchiamo  [stillarla  son  fatti  di  sangue  e  di  carne  e  noi 
siimi  «ostici ti  di  parlare  ai  loro  sensi?  Condannate  al- 
lora ogni  azione,  però  che  V  azione  non  è  che  la  forma 
datn  al  pensiero,  la  sua  pratici  applicazione.  //  fine  del- 
l'1 uomo    è    una    azione,   non  un   pensiero  :    sono  parole    di 


L28  GENIO     K     I  KNDK.N/K     l>I     TOMMASO    CAIO. VI. K.  [1843] 

2.  eli.  VI.),  and  yefe  the  spiri t  which  pervade»  bis 
works  seems  fco  us  too  ofteu  of  a  nature  to  malte 
Iris  readers  forget  it. 

It  haa  beau  asked,  (#)  what  is  at  the  presene  day 
tbe  duty  of  which  we  bave  spokeo  so  mach  '.  A 
complete  reply  woald  require  a  volume,  but  we  ean 
point  it  oul  in  a  few  words.  Duty  consiste  of  that 
wliicli  the  life  of  the  individuai  represente  in  ali 
possible  aets,  for  the  love  of  God  and  of  man,  ali 
that  he  believes  to  be  the  truth,  absolute  or  relative. 
Duty  is  progressive,  as  the  evolution  of  the  truth  : 
it  is  inodifìed  and  enlarged  with  ages  *r  it  chaugea 
its  manifestations  according  to  the  requirements  of 
times  and  circumstances.  There  are  times  in  whicb 
we  must  be  able    to  die    like    Socrate»  :    there    are 

(*)  Mr.  Home,   iu  his  Preface  to  Gregory  VII. 


Carlyle  medesimo  nel  Sartor  Eesartus  (lib.  2,  e.  VI)  ;  e 
nondimeno  la  tendenza  dominatrice  de'  suoi  lavori  educa 
pur  troppo  i  suoi  lettori  a  dimenticarlo. 

Quale  è  dunque,  mi  fu  chiesto,  (x)  nei  nostri  tempi 
il  dovere  del  quale  parlate  cosi  sovente  ?  La  risposta,  per 
essere  soddisfacente  davvero,  vorrebbe  un  volume,  ma 
poche  parole  mi  basteranno  per  accennarla.  Il  dovere 
consiste  in  questo  :  che  1'  individuo  rappresenti  in  tutti 
gli  atti  della  vita,  per  amore  di  Dio  e  dell'  uomo,  tutto 
ciò  eh'  ei  crede  verità  relativa  o  assoluta.  Il  Dovere  è 
progressivo,  come  1'  evoluzione  della  verità;  si  modifica 
e  s'  amplia  coi  secoli  :  muta  le  proprie  manifestazioni  a 
seconda  dei  tempi  e  delle  circostanze.  Sono  tempi  nei 
quali  dobbiamo  esser  capaci  di  morir  come  Socrate,  altri 

(*)  Horne  :  Prefazione  al   Gregorio    VII. 


[1843]  GKNIO    K    TKNDEXZK    DI    TOMMASO    CARLYLE.  129 

others,  in  which  we  must  be  able  to  struggle  like 
Washington  :  one  period  claims  the  pen  of  tbe  sage, 
auother  requires  tbe  sword  of  tbe  hero.  But  everr 
and  everywhere,  its  source  is  God  and  bis  law, — 
its  object,  Humanity, — its  guarantee,  tbe  mutuai 
responsibility  of  men, — its  measure7  tbe  intellect  of 
tbe  individuai  and  the  demands  of  tbe  period, — its 
li  ni  ir.  power.  Study  the  universal  tradition  of  hu- 
manity, witb  ali  the  factilties,  witb  ali  tbe  disinte- 
restedriess,  witb  ali  the  comprehensiveness  of  wliich 
God  has  made  you  capable  :  wbere  you  filici  tbe 
general  permanent  voice  of  humanity  agreeing  witb 
the  voice  of  your  conscience,  be  sure  tbat  you  bold 
in  your  grasp  sometbing  of  absolute  truth — gained, 
and  for  ever  yours.  Study  also  witb.  interest,  attention 
and  comprebensiveness,  tbe  tradition  of  your  epodi 
and  of  your  nation, — tbe  idea,  tbe  want,  wbich  fer- 


nei  quali  dobbiamo  saper  vivere  e  combattere  come  Washing- 
ton :  un  periodo  storico  domanda  la  penna  del  savio, 
un  altro  la  spada  dell'  eroe.  Ma  in  ogni  luogo  e  sempre, 
la  sorgente  del  Dovere  risiede  in  Dio  e  nella  sua  Legge 
—  suo  oggetto  1'  Umanità  —  la  sua  base  è  la  reciproca 
responsabilità  degli  uomini  —  la  sua  misura  è  determi- 
nata dai  bisogni  del  tempo  e  dall'intelletto  dell'indivi- 
duo —  il  suo  limite  è  segnato  dal  grado  di  potenza  che 
1'  individuo  possiede.  Studiate  la  tradizione  universale 
dell1  l'inanità  con  tutte  le  facoltà,  con  tutta  l'imparzia- 
lità, eoo  tutta  la  mente  che  aveste  da  Dio:  ogni  qual 
volta  troverete  la  voce  unanime  e  permanente  dell'Uma- 
nità in  armonia  con  quella  della  vostra  coscienza,  avrete 
in  pugno  un  frammento  del  Vero  assoluto.  Studiate  «(dia 
stessa  attenzione  la  tradizione  della  vostra  epoca,  della 
vostra    nazione,    l'idea,    il    bisogno   che    fermenta    iti    esse: 

M  \/./.\s\.  SerUti,  ecc.,  voi.  XXIX    i  !..  ti-  i..i  nru    toI.  V)  9 


130  GENIO    K    TENDENZE    DI     TOMMASO    CAKLYLK.  [1848 

meuts  within  them:  where  you  find  tbat  your  con- 
science  sympathizes  witb  the  general  aspiration,  you 
are  sure  of  possessing  the  relative  trutb.  Your  life 
must  einbody  both  these  truths7  must  represent  and 
communicate  them,  according  to  your  intelligence 
and  your  means  ;  you  mnst  be  not  only  Man,  but 
a  man  of  your  age  ;  you  must  act  as  well  as  speak  : 
you  must  be  able  to  die  without  being  compelled 
to  acknowledge,  u  I  bave  known  such  a  fraction 
"  of  the  truth,  I  could  bave  done  such  a  thing  for 
u  its  triumph,  and  I  bave  not  done  it.  "  Such  is. 
in  our  opinion,  duty,  in  its  most  general  expression. 
As  to  its  special  application  to  our  times,  we  bave 
said  enougb  on  this  point  in  the  commencement  of 
the  part  of  our  article  which  establishes  our  diffe- 
reiice  from  the  views  of  Mr.  Oarlyle,  to  render  its 
deduction  easy.  The  question  at  the  present  day  is 
a  perfecting  the  principle  of   association,  a  change 


dove  la  vostra  coscienza  concordi  coli' aspirazione  col- 
lettiva, voi  siete  certi  di  possedere  una  parte  di  Verità 
relativa.  A  voi  spetta  di  immedesimare  con  ambe  quelle 
verità  la  vita  e  rappresentarle  e  comunicarle  ad  altri,  a 
seconda  dell'intelletto  vostro  e  dei  vostri  mezzi.  Voi  do- 
vete essere  non  solamente  Uomo,  ma  un  uomo  del  vo- 
stro tempo  :  dovete  operare  come  parlate  :  dovete  giun- 
gere alla  fine  della  vostra  vita  senza  che  un  ricordo  vi 
dica  :  tu  conoscevi  una  verità  ;  potevi  giovarne  il  trionfo, 
■e  noi  facesti.  Tale  è  1'  espressione  generale  del  Dovere 
per  me.  E  quanto  ai  modi  d'  applicazione  pratica  nelle 
questioni  dell'  oggi,  possono,  parmi,  facilmente  desumersi 
dalle  pagine  che  accennano  alle  differenze  tra  le  opinioni 
di  Carlyle  e  le  mie.  È  d'  uopo  perfezionare  le  condizioni 
dell'  associazione  e    trasformare    il  messo  nel  quale  move 


[1843]  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  131 

of  the  medium  in  which  inankind  moves  :  duty  the- 
refore  lies  in  a  collective  labour, — every  one  to  mea- 
sure  bis  powers,  and  to  see  what  part  of  this  labour 
falls  to  him.  The  greater  the  intellect  and  inliuence 
a  man  enjoys,  the  greater  his  responsibility  ;  but 
assuredly  contemplation  caunot  satisfy  duty  in  any 
degree. 

Mr.  Carlyle's  expression  of  duty  is  naturally  dif- 
ferent.  Thinking  onLy  of  individuality,  calculating 
only  the  powers  of  the  individuai,  he  would  rather 
restrict  than  enlarge  its  sphere.  The  rule  which  he 
adopts  is  that  laid  down  by  Goethe, — u  Do  the  duty 
which  lies  nearest  thee.  "  And  this  rule  is  good, 
in  as  far  as  it  is,  like  ali  other  moral  rules,  suscep- 
tible  of  a  wide  interpretation, — bad,  so  far  as,  taken 
lite  rally,  and  falling  iato  the  hands  of  men  whose 
tendencies   to    self-sacrifice  are    feeble,  it  may    lead 


1'  Umanità  :  il  dovere  non  può  dunque  adempirsi  se  non 
collettivamente  :  ciascun  uomo  deve  calcolare  le  proprie 
forze  e  vedere  quale  parte  ei  può  assumersi  nel  lavoro. 
Quanto  pili  grande  è  1'  intelletto  nell'  uomo,  quanta  più 
influenza  egli  esercita,  di  tanto  pili  egli  è  debitore  ad 
altrui  ;  ma  di  certo  la  contemplazione  non  soddisfa  in 
a  1<- un  grado  al  dovere. 

Carlyle  intende  il  dovere  in  modo  diverso.  Non  pen- 
sando che  all'individuo,  non  calcolando  che  sulle  sole 
sue  forze,  egli  è  trascinato  a  restringere  più  che  ad  am- 
pi i;i  ine  la  sfera.  La  norma  ch'egli  adotta  è  quella  di 
lucilie:  compi  il  dovere  che  ti  s'affaccia  più  immediato  e 
dappresio.  E  questa  norma  è  buona  in  quanto,  come  ogni 
altra.  «•  rapace  di  lar^a  interpretazione:  è  trista  in  quanto, 
o\<-  -1,1  intera  ristrettamente  e  applicata  da  uomini  poco 
rapaci   «li  sacriti/io,  può  ravvivar  l' egoismo  e  confondere 


132  <;k\I<>     tC     l 'KNDKN/K    DI    TOMMASO    CARLYLB.  [1843] 

to  the  revival  of  selfìsbness,  and  cause  that  w li  idi 
at  bottoni  suonici  ouly  be  regarded  as  the  wages  of 
cluty  to  be  niistaken  for  duty  itself.  It  is  well  known 
what  use  Goethe,  the  high-priest  of  the  doctrine, 
made  of  this  maxim,  shrouding  himself  in  what  he 
calieri  '  Art;'  and  amici s t  a  woiid  in  niisery,  puttiiig 
away  the  question  of  Religion  and  politics,  ••  a 
troubled  eleinent  for  Art,  "  though  a  vital  one  fòr 
man, — and  giving  himself  up  to  the  conteinplation 
of  forms  and  the  adoration  of  self.  There  are  at  the  pre- 
sent  day  but  too  many  who  ini  agi  ne  they  have  perfectly 
clone  their  duty,  because  they  are  kind  toward  their 
friends,  affectionate  in  their  families,  inoffensive  toward 
the  rest  of  the  world.  The  maxim  of  Goethe  and  of 
Mr.  Carlyle  will  always  suit  and  serve  sudi  ìm  n. 
by  transforming  into  duties  the  individuai,  doniestic 
or  other  aifectious, — in  other  words,  the  consolations 
of  life.     Mr.  Carlyle  probably  does  not  carry  out  his 


col  dovere  ciò  che  non  dovrebb'  essere  se  non  mercede 
al  suo  compimento.  Tutti  sanno  come  Goethe,  somma 
sacerdote  della  dottrina,  si  giovasse  di  quella  massima, 
ravvolgendosi,  quasi  in  manto,  in  ciò  eh7  ei  chiamava 
1'  Arte,  esiliando  eia  sé,  in  mezzo  a  generazioni  infelici, 
e  come  elemento  perturbatore  dell'  Arte,  politica  e  reli- 
gione, e  abbandonandosi  tutto  alla  contemplazione  delle 
forme  e  all'adorazione  dell'  io.  Abbondano  pur  troppo  oggi 
gli  uomini  ai  quali  sembra  d'avere  compito  il  dovere, 
perché  si  mantengono  cortesi  agli  amici,  amorevoli  alla 
famiglia,  inoffensivi  cogli  altri.  E  la  massima  di  Goethe 
e  di  Carlyle  gioverà  sempre  a  uomini  siffatti  per  trasfor- 
mare in  doveri  gli  affetti  individuali  e  domestici,  i  con- 
forti, in  altri  termini,  della  vita.  Vero  è  che  Carlyle  dice  : 
qui  sulla  terra  noi  siamo  soldati  ;  ma  dacch'  ei  s' affretta  a 


{ 1 843]  OKNIO    K    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CARLYLE.  133 

yaaxim  in  practice  ;  but  bis  principio  leads  to  this 
resttlt.  and  cannot  theoretically  have  any  other, 
••  Here  on  eartb  we  are  as  soldiers,  V  be  says  : — 
true,  but  "  we  understand  nothing,  <mor  do  we  re- 
*•  quire  to  understand  anything,  of  the  pian  of  the 
"♦campaign.  "  What  law,  wbat  sure  object  can  we 
then  have  for  action,  excepting  those  to  which  our 
individuai  instincts  lead  us  ?  Eeligion  is  the  first  of 
our  wants,  he  will  go  on  to  say:  but  whilst  to  us  re- 
ligion  is  a  belief  and  a  worship  in  common,  an  ideal, 
the  realization  of  which  mankind  collectively  must 
seek, — a  heaven,  the  visible  symbol  of  which  the 
earth  must  be  rendered  by  our  efforts, — to  him  it  is 
only  a  simple  relation  of  the  individuai  to  Grod.  It 
ought  therefore,  according  to  our  view,  to  preside 
over  the  development  of  collective  lite  :  according 
tu  bis  view.  its  only  onice  is  to  pacify  the  trou- 
bled   soni. 


soggiungere  che  non  intendiamo  né  dobbiamo  intendere  il 
disegno  della  guerra  da  combattersi,  quale  legge,  quale  in- 
tento determinato  possiamo  noi  dare  all'  azione,  se  non 
desumendoli  dai  nostri  istinti  individuali?  La  religione, 
ei  prosegue,  è  primo  tra  i  nostri  bisogni;  ma,  mentre  la 
religione  è  per  noi  comunione  di  credenze  e  di  culto, 
menti"  essa  ci  addita  un  ideale  da  non  potersi  raggiun- 
gi e  se  non  coli'  opera  collettiva  e  un  cielo  del  quale  la 
terra  deve  farsi  simbolo  col  lavoro  di  tutti  noi,  essa  non 
♦  •  per  lui  che  semplice  relazione  dell'  individuo  con  Dio. 
La  religione  com'  io  la  intendo,  deve  governare  lo  si  i 
Lappo  della  vita  collettiva  :  léeondo  Carivi»;,  essa  non  ha 
missione  fuorché  quella  di  somministrare  conforti  e  pace 
all'  aniimi   addolorata. 


134  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLE.  [1843] 

Does  it  at  least  lead  to  this  concili  siero  ".  Is  he 
(we  speak  of  the  writer,  of  whom  alone  we  bave  ;i 
right  to  speak)  cairn?  No,  he  is  not  :  in  this  conti- 
nuai alternation  between  aspirati ons  as  of  a  Tirai» 
and  powers  necessarily  very  Limited,  between  the 
feeling;  of  life  and  that  of  nothingness,  his  powers 
are  paralyzed  as  well  as  those  of  his  readers.  At 
times  there  escape  from  his  lips  accenta  of  di  stress. 
which,  whatever  he  niay  do,  he  canuot  reinove  troni 
the  minds  of  those  who  listen  to  hùn  with  attention 
and  synipathy.  What  else  is  that  incessant  and  dis- 
couraged  yeaming  after  rest,  which,  although  he  lias 
forraally  renonneed  the  happiness  of  life.  pervade» 
ali  his  works, — t  Sartor  Resartus  '  espeeially, — and 
which  so  constautly  calls  to  our  minds  the  expres- 
sionofArnaud  to  Nicolle, — "  N'avons-nous  pas  tonte 
Péternité  pour  nons  reposer?  " — "  Let  me  rest  nere, 
"  for  I  am  way-weary,  and  life-weary  ;  1  will  rest 
"  here,  were  it  bnt  to  die  ;  to  die  or  to  live  is  alike 


E  v'  adempisse  ;  ma  ha  egli  —  parlo  soltanto  dello  scrit- 
tore —  raggiunto  con  essa  la  pace?  No;  nell' alternare 
continuo  fra  titaniche  aspirazioni  e  forze  inevitabilmente 
limitatissime,  fra  il  senso  della  vita  e  il  senso  del  nulla, 
ei  si  smarrisce  come  si  smarriscono  i  suoi  lettori.  Sfuggono 
talora  alle  sue  labbra  accenti  di  sconforto  eh'  ei  non  può, 
checch'  ei  faccia,  sottrarre  a  quei  che  lo  ascoltano  attenti 
e  devoti.  I  suoi  libri  —  Sartor  Resartus  segnatamente  — 
—  tradiscono  un  bisogno,  una  sete  di  riposo  che  mal  s' in- 
tende in  chi  non  crede  intento  alla  vita  la  felicità  e  che 
mi  ricorda  le  parole  d'  Arnaud  a  Nicolle  :  n'avons-nous 
pas  tonte  Véternìté  pour  nous  reposer  ?  «  Lasciate  eh'  io 
«  qui  riposi,  perch'  io  sono  stanco  della  lunga  via  e  della 
«  vita.  Io  voglio  qui   riposare,  dovessi  anche  trovare  nel 


[1843]  GENIO    K    TENDENZE    DI    TOMMASO    CAKLYLE.  135 

•k  to  ine,  alike  insignificant Here,    then,   as 

1  lay  in  that  centre  gf   indifference 

•w  the  beavy  dreams  rolled  gradually  away.  "  (*)  Alas! 
no,  poor  Teufelsdròck  f  there  is  no  repose  bere  on 
earth.  It  matters  little  if  the  limbs  be  bruised,  the 
facnlties  exhausted.  Life  is  a  conflict  and  a  march  : 
the  "  heavy  dreams  n  will  return  :  we  are  stili  too 
low  :  the  air  is  stili  too  heavy  around  ns  for  them 
to  "  roll  away.  w  Strength  eonsists  in  advancing  in 
the  midst  and  in  spite  of  them, — not  in  causing  them 
to  vanish.  Theywill  vanishhigher,  wlien,  after  monnt 
ing  a  step  upon  the  ladder,  lite  shall  expand  in  a 
parer  medium  :  the  flower,  too,  springs  and  unfolds 
in  the  earth,  to  expand  only  in  another  eleni ent,  in 
the  air  and  sun  of  God.    Meanwhile  suft'er  and  act  ; 

(*)  Sartor  Resartus,   Book  II,   eh.   9. 


«  riposo  la  morte:  vivere  o  morire  è  tutt'  uno  per  me.... 
«  E  qui  mentr'  io  giaccio  in  questo  Centro  d'  Indiffe- 
«  RENZA....  i  sogni  pesanti  a  poco  a  poco  svaniscono.»  (*) 
Ahimé,  no,  povera  anima  irrequieta;  non  v' è  riposo  qui 
sulla  terra.  Poco  monta  che  le  tua  membra  siano  addo- 
lorate e  le  tue  forze  esaurite.  La  vita  è  una  battaglia. 
I  sogni  pesanti  ritorneranno  :  noi  siamo  tuttora  in  basso 
loco,  e  V  aria  è  troppo  greve  d'  intorno  a  noi  per  cac- 
ciarli. La  forza  consiste  non  nel  disperderli,  ma  nell'  in- 
noltrare  in  mezzo  ad  essi  e  loro  malgrado.  Essi  svaniranno, 
quando,  filiti  più  in  alto,  noi  vivremo  in  più  puro  ele- 
mento. Cosi'  il  More  ha  origine  e  germe  nel  suolo  e  pieno 
sviluppo  nell1  aria  e  sotto  il  sole  di  Dio.  Soffri  intanto 
e   Bgiftoi     soffri   per  te,  agisci  pei  tuoi  fratelli  e  con   essi- 

(»)  Sarh,,    i;<narhi8.   II.   9. 


136  GENIO     K    TKNOKNZK     1>I     TOMMASO    <   AKI.VLK.  1843] 

su  liei-  for  thyself.  act  for  thy  brethren,  and  with 
theni.  Speak  not  ili  of  science,  of  philosopby,  of  the 
spiri*  of  in<iuiry:  tliese  are  the  implementa  which 
(Vod  has  given  US  for  our  labour, — good  or  bad. 
accòrding  as  they  are  employed  for  good  or  for  e  vii. 
Teli  us  no  longer  that  u  life  itself  is  a  discase. — 
knowledge,  the  symptom  of  derangemeiit  ;  "talk  no 
more  of  a  u  tìrst  state  of  freedom  and  paradisiacal 
unconseiousness.  "  (**)  There  is  more  Byronism  in 
these  few  words  than  in  the  whole  of  Byron.  Freedom 
and  paradise  are  not  behind,  but  before  us.  Not 
life  itself7  but  the  deviation  from  life,  is  disease  : 
life  is  sacred;  life  is  our  aspiration  toward  the 
ideal, — our  alfections,  engagements,  which  will  one 
day  be  fulfìlled,  our  virtues  advanced  toward  greater. 
It  is  blasphemy  to  pronounee  a  word  of  disrespect 
against  it. 

(**)  Essays  — "*  Characteristics  \ 


Non  irritarti  contro  la  scienza;  contro  la  filosofia,  contro 
lo  spirito  d'  esame  :  son  questi  gli  stranienti  che  Dio  t'  ha 
dati  pel  tuo  lavoro  —  buoni  o  tristi  secondo  ch?  essi 
sono  adoprati  pel  bene  o  pel  male.  Non  dirci  che  la  vita 
è  una  infermità,  la  scienza  un  indisio  di  follia  ;  non  par- 
larci d'  uno  stato  primitivo  di  libertà  e  d'  inconscia  vita  di 
paradiso.  V  è  più  Byronismo  in  espressioni  siffatte  che 
non  in  tutto  un  volume  di  Byron.  Libertà  e  paradiso 
stanno  davanti  a  noi,  non  in  un  remoto  passato.  Non  la 
vita,  bensì  la  deviazione  della  vita  è  infermità:  la 
vita  è  sacra  :  la  vita  è  la  nostra  aspirazione  verso  l' ideale  ; 
i  nostri  affetti  sono  promesse  che  un  giorno  s'  adempi- 
ranno e  le  nostre  virtù  sono  un  avviamento  a  virtù  più 
alte.  Parlarne  con  ira  o  sospetto  è  bestemmia. 


[1843]  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  137 

The  evil  at  the  present  day  is,  not  that  men 
assign  too  mach  value  to  life,  but  the  reverse.  Life 
has  fallen  in  estiination,  because,  as  at  ali  periods 
of  crisis  and  disorgani zation,  the  chain  is  broken 
which  in  ali  forms  of  belief  attaches  it  through 
humanity  to  heaven.  It  has  fallen,  because  the  qon- 
sciousness  of  mutuai  human  responsibility,  which 
alone  constitutes  its  dignity  and  strength,  being  lost 
together  with  the  community  of  belief,  its  sphere 
of  activity  has  become  restricted,  and  it  has  been 
compelled  to  fall  back  upon  material  interests,  little 
objects,  minor  passions.  It  has  fallen;  because  it 
has  been  too  much  individualized  ;  and  the  remedy 
lies  in  re-attaching  life  to  heaven, — in  raising  it 
again,  in  restoring  to  it  the  consciousness  of  its 
power  and  sanctity.  The  means  consist  in  tempering 
the  individuai  life  in  the  common  elements,  in  the 
universa!  life  ;  they  consist  in  restoring  to  the  indi- 
viduai that  which  we  have  from  the  outset  called  the 


Piaga  mortale  dei  nostri  tempi  è,  non  il  soverchio, 
il  troppo  poco  valore  dato  alla  vita.  La  vita  è  scaduta, 
perché,  come  avviene  in  ogni  crisi  di  dissolvimento  e  di 
dubbio,  è  rotta  la  catena  che  in  tutte  le  epoche  di  fede 
l'annoda  al  cielo.  È  scaduta,  perché,  perduta  in  un  colla 
fede  la  coscienza  della  reciproca  responsabilità  che  sola 
costituisce  la  sua  dignità  e  la  sua  forza,  la  sua  sfera  d'at- 
tività >"  «'.  ristretta  e  riconcentrata  in  interessi  materiali, 
piccoli  intenti  e  meschine  passioni.  È  scaduta  facendosi 
individuale;  e  il  rimedio  sta  nel  riannettere  vita  e  ciclo. 
nel  restituire  all'  uomo  coscienza  della  propria  santità  e 
di  Ha  propria  potenza;  e  i  mezzi  stanno  nel  ritemprare 
la  vita  dell'  individuo  col  contatto  della  vita  universale, 
nel   risuscitare  in  ciascun  di  noi  ciò  eh'  io  tìn  dal    prin- 


138  GENIO    ■    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CARLYLK.  [1843] 

feeling  of  the  collective,  in  pointing  out  to  him  his 
place  in  the  tradition  of  the  species,  in  bringing 
him  into  cominunion,  by  love  and  by  works,  witli 
ali  his  fellow-mem.  By  isolating  ourselves,  we  have 
begun  to  feel  ourselves  feeble  and  little  ;  we  have 
begun  to  despise  our  efforts  and  those  of  onr  brethren 
toward  the  attainment  of  the  ideal;  and  we  bave 
in  despair  set  ourselves  to  repeat  and  comment  upon 
the  "  Carpe  diem  n  of  the  heathen  poet  :  'we  must 
make  ourselves  great  and  strong  again  by  associa- 
tion  :  we  must  not  dishonour  life,  but  make  it  holy^ 
By  persisting  to  search  out  the  secret,  the  law  of 
individuality  in  the  individuality  ìtself,  man  ends 
only  in  egoism,  if  he  is  evil-minded, — in  seepti- 
cism,  in  fatalism,  or  in  contemplation,  if  he  is  vir- 
tuous.  Mr.  Carlyle,  whatever  he  may  himself  think. 
iluctuates  between  these  last  three  tendencies. 

The  function  which  Mr.  Carlyle  at  present  fulfils 
in  England  appears  to  us   therefore    important,  but 


cipio  chiamai  il  senso  del  collettivo,  nell'  assegnare  a  cia- 
scuno un  ufficio  nella  tradizione  della  specie,  nel  ravvivare 
la  comunione  fraterna  di  tutti  i  viventi.  Isolandoci,  co- 
minciammo a  sentirci  piccoli  e  deboli,  stillammo  nell'  ani- 
ma il  disprezzo  dei  nostri  sforzi  e  di  quelli  dei  nostri 
fratelli,  e  Ci  avvezzammo,  disperando,  a  ripetere  e  commen- 
tare il  carpe  diem  del  poeta  pagano  :  1'  associazione  ci 
rifarà  grandi  e  forti.  Qualunque  s'  ostina  a  cercare  il  se- 
greto, la  legge  dell'  individuo,  nell'  individuo,  è  condan- 
nato anzi  tratto  all'  egoismo,  se  ha  mente  corrotta  ;  allo 
scetticismo,  al  fatalismo  o  alla  contemplazione,  s'  egli  è 
virtuoso.  Carlyle  ondeggia  fra  queste  tre  ultime  tendenze. 
La  parte  che  Carlyle  adempie  oggi  in  Inghilterra  mi 
sembra  quindi  importante,  ma  imperfetta.  Ei  non  si  leva 


[1843]  GENIO    E    TENDENZE    DI    TOMMASO    CARLYLE.  139 

incomplete.  Its  level  is  perhaps  not  high  enough 
for  the  demanda  of  the  age  ;  nevertheless  it  is  noble, 
and  nearer  to  the  objeet  which  we  have  pointed  out 
than  tbat  perhaps  of  any  other  living  writer.  Ali 
that  he  combats  is  indeed  really  false,  and  has  never 
been  combated  more  energetically  :  that  which  he 
teaches  is  not  always  true.  His  longings  belong  to 
the  future — the  temper  and  habits  of  his  intelligence 
attach  him  to  the  past.  Our  sympathies  may  claim 
the  one  half  of  the  man, — the  other  half  escapes  us. 
Ali  that  we  regard  as  important,  he  considers  so 
also  ;  ali  that  we  foresee,  he  foresees  likewise.  We 
only  differ  respecting  the  road  to  follow,  the  means 
to  be  adopted  :  we  serve  the  same  Grod,  we  separate 
only  in  the  worship.  Whilst  we  dive  into  the  midst 
of  present  things,  in  order  to  draw  inspiration  from 
them,  while  we  mingle  with  men  in  order  to  draw 
strength  from  them.  he  retires  to  a  distance  and 
contemplates.  We  appeal  perhaps  more   than   he  to 


tìn  dove  esigono  i  bisogni  dei  tempi  ;  e  nondimeno  vi 
s'  accosta  pili  forse  d' ogni  altro  scrittore  della  sua  terra. 
Quanto  ei  combatte  è  falso  davvero  né  fu  mai  combat- 
tuto con  maggiore  energia  ;  quel  eh'  egli  insegna  non  è 
tutto  vero.  Le  sue  aspirazioni  appartengono  al  futuro  : 
la  tempra  e  le  abitudini  del  suo  intelletto  al  passato. 
Metà  «Idi'  uomo  è  nostra;  metà  ci  sfugge.  Uniti  nell' as- 
segnare importanza  alle  cose  e  nei  presentimenti  del- 
l'anima,  noi  ci  separiamo  nella  scelta  della  via  da  se- 
guirsi: serviamo  lo  stesso  Dio;  ma  con  culto  diverso. 
Mentre  noi  versiamo  nel  presente  per  desumerne  ispirazioni 
<  tu  gli  uomini  per  derivarne  incremento  di  forza,  ei 
si  tragga  in  disparte  e  contempla.  Più  forse  di  lui  noi  <i 
richiamiamo    alla    tradizione;    pili  di    noi  egli   invoca  la 


140  GKNIO    R    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CAIO, VI. K.  [1843 

tradì tion  ;  Ih»  appeal*  more  bhan  we  to  individuai 
conscience.  We  perhaps  puh  the  risk  <>f  sacrifieing 
something  of  the  purity  or  the  idea,  in  the  pursuit 
of  the  means:  he  rnns  the  risk.  withoat  intending  it. 
of  desevting  his  brother-labourer*. 

Nevertheless,  let  each  follow  his  own  patii.  There 
will  ahvays  be  a  fleld  for  the  fraterni ty  of  noble 
spirita, *evèn  if  they  differ  in  their  notion  of  fche 
present  life.  Their  outward  manifestations  inay  \  ar\ . 
but  only  like  the  radiations  of  light  upon  the  earth. 
The  ray  assumes  different  colours,  according  to  the 
different  media  through  which  it  passes,  according 
to  the  sur  face  of  the  objects  upon  which  it  falla  ; 
but  wherever  it  falla,  it  warms  and  vivifìes  more  or 
less  visibly,  and  ali  the  beams  proeeed  troni  the 
same  source.  Like  the  sun,  the  fountain  of  terre- 
strial  light,  there  is  a  common  element  in  heaven 
for  ali  human  spirits  which  possess  strong,  fina  and 


coscienza  dell'  individuo.  Noi  stiamo  forse  a  pericolo  di 
sagrifìcare  talora,  attraverso  i  mezzi,  la  purità  dell'  idea  ; 
ei  corre,  senza  volerlo,  il  rischio  di  disertare  i  fratelli 
suoi  nel   lavoro. 

E  nondimeno,  segua  ognuno  la  propria  via.  Esiste 
pur  sempre  un  campo  di  fratellanza  per  1'  anime  nobili, 
ov' anche  differiscano  nella  loro  nozione  della  vita  pre- 
sente. Le  loro  manifestazioni  non  variano  se  non  come 
gli  irraggiamenti  della  luce  sulla  nostra  terra.  Il  raggio 
assume,  trapassando  messi  diversi  o  cadendo  sopra  oggetti 
di  superfìcie  disuguale,  colori  più  o  meno  splendidi  ;  ma 
ovunque  penetri,  scalda  e  vivifica,  e  tutti  i  raggi  proce- 
dono da  una  sola  sorgente.  Pari  al  Sole,  fonte  della  luce 
terrestre,  è  nel  cielo  un  elemento  comune  per  tutti  gli 
spiriti    umani    che   seguono  profonde  e  devote    credenze. 


[1843]  GENIO    K    TENDENZE    IH    TOMMASO    CARLYLE.  141 

disinterested  convictions.  In  tliis  sanctuary  Mr.  Car- 
lyle  will  assuredly  meet,  in  a  spirit  of  esteein  and 
sym  patii  v.  ali  the  chosen  spirits  that  adore  God 
and  truth,  who  have  learned  to  suffer  without  curs- 
in£,  and  to  sacrifice  themsclves  witbont  despair. 

We  can  bnt  briefly  refer  to  Mr.  Carlyle's  last 
work.  recently  published,  entitled  '  Past  and  Present. ; 
We  have  read  it  with  attention,  and  with  a  desire 
to  fìnd  cause  to  alter  our  opinions.  We  „  however 
fìnd  nothing  to  retract  :  on  the  contrary  the  present 
work  appears  to  us  to  confimi  those  opinions. i  Past  and 
Present  7  is  a  work  of  power,  and  will  do  incalcu- 
lable  good.  Xo  one  will  close  its  pages  without 
having  felt  awakened  in  liim  thoughts  and  feelings 
which  wonld  perhaps  have  stili  slept  long  in  his 
heart  :  yet  should  the  reader  desire  to  open  it  again, 
with  a  view  to  study  how  he  may  realize  these 
sentiments  and  thoughts  in  the  world,  he  will  oftenr 


\<  ]  santuario  dell'  anima,  Carlyle  si  congiungerà  sempre 
in  amore  e  rispetto  con  tutti  gli  eletti  che  adorano  Dio 
e  il  Vero,  soffrono  senza  maledire  e  si  sagrificano  senza 
sdegno  o  disperazione. 

1  Sommariamente  soltanto  possiamo  accennare  all'  ul- 
ti imo  lavoro  del  Carlyle,  recentemente  pubblicato  col  titolo 
Passato  e  Presente.  Lo  leggemmo  attentamente,  col  vivo 
desiderio  di  trovar  motivo  per  mutare  le  nostre  opinioni, 
mentre,  al  contrario,  parrebbe  convalidarle. 

Passato  e  Presente  è  opera  potente  ;  farà  un  bene 
incalcolabile.  Nessuno  ne  completerà  la  lettura  senza 
sentire  svegliare  in  sé  pensieri  e  sentimenti  ch'altrimenti 
in  <-uor  suo  giacerebbero  torpidi.  Se  non  che,  se  nel  lettore 
nasce  il  desiderio  <li  riaprirne  le  pagine  a  fin  di  rendersi 
ragione  del    come   questi    sentimenti  e  pensieri    possano 


142  UKNIO    E    TKNDKNZK    DI    TOMMASO    CAKLYLK.  [1843] 

in  the  midst  of  eloquent  pages,  of  fruitful  truths 
expressed  with  an  astoni shing  energy,  meet  with 
disappointment.  '  Past  and  Present  '  is,  in  our  opi- 
nion, remarkable  ratlier  for  the  tendencies  and  ap 
titudes  which  it  presents  than  for  tlie  paths  which 
it  points  out.  It  is  a  step  toward  the  future,  not 
a  step  in  the  future.  Will  Mr.  Oarlyle  take  this  step? 
We  know  not,  but  we  have  everything  to  hope  for. 


realizzarsi  nel  mondo  attuale,  spesso,  framezzo  alle  elo- 
quenti esposizioni,  alle  feconde  verità,  rimarrà  deluso. 
Passato  e  Presente,  a  parer  mio,  emerge  più  per  le  ten- 
denze e  per  le  attitudini  rivelate,  che  per  le  vie  indi- 
cate per  attuarle.  E  un  passo  innanzi  verso  l'avvenire, 
non  un  passo  nelV avvenire.  È  capace  il  Carlyle  di  pren- 
dere quest'ultimo  passo?  Noi  sappiamo;  abbiamo  ogni 
motivo  per  sperarlo.  ' 


VII. 

AI  GIOVANI. 


AI  GIOVANI. 


Erkenne  erst,  mein  Sobn,  was  er  geleistet  hat, 
TJnd  dann  erkenne,  was  er  leisten  wollte. 

Goethe. 


Gli  Scritti  in  parte  editi,  in  parte  inediti,  rac- 
colti in  questo  volume,  sono  1'  unico  indizio  eh7  oggi 
ci  avanzi  d'una  santa  anima  che  passò,  alla  quale 
Dio  aveva  largito  tanto  tesoro  d'amore  da  benedirne 
un'intera  generazione,  e  che  gli  uomini  e  i  tempi 
costrinsero  a  riconcentrarsi  in  se  stessa,  sono  il  pro- 
fumo d' un  fiore  calpesto  da  molti,  inavvertito  dai 
piti,  al  quale  mancarono  l'aria  e  il  Sole,  pur  non- 
dimeno sacro  e  bello  di  divina  bellezza  a  quanti 
adorano  nella  povera  modesta  rosa  dell'  Alpi  un  sim- 
bolo di  poesia,  e  dell'  eterna  vita  che  Dio  diffonde, 
a  conforto  e  promessa,  anche  fra  i  geli  dell'inerzia 
e  le  nevi  dello  scetticismo. 

E  l'inerzia  e  lo  scetticismo  dei  più  fra'  contem- 
poranei avvelenarono  di  sospetti  mortali,  e  di  dolori 
tanto  più  gravi  quanto  più  solitarii,  l'anima  e  la  vita 
«li  Carlo  Bini,  e  condannarono  le  facoltà  di  un 
intelletto  nato  potente  a  non  rivelarsi  se  non  per 
getti  brevi  e  spezzati;  note  d'una  melodia,  che,  a 
svolgersi  ricca  com'  era,  domandava  la  terza,  e  non 
t'ebbe.   Io    qui    non   parlo  di    scetticismo  religioso: 

Mazziui,  Scritti,  eoo.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  10 


146  ai  giovani.  [1843] 

parlo  dello  scetticismo  letterario  sociale,  conseguenza 
quasi  sempre  del  primo,  che  ha  esiliato  tra  noi  co- 
me per  ogni  dove  la  Poesia  in  un  angolo  del  creato, 
e  l'ammira  a  patto  che  non  n'esca  a  diffondersi 
sulla  vita;  che  ha  impiantato  sul  dualismo  dell'epoca 
in  oggi  morente  il  dualismo  della  pratica  e  della 
teoria;  che  applaude  sorridendo,  come  a  gioco  di 
ginnastica  intellettuale  o  a  visioni  di  anime  illuse, 
all'adorazione  dell'Ideale,  alla  religione  del  sacrifi- 
cio, dell'  aspirazione,  dell'  entusiasmo,  al  culto  attivo, 
incessante,  dei  forti  pensieri,  delle  immense  speranze 
e  dell'avvenire:  dello  scetticismo  che  giudica  fredda- 
mente com' opera  d'arte  l'espressione  scritta  col  vivo 
sangue  del  core  d'un  dolore  profondamente  sentito, 
d'un  desiderio  eh' è  forse  il  segreto  di  tutta  una 
vita:  dello  scetticismo  che  per  cancellare  nel  Poeta 
V  uomo  ha  inventato  in  questi  ultimi  anni  V  artista. 
E  dico  che  questo  scetticismo,  oggi  ancora  preva- 
lente in  Italia,  condannò  Carlo  Bini  al  silenzio. 
L' anima  sua  pura,  vergine  d' ogni  ambizione,  ritrosa 
alla  lode  fino  a  sdegnarsene,  abborriva  dall'  idea  del 
letterato  di  professione.  L'Arte  gli  pareva,  ed 
è,  l'espressione  per  simboli  del  Pensiero  d'un'Epoca, 
che  si  fa  legislazione  nella  Politica,  ragione  nella 
Filosofia,  sintesi  e  fede  nella  Keligione:  per  lui  lo 
Scrittore,  il  Poeta,  era,  com'è  per  noi,  l'apostolo, 
il  sacerdote  di  quel  pensiero,  V  uomo  che  tradu- 
cendolo in  forme,  immagini  ed  armonie  particolar- 
mente simpatiche,  commove  il  popolo  dei  credenti  a 
tradurlo  in  azione.  Ma  quaud'  ei  cercava,  guardan- 
dosi attorno,  il  popolo  di  credenti  che  dovea  costi- 
tuirlo Poeta  e  Scrittore,  ei  si  ritraeva  atterrito.  Bi- 
cordo le  parole  eh'  ei  rispose  con  voce  di  mestizia 
ineffabile  a  me  che  andava  spronandolo  :  «  perché  non 


[1843]  AI    GIOVANI.  147 

scrivi  f  »  mentre  viaggiavamo,  nel  1830,  a  notte  innol- 
trata,  sulle  alture  di  Montepulciano:  «per  chi  scrivere? 
chi  crede  in  oggi  f  »  Fu  V  unica  volta  eh'  ei  mi  parlò, 
quasi  forzato,  il  suo  segreto,  e  lo  stato  dell'anima 
sua.  Più  tardi,  e  come  s'  ei  temesse  di  calunniare  i 
suoi  fratelli  di  patria,  andava  innocentemente  tentando 
d' ingannare  se  stesso  e  gli  altri  sulle  cagioni  del  suo 
silenzio,  e  diceva  «  ch'ei  s'era  esplorato  abbastanza 
e  non  si  sentiva  capace  di  lunghi  importanti  lavori.  » 
Ma  un  eco  di  quel  grido  del  povero  amico  suona 
tuttavia  a  chi  sa  intenderlo  per  entro  ad  alcune  delle 
poche  cose  eh'  egli  dettò,  segnatamente  nella  poesia 
siili' Anniversario  della  nascita.  Quel  canto,  ch'egli 
scrisse  col  presentimento  avverato  di  una  morte  pre- 
coce, è  la  condanna  la  più  energica  eh'  io  mi  sappia 
del  dubbio  che  s'abbarbicò  negli  anni  più  giovani, 
quando  l'ali  son  più  ferme  al  volo,  all'anima  sua, 
e  la  stancò  innanzi  tratto  in  una  guerra  muta,  in- 
terna, incessante,  fra  il  desiderio  che  la  chiamava 
ad  espandersi  e  lo  sconforto  che  la  dissuadeva.  Ma 
quei  dubbio  d'onde  venne?  D'onde  venne  a  Bini, 
ditemi,  quella  esperienza  eh7  egli  chiama  la  morte 
del  cuore ì 

Carlo  Bini  era  nato  potente;  ma  il  segreto  della 
sua  potenza  stava,  per  quanto  a  me  fu  dato  cono- 
scere, nella  commozione.  Le  armonie  che  vivevano 
perenni  nell'anima  sua  avevano,  per  sciogliersi  in 
suoni,  bisogno,  come  la  statua  di  Meninone,  d'un 
raggio  di  Sole  sorgente.  Il  suo  era  ingegno  d'Apo- 
stolo, non  di  Profeta.  Temprato  a  sentire  la  vita 
nelle  sue  menome  manifestazioni,  nelle  sue  relazioni 
più  delicate,  con  un  cuore  traboccante  e  assetato 
a*  amore,  con  una  mente  pronta  ad  all'errare  il  Bello, 
il  Grande,  il    Vero,  dovunque    apparissero,  e  a  ve- 


148  ai  giovani.  L848] 

nerarli  e  a  ispirarvisi,  Bini  avea  più  eh'  altri  bi- 
sogno, a  rivelarsi  qual  era,  d' armonia,  d'  equilibrio 
fra  1'  io  e  il  mondo  esterno,  fra  le  tendenze  ingenite 
in  lui  e  il  mezzo,  l'elemento,  in  che  dovevano  ma- 
nifestarsi: la  solitudine  dell'anima  gli  intorpidiva  a 
inerzia  le  facoltà.  In  mezzo  a  un  gran  Popolo,  da- 
vanti a  un  gran  fatto,  in  faccia  a  una  grande  Idea 
incarnata  in  pochi  individui  santi  d'amore  e  di  sde- 
gno, di  pensiero  e  d'azione,  le  potenze  che  nel  so- 
pore comune  gli  dormivano  dentro,  si  sarebbero  su- 
scitate tutte  in  un  fremito  di  volcano,  e  avrebbero 
operato  in  modo  da  lasciare  ai  posteri  ben  altra  me- 
moria di  sé  che  non  questa  :  in  una  società  pigmea 
d'affetti  e  d'azioni,  com'è  —  perché  non  dirlo?  — 
la  nostra,  Bini  non  trovava  simboli  e  immagini 
a'  suoi  concetti,  e  quasi  pauroso  di  profanarli  si  tac- 
que. Egli  era  come  quegli  augelli,  che  sotto  un  cielo 
sereno  empiono  l'aria  di  bei  concenti  e  nella  ma- 
remma ammutiscono.  Forse,  un  solo  essere,  uomo  o 
donna,  che  gli  avesse  detto  :  —  «  tu  soffri  ;  che 
monta?  Dio  t'  ha. fatto  per  questo:  i  patimenti  sono 
le  sue  benedizioni.  Dio  non  t' ha  creato  per  te,  ma  per 
gli  altri.  Soffri  e  persisti:  persisti  s' anche  tu  vedessi 
calpeste  dagli  uomini  le  idee  che  ti  fervono  dentro: 
persisti  davanti  alla  morte  :  persisti  davanti  alle  de- 
lusioni ben  più  terribili  che  non  la  morte.  Guarda 
in  alto  e  nel  tuo  cuore,  e  dentro  ai  sepolcri  dei 
Grandi  passati;  non  altrove.  Oos'  è  il  mondo  d'oggi 
per  te  ?  Dio  non  t' ha  detto  :  —  specchiati  negli  uo- 
mini che  ti  stanno  intorno,  —  ma  —  va,  ama,  pre- 
dica e  muori.  La  mia  Legge  è  il  tuo  cuore  :  ivi 
sono  le  stelle  de*  tuoi  destini  :  »  —  avrebbe  salvato 
Bini  dallo  sconforto;  certo,  ei  si  sarebbe  prostrato 
davanti  a  quell'  essere,  e  rialzato  meno  infelice  e  più 


[1843]  ai  giovani.  149 

grande.  Ma  quell'ente  ei  non  l'ebbe.  Non  che  gli 
mancassero  amici;  ma  i  più  si  tenevano  da  meno 
di  lui,  e  non  s' attentavano  d' ammonirlo  ;  i  pochi 
che  lo  avrebbero  osato,  gli  vissero  lontani  e  ramin- 
ghi ;  né  parole  siffatte  riescono  efficaci,  se  non  quando 
sono  pronunziate,  nei  momenti  d'abbattimento  su- 
premo, col  bacio  dell'  amante  o  colla  stretta  di  mano 
dell'intima  fratellanza.  Bini,  circondato  di  simpa- 
tia, d'  ammirazione,  d' affetti  modesti  e  ineguali  ai 
bisogni  dell'anima  sua,  visse  e  mori  solitario.  E  in 
questo  isolamento  morale  al  quale  egli  non  era  nato, 
ma  pur  sentivasi  condannato  irrevocabilmente  qui 
sulla  terra,  cominciò  l'incertezza  sulle  proprie  forze, 
cominciò  il  dubbio  sull'  importanza  della  vita,  co- 
minciò la  lenta  etisia  dello  spirito  che  lo  consu- 
mava fin  da  quando  io  convissi,  or  sono  tredici 
anni,  parecchi  giorni  con  lui.  Tra  le  abitudini  pre- 
potenti d' un'analisi  venuta  a  disciogliere  e  i  barlumi 
d;  una  sintesi  nuova,  tra  le  vecchie  tristi  dottrine, 
che  insegnavano  una  vicenda  alterna  inevitabile  di 
vita  e  di  morte  in  tutte  le  umane  cose,  e  la  filoso- 
fìa religiosa,  che  annunziava  l'eterna  progressione 
ascendente  dell'  Umanità  collettiva  in  un  vasto  piano 
d'  educazione  assegnato  dalla  Provvidenza,  l' intel- 
letto di  Bini,  tendente  per  potenza  intrinseca  e  per 
tutte  le  aspirazioni  del  cuore  a  quest'  ultima,  ma 
sconfortato  dalle  incertezze  che  regnano  in  tutti  co- 
minciameuti,  e  più  dal  contrasto  visibile  fra  l' Ideale 
int ravveduto  e  gli  uomini  che  doveano  rivelarlo  in 
azione,  invocava,  a  decidersi,  un  segno.  Pronto  a 
dedurre  eoa  un  vigore  non  comune  di  logica  le  più 
remote  conseguenze  d'un  principio,  e  avvezzo  da 
molto  a  conformare,  non  per  sistema,  ma  per  natura, 
gli  atti  della  vita  alle  credenze  dell'intelletto,  ei  si 


150  AI    GIOVANI.  [1843] 

sentiva  dalla  contemplazione  delle  generazioni  con- 
temporanee tratto  a  dubitare  della  verità  dell'  Idea. 
E  allora,  quand'  ei  non  vedea  più  per  chi  sagrificarsi  o 
per  che,  la  vita  gli  sembrava  un  problema  insolu- 
bile quando  non  una  trista  ironia,  e  tutte  cose  gli  si 
tingevano  a  nero.  Un  riflesso  di  questa  guerra  tra 
1'  intuizione  dell'  avvenire  e  la  conoscenza  anatomica 
del  presente,  che  s'agitava  dentro  lui  tormentosa, 
continua,  gli  pareva,  quand'io  lo  conobbi,  sul  volto. 
La  sua  calma  era  calma  di  vittima:  il  suo  sorriso, 
dacché  ridere  noi  vidi  mai,  un  sorriso  d'  esule, 
de'  più  mesti  eh'  io  m'  abbia  incontrati. 

Poi  vennero,  —  perch'  io  degli  ostacoli  materiali, 
della  povera  fortuna,  degli  affari  di  banco  a'  quali 
la  carità  della  famiglia  lo  strinse,  cose  tutte  eh'  egli 
avrebbe  superato,  non  parlo,  —  vennero  le  delusioni 
individuali,  le  delusioni  che  incanutiscono  la  chioma  e 
l'anima  innanzi  tempo  ;  la  morte  d' una  fanciulla  amata; 
amicizie  di  molti  anni  senza  colpa  perdute;  tentativi, 
su'  quali  tutte  le  speranze  deMa  vita  s'erano  poste, 
falliti  ;  e  gli  uomini  venerati  un  tempo  come  insegna- 
tori  scaduti  fin  dove  comincia  il  disprezzo,  e  l'entu- 
siasmo creduto  poc'  anzi  di  fede  scoperto  entusiasmo 
di  sola  e  spesso  egoista  speranza,  e  le  visioni  dell'  a- 
nima  vergine  date  da  quei  medesimi  che  primi  le  ave- 
vano accarezzate  al  ludibrio  d'un  materialismo  cre- 
scente cogli  anni,  allo  scalpello  inesorabilmente  feroce 
del  calcolo  ;  storia  tristissima  e  di  molti  fra  noi.  Carlo 
Bini  usci  dalla  prova  vincitore,  ma  esausto:  cre- 
dente, e  lo  dico  con  gioia,  nella  fede  in  che  noi 
crediamo,  ma  disperato  del  presente,  di  molti  anni 
avvenire,  degli  uomini  che  gli  formicolavano  attorno, 
e  della  propria  vita  terrestre.  «  Sono,  —  egli  mi 
«  scriveva  il  16  agosto  1842,  —  sono  un  vecchio  edi- 


[1843]  AI    GIOVANI.  151 

«  fizio  tutto  franato,  e  non  mi  resta  che  un  cuore  tutto 
«  rughe  e  pieno  di  morti,  e  sull'estremo  orizzonte  del- 
«  l'  avvenire  ho  V  ospedale,  dove  pur  non  mi  soccorra 
«  la  morte  di  cui  ho  in  mano  una  buona  caparra.  Né 
«  mi  manca  la  fede  nei  principii;  e  sebbene  spesso  la 
«  senta  svenire  e  quasi  estinguersi,  sebbene  spesso  una 
«  crudele  ironia  mi  sferzi  lo  spirito  e  lo  faccia  am- 
«  mattire,  questa  fede  la  sento  rinascere  più  ostinata 
«  e  piti  verde  ;  ma  non  credo  in  me  e  negli  uomini 
«  che  compongono  l'epoca,  —  e  compiango  a  lacrime  di 
«  cuore  quegli  infelici  che  hanno  immaginato  di  alzare  un 
«  monumento  con  siffatti  materiali,  quegli  infelici  cui 
«  la  natura  gettò  siili'  anima  il  cilizio  d'  una  volontà 
«forte  e  perpetua,  destinata  ad  abbracciarsi  e  lottare 
«  e  logorarsi  coli'  impotenza.  Io  li  compiango  questi  in- 
«felici,  e  nel  tempo  stesso  li  invidio,  perché  almeno 
«  avendo  tenuto  fermo  nella  strada  che  scelsero,  quando 
«  pure  non  giungano  a  nessun  termine,  avranno  la 
«  coscienza  di  aver  fatto  il  proprio  dovere,  e  morranno 
«  senza  rimorsi.  Ma  molti,  ed  io  primo  fra  tutti,  non 
«  potremo  morire  senza  rimorsi  !  »  Povero  Carlo  ! 
chi  scrive  sa  meglio  d'ogni  altro  che  tu  potevi  morire 
senza  rimorsi. 

Bini  sdegnò  d'essere  letterato,  ammirato  da  let- 
terati. I  pochi  scritti  ch'egli  dettò,  tutti  a  quanto 
io  mi  so  senza  nome,  sgorgarono  non  da  disegno 
premeditato,  ma  da  circostanze  imprevedute  che  gli 
suscitarono  a  tumulto  le  potenze  del  cuore.  Puri 
d'  o^ni  affettazione  di  lingua  o  di  stile,  caldi  senza 
indizio  di  sforzo,  candidi,  ingenui,  ritraenti  del  fare 
di  Sterne,  scrittore  dei  prediletti  da  lui,  ma  di  Sterne 
con  tutte  le  idee,  con  tutti  gli  affetti  del  XIX  secolo, 
a  me  rendono  immagine  viva  del  suo  sorriso;  sorriso^ 
come  dissi,  mestissimo,  ma  pieno  di  pietà  e  d'amore, 


152  AI   GIOVANI.  [1843] 

senz7  ombra  di  riazione,  senza  vestigio  delle  molte 
amarezze  patite.  E  rimarranno,  cari  a  tutti  come  la 
promessa,  inadempita  per  colpa  dei  più  fra  noi,  d'un 
ingegno  originale  e  potente  ;  preziosi  a  noi  pochi  che 
lo  conoscemmo  e  non  lo  dimenticheremo  mai  più, 
come  il  ricordo  d7 una.  vita  la  più  incontaminata,  la 
più  virtuosa,  che  ci  sia  stato  dato  d'incontrare  in 
questi  ultimi  anni. 

Condannato  dalla  fortuna  a  occupazioni  dalle 
quali  si  ribellavano  tutte  le  tendenze  dell'  animo  suo, 
affannato  dal  desiderio  d' un  Ideale  eh7  ei  disperava 
di  raggiungere  in  terra,  roso,  —  e  questo  è  tormento 
che  i  più  negano,  e  nessuno  forse,  se  non  chi  lo 
prova,  può  intendere,  —  dalla  potenza  che  gli  fre- 
meva dentro  e  rimanevasi,  per  disconforto  dell'  Oggi, 
inoperosa  al  di  fuori,  Carlo  Bini  tra  V  esser  frain- 
teso o  profanato  nell'espressione  del  suo  pensiero, 
scelse  il  silenzio:  ma  lo  ravvolse  di  tanta  dignità, 
che  parve,  a  chi  lo  conobbe  dappresso,  più  eloquente 
d'ogni  parola.  Non  si  lagnava  ;  avido  d'  amore,  sde- 
gnava il  compianto  ;  fors'  anche  lo  tratteneva  il 
timore  di  aggiungere,  snudando  le  proprie  piaghe, 
allo  sconforto  dell'anime  giovani,  che  guardavano 
in  lui  ed  erano  men  forti  a  reggere  che  non  la  sua. 
La  sua  era  di  quelle  che  s7  affinano  nella  sventura. 
Tutta  la  vita  sottratta  all'  intelletto  di  Bini  si  ri- 
versava nel  cuore  ;  né,  s'  egli  avesse  trovato  1'  esi- 
stenza simile  fin  da'  primi  suoi  giorni  a  un  letto 
di  rose,  avebbe  potuto  mostrarsi  più  affettuoso  ai 
viventi  che  s'  abbattevano  in  lui.  Dall'  attività  d7  a- 
mico  eh'  egli,  più  anni  addietro,  spiegò  per  giovare, 
nelle  strette  d7  una  crisi  di  povertà,  chi  scrive  co- 
deste pagine,  fino  alla  traduzione  dal  Tedesco  eh7  e- 
gli  imprese  poco  tempo  innanzi  la  morte,  e  quando 


[1843]  AI    GIOVANI.  153 

il  male  che  ce  lo  rapi  lo  travagliava  minaccioso, 
per  soccorrere  col  ricavato  della  vendita  a  un  co- 
noscente, io  potrei  citare  una  serie  d'atti  tali  e  tanti 
da  onorare  qualunque  vita;  ma  non  li  cito,  perché 
mi  parrebbe  offendere  la  santità  del  pudore  ond'  ei 
ricopriva  le  belle  azioni  della  sua  vita  ;  ei  benefi- 
cava, come  soffriva,  tacendo.  [Non  so  quanti  vivano 
grati  a  Bini  per  aiuto,  consiglio  o  conforti  ;  son 
certo  che  non  esiste  un  sol  uomo  il  quale  possa 
dolersene.  Tendente  al  frizzo,  s' adoprava  continuo 
a  correggere  la  natura,  e  lo  temperava  di  tanta 
benevolenza  che  nessuno  poteva  patirne  o  adontar- 
sene: intollerante  e  santamente  sdegnoso  solamente 
all'  ipocrisia.  Lento,  ma  tenacissimo,  negli  affetti,  non 
li  tradì  mai  per  tempo,  lontananza,  o  vicende:  tra- 
dito egli  stesso,  rispettò  il  passato  e  non  rispose 
che  col  silenzio.  Serbò,  perseguitato,  il  contegno 
virilmente  decoroso  dell'uomo  che  dal  primo  all'  ul- 
timo anno  della  sua  vita  avea,  com'  egli  stesso  scri- 
veva, «  segnato  una  linea  retta  nella  via  dell'  ono- 
re; »  e  tra  pericoli,  de'  quali  né  egli  né  altri  poteva 
segnare  i  limiti,  andava  cacciando  sulla  carta,  con 
una  quiete  di  bambino  accarezzato,  linee  di  tanta 
innocenza  d'amore  alla  Madre,  che  paiono  scritte 
da  un'anima  di  fanciulla  con  una  penna  tolta  all'ala 
d' un  angiolo.  Delle  sue  opinioni  non  parlo  :  le  più 
importanti  trapelano  a  chi  sa  intendere  anche  dai 
pochi  scritti  raccolti  in  questo  volume.  Amava  reli- 
giosamente la  Patria;  né,  rara  dote  nei  tempi  no- 
stri, mutò  mai:  migliorò;  —  come  un  bel  cielo  al 
tramonto,  le  facoltà  del  suo  cuore  andarono  via  via 
rasserenandosi  quanto  più  egli  s' accostava  all'  ul- 
timo giorno.  L' ingegno  pronto  ed  acuto,  l' osserva- 
zione diligentis8ima,  il  senso  eh'  ei  possedeva  squi- 


154  AI   GIOVANI.  [1843] 

sito  del  Bello  sotto  qualunque  anche  poverissima 
forma  si  presentasse  al  suo  sguardo,  la  singolare 
facilità  con  eh'  egli  potea  trapassare  dalle  corde 
dell7  onesta  letizia  a  quelle  della  commozione  più 
profondamente  patetica,  una  insolita  dolcezza  di  stile, 
e  1'  anelito  all'Infinito,  e  l'anima  nata  ad  amare,  e 
inchinatissima  alla  pietà,  avrebbero  forse  in  altri 
tempi  fatto  di  Carlo  Bini  il  Gian  Paolo  Richter 
dell'  Italia  ;  ma  egli  non  avrebbe  mai  potuto  scrivere 
a  chi  lo  conobbe,  libro  migliore  della  sua  vita. 

Mori  cólto  d' apoplessia,  il  12  novembre  1842, 
nell'  età  di  trentasei  anni,  (*)  dopo  quaranta  ore  più 
che  di  agonia  di  letargo,  in  Carrara,  dov'  ei  s' era 
per  affari  recato.  Ma  le  sue  ossa,  trasportate  devo- 
tamente per  voto  di  tutti  ed  opera  degli  amici  a  Li- 
vorno, riposano  dov' io  forse  non  potrò  mai  più  vi- 
sitarle, a  Salviano,  nel  cimitero. 

Né  gemo  per  lui;  perché  gemerei?  Il  suo  pen- 
siero gli  sopravvive,  più  potente  a  spandersi  in- 
visibile dal  mondo  migliore,  ov'  egli  soggiorna, 
tra'  suoi  fratelli  di  patria;  ed  egli  è  saMto  a  vita  meno 
infelice  e  più  pura.  Gemo  per  noi  che  abbiamo  per- 
duto un  amico,  e  non  siamo  certi  fino  all'  ultimo 
giorno  di  meritar  di  raggiungerlo:  gemo  pei  gio- 
vani che  avrebbero  potuto  abbandonatamente  spec- 
chiarsi e  fidarsi  in  lui,  e  ai  quali  sono  tanto  rare 
in  oggi  siffatte  guide.  E  gemo  dal  profondo  dell'  ani- 
ma pensando  alle  tante  anime  mie  sorelle,  simili  a 
quella  di  Carlo  Bini,  che  onorerebbero  d'opere  ge- 
nerose e  di  nobili  scritti  V  Italia,  e  si  consumano, 
mentr'  io  scrivo,  ignote  a  me,  ignote  a  tutti,  nel  tormento 
d'  un'  impotenza   decretata    dai    tempi,  dall'  egoismo 

(*)   Egli  era  nato  in  Livorno,  il  df  1°  di  Decembre  1806. 


[1843]  AI    GIOVANI.  155 

ognor  più  invadente,  e  dall'inerzia  vostra,  o  Italiani. 
Provvedete  a  quest7  anime,  o  Giovani  ;  è  Bini  che 
prega  per  esse.  Voi  avete  dato  onore  d'  esequie  so- 
lenni e  di  tomba  alla  sua  spoglia  mortale  :  sia  con 
voi  il  suo  spirito,  e  fate  del  vostro  cuore  un  san- 
tuario della  sua  vita.  Operate  come  se  aveste  rac- 
colto in  voi  V  alito  estremo  del  pensiero  d'  amore 
che  lo  animava.  Educatelo  devotamente  attivi  e  dif- 
fondetelo sulla  terra  che  Bini  piangeva  caduta.  A- 
mate  la  Patria  come  ei  l'amava:  ribeneditela  d'en- 
tusiamo,  di  fede,  di  Poesia:  preparate  ai  vostri  in- 
gegni privilegiati  quel  popolo  di  credenti  che  Bini 
invocava.  Oggi,  comunque  facciate  d' abbellirle  e 
onorarle,  l'Angiolo  dello  Sconforto  siede  sulle  tombe 
de'  vostri  cari,  e  la  voce  che  noi  moviamo  per  essi, 
e  dovrebbe  innalzare  in  religiosa  lietezza  V  inno 
della  nuova  vita,  suona  lamento  inconsolabile  e 
amaro. 


Vili. 
ARTICOLO  PREMESSO  ALL'EDIZIONE  DI  LUGANO 


SCRITTI  POLITICI  INEDITI 

DI  UGO  FOSCOLO. 


ARTICOLO  PREMESSO  ALL'  EDIZIONE  DI  LUGANO 

DEGLI   SCEITTI  POLITICI  INEDITI 
DI  UGO  FOSCOLO. 


Gli  scritti  eh'  io  pubblico,  inediti  tutti,  se  non 
erro,  da  uno  o  due  in  fuori,  furono  con  altri  molti 
raccolti  in  parte  dalla  pietà  di  pochi  uomini  (4)  amici 
sinceri  della  memoria  di  Foscolo  e  dell7  onore  Ita- 
liano, in  parte  dalle  cure  amorevoli  d7 una  donna 
eh7  io  non  nomino  perché  la  modestia  sua  noi  con- 
sente, ma  della  quale  molti  sanno  che  confortò  di 
rari  affetti  gli  anni  piò  travagliati  della  vita  di 
Foscolo,  e  li  serbò  religiosamente  intatti  poi  eh7  egli 
mori.  E  dacché  mi  furono  liberamente  fidati,  io  m'as- 
sunsi d7  innestarli  ordinati  in  un  libro  destinato  a 
purgare  la  biografia  di  Foscolo  dei  molti  errori  che 
la  noncuranza  altrui  v7  introdusse  e  redimere  la  fa- 
ma dai  sospetti  che  l7  invidia  e  la  servilità  letteraria 

(l)  I  Signori  Enrico  Mayer,  Gino  Capponi  e  Pietro  Basfogi; 
i  due  primi  già  cari  all'Italia,  tutti  e  tre  italiani  della  To- 
scana. Ad  essi  e  allo  spaglinolo  Canonico  Riego,  fratello  del 
Generale  ed  uno  dei  pili  caldi  e  costanti  amici  che  Foscolo 
•'ftvewe  negli  ultimi  anni  della  sua  vita,  spetta  l'onore  d'aver 
salvato  all'Italia  quasi  tutti  i  manoscritti  che  formano  questo 
voi  urne  ed  altri  parecchi.  Raccolti  prima  con  zelo  esemplare 
dal  (Jan.  Riego  che  vegliò  assiduo  al  letto  dell'amico  moreute, 
diventarono  pili  dopo  proprietà  dei  tre  Italiani,  presso  i  «piali 
tono  <la   vedersi  gli  autografi. 


160  ARTICOLO    PREMKSSO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

gli  avventarono  contro  anni  sono  e  gli  avventano 
tuttavia.  Ma  il  tempo  fugge;  la  morte  può  cogliermi 
impreveduta  da  un  giorno  all'  altro,  né  la  vita  mi 
corre  si  lieta  o  pacata  eh'  io  possa  a  ogni  modo  as- 
segnare un  termine  al  mio  lavoro.  Ho  dunque  de- 
ciso eh'  io,  sperando  pure  mantener  la  promessa  e 
serbando  inedite  quelle  carte  che  più  particolarmente 
rivelano  in  Foscolo  V  uomo  e  il  letterato  e  mi  gio- 
veranno a  documentarne  la  Vita,  procurerei  senz'  al- 
tro indugio  la  stampa  di  quelle  che  più  riguardano 
il  cittadino  :  e  formano  questo  volume.  Né  io  poteva 
contendere  più  lungamente  all'  Italia  la  piena  discolpa 
d'un  uomo  che  l'amò  tanto,  né  a  me  la  gioia,  delle 
rarissime  che  V  esilio  conceda,  di  vedere  giustificato, 
avverato  agli  occhi  di  tutti  un  presentimento  del 
cuore  tante  volte  pur  troppo  illuso  e  tradito. 

Eicordoi  tempi  ne'  quali  io  m'  affacciava  giovinetto 
alle  lettere,  e  come  atterrito  del  divorzio  consumato 
in  Italia  da  secoli  fra  la  nazione  e  gl'ingegni  e 
cercando  fra  quelle  de'  più  recenti  scrittori  un'im- 
magine in  eh'  io  potessi  con  fiducia  e  conforto  af- 
fisarmi a  trarne  gii  auspicii  della  Letteratura  so- 
ciale invocata,  io  m' affratellava  —  non  colle  opinioni 
di  Foscolo  ;  le  mie  correvano  fin  d'  allora  avverse  ge- 
neralmente alle  sue  —  ma  colla  sincerità  delle  opi- 
nioni ch'ei  professava,  coli' armonia  costantissima 
in  lui  fra  le  tendenze  dell'  intelletto  e  quelle  del  core, 
coli' unità  potente,  non  mai  tradita,  dell'anima  sua. 
Allora  io,  con  altri  giovani  amici,  alcuni  or  morti  ed 
altri  peggio  che  morti,  combatteva  gregario  sotto  le 
bandiere  del  Romanticismo  le  prime  battaglie  della 
libertà  dello  spirito;  e  allora  appunto,  mentre  il 
nome  di  Foscolo,  più  ch'emancipato  emancipatorer 
ci  suonava  venerato  sul  labbro  e  imparavamo  da  lui 


[1844]  DI  UGO  FOSCOLO.  161 

la  connessione  delle  lettere  col  viver  civile  e  l'in- 
dipendenza da  tutte  autorità  fuorché  dall'  eterna 
natura  e  dal  Genio,  le  accuse  contro  gli  atti  della 
sua  vita,  gittate  prima  da  uomini  ligi  dell'Austria 
nel  1814,  rieccbeggiavano  non  so  di  dove  più  invi- 
perite che  mai  :  e  a  quelle  s' aggiungevano  altre 
novissime  toccanti  gli  anni  da  lui  passati  in  esilio  : 
accuse  non  provate  a  dir  vero  e  alle  quali  contra- 
stava il  complesso  della  vita  autentica  e  degli  scritti 
di  Foscolo;  pur  combattute  tiepidamente  da  nomini 
che  gli  si  spacciavano  amici,  ripetute  da  creduli 
sfaccendati,  e  raccolte  per  amor  di  sistema  dai  molti 
scettici  a'  quali  ogni  contradizione  fra  la  pratica 
e  la  teorica  pare  una  necessità  dell'umana  natura, 
solcavano  d'un  dubbio  amaro  l'anima  di  molti  gio- 
vani; non  la  mia.  A  me  le  accuse  ai  grandi  d'in- 
gegno paiono  sempre  —  quando  non  sono  innega- 
bilmente documentate  —  favole  o  peggio. 

Lo  accusavano  d' esser  fuggito  d' Italia  per  debiti, 
o  perché  risaputosi  dagli  amici  un  patto  da  lui  stretto 
col  governo  Austriaco  di  promoverne  cogli  scritti 
la  potenza  e  le  mire,  ei  correva  rischio  d'ottenersi 
da'  suoi  compatrioti  infamia  di  traditore  e.  di  spia. 
Lo  accusavano  d'  avere,  a  procacciarsi  fama  tra  gli 
stranieri,  dettato  egli  stesso  a  un  letterato  inglese  un 
libro  pieno  di  critica  per  altrui,  di  lodi  immodeste 
per  sé:  poi,  d'avere,  a  procacciarsi  fama  e  lucro  ad 
un  tempo,  coniato  e  falsificato  due  lettere  del  Pe- 
trarca inorpel landò  Lord  Holland  a  crederle  auto- 
grate.  Lo  accusavano  d'avere  soppresso  per  oro  e 
minacce  del  governo  inglese  un  libro  da  lui  scritto 
a  richiesta  d'uomini  greci  su  le  sventure  di  Parga. 

Ed  oggi  le  accuse  rivivono;  e  a  sommarle,  tra- 
priverò,   con    rossore,    poche  linee    d'uno   scrittore 

M  v/./im.  tkrfttii  »■<•<•.,  \<»1.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  11 


162  ARTICOLO    l'UKMKSSO    AGLI     SCRITTI     POLITICI  [1844] 

cattolico,  uomo  d'  ingegno  non  comune,  ma  irrepa- 
rabilmente, travolto  da  credenze  retrograde,  da  una 
vanità  irrequieta,  e  da  stolide  lodi  d'adulatori  pigmei. 
«  Affettò  ricchezza,  nobiltà,  leggiadria;  si  stropic- 
«  ciò  nel  lezzo  de'  nobili  e  degli  eleganti;  e  prima 
«  che  riconfondersi  alla  materia  (com'egli  dice  nel- 
«  l' Ortis)  s'invischiò  troppo  in  quella  sudicia  ma- 
«  teria  che  chiamano  il  danaro  altrui  ;  e  mori  d'  ug- 
«  già,  di  disinganno,  di  debiti.  Mori  dopo  soppresso 
«  un  libro  che  narrava  le  cose  di  Parga  ;  e  senza 
«  aver  mosso  un  grido  di  speranza  e  di  compassione 
«  alla  misera  patria  sua.  »  (Tommaseo,  7)iz.  Estet., 
pag.  170).  Linee  più  sfacciatamente  calunniataci  di 
queste,  io  non  so  d'averne,  da  molto,  veduto;  e  le 
registro  perché  i  giovani  v'  imparino  la  moralità 
della  Scuola,  e  perché  gridino  all'  autore,  ogniqual- 
volta ei  parla  d'amore,  di  religione  e  di  patria:  ta- 
cete :  quando  un  uomo  che  non  seppe  rassegnarsi  ai 
dolori  della  servitù,  né  sostenere  i  guai  dell*  esiliò,  av- 
venta la  bestemmia  della  maldicenza  alla  sepoltura  di 
chi  lasciò  l'ossa  in  un  cimitero  d'  Inghilterra  per  non 
aver  voluto  contaminare  la  dignità  dell'anima  sua,  e 
piangeva  pochi  giorni  innanzi  la  morte  sulle  sciagure 
d' Italia  (')  ei  profana,  parlandoli,  que'  santi  vocaboli. 
Parecchie  di  quelle  accuse  furono  pur  troppo, 
come  accennai,  avvalorate  dagli  errori  o  dal  silen- 
zio, forzato  in  alcuni,  inesplicabile  in  altri,  de'  bio- 
grafi d'Ugo.  Le  cagioni  assegnate,  con  modi  d'uomo 
che  dubita,  all'  esilio  di  Foscolo  in  un  libro  scritto 
con  manifesta  irriverenza  all'  amico  da  Giuseppe 
Pecchio,  lasciarono  aperto  l'adito  alla  calunnia,  co- 
me le  spiegazioni  ipotetiche  date  da  lui,  e  dopo  lui 

(l)  Foreign  Quarterìy.   Art.    Ugo  Foscolo,   1827. 


[1844]  DI   UGO   FOSCOLO.  163 

da  Camillo  Ugoni,  della  soppressione  del  libro  su 
Parga  incoraggirono  il  Tommaseo  ad  accagionarne 
la  codardia,  e  fors' anche,  com'egli  gesuiticamente 
insinua,  la  venalità  dell'autore.  Ultimo  il  Carrer, 
tenero  della  fama  di  Foscolo  e  giudice  abbastanza 
savio  dell'uomo  e  del  letterato,  ma  incapace,  se  pur 
le  condizioni  del  paese  ov'  ei  scrive  non  lo  forzarono 
a  parer  tale,  d' intendere  il  cittadino,  accetta  corrivo 
le  opinioni  altrui  sul  libro  di  Parga,  tace  sulle  ca- 
gioni della  partenza.  E  oggi  soltanto  i  documenti 
eh'  io  pubblico  sciolgono  i  dubbi  e  imporranno,  spero, 
fine  alle  accuse. 

E  parrai  cosa  importante  più  eh'  altri  non  pensa. 
Lasciando  anche  che  gli  uomini  ne'  quali  vita  e 
scritti  concordino  non  s'incontrano  tanto  frequenti 
nella  storia  italiana  degli  ultimi  cinquanta  anni  da 
poter  senza  colpa  trasandare  quest'imo,  l'armonia 
fra  il  pensiero  e  l' azione  in  un  sommo  è  in  ogni 
tempo  spettacolo  che  rinvergina  l'anima  e  conforta 
supremamente  a  patire,  sperare,  operare.  L'  affetto 
riverente  posto  dagli  uomini  negli  intelletti  potenti 
e  virtuosi  —  il  Culto  degli  Eroi,  come  direbbe  Car- 
lyle  —  frutta  solo  credenti  all'  Umanità:  l'adorazione 
all'idee  nuda,  metafisica,  astratta,  non  dà  che  filo- 
sofi. E  oggi  che  alla  gioventù  d'Italia  manca  non 
l' idea,  ma  la  fede,  strozzata  pur  troppo  al  nascere 
dalla  versatilità  degli  ingegni  e  dallo  squilibrio  vi- 
sibile ne'  migliori  fra  i  precetti  e  le  azioni,  è  gioia 
poterle  dire:  ecco  un'anima  incontaminata:  l'uomo 
che  ammiraste  scrittore  è  degno  del  vostro  amore, 
]>(](>  ch'ei  mantenne  tra  le  sciagure,  l'esilio  e  la 
povertà,  la  costanza  de'  principi!,  1'  indipendenza 
ideile  opinioni  e  l'alletto  alla  patria  vostra.  Imitatelo 
e  confortatevi.  Una  opinione  serpeggia  fra  voi   che 


164  ARTICOLO    PREMESSO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

dice  bella  e  santa  la  verità,  ma  tristi  gli  uomini  e 
sogno  il  pensiero  di  prepararle  trionfo  qui  sulla 
terra.  Respingete,  o  giovani,  quella  opinione,  per- 
ch'  essa  è  veleno  all'  anime  vostre,  e  mortale  alla 
potenza  di  vita  operosa,  trasformatrice,  che  Dio  vi 
dava.  Stringetevi,  come  a  bandiera  di  speranza,  alle 
immagini  di  quei  pochi  che  vissero  e  morirono  fe- 
deli alla  vocazione  insegnata  dalla  Provvidenza  al 
loro  intelletto.  Riconciliatevi  in  essi  alP  umana  na- 
tura. Non  sospettate  mai  degli  ingegni  potenti.  La 
mediocrità  invidiosa  non  potendo  sperderne  o  ne- 
garne gli  scritti,  si  ricaccia  sulla  loro  vita  meno 
evidente  agli  occhi  di  tutti  e  quindi  più  soggetta  a 
interpretazioni  maligne.  E  la  tirannide,  tremante 
à}  ogni  influenza  di  verità,  si  affretta  a  giovarsi  di 
quelle  invidie  per  inocularvi  la  diffidenza  e  condan- 
narvi, poiché  all'ignoranza  assoluta  non  può,  alla 
inerzia  de'  contemplatori.  Ma  perché  oggi  venerate 
ispiratrice  la  memoria  di  Socrate  dannato  a  morte, 
plaudente  il  popolo,  dai  giudici  supremi  nella  sua 
città?  Perché  rispettate  fra  i  migliori  Benedetto  Spi- 
noza maledetto  a  una  voce  dai  contemporanei?  Per- 
ché la  luce  di  virtù  che  albergava  nelP  anima  di 
que'  Grandi  non  cominciò  a  splendere  se  non  fra'  po- 
steri? Fatevi  dunque  posteri  pei  vostri  Grandi. 
Siate  freddamente,  inesorabilmente  severi  contro  i 
pochi  che  vi  riescono,  per  fatti  documentati,  colpe- 
voli d'avere  abusato  su  torte  vie  dell7 ingegno;  ma 
non  siate  facili  a  condannare.  Non  contristate  col 
sospetto  gli  angeli  di  Dio  sulla  terra.  Non  dite  av- 
ventatamente: V  intelletto  è  santo  in  queW  uomo,  ma  il 
core  è  macchiato  d'  inconseguenze  e  di  colpe.  Coree  intel- 
letto sono  una  cosa:  una  è  la  vita  che  li  feconda;  ed 
io  potrei,  mi  pare,  additarvi  nelle  pagine  più  applau- 


[1844]  DI  UGO  FOSCOLO.  165 

dite  degli  scrittori  che  tradirono  la  loro  missione  i 
germi  inavvertiti  dell'  errore  o  dell7  egoismo  che  li 
trasse  al  male.  Ma  spesso  quelle  che  voi  v'affrettate 
a  chiamar  macchie  della  loro  vita  non  sono  che  va- 
pori addensati  dalle  piccole  umane  passioni  che  fer- 
mentano intorno  ad  essi  e  s' adirano  della  guerra  mossa 
al  presente  da  ogni  presentimento  dell'avvenire.  Qui, 
dov'io  scrivo,  la  tradizione  aristocratica  mortalmente 
offesa  da  Byron  e  tuttavia  prevalente,  ha  sparso 
sul  di  lui  nome  tanta  fama  d'immoralità  che  nessuno 
s' attenta  oggimai  di  scolparlo.  E  nondimeno,  io,  dopo 
letto  e  scrutato  a  fondo,  imparzialmente  quant'  io 
mi  so,  tutto  quello  che  intorno  a  lui  scrissero  di 
documentato  o  plausibilmente  vero  gli  amici  e  i  ne- 
mici, ho  raccolto  —  e  ne  ringrazio  Iddio  —  che 
l'anima  sua  fu  delle  migliori  che  mai  scendessero 
sulla  terra  in  un  periodo  di  crisi  morale  e  tra  una 
gente  appestata,  senza  pure  avvedersene,  d'egoismo 
e  di  menzogne  sociali. 

Abbandonata  la  Svizzera,  Foscolo  scriveva  da 
Londra  —  non  pare  eh'  ei  la  mandasse  —  una  lunga 
lettera  al  Direttore  della  Polizia  Generale  del  Can- 
tone di  Zurigo,  della  quale  inserirò  qui  l'unico  fram- 
mento ricuperato,  perché  racchiude  in  germe  gli 
•eritti  che  seguono  e  lo  diresti  dettato  a  far  da 
prefazione  alla  Lettera  apologetica  e  ai  Discorsi  sulla 
Servitù  dell'Italia. 

«  Da  che  il  Ministro  della  Polizia  Austriaca  re- 
«  Bidente  in  Milano  si  giova  di  lei,  Signor  mio,  per 
«  Le  inquisizioni  eh'  ei  stima  di  fare  sopra  di  me,  non 
«  le  rincrescerà,  spero,  eh'  io  dovendo  per  una  volta 
«  alzare  la  voce,  parli  pubblicamente  con  lei.  Anzi 
ella  doveva  aspettarsi  eh' io  avessi  d'ora  in  ora  a 


166  ARTICOLO    l'KKMKSSO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

«  prorompere  con  V  interrogazione  :  s' io  ho  mal  fatto, 
«  testifica  contro  di  me  ;  e  se  ho  ben  fatto,  perché 
«  mi  percuoti  $ 

«  I  Ministri  dell'  Austria  possono  addurre  che  Pes- 
«  sermi  ostinato  a  non  mai  scrivere  a  prò7  del  loro 
«  Governo,  coni' essi  m'avevano  richiesto,  né  giurare 
«fedeltà  al  loro  Principe,  com' essi  m'avevano  poi 
«  comandato,  ed  essendomi  con  esilio  spontaneo  sot- 
«  tratto  dalla  loro  giurisdizione^  dovevano  tenermi 
«  d'  occhio  in  qualunque  terra  io  mi  stessi,  e  obbli- 
«  garmi  non  foss'  altro  a  tacere.  Pur  se  intendevano 
«  eh'  io  mi  quietassi  e  non  pubblicassi  le  mie  opi- 
«  nioni,  non  era  egli  più  savio  partito  il  non  inquie- 
«  tarmi  ì  Ma  ella,  Signor  mio,  ella  cittadino  e  Ma- 
«  gistrato  di  terra  libera,  destinato  dal  cielo  e  dal 
«  suffragio  de'  suoi  concittadini  a  provvedere  alla 
«  quiete  e  alla  dignità  della  patria,  ella  doveva  per 
«  istituto  frapporre  la  mediazione  della  giustizia  tra 
«  me,  uomo  profugo  che  attestando  altamente  la 
«  propria  innocenza  implorava  ospitalità,  e  i  mini- 
«  stri  d'un  monarca  straniero  che  secretamente  le 
«  suggerivano  di  negarmela.  A  lei  no,  non  toccava 
«  di  farsi  guardiano  degli  altrui  confini,  e  inquisi- 
«  tore  per  un  governo  che  per  avventura  ha  ne- 
«  cessità  d'  essere  alquanto  severo.  Ella  doveva  e 
«  poteva  essere  giudice.  Capitai  nella  Svizzera  :  la 
«  corsi,  e  stetti  a  lunga  dimora  in  Hottingen  presso 
«  Zurigo,  dichiarando  sempre  a'  viso  apertissimo  : 
«  eh'  io  che  non  aveva  prestato  mai  giuramento  al 
«  governo  francese,  ni'  era  espatriato  d' Italia  per  non 
«  prestare  un  giuramento  militarmente  intimato  dal- 
«  l'Austria. 

i  «  E  questo  stava  in  lei  l'appurarlo  per  via  del- 
«  l' Agente  Elvetico  residente  in    Milano.   Inoltre  a 


[1844]  DI    UGO   FOSCOLO.  167 

«  lei  non  mancavano  mezzi  da  andare  giornalmente 
«  esplorando  se  la  mia  dichiarazione  era  smentita 
«  da'  miei  andamenti,  e  da  convincersi  s' io  con  atti, 
«  o  scritti,  o  parole  tendeva  a  turbare  la  pace  do- 
«  mestica  o  la  sicurezza  esterna  della  repubblica.  Se 
«  non  che,  pur  troppo  !  per  lei  non  trattavasi  di  ri- 
«  conoscere  il  vero  per  adempiere  al  giusto  ;  bensì 
«  adempiere  puntualmente  ali?  intento  della  Polizia 
«  Austriaca.  Quindi  le  sevizie  gratuite  che  ella  ha 
«  tentato  e  non  ha  avuto  coraggio  di  consumare 
«  contro  di  me;  quindi  le  ciarle  plateali  nei  croc- 
ce chi  Svizzeri  sul  mio  carattere  ;  gli  almanacchi  sulle 
«  mie  macchinazioni  politiche  ;  V  atterrirsi  della  mia 
«  vita  troppo  solinga;  i  sospetti  contro  que'  pochi 
«  che  alle  volte  mi  visitavano.  D' indi  in  poi  ho  per- 
«  duto  ogni  speranza  di  onesto  riposo  in  un  paese 
«  ove  i  magistrati  delle  repubbliche  sono  obbedien- 
«  tissimi  esecutori  delle  requisitoriali  degli  Amba- 
«  sciatori   stranieri. 

«  Ma  io  desiderava  quiete  a  ogni  modo,  onde  mi 
«  rassegnai  a  partirmi  dall'asilo  mio  senza  proferire 
«  giustificazioni  o  querela.  E  come  scolparmi  e  non 
«  accusar  gli  altri  e  non  convincerli  d'  ingiustizia, 
«  di  puerilità,  e  d' inumanità,  e  non  attizzare  gli  scan- 
«  «Itili  ?  Come  dolermi  e  non  mostrarmi  impotente  a 
«  tollerar  la  disavventura  °ì  Ma  sopra  tutto  come 
«  perorare  la  mia  causa  e  non  parlare  assai  troppo 
«di  me  a'  forastieri;  di  me  che  appena  son  noto 
«  a7  miei  concittadini?  La  mia  fama  letteraria  è 
«  tanta  da  bastare  solamente  a  contendermi  il  be- 
«  neficio  della  pacifica  oscurità;  ma  non  è  quanto 
«  bisognerebbe  a  procacciarmi  il  rispetto,  o  se  non 
«  altro  la  curiosità  de7  mortali.  Nel  decorso  di  que- 
«  sto  scritto  ella  vedrà  quante  volte    il  ribrezzo  di 


168  ARTICOLO    PREMESSO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

«  parlare  de'  fatti  miei  m?  ha  indotto  anche  negli 
«  anni  addietro  in  Italia  a  disprezzare  le  imputa- 
«  zioni  non  meritate,  piuttosto  che  farmi  merita- 
«  mente  reo  di  ridicola  vanità.  E  poi,  non  mi  pa- 
«  re  va  equità  V  assalire  in  lei  un  individuo  che  non 
«  possedendo  tanta  fòrza  da  patrocinarmi  col  diritto 
«  delle  genti,  era  forse  mal  suo  grado  costretto  a 
«cacciarmi  arbitrariamente  dall'ara  dell'ospitalità 
«  eh'  io  abbracciava  ;  e  sperai  eh'  ella  si  sarebbe  ri- 
«  cordato  di  me  non  senza  qualche  rimorso,  com'io 
«  mi  ricordo  e  con  sincera  compassione  di  lei.  Pia- 
«  cevami  anche  che  la  Polizia  Austro-Milanese  si 
«  affaccendasse  co'  suoi  terrori  fittizi,  e  m' onorasse 
«  comportandosi  meco,  come  già  i  Romani  col  pro- 
«  fugo  Annibale  :  cosi  aspettando  che  il  tempo  de- 
«  purasse  delle  taccie  il  mio  nome,  o  più  probabil- 
«  mente  lo  facesse  dimenticare,  io  sperava  dal  mio 
«  silenzio  la  quiete  eh'  io  come  ogni  altro  mortale 
«  ho  diritto  e  forse  più  che  ogni  altro  ho  necessità 
«  di  trovar  su  la  terra. 

«  La  prudenza  aveva  sigillato  i  miei  labbri  ;  ma 
«  vedo  che  mi  provoca  a  morte  :  ed  ecco  rotto  il 
«  sigillo.  Dopo  tre  mesi  ch'io  mi  sto  in  Inghilterra,  odo 
«  eh'  ella,  Signor  Consigliere,  non  so  se  per  proprio 
«  o  per  moto  comunicato,  persiste  nelle  inquisizioni 
«  a  Zurigo  a  fine  di  avverare  s' io  abbia  fatto  stam- 
«  pare  delle  Filippiche  contro  il  governo  dell'  Au- 
«  stria  :  né  la  mia  presenza  può  come  per  1'  addietro 
«  smentire  i  sinistri  rumori  che  m'  offendevano.  £Té 
«  mi  offenderebbe  che  altri  dicesse  eh'  io  ho  nell'  e- 
«  silio  mio  pubblicate  (bench'  io  non  abbia  ciò  fatto, 
«  e  allegherò  in  tempo  il  perché)  le  mie  opinioni 
«  intorno  allo  stato  della  mia  patria.  M'  offende  il 
«modo  dell' inquisizione  ;  il  luogo  dove  si  presume 


[1844]  DI  UGO  FOSCOLO.  169 

«  eh'  io  abbia  fatto  stani  pare;  la  intenzione  che  mi 
«  si  appone;  e  la  ripetuta  querela  ministeriale  ch'io 
«  possa  turbare  la  pubblica  quiete  in  Italia.  Le 
«  indagini  furono  infruttuose  per  lei  ;  nondimeno 
«  fruttano  macchia  e  pericoli  a  me.  L'  inquisizione, 
«  Signor  mio,  non  si  tosto  tocca  un  individuo,  e 
«  peggio  s'  egli  è  forestiero,  gli  lascia  addosso  un 
«  cotal  fascino  che  gli  riesce  invisibilmente  funesto. 
«  ]Son  essendovi  pubblici  tribunali  fra  il  persecutore 
«  armato  e  il  perseguitato  inerme,  ed  ogni  cosa  es- 
«  sendo  ravviluppata  di  tenebre,  di  delatori  e  di  mi- 
«  stenosi  terrori,  gli  uomini  sciocchi,  i  tristi,  gli 
«  oziosi,  i  ciarlieri,  i  bugiardi,  i  codardi,  i  creduli, 
«  la  pluralità  insomma  del  volgo  nobile  e  plebeo 
«  d'ogni  paese,  propende  a  giudicare  e  a  ridire  che 
«  1'  individuo  debole  e  profugo  sia  stato  meritamente 
«  inquisito  dal  forte  :  e  intanto  al  forte,  quando  an- 
«  che  ei  s'avvegga  dell' error  suo  non  torna  mai 
«conto  di  confessare  la  verità.  Infatti,  potrebb'ella 
«  in  buona  fede  asserire  che  tutti  coloro  a'  quali 
«  non  può  essere  ignota  la  perquisizione  delle  Fi- 
«  1  ippiche  sia  stato  notificato  che  alla  stretta  de'  conti 
«  le  non  erano  che  visioni? 

«  Or  finché  il  mondo  non  saprà  il  vero,  non  sarà 
«  egli  per  me  obbrobrioso  il  rumore  eh'  io  nel  paese 
«  ove  cercava  ospitalità  la  ho  violata  commettendo 
«  azioni  le  quali  irriterebbero  un  governo  potente 
«  contro  una  repubblica  debole  e  il  rigore  de'  Ma- 
«  gistrati  Svizzeri  contro  que'  cittadini  che  fossero 
«  stati  miei  complici?  E  che  tranquillità,  che  fidu- 
«  eia  potrei  meritarmi  qui,  dov'  io  venni  nuovo  e 
«  straniero,  se  lasciassi  che  per  le  comunicazioni 
«  reciproche  de'  diplomatici'  e  per  l'eco  delle  gaz- 
«  zette  si  diffondessero    e  avvalorassero    le  imputa- 


170  ARTICOLO    PHKME8SO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

«  zioui  ì  Né  questi  miei  sono  immaginari  terrori  o 
«  lontani.  Appunto  ora  eh'  io  sto  parlando  con  lei, 
«  v'  è  tal  uomo  cV  autorità  che  m' interrompe  per  av- 
«  vertirini  come  alcuni  inglesi  che  non  mi  cono- 
«  scono  se  non  per  le  altrui  ciarle  mi  stimano  in- 
«  gegno  inquietissimo  promotore  di  parti.  E  quanto 
«  più  le  calunnie  si  van  rinnovando,  tanto  men 
«  debbo  sperare  che  il  tempo  e  la  verità  le  disper- 
«  dano.  Una  o  due  ingiurie  virilmente  sofferte,  ri- 
«  mandano  il  vituperio  su  chi  le  fa  ;  ma  ove  le  siano 
«  continue  e  continuamente  dissimulate,  il  silenzio 
«  dell'  innocenza  è  ascritto  a  coscienza  di  colpa,  e 
«  l'alterezza  del  forte  a  viltà.  Pur  troppo  la  pura 
«  coscienza  che  affida  il  mortale  dinanzi  a  Dio  non 
«  basta  a  procacciargli  riposo  di  vita  sociale.  E  però 
«  onde  preservarmi  illibato  anche  al  tribunale  degli 
«  inimici  miei,  ho  sacrificato  e  patria  e  interessi  e 
«  studi  ed  affetti  domestici  e  tutto.  Ma  non  ho  la  so- 
«  vrumana  filosofia  di  sentirmi  onesto  e  parere  in- 
«fame;  e  tacere;  e  tacere  per  vedermi  più  sempre 
«  esasperato,  e  vedere  insieme  incolpati  gli  amici  miei. 
«  E  però  oltre  alla  tutela  dell'  onor  mio  che  unico  in 
«  terra  mi  avanza,  mi  corre  obbligo  di  scolpare 
«  que'  cittadini  Svizzeri  i  quali  per  avere  consolato 
«l'esilio  mio  d' affettuose  accoglienze,  potrebbero  es- 
«  sere  o  inquisiti  o  additati  come  fautori  di  libelli  e  di 
«  brighe.  Ma  sopratutto  è  obbligo  mio  di  fare,  per 
«  quanto  io  posso,  risapere  all'  Italia  che  s' oggi 
«  a'  più  devoti  fra'  suoi  figliuoli  non  è  conceduto  d' es- 
«  sere  impunemente  generosi,  non  sono  però  si  at- 
«  territi  dalle  persecuzioni  da  lasciarsi  impunemente 
«  disonorare. 

«  Onde  quantunque    tardi,  e  non  so  se   per   av- 
«  ventura    sul    fine    della  vita    mia  (perch'  io   detto 


[1844]  DI    UGO    FOSCOLO.  171 

«  questa  lettera  infermo)  obbligherò  a  perpetuo  si- 
lenzio le  antiche,  le  presentirle  future  malignità; 
«  e  non  foss'  altro  libererò  la  mia  sepoltura  dal  di- 
«  sonore.  Ed  ella,  Signor  Consigliere,  e  gli  inquisi- 
«  tori  e  i  politici  delle  gazzette  e  de'  crocchi,  e  i 
«  diplomatici  speculatori  ne'  loro  gabinetti,  non  per- 
«  deranno  più  in  grazia  mia  né  opere  né  parole. 
«  Al  quale  intento  non  trovo  mezzo  efficace  se  non 
«  quest'  uno  :  di  parlar  alto  ;  mentre  1'  Inquisizione 
«  sussurra  fra  le  spie  eh'  essa  alimenta  d'  oro,  e  la 
«  ingannano  :  di  parlar  vero  ;  e  diraderò  le  ombre 
«  artificiali  fra  le  quali  per  comune  disavventura 
«  essa  pur  deve  travagliarsi  e  travagliare  il  mondo 
«alla  cieca:  di  dire  tutto;  e  documentarlo  in  guisa 
«  che  ogni  uomo  possa  giudicarmi  senza  pericolo 
«d'ingannarsi;  nessuno  possa  ascrivermi  azioni  o 
«  opinioni  non  mie;  nessuno  mai  possa  smentirmi. 
«  Renderò  dunque  esattissimo  conto  della  mia  vita 
«  e  della  mia  religione  politica.  Scusimi  la  necessità 
«  verso  que'  viventi  che  m'occorrerà  di  citare  per 
«  testimoni.  S'  io  testifico  di  me,  la  mia  testimo- 
«  nianza  non  è  verace.  (4)  ^on  però  a  nessun  patto 
«  toccherò  segreti  commessi  alla  mia  fede,  o  nomi 
«  di  persone  alle  quali  potesse  mai  risultare  taccia 
«  o  pericolo.  E  quand'  io  mi  sarò  palesato  patente- 
4  niente  e  dirò:  Colui  che  cercate  son  io,  potrà  darsi 
«  eh'  Ella  e  i  Ministri  di  sua  Maestà  Imperiale  in 
«Italia  si  guardino  stupefatti  l'  un  V  altro  dicendo: 
W  non  è.  Saranno  convinti  eh'  io  mi  sono  quel  tale 
Hie  temono  predicatore  di  popolari  crociate,  e  vo- 
4  gliono  dargli  bando  da  tutta  la  terra  abitata  si  che 
«gridi  al  deserto.  E  s' ei  quindi  tonami  mi  lasce- 
rà .Johann.,  e.   V,  31. 


172  ARTICOLO    PREMESSO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

«  ranno  vivere  e  morire  in  pace,  e  dove  e  come  mi 
«  piacerà,  non  V  affermo.  Perch'  io  non  mi  spero  as- 
«  soluzione,  né  la  vorrei  da  que'  tanti  i  quali  per 
«  diversità  d'  interessi  desumono  pretesti  dalle  mie 
«  opinioni  per  dichiararmi  colpevole  se  non  di  fatti 
«  almen  di  pensieri,  e  punirmi.  Intendo  che  mi  con- 
«  dannino,  e  quando  possano,  eseguiscano  la  sen- 
«  tenza;  ma  non  più  sopra  indizi  fantastici  e  impu- 
«  taeioni,  bensì  sopra  la  schietta  mia  confessione  e 
«  sopra  Final terabile  istituto  di  tutta  intera  la  vita  mia. 
«  Sol  mi  rincresce  che  la  vita  mia  essendo  stata 
«  più  contemplativa  che  attiva,  riescirà  di  poca  im- 
«  portanza  al  più  de'  lettori  :  nondimeno  perché  ho 
«  vissuto  e  scritto,  e  tentato  d'operare,  e  osservato 
«  le  vicende  d' Italia  dall'anno  1796  a'  giorni  nostri, 
«  le  notizie  eh'  io  darò  intorno  a  me  manderanno, 
«  spero,  non  poco  lume  alla  storia  delle  nostre  scia- 
«  gure,  ed  è  storia  assai  mal  conosciuta  in  Europa. 
«  Inoltre  dai  casi  anche  di  poco  momento  d'  un  solo 
«  individuo,  purché  siano  innegabilmente  veri,  e  dalle 
«  sue  opinioni  é  dai  motivi  ragionatamente  esposti 
«  che  le  produssero,  gli  osservatori  dell'  umana  na- 
«  tura  e  della  condizione  de'  tempi,  sapranno  desu- 
«  mere  alcune  conseguenze  applicabili  a  pubblica  uti- 
«  lità.  E  poi,  Signor  Consigliere,  potrebbe  darsi  eh'  io, 
«  strada  facendo,  m' abbattessi  in  alcuni  problemi 
«  eh'  io  di  certo  non  saprò  sciogliere  ;  ma  che,  aven- 
«  doli  considerati  altre  volte,  ho  trovato  sempre  sti- 
«  mati  degni  della  meditazione  di  chiunque  desidera 
«  che  il  genere  umano  Europeo  d' oggi  cominci  a 
«  starsi  possibilmente  in  pace.  Onde  ne  proporrò  a 
«  lei  la  soluzione,  ed  a  qualunque  amministra  la  Giu- 
«  stizia  e  la  Forza  a'  mortali.  Perché  temo  che  fln- 
«  che  quei    problemi    non    saranno    o  snodati  dalla 


[1844]  DI  UGO  FOSCOLO.  173 

«  Giustizia,  o  tagliati,  il  che  sarebbe  più  comodo, 
«  dalla  Forza,  noi  vedremo  piuttosto  ingannevol- 
«  mente  sopita  che  estinta  la  guerra  civile  nella 
«  quale  oggi  quasi  in  ogni  Stato  persistono  i  governi 
«  contro  i  governati  e  i  governati  contro  i  governi ...» 

Da  questa  lettera  e  da  pareccchie  altre  della,  cor- 
rispondenza privata  appare  che  i  Discorsi  in  risposta 
al  libercolo  de7  Senatori  furono  cominciati  da  Fo- 
scolo quand'ei  pellegrinava  perseguitato  tra  l'Alpi 
Elvetiche;  non  finiti,  né  credo  lo  fossero  mai.  Forse 
ruppe  il  lavoro  a  mezzo  la  miseria  che  cominciò  a 
travagliargli  la  vita  fin  da'  primi  tempi  del  suo  sog- 
giorno in  Inghilterra;  fors'anchee  più  probabilmente 
il  disprezzo  sottentrato  ai  primi  moti  d' irritazione. 
Ma  finita  di  certo  fu  la  Lettera  agli  Editori  Padovani 
del  Dante  ch'ei  dettò  verso  la  fine  del  1826,  quando 
le  nuove  accuse  e  i  presentimenti  più  spessi  della 
prossima  morte  e  l' amore  alla  patria  che  rinfieriva 
nell'isolamento  de'  suoi  ultimi  anni  gli  fecero  sentir 
più  potente  il  bisogno  di  mostrarsi  qual;  era  e  puro 
di  colpe  a'  suoi  concittadini.  Vive  tuttavia  in  Lon- 
dra (')  clii  la  udì  tutta  intera  letta  da  Foscolo  me- 
desimo e  ricorda  con  fremito  di  commozione  il  fre- 
mito d7  affetti  che  V  autore  versava  nella  lettura.  E 

(l)  A.  Panizzi,  bibliotecario  nel  Regio  Museo;  e  riporterò 
alcune  linee  67  una  sua  lettera:  «  — Mi  fu  letta  tutta'dal  povero 
tolo  ohe  s'arrestava,  bestemmiava,  piangeva,  correggeva 
«  e  commentava  quello  che  aveva  scritto,  leggendo  e  discor- 
«  rendo  meco  per  sei  ore  e  più,  dalle  otto  della  sera  sino  alle 
«  due  del  mattino  :  e  poi  in  pantofole  e  veste  da  camera  ni'  ac- 
'<  compagno  da  c;is:i  -na  sino  a  Regent's  Street.  Volesse  Iddio, 
«che  avessi  scritto  allora  e  caldo  dell' impressione  ricevuta 
«  quello  ohe  adii  e  vidi  !  Non  ho  piti  adito  e  visto  nomo  ispi- 
I  rato  <  «.m'era  Foscolo  allora:  è  cosa  da  non  cred<THÌ.  » 


174  ARTICOLO    PRKMKSSO    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

nondimeno,  tutte  le  indagini  fatte  a  rinvenire  1'  ul- 
tima parte  riescirono  inutili:  perdita  tanto  più  grave 
quanto  più  importante  e  solennemente  dettato  parmi 
quello  che  abbiamo.  È  il  testamento  d'  un'  anima 
grande  mal  nota  a7  contemporanei,  che  commette 
a'  posteri  generosamente  le  sue  vendette.  L' immagine 
di  Foscolo  v'è  segnata,  come  quella  di  Gesù  nel  Su- 
dario, con  sangue  e  sudore:  inconsolabilmente  me- 
sta, severa  e  sdegnosa,  non  per  le  accuse,  ma  per 
le  sorgenti  delle  accuse,  funeste  alla  dignità  delle 
lettere  e  della  umana  natura  e  alla  patria.  E  a  com- 
pirla, suppliscono  mirabilmente,  dove  manca  la  Let- 
tera, gli  altri  documenti  che  qui  le  succedono. 

La  cagione  della  subita  partenza  di  Foscolo  dal- 
l'Italia  nel  1814  sta  esposta  nella  lettera  al  Ficquel- 
mont.  «L'avere  abborrito,»  —  scriveva  egli  subito 
dopo  l'esilio  alla  Contessa  d;  Albany  che  lo  accusava 
di  volubilità  —  «l'avere  abborrito  la  tirannide  di 
«  Bonaparte  che  opprimeva  l'Italia,  non  implica  ch'io 
«  debba  amare  la  tirannide  di  Casa  d'  Austria.  La 
«  differenza  consiste  eh'  io  sperava  che  le  frenesie 
«  di  Bonaparte  potessero  aprire  adito  se  non  all'  in- 
«  dipendenza  d' Italia,  almeno  a,  tali  magnanimi  ten- 
«  fativi  da  onorar  gì'  Italiani  :  invece  il  governo 
«  regolare  dell'  Austria  preclude  quindi  innanzi  qua- 
«  lunque  speranza.  Mi  terrei  forsennato  ed  infame  s'io 
«  desiderassi  nuovi  tumulti  e  nuove  stragi  all'  Italia 
«  che  ha  bisogno  di  pace  :  ma  mi  terrei  per  più  for- 
«  sennato  e  più  infame,  se  sdegnando  di  servire  allo 
«  straniero  antecedente,  servissi  allo  straniero  pre- 
«  sente.  Le  necessità  della  nazione  Italiana  non  hanno 
«  che  fare  co'  miei  doveri.  »  Ho  citato  questo  fram- 
mento —  e  citerò  altrove  più  lettere  d'  amici  di  Fo- 
scolo —  per  chi  spingesse  tant'  oltre  lo  scetticismo 


[1844]  DI    UGO   FOSCOLO.  175 

da  sospettare  architettata  più  dopo  a  giustificazione 
postuma  dallo  scrittore  la  lettera  al  Ficquelmont  ; 
ma  basterebbero  senz'altro  le  poche  linee  che  Foscolo 
scrisse,  partendo,  alla  madre. 

E  basterà,  spero,  anche  senza  le  prove  eh7  io  po- 
trei desumere  da  tutta  la  corrispondenza  in  mie 
mani,  il  brano  seguente  di  lettera  a  smentire  le  no- 
velle sui  debiti:   « Il  vostro    foglio  del    20 

«  gennaio  in'  ha  cavato  il  pianto,  e  1'  ultimo  arriva- 
«  tomi  ier  l'altro  ha  tornato  a  farmi  piangere:  e 
«  si,  è  pur  gran  tempo  che  non  m'esce  una  lagri- 
«  ma:    a    forza    d'agguerrirmi    contro    la  fortuna  e 


»e 


«  aspro  e  inflessibile;  ma  voi  sapete  Parte  d'inte- 
«  nerirlo.  Xon  vi  dirò  la  bugia;  le  cose  mie  vanno 
«  male  ;  non  però  mi  trovo  in  bisogno,  anzi  sono 
«  ancora  in  istato  da  trovarmi  pari  in  dare  e  in 
«  avere  ;  e  quel  molto  o  poco  che  in'  avanzerà  ba- 
«  gterà  o  saprò  farmelo  bastare.  Oltre  a  questa,  ra 
«  gione,  il  progetto  eh'  io  vado  maturando  di  lasciare 
«  l'Italia,  e  provvedere  alle  mie  faccende  nell'  Isole 
«  Greche,  m'impedirebbe  di  contrarre  alcun  debito. 
«  Diceva  l'Ortis:  il  viaggio  è  lungo,  la  vita  incerta 
«  e  la  mia  salute  infermissima  ;  io  posso  dire  al* 
tn  ttanto.  ...»  Fu  scritta  poche  settimane  prima 
della  partenza  alla  Signora  Quirina  Magiotti,  e  a  che 
proposta  rispondesse  appare  dal  contesto. 

Né  panni  ch'io  debba  per  ora  aggiungere  altre 
parole,  per  ciò  che  riguarda  Foscolo,  all'  evidenza 
Interna  delle  carte  ch'io  pubblico.  Se  non  chea  me 
corre  l'obbligo  di  lil>crarc  innanzi  tratto  me  Stesso 
d'un  rimprovero  clic  taluni  tra'  giovani  potrebbero 
(armi:  -  ('he!  eoi  odorate  l'umana  perfettibilità,  toc- 


176  ARTICOLO    PREME88O    AGLI   SCRITTI    POLITICI  [1844] 

ciate  di  colpa  la  rassegnazione  al  presente,  vi  la- 
gnate clie  in  oggi  manchi  agli  Italiani  la  lede,  e 
pubblicate,  magnificando  Fautore,  scritti  pieni  a  ogni 
tanto  di  scetticismo  sa  le  sorti  della  razza  umana, 
di  supremo  sconforto  sull'Italia,  e  di  dottrine  on- 
deggianti tra  il  fatalismo  e  il  materialismo  dell'età 
scorsa?»"*  E  questo  rimprovero  preveduto  avrebbe 
avuto  forza  d' arrestarmi  nel  mio  disegno,  se  d'altra 
parte  le  mie  credenze  sul  progresso  continuo  dell' Uma- 
nità e  sulla  missione  Italiana  non  m'apparissero  tanto 
religiosamente  vere  da  non  temere  oggimai  l' espres- 
sione —  e  sia  pur  di  Foscolo  —  di  tutte  avverse 
dottrine.  Le  idee  sparse  da  Foscolo  ne'  suoi  libri 
sulla  vita  de'  popoli  e  sulle  leggi  che  governano  il 
moto  della  razza  umana  sono  tristissima  derivazione 
d' una  filosofìa  straniera  d' origine  eh'  era  allora,  ed 
è  anch'  oggi  per  molti,  dominatrice  in  Italia  :  filoso- 
fìa falsa  nel  principio,  nel  fine  e  nel  metodo  ;  né  io, 
venerando,  contemplo  in  Foscolo  il  pensatore,  ma 
l' uomo.  Lo  dissi  poc'  anzi,  piti  eh'  emancipato,  eman- 
cipatore ;  e  il  segreto  de'  meriti  eh'  egli  ebbe  e  del- 
l' influenza  esercitata  da  lui  sulla  gioventù  dell'  Italia, 
sta  infatti  non  tanto  nelle  idee  eh'  egli  introdusse 
nella  patria  letteratura,  quanto  nell'avere  egli  in- 
segnato la  necessità  d'  una  idea  direttrice  fonda- 
mentale e  la  indipendenza  da  ogni  autorità  usur- 
pata che  deve  avviarci  nella  ricerca,  e  il  culto  at- 
tivo, incessante,  sincero,  con  che  dobbiamo,  dopo 
averla  raggiunta,  venerarla  e  immedesimarla  colla 
nostra  vita.  Era  uomo  potente  di  sdegno  e  d'  amore, 
il  primo  temperato  e  diretto  da  un  ingenito  istinto 
di  dignità  e  di  virtù,  il  secondo  incitato  dagl'im- 
pulsi d'  un'  indole  naturalmente  inchinata  al  culto  del 
bello  e  della    pietà,  ma  né    l'uno  né    l'altro  gover- 


[1844]  DI  UGO   FOSCOLO.  177 

nati  dall'  armonia  superiore  d'  una  credenza  comples- 
siva e  religiosamente  coordinata;  e  le  sue  facoltà 
traevano  elemento  predominante  d'attività  dai  fatti 
che  gli  si  svolgevano  intorno,  e  vivevano  principal- 
mente di  vita  obbiettiva.  Le  opinioni  scettiche  o  di- 
sperate che  s7  incontrano  nelle  sue  pagine  prorom- 
pono subitanee,  come  getti  di  passione  impaziente 
e  senza  conforto,  non  come  frutto  di  sistema  filo- 
sofico meditato  lungamente  e  logicamente.  Tu  senti 
eh'  egli,  scrivendo,  piangeva  e  fremeva,  e  avrebbe 
benedetto  l'uomo  o  il  fatto  che  fosse  venuto  a  smen- 
tirlo. La  sua  parola,  quand7  esce  più  sconfortata,  ha 
suono  di  rimprovero,  non  di  precetto  :  diresti  eh'  eì 
mormorasse  intanto  fra'  denti  :  maleditemi  e  fate.  Ma 
circostanze  e  opinioni  correvano  avverse  ad  ogni 
speranza.  Scriveva  in  mezzo  al  tumulto  d' una  rivo- 
luzione non  italiana,  promossa  dall'armi  straniere,  di- 
retta con  norme  straniere  e  da  uomini  stranieri  o 
ligi  degli  stranieri;  e  più  tardi,  tra  la  solitudine 
delle  rovine,  caduto  anche  l' eco  di  quel  tumulto 
che  non  foss' altro  era  vita;  caduto  l'uomo  che  l' Eu- 
ropa aveva  salutato  invincibile  e  dal  quale  egli 
aveva  sperato,  non  certo  libertà  o  leggi  eque,  ma 
che  s7  educasse  l'Italia  all'armi.  Vedeva,  tornati  ap- 
parentemente in  nulla  trenta  anni  di  sforzi  gigan- 
teschi e  di  sangue  versato  a  torrenti,  i  popoli  d'Eu- 
ropa ricollocarsi  spossati,  tremanti,  sotto  1'  antico 
giógo  ric.onsecrato  dalla  vittoria,  e  l' Italia,  tradita, 
Venduta,  trafficata  da  amici  e  nemici,  giacersi  come 
cadavere  che  fu  scosso  da  moti  galvanici,  senza 
scintilla  di  vita  propria,  senza  indizio  visibile  di  fu- 
tura risurrezione.  Cresciuto  sotto  l'influenza  d'una 
filosofia  che  aspirava  a  distruggere  e  alla  quale  ba- 
sta vano  negazioni,  diffidente,  egli  nato  a  combattere, 

M  \  zzisi,  Boriai,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  12 


178  ARTICOLO    PREMES80    AGLI    SCRITTI    POLITICI  [1844] 

d'  una  teorica  incerta  ancora,  propagata  da  ingegni 
ch'erano  o  sembravano  affratellati  colle  monarchie 
ristorate  (*)  e  che  pareva  rassegnare  alla  sola  lenta 
azione  della  Provvidenza  quel  Progresso  che  i  po- 
poli avevano  tentato  invano,  ei  la  guardò  sdegnoso 
come  utopia  di  codardi,  illusione  d'  uomini  che  pur 
confessandosi  impotenti,  non  volevano  rinunziare 
alle  loro  più  care  speranze  e  ne  affidavano  1'  adempi- 
mento a  una  legge  di  vita  collettiva  preordinata.  Ma 
perché  né  i  tempi,  né  la  tempra  dell'  ingegno  o  1'  edu- 
cazione consentirono  a  Foscolo  d'innalzare  l'inno  della 
trasformazione  sulla  sepoltura  della  sua  patria,  vor- 
remmo noi  oggi  desumere  dal  di  lui  nome  e  dalla  sua 
sventura  un  argomento  contro  le  sante  nostre  dot- 
trine % 

Molte  fra  le  opinioni  di  Foscolo  sono  diverse  da 
quelle  eh'  oggi  noi  irremovibilmente  teniamo  ;  poco 
monta:  le  idee  diverse  sono  cose  di  mente,  e  a  noi, 
all'educazione  morale,  all'impianto  d'  un  principio  che 
solo  forse  ci  manca,  ciò  che  giova  è  non  tanto  la 
verità  delle  idee  predicate  quanto  la  coscienza,  la 
sincerità,  la  costanza  di  chi  le  x)redica.  Poniamo  che 
le  idee  politiche  e  religiose  di  Foscolo  armonizzas- 
sero colle  nostre;  non  armonizzerebbero  probabil- 
mente con  quelle  che  sorgeranno  sulle  nostre  fra 
un  secolo  o  due.  Ma  tra  un  secolo  o  dieci  secoli, 
la  memoria  dei  pochi  sacerdoti  d'idee,  adoratori  del 
vero  sia  che  V  intelletto  loro  valga  a  raggiungerlo  o 
no,  fedeli  nella  pratica  alle  loro  teoriche  e  pronti 
ad  affrontare  le  persecuzioni  e  V  esilio  anziché  rinne- 
garle, starà  vivo  esempio  ed  insegnamento  e  con- 
forto   a   quanti    verranno.    Le    idee    stanno  in  Dio, 

(*)  La  Stael,  Chateaubriand,   etc. 


[1844]  DI    UGO   FOSCOLO.  179 

contenute  tutte  nel  vasto  disegno  di  cui  P  Umanità 
è  interprete  progressiva;  però  non  mancano  né  man- 
cheranno mai  a7  tempi,  ma  in  tutti  i  tempi  le  idee 
non  costituiranno,  come  dissi,  che  materia  di  con- 
templazione e  filosofia,  né  frutteranno,  trapassando 
allo  stato  di  fede,  azioni  e  norme  morali  efficaci  alla 
vita,  finché  non  appariranno  incarnate  in  uomini-apo- 
stoli che  le  traducano  in  atti  continui  agli  occhi 
di  tutti. 

Oggi  le  idee  abbondano,  e  contenenti  più  parte 
di  vero  che  non  quelle  di  Foscolo;  ma  quanti  sono 
che  le  rappresentino  colP  indomita  costanza  di  Fo- 
scolo? quanti,  che  possano  dire  :  «  eccovi  la  mia 
vita:  esploratela  attenti,  e  se  trovate  ch'io  v'abbia 
smentito  la  mia  parola,  additatela  con  una  lapide 
d'infamia  ai  posteri?» 

Io  dirò  dunque  ai  giovani  che  leggeranno  queste 
reliquie:  non  ricopiate  le  idee;  ogni  tempo  ha  le 
sue,  e  i  pochi  anni  che  vi  separano  dagli  anni  di 
Foscolo  segnano  il  limite  fra  due  età  radicalmente 
diverse.  Ma  adorate  le  idee  dell'  età  in  che  voi  v'ap- 
parecchiate a  vivere  com'  egli  adorava  le  proprie. 
Amate  la  patria  com'egli,  anche  quando  la  flagel- 
lava a  sangue,  l'amava.  Cousecratele  indefessi  il 
pensiero  ed  il  braccio,  la  penna  e  la  spada  ;  e  se  la 
sorte  v'assegna  l'esilio,  la  miseria  o  la  morte  pre- 
coce, amatela  morendo  o  vivendo,  eh'  è  peggio,  nella 
povertà  e  nell'esilio.  L'anima  vostra  non  si  conta- 
mini mai  di  bassezza  o  di  transazioni  colla  potenza 
non  ordinata  dalla  giustizia.  I  vostri  libri  esprimano 
la  legge  della  vostra  vita,  e  la  vostra  vita  sia  com- 
mento perenne  a  que'  libri.  E  per  questo,  checché 
P  invidia  o  la  pedanteria  vi  sussurrino,  specchiatevi 
in  Foscolo.  Le  vostre  idee  hanno  ad  essere  di  gran 


180  DI    UGO   FOSCOLO.  [1844] 

lunga  innanzi  alla  sue;  ma  basterà  che  molti  fra 
voi  le  sostengano  con  fortezza  eguale  alla  sua,  per- 
ché la  patria  sia  contenta  di  voi  e  perché  forse  — 
Dio  avveri  il  presagio  —  ei  sia  V  ultimo  de'  vostri 
ingegni  condannato  a  giacersi  in  una  tomba  eretta 
da  mani  straniere  in  terra  straniera. 


IX. 


OPERE  MINORI  DI  DANTE. 


DANTE  ALIGHIERI. 


Art.  1.   Opere   minori    di  Dante   Alighieri.    Firenze:  Allegrini  e 

Mazzoni,   1835-41. 
»     2.   Biographie  de  Dante.  Par  M.   Fauriel,  1836. 
»     3.  Legons  sur  Dante  dans  le  cours  d' Histoire  moderne.  Par 

M.  Lenormant.  Paris,  1839. 
»     4.    Voyage  Dantesqne.   Par  M.  Ampère,  1840. 
»     5.    Vita  di  Dante,  scritta  da  Cesare  Balbo.  2  vols.  Turin  : 

Pomba,  1839. 
»     6.   Dante  et  la  Philosophie  Catholigue  au    14ème  Siede.  Par 

A.  F.  Ozanam.  Paris,  1839. 
»     7.  Histoire   de    Dante   Alighieri.    Par   M.    Artaud.  Paris, 

1841. 
»     8.  Sullo    Spirito    della    Divina   Commedia.    Del   Marchese 

Azzolini.  Firenze,  1837. 

The  study  of  Dante  has  witbin  the  last  few  years 
received  a  new  impulse  upon  the  continent.  In  Ger- 
ii) ai ìy  we  have  had  at  least  four  translations  in  suc- 
eession  ;  two  in  terza  rima,  by  Kannegiesser  (1832), 
and  by  Streckfuss   (1834);  two,    io  blank  verse,  by 


Lo  studio  di  Dante  ha  ricevuto  negli  ultimi  anni  un 
nuovo  impulso  sul  continente.  Quattro  traduzioni  del  Poe- 
ma si  successero  rapidamente  :  due  in  terza  rima,  di  Kan- 
negiesser  (1832)  e  di  Streckfuss  (1834),  due  in  verso  sciolto 


184  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

Prince  John  of  Saxony,  and  by  Kopisch.  La  Vita 
Nuova  and  Le  Rime  di  Dante  have  also  been  trans- 
lated.  Philosophical  and  elaborately  learned  coni- 
mentaries  upon  the  poem  have  appeared.  Lectures 
upon  the  Commedia,  have  been  given  at  Berlin, 
Bonn,  Kònigsberg,  Halle,  Breslau,  and  other  places. 
In  Trance,  the  translation  of  M.M.  Delécluze  and 
Brizeux,  the  works  cited  at  the  head  of  our  art- 
icle,  and  many  others  which  we  do  not  cite  at  ali  ; 
— in  Italy,  the  4  Life  of  Dante  7  by  M.  Balbo,  the 
writings  (catholic  alas)  of  M.  Fea,  of  M.  Azzolini,  of 
M.  Pianciani  ; — better  stili,  the  many  editions  of  the 
poem  and  the  Opere  minori,  so  long  neglected,  ali 
signalise  the  same  fact.  After  fonr  or  five  centnries 
of  accumulated   labours    upon  this    man,  one  might 


del  Principe  Giovanni  di  Sassonia  e  di  Kopisch.  La  Vita 
Nuova  e  le  Rime  furono  pure  tradotte.  Furono  pubblicati 
commentari  filosofici  e  accuratamente  eruditi  intorno  alla 
Divina  Commedia  e  recitate  letture  su  Dante  in  Berlino, 
Bonn,  Kònigsberg,  Halle,  Breslau  ed  altre  città.  In  Fran- 
cia, la  traduzione  di  Delécluze  e  Brizeux,  la  Biografia  di 
Dante  stesa  da  Fauriel  (1836),  le  Lezioni  su  Dante  nel 
Corso  di  Storia  Moderna  di  Lenormant,  il  Viaggio  Dan- 
tesco d' Ampère  (1840),  Dante  e  la  Filosofia  Cattolica  di 
di  F.  Ozanam  (1839),  la  Storia  di  Dante  Alighieri  d'  Ar- 
taud  (1841)  e  gli  altri  lavori  parecchi  —  in  Italia,  la 
Vita  di  Dante  scritta  da  Cesare  Balbo  (1839),  il  libro  del 
Marchese  Azzolini  sullo  Spirito  della  Divina  Commedia, 
quello  di  Fea,  quello  di  Pianciani,  cattolici  tutti  pur  troppo, 
e  nuove  edizioni  del  Poema  e  delle  Opere  Minori  —  accer- 
tano il  fatto  che  gli  studi  sul  nostro  Poeta,  anziché  illan- 
guidire, raddoppiano.  Dopo  quattro  o  cinque  secoli  di  lavori 
su  Dante,  diresti  ch'ei  cominciasse  ad  esser  noto  da  ieri 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  185 

fancy  that  he  was  born  yesterday.  His  life,  his 
works,  his  system,  his  belief,  are  on  ali  sides  in- 
dustriously  subjected  to  a  new  analysis.  They  are 
interrogated  like  an  oracle  in  seasons  of  eruergency, 
with  a  sort  of  fé  veri  sh  anxiety,  which  ne  ver  has 
been,  and  perhaps  never  will  be,  paralleled.  It  is 
the  reaction  against  Bettinelli,  and  the  indifference 
of  the  eighteenth  centnry,  says  the  '  Revue  des  Deux- 
Mondes. '  {*)  Nothing  more?  This  random  style  of  as- 
sertion,  applied  to  the  worship  which  humanity 
renders  to  its  great  men,  is  constitutional  with  the 
f  Revue  des  Deux-Mondes, 7  and  is  in  keeping  with 
its  usuai  mode  of  proceeding  ;  but  it  is  not  to  our 
taste,  nor  do  we  think  it  would  suit  the  taste  of 
the  writers  we  ha  ve  mentioned.  In  periods  of  tran- 
sition,  when  there  has  been  a  foreboding    of   inno- 

(*)  '  Biographes  et  Traductears  de  Dante',  art.  de  M.  La- 
bitte,  1841. 


soltanto.  La  di  lui  vita,  le  di  lui  opere,  le  idee,  le  credenze 
ch'esse  racchiudono  provocano  nuove  indagini  e  nuova 
analisi;  e  gli  intelletti  vi  s'  accostano,  quasi  a  oracolo  in 
tempi  difficili,  con  ansia  febbrile,  con  una  speranza  di 
traine  il  vero  più  ardente  che  mai.  È  riazione  naturale  con- 
tro Bettinelli  e  l1  indifferenza  del  secolo  XVIII,  dice  il  La- 
bitte  nella  Berne  des  Deux-Mondes  (1841).  Non  altro?  Af- 
fermazioni siffatte  applicate  avventatamente  al  culto  che 
1'  l'inanità  tributa  a'  suoi  Grandi  s'incontrano  di  sover- 
chio frequenti  nella  Rivista  Francese,  ma  non  possono 
accettarsi  facilmente  da  chi  scrive  né,  crediamo,  dagli 
noni  ini  the  consacrano  oggi  studi  severi  al  Poeta.  Nei  pe- 
riodi di  transizione,  quando  un  presentimento  di  cose 
nuove  affatica  le  menti,  noi  vedemmo  sempre  gli  uomini 


186  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

vation,  we  bave  always  seen  uien  tarn  a  longing 
look  towards  the  past,  and  as  it  were  strain  to  their 
hearts  with  a  renewed  love  the  image  of  some  one 
ainong  the  nuinbers  of  their  mighty  dead  ;  once  it 
was  Plato  or  Aristotle, — now  it  is  Bacon  or  Dante. 
It  is  the  guiding  thread  of  Tradition  which  man 
tries  to  find  before  he  adventures  himself  among 
unknown  regions.  From  these  giants  of  the  realm 
of  Thought — these  high  priests  of  the  Ideal — he 
demands  the  meaning  of  that  which  has  been,  and 
the  inspiratiou  of  that  which  shall  be,  and  he  is 
answered.  Great  men  are  the  land-marks  of  Human- 
ity  ;  they  measure  its  course  along  the  Past  ;  they 
indicate  for  it  the  direction  towards  the  Future. 
Great  men  both  narrate  and  prophesy.  God  hath 
endowed  them  above  their  fellows  with  the  faculty 
to  feel  more  intensely  and  more  extensively  the  Un- 
iversal  Life  which  interpenetrates  and  pervades  ali 


intenti  a  guardare  cupidamente  per  entro  al  passato  e 
stringersi  al  core  con  raddoppiamento  d'  affetto  1'  imma- 
gine d'  uno  o  d'  altro  dei  potenti  caduti,  Platone  o  Ari- 
stotile nei  secoli  addietro,  oggi  Bacone  o  Dante.  È  quello 
uno  sforzo  supremo  per  afferrare,  quasi  a  guidarsi,  il  filo 
della  Tradizione,  prima  d'  avventurarsi  alle  terre  ignote 
dell'  avvenire.  A  quei  giganti  del  Pensiero  e  sommi  Sa- 
cerdoti dell'  Ideale  gli  uomini  chiedono  il  senso  di  ciò 
che  fu  e  l' ispirazione  di  ciò  che  deve  essere  ;  né  la 
loro  speranza  è  tradita.  I  grandi  uomini  sono  le  co- 
lonne migliari  dell'  Umanità  :  misurano  il  suo  viaggio 
lungo  il  Passato  e  additano  la  via  del  Futuro  :  —  sto- 
rici a  un  tempo  e  profeti.  Dio  infondeva  in  essi  singo- 
larissima la  facoltà  di  sentire  più  largamente  e  intensa- 
mente la  Vita  universale  che  invade  e  compenetra  tutte 


[1844]  OPERE    MINORI    DI   DANTE.  187 

things — they  breathe  it  out  at  every  pore.  Men  of 
a  unity  of  character,  they  have  powers  of  general- 
isation — they  see  the  reason  of  things — they  can 
class  and  harmonise,  into  one  complete  whole,  im- 
pressions,  recollections,  prejudices,  upon  which  me- 
diocri ty  dwells  in  detail  and  analyzes — they  work 
npon  the  species,  whilst  mediocrity  deals  only  with 
the  individuals — they  grasp  the  principle,  whilst  the 
men  of  mediocrity  remain  crawling  amongst  facts: 
the  one  class  catches  a  glimpse  of  the  cause,  whilst 
the  other  perceives  nothing  but  the  effects.  Besid- 
es,  their  thought  is  often  the  stili  un-expressed 
thought  of  the  whole  nation — a  thought  that  future 
generations  must  arise  to  develope.  Their  speech  is 
always  either  an  historical  formula  or  a  presenti- 
ment.  They  create  nothing,  for  it  is  the  province  of 
the  Deity  alone  to  create  :  they  discover-they  look 
fortli  and  discern  stars,  where  our  feeble  eyes 
see  only  the  Milky  Way.  Their  language,  not  being 
understood,  is  almost  ahvays  despised  by  their  con- 


cose ;  e  la  ridiffondono  per  ogni  poro.  Informati  a 
potente  unità,  essi  afferrano  la  sintesi  dei  fatti  che  la 
mediocrità  sottomette  allo  smembramento  dell'  analisi, 
ordinano  a  concetto  armonico  impressioni,  reminiscenze 
e  presentimenti,  risalgono  al  principio  generatore  e  tra- 
passano rapidi  dagli  effetti  alla  loro  cagione.  Il  loro 
pensiero  è  il  pensiero,  sovente  inconscio,  di  tutto  un 
popolo  che  ha  bisogno,  a  svolgerlo,  di  molte  genera- 
zioni: hi  loro  parola  è  una  forinola  storica  o  una  intui- 
zione dell'  avvenire.  Non  creano  —  Dio  solo  crea  —  ma 
dove  noi  non  vediamo  che  l' indistinto  della  via  lattea, 
essi  ravvisano  stelle.  Ciò  eh'  essi  dicono  riesce  general- 
mente inintelligibile  ai  loro  contemporanei  :  il  loro  pen- 


188  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

teinporaries.  Their  thought  disappears,  submerged 
under  the  waves  of  the  tinie  present,  but  God  bini- 
seli* guides  it  beneath  the  abyss  ;  and  if  it  be  swal- 
lowed  up,  it  is  only  to  re  appear  beyond.  We  are 
just  beginning  to  know  this.  For  a  long  tiine,  in 
our  supercilious  manner  of  looking  at  the  history 
e  literature,  in  seeing  therein  nothing  but  indivi- 
duals — flowers  uprooted,  without  giving  ourselves 
the  trouble  to  study  the  ground  that  broaght  them 
ali  forth  and  nourished  them— we  bave  considered 
genius  as  souiething  mysterious  and  unintelligible, 
an  exotic  production,  having  no  connection  with 
the  circuuistances  surrounding  it — without»  any  rea- 
son  for  its  existence,  without  any  meaning  or  aim 
discoverable  by  the  generation s  which  come  after. 
It  was  with  terror  and  mistrust  tbat  we  saw  thus 
rise  up  a  giant,  which  was  not  of  us — which  was 
above  our  heads — and,  according  as  we  were  good 
or  bad,  strong  or  weak,  we  worshipped  it  or  poured 


siero,  sembra  sparire  sommerso  tra  V  onde  del  tempo  in 
cni  vivono  ;  ma  Dio  lo  scorge  attraverso  V  abisso,  finché 
emerga  splendido  di  luce  e  giovevole  ai  posteri.  Noi  co- 
minciamo oggi  a  saperlo.  Guardando,  nelle  epoche  oggi 
consunte,  alla  storia  delle  lettere  come  a  storia  di  soli 
individui,  fiori  divelti  dal  suolo  che  li  educava,  noi  con- 
templavamo il  Genio  come  un  non  so  che  di  misterioso  e 
d' incomprensibile,  senza  nesso  cogli  elementi  che  lo  cir- 
condavano, senza  ragione  d'  essere,  prolem  sine  maire 
creatavi,  senza  intento  da  definirsi  a  prò'  delle  genera- 
zioni future:  atterriti  e  diflidenti,  come  di  chi  non  ci  era 
fratello,  ma  giganteggiava  tirannico  su  tutti  noi;  e  a  se- 
conda delle  nostre  buone  o  tristi,  forti  o  fiacche  tendenze, 
lo  adoravamo  servilmente  devoti  o  gli  avventavamo  Pana- 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTK.  189 

out  anatheruas  against  it.  Later  on  we  determined 
to  study  it  ;  but  we  did  not  cease  to  regard  genius 
as  an  isolated  thing,  without  respect  to  the  medium, 
the  epoch,  or  the  couutry  that  surrounded  it.  We 
had  no  basis  to  go  upon  fior  our  study  ;  and  instead 
of  endeavouring  to  catch  the  life  of  genius  in  its 
total ity,  we  only  analyzed  the  corpse  of  it.  Of 
what  use  to  us  was  the  thought  of  genius  ?  Whatever 
it  might  nave  been,  was  it  not  past  ì  did  it  not 
die  away  with  the  past?  When  we  had  coldly  said, 
'  It  is  a  beautiful  dream  \  ali  was  said;  it  was  too 
far  removed  from  us  that  we  should  be  at  ali  in- 
clined  to  eonsecrate  our  vigils  to  it.  Stili  there  was 
beside  us  something  which  was  its  envelope,  its 
material  expression,  the  forni,  in  short  :  and  upon 
this  we  threw  ourselves  with  a  sort  of  animosity; 
we  nndertook  to  dissect  it,  to  make  minute  details, 
and  this  labour  continued  fior  centuries,  and  was 
called  criticism.    An    ungrateful,    sterile,  Sisyphean 


tema  e  1'  oltraggio  del  barbaro.  In  tempi  più  presso  a 
noi,  cominciammo  a  studiarlo,  ma  senza  cessare  di  con- 
siderarlo come  fenomeno  isolato  dal  mezzo,  dall'epoca, 
dal  paese  che  lo  accoglieva,  e  invece  d'afferrarne  la  vita 
nella  sua  universalità,  noi  ne  sottoponevamo  al  coltello 
anatomico  la  forma,  il  cadavere.  A  che  giovava  per  noi  il 
pensiero  del  Genio  ?  Non  era,  qual  che  fosse,  passato  ? 
non  moriva  con  esso  ?  Quando  i  contemplatori  di  quel 
concetto  avevano  pronunziato  eh'  era  un  bel  «ogno,  ba- 
stava; né,  avvezzi  a  guardarlo  come  cosa  spettante  a  una 
sfera  discosta  affatto  dalla  comune,  sospettavano  pure 
<ir  <-.sso  potesse  mai  tradursi  in  fatto  efficace  per  opera 
loro.  Chiamavano  critica  un  minuto  pedantesco  lavoro  col 
quale  tormentavano  faticosamente  la  forma,  1'  espressione 


190  OPKRK    MINORI    DI    DANTK.  [1844] 

task,  tbat  bad  to  be  coinmenced  afresh  each  time 
that  a  new  incarnation,  arising  to  teli  us  that  the 
laws  of  form  reside  in  the  idea,  and  that  each  idea 
has  its  own  law,  overturned  the  materials  so  pain- 
fully  amassed.  We  stili  vvent  on,  however.  And  one 
day  as  we  were  traversing  upon  the  road  of  pro- 
gress,  ground  wbich,  we  believed,  had  never  before 
been  the  scene  of  human  labour,  it  so  happened 
that  we  met  with  deeply  inarked  traces  of  travellers 
who  had  been  before  us,  and  that  we  recognised 
they  bad  been  left  by  those  wonderful  men  whom 
we  bad  so  much  admired,  but  whose  thonght  had 
appeared  to  ns  a  sublime  wandering  from  the  path 
of  reason  to  the  bosom  of  the  infinite.  From  tbat  day 
tbepoint  of  view  from  which  we  stndiedgreat  men  was 
changed  ;  the  trae  critic  arose.  Now  we  neitber  adore 
genius,    nor    anatbematise    it,  we   endeavour  to  un- 


di  quel  pensiero:  lavoro  sterile,  ingrato,  di  Sisifo,  da  ri- 
cominciarsi ogni  qual  volta  una  nuova  incarnazione  del 
Genio,  sorgendo  a  dichiararci  che  le  leggi  della  forma 
risiedono  nell'  idea  e  che  ogni  idea  ha  leggi  proprie,  ro- 
vesciava e  rendeva  inutili  le  fatiche  anteriori.  E  nondi- 
meno, inoltrammo.  E  un  giorno,  traversando,  sulla  via 
del  progresso,  terre  che  credevamo  ignote  a  ogni  umano 
lavoro,  ci  abbattemmo  meravigliando  in  orme  profonde 
di  viaggiatori  che  ci  avevano  preceduti  e  scoprimmo  ch'e- 
rano state  segnate  dagli  uomini  singolari  ammirati  un 
tempo  da  *ioi,  ma  tenuti  come  stranieri  al  nostro  viag- 
gio e  apparizioni  d'  un  giorno  perdute  il  di  dopo  sulle 
vie  dell'  infinito.  Da  quel  giorno,  cangiato  il  metodo  di 
studiare  i  grandi  intelletti,  s'iniziava  la  vera  Critica. 
Oggi,  non  adoriamo  il  Genio  da  ciechi  né  lo  oltraggiamo 
da  barbari:  ci  adopriamo    a  intenderlo  e    impariamo  ad 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  191 

derstand  it,  and  we  are  learning  to  love  it.  We 
regard  the  forni  it  assuines  but  little,  for  we  know 
that  forms  perish  and  that  it  is  the  idea  alone 
which  endnres  for  ever.  It  is  to  raise  the  veil  which 
conceals  this  thought  that  we  especially  stri  ve.  It 
is  in  very  truth  our  own,  even  as  they.  Men  of 
genius  are  our  brothers — brothers  blessed  with  the 
only  privilege  that  we  can  recognise  without  de- 
grading  ourselves,  for  it  comes  from  God.  But  we 
shall  one  day  rejoin  theni,  and  realise  ali  that  of 
which  they  caught  a  glimpse  before  us  ;  and  we 
understand  theni  more  and  more  in  proportion  as 
we  draw  near  to  that  day,  in  proportion  as  we  a  spire 
towards  the  future.  Great  men,  like  large  landscapes, 
require  to  be  viewed  from  an  eminence.  Formerly 
the  high  points  of  their  conceptions  alone  struck 
us  :  like  the  peaks  of  the  Alpa  when  looked  at  from 


amarlo.  Guardiamo  alle  forme  come  a  fenomeni  secondari 
e  destinati  a  perire:  Videa  sola  ci  è  sacra,  come  quella 
che  ha  battesimo  di  vita  immortale,  e  tentiamo  ogni  via 
per  sollevare  il  velo  che  la  ricopre.  Essa  è  nostra,  come 
nostri  sono  i  rivelatori.  I  potenti  per  Genio  ci  sono  fra- 
telli, benedetti  dell'  unico  privilegio  che  per  noi  si  possa 
ammettere,  senza  scadere ,  come  quello  che  scende  da  Dio, 
non  dagli  noni  ini.  Un  giorno  li  raggiungeremo  :  un  giorno 
faremo  realtà  sulla  terra  di  quel  Vero  ch'essi  intravvi- 
dero  prima  di  noi  nel  cielo  dell'anima,  che  intendiamo 
più  sempre  di  tanto  quanto  più  ci  accostiamo  a  quel 
giorno,  quanto  più  cresce  potente  la  nostra  aspirazione 
verso  il  futuro.  I  mandi  uomini,  rome  le  grandi  scene 
della  natura,  vogliono  essere  veduti  dall'alto.  Un  tempo, 
i  som  mi  punti  «lei  loro  concetto  ci  colpivano  soli,  e 
rome    gli    citi    gioghi    dell'  Alpi,   guardati    dal    basso,    at- 


192  OPERK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

below,  they  crushed  us  down  beneath  their  isolated 
elevation;  but  in  the  present  day,  more  nearly  on 
a  level  with  them,  we  embrace  their  whole  extent, 
we  coinprehend  better  their  unity  and  continuity; 
at  least  we  endeavour  to  do  so,  and  that  is  already 
a  great  point  gained. 

The  thought  that  was  in  Dante  is  the  sanie  as 
that  which  is  now  fermenting  in  the  bosom  of  our 
own  epoch,  and  we  feel  this  instinoti vely  ;  therefore 
it  is  that  we  press  aronnd  nini  with  fresh  ardour. 
We  seek  to  place  our  stili  wavering  belief  in  re- 
fuge  under  the  great  wing  of  his  genius.  We  do 
not  say  that  the  belief  of  the  writers,  whose  names 
stand  at  the  head  of  our  article,  is  identical  with 
that  of  Dante,  far  froni  it  ;  we  say  that  the  idea 
which  animates  them — the  idea,  to  realise  which 
they  endeavour   to   build  up   a  system  of  belief,  is 


terrivano,  schiacciavano  le  nostre  facoltà  colla  loro  iso- 
lata grandezza:  oggi,  saliti  più  in  alto,  possiamo  abbrac- 
ciare coli'  occhio  della  mente  i  punti  intermedii  e  inten- 
derne la  continua  unità.  Lo  tentiamo  non  foss'  altro  ;  ed 
è  molto. 

Il  pensiero  che  fremeva  in  Dante  più  di  cinque  se- 
coli addietro  è  lo  stesso  eh'  oggi  freme  inviscerato  nel- 
l' epoca.  Tutti  gli  istinti  dell'anima  ci  additano  questo 
vero.  E  però,  noi  ci  stringiamo  con  nuovo  fervore  intorno 
all'  immagine  di  quel  Grande,  quasi  a  porre  in  salvo  sotto 
la  vasta  ala  del  Genio  la  fede  tuttora  vacillante  e  tre- 
pida che  spira  in  noi.  Non  dico  che  la  credenza  degli 
scrittori  citati  più  sopra  consuoni  a  quella  di  Dante  ; 
dico  che  l'idea  dalla  quale  emergono  i  loro  lavori,  a  prò' 
della  quale  essi  tentano  innalzare  un  sistema  di  credenze, 
è  la  stessa  alla  quale,  oltre  a  cinquecento  anni  addietro, 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  193 

the  sanie  that  Dante  pursued  more  than  five  centu- 
ries  before  thein.  They  are  Catholics,  Guelphs,  or 
Ghibelines, — that  is  to  say,  they  have  not  sufficient 
nerve  to  look  the  faith  of  the  future  steadily  in 
the  face  ;  but  these  words  only  represent  to  them 
the  particular  forin  under  which  they  endeavonr  to 
lay  hold  of  their  own  idea.  That  which  lies  hid  un- 
derneath  their  labonrs  and  their  aspirations  is  an 
idea  of  renovation,  a  feeling  of  the  need  to  re-es- 
tablislì  some  of  the  grand  ideas  of  order,  haruiony, 
authority,  without  which  this  world  could  not  long 
hold  together  ;  an  earnest  desire  to  beconie  one  with 
unity  in  ali  its  aspects,  religious,  politicai,  artisti- 
cai  unity,  which  multiplies  a  hundredfold  the  power 
of  intelligence  and  of  will  ;  which  in  the  present 
day  is  frittered  away  in  the  pursuit  of  individuai 
interests  :  a  confused  yearning  for  the  ideal,  which 
is  clouded  by  the  niaterialisin  of  private  interest, 
and  by  the  superficial,  corrupted,   and  venal  litera- 


Dante  consecrava  tutte  le  potenze  dell'anima.  Cattolici, 
Guelfi  o  Ghibellini  e  incatenati  tutti  dalle  forinole  del 
passato.  <iuei  biografi  e  commentatori  si  rivelano  inetti 
a  indovinare  o  presentire  la  nuova  fede  che  i  tempi  ma- 
turano; pur  nondimeno  i  loro  lavori  e  le  loro  aspira- 
zioni tradiscono,  un  pensiero  d'inevitabile  rinovaniento, 
un  bisogno  d' unità  morale  fondata  su  qualche  grande 
idea  d'armonìa,  d'ordine,  d'autorità,  un  desiderio  pro- 
fondo <li  moltiplicare  con  quella  unità  complessiva  di 
religione,  politica  e  Arte,  la  potenza  dell'  intelletto  e  della 
volontà  oggi  smembrata  dietro  a  fini  e  interessi  di  ciascun 
individuo,  e  un  mal  definito  anelito  all'  ideale  oggi  velato 
àal  materialismo  delle  private  tendenze  e  dalla  superfi- 
ciale, venale,  corrotta    letteratura   predominante  nell'  ul- 

Mazzi.ni,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  <!-•  n.-nitmu.  voi.  V).  13 


194  OPKKK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

ture,  with  wbicb,  for  some  years  past,  we  bave  beeo 
overrun.  Dante  is  to  them,  what  be  is  to  us.  one 
of  the  purest  worshippers  of  tbe  ideal  tliat  ever 
existed, — one  of  tbe  strongest  and  most  comprehen- 
sive  heads  wbicb  bas  worked  in  tbe  world  betwees 
Oharleuiagne  and  Napoleon.  That  is  tbe  reason  tbey 
write  with  energy,  and  we  read  them  witb  pati  enee, 
sometimes  even  witb  warintb.  Tbe  secret  of  Dante 
is  a  thing  wbicb  concerna  tbe  present  ti  ine. 

Have  the  writers  of  wbom  we  speak  unveiled 
tbis  secret?  Have  tbey  seized  in  ali  its  aspects  that 
soul  so  loving,  and  so  severe,  so  susceptible  to  ali 
emotions,  (*)  yet  so  profoundly  sad,  wbicb  by  turns 
retìected   within    itself    Heaven,  earth,  beli,    things 

(*)  io  che  pur  di  mia  natura. 

Transmutabile  son  per  tutte  guise. 

Parad.,  V. 


timo  mezzo  secolo.  Dante  è  per  essi,  come  per  noi,  uno 
fra  i  più  puri  adoratori  dell'  Ideale  noti  fra  gli  uomini  e 
uno  de'  pochi  intelletti  singolarissimi  per  innato  vigore  e 
universalità  di  concetto  collocati  a  prò'  di  noi  tutti  fra 
Carlomagno  e  Napoleone.  Però  scrivono  con  energia  e  noi 
li  leggiamo  pazienti  e  talora  amorevoli.  Il  segreto  di  Dante 
è  il  segreto  dell'epoca  nostra  e  in  esso  ci  affratelliamo. 
Rilevano  essi  quel  segreto  ?  Abbracciano  in  tutti  i 
suoi  aspetti  quell'anima  profondamente  amorosa  e  non- 
dimeno severa,  schiusa  a  tutte  emozioni  ({)  e  nondimeno 
mesta  di  perenne    mestizia,  che  riflette  alternando  in  sé 

(*)  io  che  pur  di  mia  natura, 

Transmutabile  son  per  tutte  guise. 

Parad.,   V. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  195 

finite,  and  fchings  infinite  !  We  do  not  think  they 
hi»  ve.  The  view  which  each  of  ttiein  has  taken  ap- 
pears  to  be  essentially  incomplete.  One  has  made 
him  a  Gnelf,  another  has  made  him  a  Ghibeline  ; 
nearly  ali  of  them  endeavonr  to  prove  that  he  was 
an  orthodox  catholic.  Now  Dante  was  neither  a  ca- 
tholic  nor  a  Guelf,  nor  a  Ghibeline;  he  was  a 
Christian  and  an  Italian.  Bnt  ali  of  them  have 
seized  some  trait  of  his  mincl  :  ali  have  more  or 
less  labonred  npon  the  outworks  of  his  idea  :  ali 
have  studied,  with  more  or  less  impartiality,  the 
age  in  which  Dante  lived,  the  inen  and  things  a- 
mongst  whom  he  passed  his  life,  his  Opere  minori, 
hitherto  so  forgotten;  and  by  these  means  they  have 
opened  the  only  way  in  which  the  individnality  of 
the  man  and  the  poet,  so  profaned  and  mutilated 
by  the  secrarians  of  the  dead  letter.  may  be  soon 
i*'  estabiished.  For  tìfty  or  thirty  years,  people  made 


cielo,  terra,  inferno,  le  cose  finite  e  infinite?  No.  Diresti 
<•})<■  ciascun  d'  essi  la  contemplasse  a  frammenti.  Per  uno 
di  que'  scrittori  Dante  è  Guelfo  ;  per  un  altro,  Ghibellino: 
per  tutti,  o  quasi,  ortodosso  cattolico.  Or  Dante  non  fu  cat- 
tolico  né  Ghibellino  né  Guelfo  :  ei  fu  Cristiano  e  Italiano. 
Ma  tutti  afferrano  un  qualche  lineamento  dell'  anima  sua; 

tutti  lavorano  intorno  a  uno  0  ad  alt  io  accessorio  dell'idea 
madie  che  lo  diresse;  tutti  sottopongono  a  disamina,  più  o 
meno  imparziale,  il  secolo  in  ch'egli  visse,  gli  uomini  e  le 
cote  «tu-  s'agitarono  intorno  a  lui.  lcsnc  Opere  minori  tra- 
sandate l'inora;  e  i  loro  Scritti  aprono  in  tal  guisa  la 
sola  via  -lilla  (piale  potrà  rifarsi  assennatamente  1'  indivi- 
dualità del  poeta  e  dell'  nomo,  profanata  e  mutilata  fino 
ai  di  nostri  dai  miseri  Settari  della  morta  lettera.  Per  cin- 
quanta anni,  i  Letterati  d*  Italia  scrissero  dissertasioni  in- 


196  nl'KRE    MINORI    1)1    DANTK.  [1844] 

dissertations  about  the  Pape  Satan — about  two  dif- 
ferent  readings,  (*)  botb  equally  absurd,  about  the 
greater  or  less  degree  of  harmony  in  certain  lines 
of  a  poeni,  where  the  harmouy  tìows  throughout  in 
a  fall  tide.  At  the  present  day  the  romantici  sm  of  the 
continent  has  passed  over  the  dried-up  ground  of 
these  carpings  upon  words  and  syllables,  and  they 
are  bowed  down  level  with  the  ground,  never  more 
to  raise    themselves   up.  May  the  dnst  weigh  more 

(*)  Upon  the  accuja,  for  exaraple,  of  the  Fiorentine  edition 
of  1481,  and  the  attuja  of  the  other  editions  (Purg.,  e.  33, 
v.  48).  Accuja  and  attuja  mean  nothing,  either  in  Italian  or 
English,  or  any  other  existing  lauguage.  They  are  evidently  two 
errors  of  the  copyists.  Abbuia  (darkens)  is,  without  doubt,  the 
word  that  Dante  wrote,  and  yet  not  one  of  the  thousand  and  one 
annotators  has  substituted  it  for  this  barbarisra.  Foscolo'»  edi- 
tion  alone  (Rolandi,  London,   1842-3)  gives   the   trne  reading. 


torno  al  Pape  Satan  —  s' accapigliarono  intorno  a  due 
varianti  egualmente  assurde  (*)  —  o  scrutarono  stucche- 
volmente il  più  o  il  meno  d'  armonia  da  trovarsi  in  uno 
o  in  altro  verso  d'  un  Poema,  per  entro  il  quale  l' armo- 
nia scorre  in  onde  giganti  da  un  capo  all'altro.  Oggi  il 
Eomanticismo  continentale  ha  condannato  a  tacersi  per 
se*mpre  la  genia  di  spiluccatori  di  sillabe;  e  possa  la  terra 
posar  sulla   sepoltura   ove  giacciono  men  greve  dei  loro 

(£)  Intorno  all'  accuja,  per  esempio,  dell'edizione  Fioren- 
tina del  1481  e  l' attuja  dell'  altre  edizioni  {Purg.,  e.  XXXIII, 
v.  48).  Accuja  e  attuja  sono  vocaboli  senza  senso  in  italiano  o 
inglese  o  in  qualsivoglia  altra  lingua.  E  sono  visibilmente  er- 
rori d'  amanuensi  ignoranti.  Abbuja,  intenebra,  fu  senza  dub- 
bio la  parola  scritta  da  Dante  ;  e  nondimeno  né  un  solo  dei 
mille  annotatori  la  indovinò.  La  sola  edizione  di  Foscolo  (Ro- 
landi. Londra,  1842-43),  corregge  quel  barbarismo. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI   DANTE.  197 

lightly  upon  their  sleep  than  upou  their  books  !  Our 
writers  occupy  theinselves  less  with  the  forms  than  with 
the  subjects,  less  with  the  details  than  with  the  whole, 
less  with  the  mode  in  which  Dante  expresses  his  thought 
than  with  that  thought  itself.  Instead  of  writing  a 
hundredth  commentary  upon  his  work,  they  write  his 
life.  Yet  a  few  more  efforts,  and  this  grand  figure 
of  the  Christian  era,  which  has  hovered  above  our 
entrile,  will  re  appear  to  our  eyes,  shining  with 
brighter  glory,  and  we  may  offer  to  it,  not  our  ad- 
uli iation  (that  it  has  compelled  for  fi  ve  hundred 
years),  but  our  sympathy  and  our  love — that  love 
for  which  his  soul  thirsted — which  none  gave  him 
during  his  lifetime,  aud  which  even  yet,  for  waut 
of  knowledge,  we  can  only  bestow  by  a  sort  of 
instinct,  and  even  that  only  a  half  love. 

Poor  Dante  !  admiration  has  done  him  more  harm 
since  his  death,    than   ever    hatred  during  his  life  ; 


volumi.  I  nostri  scrittori  s'affaccendano  non  foss' altro 
intorno  alla  sostanza  più  che  alla  forma,  all' insieme  più 
che  ai  particolari,  al  pensiero  più  che  all'  espressione  on- 
d' esso  si  veste.  Invece  d' aggiungere  un  Commento  ai  mille 
esistenti,  scrivono  la  vita  del  Poeta.  Pochi  sforzi  ancora, 
e  quella  grande  fisonoinia  dell' Era  Cristiana,  che  si  piegò 
intravveduta  sulla  nostra  culla,  potrà  riapparire  ai  nostri 
occhi  splendida  di  gloria  più  pura  e  ricevere  "da  noi  tri- 
buto, non  d' ammirazione  soltanto  —  Dante  ci  costringe 
a  quella  per  cinque  secoli  —  ma  di  queir  amore  del  quale 
egli  visse  assetalo,  che  ninno  a'  suoi  giorni  gli  diede  e 
che  anch'oggi,  incerti  tuttavia  della  nostra  scienza,  non 
po#SÌ*mo  dargli   se   non  per  istinto  quasi  e  a  metà. 

Povero   Dante!    1/ a  unni  razione  pedantesca   dei   posteri 
gli   noeqiie  quanto  l'odio  de'  suoi  coetanei:  dimenticò  il 


198  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

it  has  mutilateci  the  thought  that  lay  below  by  at- 
taching  itself  exclusively  to  its  most  brilliant  sur- 
face  ;  it  has  adored  the  flauie  and  forgotten  the 
hearth  ;  the  poet  has  effaced  the  man,  the  inspirai 
speaker,  the  thinker,  Poetry  is,  however,  only  the 
power  to  symbolise,  consecrated  to  the  service  of  a 
great  thought.  As  in  the  ease  of  Milton,  the -splen- 
do ur  of  the  poem  has  thrown  the  minor  works  into 
the  shade.  The  cupola  has  caused  the  lower  park 
of  the  edifìce  to  be  forgotten.  Lightly  regarded  by 
his  contemporaries  themselves,  (**)  they  did  not  meet 


(**)  Forgetting  that  Dante,  in  his  '  Convito,  '  written  in 
the  latter  part  of  his  life,  entirely  confhmed  his  '  Vita  Nuova  \ 
u  Se  nella  presente  opera  la  quale  è  Convito  nominata,  più 
virilmente  si  trattasse,  che  nella  Vita  Nuova,  non  intendo 
però  a  quella  in  parte  alcuna  derogare,  ma  maggiormente  gio- 
vare   per  questa  a  quella.  '•'   Boccaccio,  in   his  Life  of  Dante, 


concetto  per  venerazione  esclusiva  alla  splendida  forma, 
adorò  la  fiamma  e  tenne  in  non  cale  V  altare  sul  quale 
ardeva,  cancellò  il  pensatore  e  non  guardò  che  al  poeta. 
Or  non  è  la  Poesia  la  facoltà  di  simboleggiare  posta  a 
servizio  d'  un  grande  pensiero  ?  Come  avvenne  per  Milton, 
1'  immensa  luce  che  vien  dal  Poema  cacciò  nell'  ombra 
gli  scritti  minori  di  Dante.  La  maestà  della  cupola  trasse 
i  contemplatori  a  trascurare  le  parti  inferiori  del  Tem- 
pio. Guardate  alla  leggiera  da'  suoi  contemporanei,  (*)  non 

(£)  Dimenticando  che  Dante  nel  Convito,  scritto  negli  anni 
più  tardi  del  viver  suo,  conferma  la  Vita  Nuova  :  Se  nella  pre- 
sente opera  la  quale  è  Convito  nominata,  più  virilmente  si  trat- 
tasse, che  nella  Vita  Nuova,  non  intendo  però  a  quella  in  parte 
alcuna  derogare,  ma  maggiormente  giovare  per  questa  a  quella.  Boc- 
caccio, nella  sua  Vita  di  Dante,  afferma  che  il  Poeta   arrossiva 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  199 

with  a  favourable  medium,  even  when  the  press 
gave  them  a  more  extended  circulation.  The  age  of 
patriots  was  dead,  that  of  thinkers  had  not  yet  a- 
risen.  (*)  In  the  midst  of  the  torrent  of  pedantic,  je- 
suitical,  academical  literature,  which  overflowed  It- 
aly,  the  '  Divina  Commedia  '  swam  above  ali, — there 

aftìrms  that  Dante  blushed  for  his  first  work.  Others  speak 
lightly  of  his  detached  poeras,  which  Dante  in  his  poem 
causes  Casella,  the  friend  of  his  youth,  to  sing  to  him  with  love. 
(*)  The  first  edition  of  the  '  Convito  *  is  that  of  1490,  by 
Buonaccorsi,  Florence.  A  Titanio  Italian  conception  like  that 
of  Dante,  could  not  in  those  times  be — we  do  not  say  Felt — 
but  divined.  Far  frora  spreading  civilization  on  the  world, 
the  civilization  of  Italy,  concentrated,  like  life  in  the  heart, 
at  Florence,  already  foreboded  ad  verse  destinies.  '  La  Monar- 
chia, '  although  twice  translated,  in  1461,  by  Jacopo  del  Rosso, 
and  in  1467  by  Marsilio  Ficàio,  was  only  first  pnblished  in  1559 


trovarono  elemento  più  favorevole  anche  quando  la  Stam- 
pa cominciò  a  dar  loro  diffusione  maggiore.  L' età  dei 
pan  Ioti  era  spenta,  quella  dei  pensatori  non  peranco 
sorta.  (!)  Di  mezzo  alla  piena  della  letteratura,  pedantesca, 
gesuitica,  accademica,  che  allagò  in  quel  tempo  l' Italia, 
la    Divina  Commedia  rimase  tradizionalmente  ammirata  — 

di  quel  suo  primo  lavoro.  Altri  accenna  noncurante  alle  Rime 
che  Dante  si  fa  ripetere  con  amore  nel  Poema  dall'  amico  de'  suoi 
giovani  anni,  Casella. 

(<)  La  prima  edizione  del  Convito  è  quella  del  1490,  di 
Buonaccorsi  in  Firenze.  Un  concetto  Italiano  titanico  come 
quello  di  Dante  non  poteva  a  quei  tempi  non  dirò  sentirsi,  ma  in- 
dovinarsi. Lungi  dal  diffondersi  al  mondo,  la  civiltà  Italiana,  con- 
centrata, come  la  vita  al  core,  in  Firenze,  sentiva  fin  d'allora 
gli  avversi  fati  imminenti.  La  Monarchia,  sebbene  due  volte 
tradotta,  nel  1461  da  Jacopo  del  Rosso,  e  nel  1467  da  Marsi- 
lio li.  ino,  non  fu  pubblicata  la  prima  volta  se  non  nel  1559 


200  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

was  within  it  aii  eternai  spirit  of  poetry,  wbich  no 
human  efforts  could  destroy  ;  the  minor  works  wen 
overwheimed,  new  editions  of  them  were  rare  ;  they 
were  besides,  thanks  to  the  fashion  of  servilely  fol- 
lowing  one  single  codice,  so  extremely  faulty,  that 
the  Convito,  for  instance,  was,  before  the  labours  of 
Monti  and  others,  almost  unintelligible  ;  to  which 
may  be  added,  the  barbarous  Latinity  of  some,  and 
the  wearisome  scholastic  form  of  ali. 

Besides  this,  meu,  instead  of  studying  such  mi- 
nor works  as  are  incontestibly  proved  to  belong  to 

at  Basle  (per  Jo.  Opporinum)  twenty-nine  years  after  the  last 
ray  of  Italian  liberty  had  been  stifled  by  Charles  V.  and  Cle- 
ment  VII.  The  book  '  De  Vulgari  Eloquio  '  appeared  in  1529 
at  Vicenza,  in  a  translation  ;  the  Latin  text  in  1577  at  Paris. 


era  in  essa  tale  un  eterno  onnipotente  spirito  di  poesia 
da  vincere  ogni  ostacolo  d' nomini  —  ma  le  Opere  minori 
andarono  quasi  sommerse.  Rare  ne  furono  le  edizioni. 
Correvano  inoltre,  mercé  la  servile  abitudine  di  non  affi- 
darsi che  a  un  solo  codice  senza  raffronti,  deturpate  d'er- 
rori siffatti  che  il  Convito,  a  cagion  d'  esempio,  era,  an- 
teriormente alle  fatiche  di  Monti  e  d'altri,  inintelligibile 
o  quasi.  Aggiungi  la  barbara  latinità  d' alcune  e  la  noiosa 
forma  scolastica  in  tutte. 

Intanto,  V  assenza  d' ogni  vera  critica  fé'  si  che  i  let- 
terati, invece  di  consecrare  gli  studi  alle  Opere  minori 
provate  innegabilmente  di  Dante,  armeggiarono  sulla  fede 

in  Basilea  da  Gio.  Opporino,  ventinove  anni  dopo  che  1'  ultimo 
raggio  di  libertà  per  1;  Italia  era  stato  soffocato  da  Carlo  V 
e  Clemente  VII.  Il  libro  de  Ynlgari  Eloquio  ebbe  una  edizione 
nel  1529  in  Vicenza,  ma  tradotto  italianamente  ;  il  testo  latino 
esci  nel  1577  in  Parigi. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  201 

Dante,  amused  themselves  on  the  faith  of  some  co- 
dice, or  of  God  knows  what,  in  attributing  to  him 
others,  evidently  forged,  and  which  are,  neverthe- 
less,  quoted  even  in  the  present  day  by  his  bio- 
graphers.  We  are  not  speaking  of  the  <  Disputationes 
de  Aqua  et  Terra  \ — of  a  Dissertation  upon  the  Na- 
ture of  Fishes — of  the  Life  and  Miracles  of  Saint 
Torello,  and  other  trash,  attributed  to  him  by  such 
as  Father  Xegri,  by  Father  Soldani,  by  Valvassori 
and  snch  like:  they  were  soon  rejected  as  impo- 
stures.  —  We  are  speaking  of  forgeries  which  have 
obtained  credit  among  literary  men,  which  have  been 
received,  one  cannot  conceive  how,  by  the  writers 
nained  at  the  head  of  our  article,  and  which  iead 
to  a  false  appreciation  of  the  life  and  opinions  of 
Dante  :  iuventions  of  Mario  Filelfo,  a  brazen  and 
impudent  charlatan  and  speculator,  if  e  ver  there 
was  one  ;  we  allude  to  the  Credo,  to  the  Magnificat, 
to  the  Seven  Penitential  Psalms,  and  other  sacred 
poems,  which  are  to  be  found  in  almost  ali  the  edi- 


in  non  so  quali  codici  spurii  ad  apporgliene  di  non  sue, 
citate  anch'oggi  imperturbabilmente  siccome  autentiche 
da'  suoi  biografi.  Non  parlo  delle  Disputazioni  de  Aqua 
et  Terra,  d'una  Dissertazione  sulla  natura  dei  pesci,  della 
Vita  e  Miracoli  di  San  Torello  e  inezie  siffatte  attribuite- 
gli da  scrittori  di  nessun  conto  come  il  padre  Negri,  il 
padre  Soldani,  o  il  Valvassori,  e  rigettate  universalmente 
come  imposture  sfacciate.  Parlo  di  scritti  accettati  per 
suoi  (la  noni  ini  letterati,  citati  dai  biografi  i  nomi  dei 
quali  stanno  più  sopra  e  che  travisano  la  vita  e  le  opi- 
nioni di  Pante;  invenzioni  di  Mario  Filelfo,  ciarlatano 
«  ipeculatore  impudente:  il  Credo,  il  Magnificat,  i  Sette 
Salmi    l',  iuh,,:iali   e   altre   rime   religiose   accolte    in    quasi 


202  OPKKK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

tions  of  Dante's  poems — to  a  host  of  compositions, 
soimets,  and  other  things  belonging  to  Dante  of 
Mnjano,  bis  contemporary  ;  anotber  Dante,  an  obscure 
poet  of  the  nfteentb  century  ;  perhaps  to  two  of  the 
sons  of  Dante  bimself — any  way  not  to  bini — and 
yet  inserted  among  tbe  Rime  of  one  Dante.  (**) 

(**)  Among  the  poems  attributed  to  Dante  by  the  Venetian 
editor  of  1518,  and  by  nearly  ali  others  after  him,  we  must 
reject  tbe  canzone,  t  Perché  nel  tempo  rio,  '  Dacché  ti  piace, 
Amore,  eh'  io  ritorni,  '  '  L'  nom  che  conosce  è  degno  ch'aggia 
ardire,  '  L'alta  speranza  che  mi  reca  Amore,  '  '  Oimé  lasso 
quelle  treccie  bionde  '  Non  spero  che  giammai  per  mia  sa- 
lute, '  '  Io  non  pensava  che  lo  cor  giammai,  '  '  Giovane  donna 
dentro  al  cuor  mi  siede,  '  '  L'alta  virtii  che  si  ritrasse  al  cielo.7 
Of  these,  several  are  by  Cino.  The  sonnets,  '  Dagli  occhi  belli 
di  questa  mia  Dama,  '  '  Un  dì  si  venne  a  noi  melancolia,  '  '  Mes- 
Brunetto,  ;  etc,  and  '  Quel  che  voi  siete,  amico,  vostro  manto,  ' 


tutte  le  edizioni  di  Dante;  e  non  so  quanti  sonetti  e  can- 
zoni appartenenti  al  di  lui  contemporaneo  Dante  da  Maia- 
no,  a  un  altro  Dante,  poeta  oscuro  del  XV  secolo,  forse 
a  due  figli  dell' Allighieri,  e  inseriti  non  pertanto  tra  le 
sue  Kime.  (*) 

(*)  Fra  le  composizioni  attribuite  a  Dante  dall'  editore 
Veneto  del  1518  e  da  pressoché  tutti  quei  che  gli  teunero  die- 
tro, sono  da  rigettarsi  le  Canzoni  «Perché  nel  tempo  rio»  — 
«Dacché  ti  piace,  Amore,  ch'io  ritorni»  —  «L'uomche  cono- 
sce è  degno  ch'aggia  ardire»  —  «L'  alta  speranza  che  mi  reca 
Amore  »  —  «  Oimé  lasso  quelle  treccie  bionde  »  —  «  Non 
spero  che  giammai  per  mia  salute  »  —  «  Io  non  pensava 
che  lo  cor  giammai»  —  «  Giovane  donna  dentro  al  cuor  mi 
siede»  —  «L'alta  virtù  che  si  ritrasse  al  cielo.»  Diverse 
tra  queste  sono  di  Cino.  E  spurii  sono  i  Sonetti:  «Dagli  oc- 
chi belli  di  questa  mia  Dama  »  —  «Un  di  si  venne  a  noi  me- 
lancolia» —  «Messer  Brunetto,   ecc.»  —  «Quel  che  voi   siete, 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  203 

If  to  ali  these  sources  of  error  we  add  the  auda- 
cious  lies  introduced  into  the  Life  of  Dante  by  Fi- 
lelfo  and  others,  the  anecdotes  invented  by  Franco 
Sacchetti  and  other  novelists,  and  received  as  his- 
tory — the  accusations  insinuated  against  Dante  by 
popish  and  jesnitical  writers — the  gratnitous  afìir- 
mations  about  his  travels  and  his  friendships  by  a 

*  Non  conoscendo,  amico,  il  vostro  nome,  ;  Tu  che  stanzi  lo 
colle  ombroso  e  fresco,  '  '  Io  ho  tutte  le  cose  eh'  io  non  vo- 
glio, \  {  Lode  di  Dio,  e  della  madre  pura,  '  'Quando  veggio  Be- 
china  corrucciata,  '  '  O  madre  di  virtute,  luce  eterna,  '  and 
twenty  more,  at  least,  ought  to  be  equally  rejected  :  also  the 
four  lines,  '  L'amor  che  mosse  già  l'eterno  Padre,  '  the  epi- 
gram,  '  O  tu  che  sprezzi  la  nona  figura.  '  Among  a  hundred 
and  fifty  compositi ons  attributed  to  Dante,  there  are  only 
about  seventy  that  belong  to  him.    Dionisi  did  much    to    ex- 


Or  se  a  queste  sorgenti  d'  errori  aggiungiamo  le  men- 
zogne sfrontate  inserite  nella  vita  di  Dante  da  Filelfo  ed 
altri  —  gli  aneddoti  inventati  da  Franco  Sacchetti  e  al- 
tri ad  abbellirne  le  loro  novelle,  poi  ricopiati  da'  suc- 
cessori siccome  storia  —  le  accuse  insinuate  contro  Dante 
da  scrittori  papisti  e  gesuitici  —  le  affermazioni  gratuite 
intorno  ai  viaggi  e  alle  amicizie  del  poeta  suggerite  alla 

amico,  vostro  manto»  —  «Non  conoscendo,  amico,  il  vostro 
nome»  —  «Tu  che  stanzi  lo  colle  ombroso  e  fresco»  —  «Io 
ho  tutte  le  cose  ch'io  non  voglio»  —  «Lode  di  Dio  e  della 
madre  pura»  —  «Quando  veggio  Bechina  corrucciata»  —  «O 
inailic-  di  virtute,  luce  eterna»  —  e  da  venti  più  altri.  Né 
appartengono  a  Dante  i  quattro  versi  :  «L'amor  che  mosse  già 
l'eterno  Padre»  —  o  l'epigramma:  «  O  tu  che  sprezzi  la  nona 
figura.»  Di  cento  cinquanta  composizioni  poetiche  che  gli  fu- 
rono attribuite,  iiun  pili  di  settanta  gli  spettano.  Il  lavoro  d'e- 
li in  inazione  va  dovuto  in    parte  al    Dionigi;  e    più  ancora  al 


204  OI'KKK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

servile  tribe  of  writers,  working  ili  the  hire  of  so- 
me patrician  fatnilies,  whom  they  seek  in  ali  ways 
to  flatter — we  shall  no  longer  be  astonished  if,  after 
ali  these  labours,  the  Life  of  Dante  stili  remains  to 
be  written,  and  that  bis  individnality  can  scarcely 
be  discerned  through  the  clouds  and  darkness  that 
bave  accumulated  over  it. 

A  man  well  known  bere  in  England,  and  w  li  oso 
name,  synonymous  with  literary  independenee  and 
incorruptible    politicai  integrity,    is   revered   by   ali 

punge  the  rest.  M.  Fraticelli,  the  editor  and  illnstrator  of  the 
'  Opere  minori,  '  aud  who  stands  at  the  head  of  the  nanies  at 
the  begiuuing  of  this  article,  has  doue  stili  more  :  his  criti- 
cisin  is  alniost  al  ways  just  aud  erudite.  We  regret,  however, 
that  his  edition,  through  some  unaccountable  timidity,  retains 
ali  the  poems,  whether  genuine  or  not.  Mauy  persona  will 
not  read  notes,  which  form  an  isolated  portion  of  the  work, 
and  will  persist  in  the  old  errors. 


turba  innumerevole  degli  scrittori  servili  ad  una  o  ad  al- 
tra famiglia  patrizia  e  studiosi  d'  adularne  la  vanità  — 
escirà  chiaro  a  noi  tutti  il  perché  la  Vita  di  Dante  ri- 
manga tuttora  da  scriversi  e  le  sue  vere  sembianze  sfu- 
mino tuttavia  semicelate  tra  nuvoli  e  tenebre  raddensa- 
tisi da  secoli  intorno  ad  esse. 

Un  uomo,  tenuto  in  gran  conto  qui  tra  gli  Inglesi  e 
il  cui  nome,  sinonimo  d'  indipendenza  letteraria  e  d' in- 
tegrità   politica  incorruttibile,  è  venerato  dalla  gioventù 

Fraticelli,  editore  e  illustratore  recente  delle  Opere  Minori.  La 
di  lui  critica  è  quasi  sempre  erudita  e  fondata.  Duolmi  ch'egli 
abbia  imprudentemente  inserito  rime  spurie  e  genuine  nell'e- 
dizione. Lie  note  che  additano  la  scelta  da  farsi  sono  trasan- 
date da  molti  lettori,  e  segnatamente  quando  sono  relegate  in 
calce  al  volume. 


[1844]  opere  minori  di  dante.  205 

the  youth  of  Italy,  tbongh  little  mentioned  by  ber 
authors — Ugo  Foscolo — did  niuch  to  dissipate  tliese 
clouds  of  error.  Acrid  and  savage  in  bis  tempera- 
mene bis  mind  nonrisbed  and  fortified  by  severe 
study,  little  calculated  for  laying  new  foundations, 
bat  endowed  with  migbty  faculties  to  overturn,  be 
destroyed  effectnally  (unless  for  tbose  who  bow  down 
blindly  before  preeedents)  a  bost  of  errors  tbat  bad 
been  banded  down  by  tradition,  and  prejndices  wbicb 
barred  the  way  to  the  study  of  Dante.  In  bis  differ- 
ent  writings,  especially   in  bis  *  '  Discorso    sul   Te- 

"  Ibis  '  Discorso  ',  published  ili  1825  by  Pickering  was 
to  have  forined  the  first  volume  of  an  edition  of  the  '  Com- 
media, '  which  was  suspended  by  the  death  of  Foscolo.  This 
edirion  has  recently  been  published  by  Rolandi,  20,  Berners- 
Street,  who  purchased  the  MSS.  from  Pickering,  and  it  may 
some  time  possibly  furnish  us  with  an  opportunity  of  review- 
ing  the  different  editions  of  the  text  :  meanwhile  we  gladly 
take  this  opportunity  to  commeud  its  great  beauty  and  excel- 
lence,  and  its  remarkable  cheapuess. 


d' Italia  comech é  citato  raramente  da'  suoi  scrittori  — 
Ugo  Foscolo  —  lavorò  indefesso  nell'esilio  a  dissipare  quella 
turba  (V  errori.  Dotato  d'  un'  indole  generosamente  ruvida 
e  battagliera  e  di  mente  nudrita  di  forti  severi  studi, 
poco  atta  a  fondare  ma  potente  a  distruggere,  ei  rove- 
sciò, per  quanti  almeno  non  s' incurvano  ciecamente  ri- 
ferenti alle  tradizioni,  tutto  un  edificio  d'errori  che  si 
frapponeva  tra  noi  e  lo  studio  di  Dante.  In  parecchi 
de'  suoi  scritti  e  segnata  mente  nel  suo  Discorso  sul  Testo 
del  Poema,  (')  ei  preparò  il  terreno  a  un  migliore  intelletto 

(')  Interno  alla    feritoia  <1»1     Discorso  e  dell'Edizione  Fo- 
•eolinna  di  Dante,  vedi  la  nota  in  calce  allo  scritto. 


206  OPERK    MINORI    DI    DAN TK.  [1844] 

sto,  J  etc,  he  inade  a  breach  and  cleared  the  ground 
for  the  erection  of  a  new  one.  He  annihilated  his- 
torical  anachronisms,  aflìrmations  taken  up  on  the 
faith  of  an  academy  or  a  savant, — system s  dictated 
by  the  vanity  of  a  town  or  a  patrician  palace.  He 
submitted  authority  to  the  test  of  a  rational  exsuni 
nation  ;  he  drove  out  the  profane  ones  trova  the 
vestibule  of  the  tempie,  and  there  he  stopped.  He 
was  to  mach  tinged  with  the  materialism  or  scept- 
icism  of  his  time  to  venture  therein  himself  and 
become  a  priest  of  the  god  ;  but  if  that  stili  remains 
to  be  done,  it  is  imperative  on  any  one  who  shall 
undertake  to  write  the  life  of  Dante  after  bini,  nei- 
ther  to  neglect  his  labours,  nor  to  go  on  in  the  old 
tracks. 

MM.  Ozanam,  Balbo,  and  d'Artaud,  stili  persist 
in  them  in  many  respects — they  bave  not  taken 
mnch  tronble  to  examine  and  discriminate  the  works 
of  those  who  have   laboured  before  them.  They  be- 


del  Poeta  e  della  Commedia;  confutò  numerosi  anacro- 
nismi storici,  affermazioni  accettate  fino  a  lui  senza  esame 
sulla  fede  d' una  accademia  o  d' un  erudito,  sistemi  ispi- 
rati dalla  vanità  d' una  casa  patrizia  o  d'  un  municipio  ; 
e  sottomettendo  l' autorità  allo  scrutinio  d'  un  indipen- 
dente e  severo  esame,  cacciò  dal  vestibolo  del  tempio  i 
profani  invasori  :  poi  s'  arrestò.  Solcata  1'  anima  dal  ma- 
terialismo e  dallo  scetticismo  del  periodo  in  eh'  egli  visse, 
ei  non  potea  costituirsi  sacerdote  del  Dio.  Ma  nessuno 
può  oggimai  attentarsi  di  scrivere  la  vita  di  Dante  senza 
imbeversi  prima  dei  lavori  di  Foscolo  e  delle  norme  cri- 
tiche da  lui  sancite. 

Le  trascurarono  V  Ozanam,  Balbo  e  d' Artaud  e  si  com- 
misero ai  vecchi  errori,  ogni  qual    volta    si   confacevano 


[1844]  OPERE    MINÓRI    DI    DANTE.  207 

lieve  every  tking  when  it  suits  tbein.  M.  Ozanam 
sees  Beatrice  dying  u  dans  tout  l'éclat  de  la  virgi- 
nité,  "  ìd  spite  of  the  "  Bici  filiae  suae,  et  uxori 
D.  Simonis  de  Bardis,  of  the  paternal  will.  He  de- 
clares  that  Dante  understood  Greek,  in  the  face  of 
the  testimony  of  Dante  himself,  in  his  Convito,  when 
he  speaks  of  the  translations  of  Aristotle,  on  the 
strength  of  a  sonnet —  li  Tu  che  stanzi  lo  colle  om- 
broso e  fresco,  "  which  is  evidently  not  by  Dante,  but 
which  he  attributes  to  him  on  the  authority  of 
Pelli  and  his  assistants,  withont  the  smallest  pian- 
sible  argument  in  favour  of  ita  asserted  paterni  ty. 
He  consoles  himself  for  the  faults  with  which  he 
reproaches  the  poet,  by  deelaring  that  he  left  as  his 
last  bequest  a  inagnificent  hynin  to  the  Virgin,  and 
that  he  wished  to  be  clothed  upon  his  bier  in  the 
habit  of  the  order  of  St.  Francis.  Now  the  sonnet, 
u  0  Madre  di  Virtute,  luce  eterna,  "  to  which  M.  O- 
zanain  alludes,    and    attributed  to  Dante  by    Corbi- 


alle  loro  individuali  tendenze.  Ozaman  vede  Beatrice  a 
morire  datti  tout  V  éclat  de  la  viruinité  e  dimentica  il  Bici 
filine  siine,  et  uxori  1).  Simonis  de  Bardis  del  testamento 
p;it (ino.  In  onta  alla  testimonianza  di  Dante  medesimo 
nel  Convito  dov'ei  parla  delle  traduzioni  d'Aristotile,  egli 
afferma,  ralla  fede  del  Sonetto  Tu  che  stanzi  lo  colle  om- 
broso e  fresco  attribuito  senz'ombra  di  ragione  al  Poeta 
dal  Pelli,  che  Dante  sapeva  di  Greco.  Ei  va  raeconsolan- 
dosi  degli  errori  che  a  lui  cattolico  sembrano  appannare 
la  vita  di  Dante  col  pensiero  ch'egli  almeno  lasciava 
morendo  traccia  di  pentimento  in  un  màguifiqué  inno 
alla  Verdine  e  desiderava  d' essere  sepolto  nell' abito  del- 
l'* n  -dine  di  San  Francesco.  Ora,  il  Sonetto  O  madre  di 
Virtute,   luce   firma.   ;il    (piale   allude    l' Ozanam    e    che    fu 


208  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

nelli,  belongs  to  Monte  Andrea,  or  some  other  ob- 
scure  poet  ;  and  as  to  the  religions  habit  in  which 
the  Franciscan  fathers  are  said  by  Tiraboschi  to 
bave  muffled  bini,  it  is  one  of  those  anecdotes  which 
in  the  present  day  every  tolerably  well-read  man 
would  be  ashamed  to  quote.  Dante  was  married, 
and  he  has  let't  it  written  in  bis  Convito,  that  it  is 
not  the  habit  ot  St.  Bennet,  of  St.  Augustine, 
St.  Francis,  or  of  St.  Dominio,  that  constitutes  a 
religious  life,  and  that  G-od  requires  only  the  reli- 
gion  of  the  heart.  *  In  like  manner,  with  M.  Ozan- 
am,  M.  Balbo  complacently  gives  the  anecdote  of 
the  cowl  :  he  believes  in  the  genuineness  of  le  rime 
sacre,  and  in  that    tissue  of  trashy  meretricious  li- 

*  "  Che  non  torna  a  religione  pur  quelli  che  a  San  Be- 
nedetto, a  Sant'Agostino  e  a  San  Francesco,  e  a  San  Domi- 
nico,  si  fa  d'abito  e  di  vita  simile,  ma  eziandio  a  buona  e 
vera  religione  si  può  tornare,  in  matrimonio  stando  ;  che 
Iddio  non  volle  religioso  di  noi,  se  non  il  cuore.  "  —  Convito. 


drea  o  di  non  so  quale  altro  oscuro  poeta  ;  e  quanto  al- 
l'abito religioso  de'  Francescani  che  piacque  al  Tirabo- 
schi  di  fargli  indossar  nella  bara,  è  novella  che  oggi  ogni 
uomo  di  mezzana  erudizione  non'  oserebbe  citare  senza 
arrossirne.  Dante  era  marito  e  padre  e  lasciò  scritto  nel 
Convito  che  non  torna  a  religione  pur  quelli  che  a  San  Be- 
nedetto, a  Sant'Agostino  e  a  San  Francesco,  e  a  San  Dominino 
si  fa  d1  abito  e  di  vita  simile,  ma  eziandio  a  buona  e  vera 
religione  si  può  tornare,  in  matrimonio  stando;  che  Iddio 
non  volle  religioso  di  noi,  se  non  il  cuore.  E  non  pertanto 
Balbo  ripete,  compiacendosi,  l'aneddoto  della  tonaca  fra- 
tesca :  si  professa  credente  imperturbabile  nell'  autenticità 
delle  rime  sacre  e  di  quanti  prosaci    e  ribaldi  versi  Qua- 


[18441  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  209 

nes  with  which  Quadrio,  Rigoli,  Cresciinbeni,  Frotta, 
and  others  like  them  bave  arbitrarily  loaded  the 
inemory  of  Dante.  He  professes  clearly  to  discern 
the  style,  the  versifìcation,  and  the  reminiscences 
of  the  poet.  He  believes  in  ali  the  anecdotes  which 
it  has  pleased  Franco  Sacchetti  and  Cinzio  Giraldi 
to  introduce  into  their  tales.  He  believes  in  the 
four  embassies,  in  the  history  of  the  Guelfa  and 
Ghibelines,  in  ali  that  it  has  pleased  Mario  Filelfo 
to  set  down  to  the  acccount  of  Dante,  forgetting 
the  quotations  which  this  same  Filelfo  inipudently 
makes  from  prose  works  as  by  Dante,  and  which 
were  recognised  as  spurious  immediately  on  their 
publication.  Endowed  with  stili  more  vigorous  pow- 
ers  of  believing,  M.  le  Chevalier  Artaud  de  Montor, 
"  memore  de  PAcadéinie  des  Inscriptions  et  Belles 
Lettres,  de  PAcadémie  de  la  Crusca,  de  PAcadémie 
de  Gottingue,  n  and  of  ten  others,  the  names  of  which 
he  contrives  to  insinuate  here  and  there  in  his  notesr 


drio,  Rigoli,  Cresciinbeni,  Frotta  e  siffatti  appiccarono  alla 
memoria  di  Dante:  ravvisa  in  essi  stile,  modi  e  ricordi 
del  Poeta  :  giura  negli  aneddoti  innestati  nella  di  lui  vita 
da  Franco  Sacchetti  e  Cinzio  Giraldi  :  accetta,  come  fossero 
documentate  storicamente,  le  quattro  Ambascerie,  la  Sto- 
ria de'  Guelfi  e  de'  Ghibellini  e  tutte  quante  le  impo- 
sture di  Mario  Filelfo,  senza  pure  ricordarsi  che  il  Filelfo 
inventava  di  pianta  citazioni  dalle  prose  di  Dante  che 
m  —uno,  per  quanto  cerchi,  può  rinvenirvi.  Se  non  che 
innanzi  a.  tutti,  per  vigore  di  cieca  fede,  sta  il  Cavaliere 
Artaud  di  Montor,  membro  dell'  Accademia  delle  Iscri- 
zioni e  Belle  Lettile,  <!< -IP  Accademia  della  Crusca,  del- 
l' Accademia  di  Gottinga  e  più  altre  da  lui  amorevol- 
iim  nt<    citate  in  nota.  Ei    recita,    sull'autorità  di  Filelfo, 

M\//im    Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  U 


210  Ol'KKK    MINORI    DI    DANTK.  [1844] 

fondly  quotes,  and  always  on  the  faith  of  Philel- 
phus,  the  beginning  of  a  letter,  "  Beatitudinis  tuae 
sanctitas  nihil  potest  cogitare  pollutuin,  quae,  vices 
in  terris  gerens  Christi,  totius  est  misericordiae  se- 
de», verae  pietatis  exemplum,  "  etc.  ;  written,  he 
declares,  by  Dante,  and  to  whoin? — to  that  sanie 
Boniface  Vili,  against  whom  he  inveighs  bitterly 
no  less  than  nine  times  in  the  poem.  In  the  warinth 
of  his  zeal  as  a  French  catholic  and  royalist,  he 
is  almost  tempted  to  believe  that  not  only  Brunetto 
Latini,  but  Dante  himself,  helped  to  draw  up  the 
bull  for  the  canonization  of  Louis  IX.  by  Boniface. 
He  is  astoni  shed  at  the  first  sonnet  by  Dante,  u  A 
ciascun  alma  presa  e  gentil  core,  "  composed,  he  as- 
sures  us,  when  he  was  nine  years  old,  *  although  he 

*  The  author  of   the   '  Curiosities  of  Literature  '  has  fal- 
len  into  the  sanie  error,  voi.  VI. 


il  cominciainento  d'una  lettera  Beatitudinis  tuae  sanctitas 
nihil  potest  cogitare  pollutum,  quce,  vices  in  terris  gerens 
Coristi,  totius  est  misericordice  sedes1  verce  pietatis  exem- 
plum ecc.  scritta,  egli  afferma,  da  Dante  e  a  chi?  —  a 
quel  medesimo  Bonifacio  Vili  contro  il  quale  egli  in- 
veisce amaramente  non  meno  di  nove  volte  nella  Com- 
media. Nel  calore  del  suo  zelo  di  Francese  cattolico  e 
monarchico,  ei  pende  quasi  a  credere  che,  non  solamente 
Brunetto  Latini,  ma  Dante  stesso  aiutasse  quel  Papa  a 
stendere  la  bolla  per  la  canonizzazione  di  Luigi  IX.  Ei 
meraviglia  del  come  Dante  valesse  a  comporre  il  Sonetto 
A  ciascun  alma  presa  e  gentil  core  quand'  ei  non  avea  che 
nove  anni,  (£)  mentre  gli  bastava  leggere  più  attentamente 

(*)  L'  autore  delle    Curiosità    Letterarie,    D'  Israeli,    cadde 
nello  stesso  errore. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI   DANTK.  211 

might  bave  eonvinced  hiinself,  if  he  had  read  the 
Vita  Nuova  with  a  little  more  attention,  that  Dante 
wrote  it  in  commemoration  of  hiseighteenth  birth-day. 
He  is  qnite  ready  to  attributo  to  Dante  (p.  485) 
tour  lines,  u  L'amor  che  mosse  già  l'eterno  Padre,  n 
written  for  a  picture  in  the  great  council  hall  at 
Venice,  painted  by  Guariento  forty-four  years  after 
Dante  was  dead.  He  quotes  at  random  without  dis- 
cerninent,  or  a  shadow  of  criticai  skillj  alike  from 
authors  worthy  of  credit  and  imbecile  compilers — 
Philelphus  and  Tiraboschi,  Muratori  and  Fra  Gia- 
como da  Serravalle — they  are  ali  one  to  him. 

We  ha  ve  not  for  many  years  seen  a  book  (635  pa- 
ges!)  so  utterly  devoid  of  erudition.  and  so  full  of 
academical  bombast — of  vanity  disguised  in  a  hypo- 
critical,  sanctimonions  modesty — so  diffuse,  confused, 
involved  and  prosing.  Yet  this  book  has  been  cried 
up  in  France  as  the  important  and  conscientious 
production  of  a  scholar,  and  an  Italian  translation 
is  even  now  in  preparation. 

la  Vita  Nuova  per  sincerarsi  eh'  ei  lo  compose  a  diciatto. 
Quattro  versi  U  amor  che  mosse  già  V  eterno  Padre  scritti 
per  un  dipinto  nella  Sala  del  Gran  Consiglio  in  Venezia, 
lavoro  di  Guariento  e  posteriore  di  quarantaquattro  anni 
alla  morte  di  Dante,  gli  sono  da  lui  liberalmente  attri- 
buiti. Filelfo  e  Tiraboschi,  Muratori  e  Fra  Jacopo  da  Ser- 
ravalle, eruditi  di  fama  Europea  e  inetti  compilatori,  som- 
ministrano egualmente  al  Cavaliere  d'Artaud  autorità. 
citazioni  e  prove.  Ei  manca  assolutamente  di  discerni- 
MMMito  e  di  critica.  Il  suo  libro,  di  635  pagine,  è  il  più 
vuoto  (li  ver;»  doti  lina,  il  pili  diffuso,  intricato  e  seminato 
d'<nori,  (li' io  m'abbui  da  molti  anni  veduto.  E  nondi- 
meno tu  salutato  in  Francia  come  lavoro  utilmente  e 
profondamente  erudito;  ed  ebbe,  credo,  gli  onori  d'  una 
traduzione  in   Italia. 


212  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

Ali  this  wonld  bave  been  no  great  matter  in 
our  eyes,  if  tbese  errors  bad  only  concerned  mere 
matter s  of  fact,  wbich  did  not  bear  upon  the  appre- 
eiation  of  the  Man,  upon  the  right  understanding 
of  the  inner  life  of  the  soni,  upon  the  faith  of  Dante. 
Dante  would  appear  more  extraordinary,  but  not  a 
greater  man  in  our  eyes,  if  he  bad  composed  a  son- 
net  when  he  was  nine  years  old — in  the  same  way 
that  he  would  bave  no  less  been  a  great  poet,  if 
he  had  writteu  some  of  the  wretched  verses  wbich 
are  attributed  to  him  erroneously.  But  the  Man  is 
at'stake  here.  The  man  appears  to  us,  in  consequence 
of  the  Guelpbic  prejudices  whicb  bave  guided  the 
pen  of  almost  ali  the  writers  who  figure  at  the  head 
of  our  article,  incomplete,  incongruous,  weak,  iras- 
cible,  unstable,  objective  rather  than  subjective^ 
yielding  to  circumstances,  rather  than  seeking  to 
create    or    govern   them,    fragmentary,    many-sided. 


A  me  tutto  questo  non  parrebbe  gran  fatto  importante 
se  gli  errori  non  toccassero  che  fatti  isolati  e  non  ten- 
dessero a  falsare  il  nostro  concetto  dell'Uomo,  dell'in- 
tima vita  dell'  anima  e  della  fede  di  Dante.  Dante  ci  ap- 
parirebbe più  singolare,  non  più  grande,  s' egli  avesse 
composto,  a  nove  anni,  un  sonetto,  né  sarebbe  poeta  meno 
potente,  s' egli  avesse,  in  alcuni  momenti  d' infiacchimento, 
dettato  l' una  o  l' altra  di  quelle  rime  prosaiche  che  i 
compilatori  volgari  gli  appongono.  Ma  gli  errori  citati 
toccano  la  natura  dell'Uomo.  L'uomo,  in  conseguenza 
de'  pregiudizi  Guelfi  comuni  ai  più  fra  gli  scrittori  citati,  ci 
sorge  innanzi  imperfetto,  misto  di  contradizioni,  debole^ 
facile  all'  ira,  istabile,  obbiettivo  anzi  che  subbiettivor 
soggiacente  all'  impulso  di  circostanze  esterne  anziché  ten- 
dente a  crearle  e  predominarle  e  privo  di  quella  potente 


[1844]  OPERK    MINORI    DI    DANTE.  213 

There  mingles  with  the  adoration  (sonietinies  incon- 
siderate) which  these  writers  ali  profess  for  the  poet 
— a  sort  of  compassionate,  patroni sing  tone  of  ben- 
ign  apology  for  the  Man,  which  revolts  us,  as  at 
once  a  solecism  in  rnorals  and  in  history.  They  en- 
deavour  to  explain  to  us,  in  a  tone  of  paternal  in- 
dulgence,  how  Dante  happened  sometimes  to  be  a 
Guelf,  and  sometimes  a  Ghibeline — that  it  was  the 
weakness  inherent  in  hnman  nature,  the  violence  of 
party,  the  iniìiience  of  quiek  and  violent  passions, 
by  which  he  was  blown  hither  and  thither.  They 
quote  from  Boccaccio — in  whom  the  romance  writer 
sometimes  predominates  over  the  historian — the  an- 
ecdote  of  Dante' s  throwing  stones  into  the  Street, 
upon  passers  by  who  had  spoken  evil  of  Ghibelinism. 
They  ali  declare,  from  the  author  of  the  parallel 
betwen  Milton  and    Dante,  in  the  '  Edinburgh    Be- 


uuità  eh'  è  generalmente  contrassegno  dei  grandi  per  Ge- 
nio e  singolarmente  di  Dante.  All'  adorazione,  talora  im- 
prudente, che  gli  scrittori  dei  quali  parlo  professano  pel 
poeta,  contrasta  non  so  quale  un  senso  di  mal  celata  com- 
passione e  di  scusa  per  gli  errori  dell'  uomo,  che  viola 
a  un  tempo  storia  e  moralità.  Essi  si  mostrano  affaccen- 
dati a  spiegarci,  con  parole  d' indulgenza  paterna,  co- 
me Dante  mutasse  da  Guelfo  a  Ghibellino,  com'ei  fosse 
talora  spronato  pervie  diverse  dall' influenza  di  rapide  e 
ardenti  passioni,  dalla  violenza  delle  fazioni,  dalle  de- 
bolezze inseparabili  dell'  umana  natura.  Citano  dal  Boc- 
caccio nel  quale  il  novellatore  sovrasta  talora  allo  sto- 
ri <»>  —  l'aneddoto  che  Dante  avventò  sassi  su  per  le  vie 
a  uomini  avversi  al  Ghibellinismo.  Dichiarano  tutti,  dal- 
l'autore  del    parallelo    fra    Dante  e  Milton  nella  Rivista 


214  OFKliK    MINORI    DI    DANTK  [1844] 

view  '  *  (No.  84),  down  to  M.  Balbo,  +  that  he  was 
choleric,  harsh,  vain,  tenacious.  With  this  general 
adinission,  and  the  invented  incidents  with  which 
they  nave  broken  up  his  life,  and  which  represent 
hini  as  changing  his  opinions  and  his  line  of  polit- 
icai conduct  without  snfficient  reason, — it  results  on 
one  hand,  that  the  unity  of  this  imposing  figure  is 
destroyed,  which  stands  as  the  type  of  a  whole  na- 
tion,  mournful  and  grand  as  itself — on  the  other 
hand,  for  the  numerous  class  whose  reading  in  Dante 
goes  no  further  than  the  '  Inferno,  ?  it  seems  almost 
to  jnstify  the  accusation  of  sombre  hatred  and  fer- 
ocity,  which  a  writer  whose  mind   is  evidently  dis- 

*  "  In  every  line  of  the  '  Divina  Commedia  '  we  discern 
the  asperity  which  is  produced  by  Pride  struggling  with  Ma- 
jesty.  " 

t  Si  fece  per  superbia  ed  ira  Ghibellino.  Il  gran  peccato  di 
Dante  fu  Pira.  —  Voi.  IL,  e.   1. 


d' Edimburgo  (A)  fino  a  Cesare  Balbo  (2)  eh'  egli  era  d' in- 
dole collerica,  aspra,  vana,  ostinata.  E  affermazioni  ge- 
nerali siffatte  e  i  falsi  aneddoti  innestati  nella  vita  di 
Dante  tendenti  a  mostrarlo  mutabile  d'  opinioni  e  di  con- 
dotta politica  senza  sufficienti  cagioni,  rompono  da  un 
lato,  come  dissi,  l'unità  di  un  potente  individuo,  tipo  di 
tutta  una  Nazione,  grande  e  solenne  di  dolore  com'  esso, 
e  inchinano  i  molti  lettori,  che  nello  studio  del  poeta  non 
varcano  oltre  V  Inferno,  ad  accettare  le  accuse  di  cupo 
odio  e  ferocia  che  uno  scrittore  visibilmente  infermo  di 

(*)  «Ogni  verso  della  Divina  Commedia  ci  rivela  l'Orgo- 
glio a  tenzone  colla  Maestà.»  Biv.  d' Ed.,  n.  84. 

(2)  «  Si  fece  per  superbia  ed  ira  Ghibellino.  Il  gran  pec- 
cato di  Dante   fu  Pira.»    Vita  di  Dante,  II,  e.  1. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  215 

ordered,  and  whose  name  we  wish  to  abstain  from 
inentioning,  has  dared  to  lay  against  Dante  within 
the  last  six  years, — nere,  in  London  ; — against  a 
man  whose  soul  was  so  full  of  love,  that  he  placed 
morality  above  ali  science — who  made  morality  and 
philosophy  consist  in  the  harmony  of  the  virtues, 
which  is,  says  he,  l  Beauty  ' — who  declared  that  Ge- 
nius itself  was  incapable  of  attaining  certain  kinds 
of  knowledge,  unless  it  be  assisted  by  Love  (Par.  VII), 
and  who,  in  the  '  Convito  ',  defìned  Philosophy — 
1  Uno  amoroso  uso  di  sapienza.  7 

We  thank  God  it  is  ali  false.  We  inay  revere 
the  genius  without  mistrust  or  fear.  The  Life  of  Dante, 
as  we  have  said  before,  stili  remains  to  be  done, 
and  the  writers  of  the  present  day  have  only  op- 
ened  the  way. 

The  mere  facts  of  Dante' s  Life,  and  upon  which 
we  cannot  now  dwell,  will  not  take'  up  much  time 
with    the    writer    who  is  to  come.  Many  facts,  ma- 


mente,  W.  S.  Landor,  avventò  ripetutamente,  negli  ul- 
timi sei  anni,  contro  un  uomo  la  cui  anima  era  si 
piena  d' amore  da  fargli  porre  la  moralità  innanzi  a  ogni 
scienza,  che  affermava  la  Filosofia  e  il  Bello  consistere 
nell'armonia  delle  virtù,  dichiarava  il  Genio  incapace  di 
un -ere  un  certo  grado  di  scienza  se  non  aiutato  dal- 
l'Amore e  definiva  nel  Convito  la  Filosofia  uno  amoroso 
uso  di  sapienza. 

Accuse  siffatte  sono,  la  Dio  mercé,  false  tutte.  In  Dante, 
noi  possiamo  venerare  il  Genio  senza  diffidenza  e  terrore. 
Altri  scriverà  la  di  lui  Vita,  alla  quale  gli  scrittori  del- 
l'oggi  non  hanno  preparato  che  materiali. 

I  nudi  fatti  della  vita  di  Dante,  intorno  ai  quali   or 
non  m'è  dato    fermarmi,    non    usurperanno   gran    tempo 


216  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

ny  dates,  whicb  bave  been  the  subject  for  many 
pages  of  discussion,  will,  we  fear,  bave  to  remata 
for  ever  in  uncertainty  :  the  places  where  he  first 
studied  (whatever  Benvenuto  da  Imola  may  say) — 
his  masters,  amongst  whoiu  we  only  know  for  a 
certainty  Brunetto  Latini — his  friends,  if  we  except 
Guido  Cavalcanti,  Giotto,  Casella  the  musician,  Char- 
les Martel,  king  of  Hungary,  Forese,  brotber  to 
Corso  Donati,  his  sister  Piccarda,' and  perhaps  one 
or  two  others  whom  he  himself  names  in  his  poem. 
The  dates,  and  the  places  of  his  pilgrimages  across 
Italy,  from  his  exile  in  1302,  until  his  death  in  1321, 
which  authors  bave  so  well  contrived  to  complicate 
by  dint  of  random  conjectures,  can  with  difficulty 
be  established.  But  the  Life  of  Dante  does  not  He 
there.    For    us,  the   Life   of  Dante    consists    in  the 


al  futuro  scrittore.  Molte  date  che  somministrarono  ar- 
gomenti a  interminabili  pagine  di  controversia,  dovranno, 
temo,  pur  sempre  rimanersi  incerte,  non  appurate;  e  in- 
certi rimarranno  probabilmente,  checché  ne  dica  Benve- 
nuto da  Imola,  i  luoghi  de'  primi  suoi  studi  —  i  maestri 
eh'  egli  ebbe,  tra  i  quali  il  solo  Brunetto  Latini  ci  è  noto 
—  gli  amici  eh'  egli  ebbe  diletti,  se  eccettuiamo  Guido  Ca- 
valcanti, Giotto,  Casella,  Carlo  Martello,  Forese  fratello 
a  Corso  Donati,  la  di  lui  sorella  Piccarda  e  per  avven- 
tura uno  o  due  altri  i  cui  nomi  egli  affidava  al  Poema. 
La  data  e  i  luoghi  del  suo  lungo  pellegrinaggio  attraverso 
l'Italia,  dal  suo  esilio  nel  1302  alla  sua  morte  nel  1321,  fatti 
ancor  più  intricati  dalle  mille  congetture  avventate  degli 
eruditi,  potranno  difficilmente  accertarsi.  Ma  la  Vita,  la  vera 
vita  di  Dante,  non  è  nella  serie  dei  fatti  materiali  dell'  esi- 
stenza. La  vita  di  Dante  sta,  per  noi,  nei  patimenti  e  nelle 
aspirazioni  dell'anima  sua  —  nei  suoi  impulsi  predominanti 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  217 

autieri  ngs  and  aspirations  of  his  soni — in  its  char- 
acteristic  impulse — in  the  developinent  of  his  ai- 
ready  leading  thought — in  his  belief,  both  as  a  man 
and  as  an  Italian.  And  this  is  not  to  be  discovered  by 
consulting  the  old  biographers  and  the  old  annotators 
of  Dante,  nor  by  ruimnaging  in  the  archives  of  uionaste- 
ries,  nor  by  followmg  with  M.  Ampère  the  literal  foo- 
tstepsof  his  journey  through  Italy.  It  must  be  done  by 
plunging  at  once,  as  much  as  possible,  into  the  medium 
in  which  Dante  li  ved,  then  to  study  his  works,  his  minor 
works  especially,  for  those  were  evidently  designed  by 
him  as  a  preparation  for  the  poem:  afterwards,  the 
poem  itself,  which  is  the  crown  of  the  edifice  which  he 
erected.  In  that,  if  you  read  therein  with  reverence, 
with  meditation,  with  sympathy  for  ali  that  Dante 
loved,  you  will  find  every  thing.  Both  as  a  man 
and  as  a  poet,  Dante  stands  the  first  in  modera  ti- 
mes — or,  to    speak    more    correctly,    he  is  the  first, 


—  nell'  insistente  sviluppo  del  pensiero  che  gli  fu  scorta, 
ispirazione  e  conforto  —  nella  sua  fede  d'uomo  e  d'Italiano. 
Né  può  scoprirsi  consultando  i  vecchi  biografi  e  annotatori 
di  Dante,  rovistando  gli  archivi  dei  monasteri  o  seguendo  a 
una  a  una,  coli1  Ampère,  l' orme  erranti  del  Poeta  sulle  terre 
d' Italia  ;  bensì  immergendosi  risolutamente  e  quanto  è 
possibile  nel  mezzo,  nell'  elemento  in  cui  Dante  visse,  poi 
studiandone  le  opere,  le  minori  segnatamente  eh'  ei  dise- 
gnava visibilmente  come  preparazione  al  Poema,  e  ad- 
dentrandosi finalmente  nel  Poema  stesso,  che  incorona 
l'edilìzio  da  lui  innalzato.  In  quest'ultimo,  chi  lo  leggerà 
con  riverenza,  meditazione  profonda  e  affetto  per  ogni 
cosa  amala  da  Dante,  lo  scrittore  troverà  (pianto  occorre. 
Com'  uomo  e  come  poeta,  Dante  sta  primo  nei  tempi  mo- 
derni o  più  esattamente  in  tutti,  dacché  non  è  da  trovarsi 


218  0VSR1    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

for  the  old  world  had  nothing  analogous  to  him — 
of  that  series  of  great  inen  in  art,  wbich,  passing 
through  Michael  Angelo,  has  in  onr  day  ended  in 
Byron  ;  in  like  manner  as  a  parallel  series  begin- 
ning  among  the  Greeks  ( JSschylus  excepted,  has,  pas- 
sing through  Shakspeare,  come  to  a  termination  in 
Gothe.  It  is  this  race  of  mighty  subjectives  who  may 
be  said,  in  token  of  their  conquest,  to  stamp  the 
impress  of  their  individuality  both  upon  the  actaal 
world,  and  upon  that  wbich  they  create — that  is  to 
say,  ali  they  derive  from  within  themselves,  or  from 
the  future,  of  wbich  they  are  the  prophets; — whilst 
the  other  class  is  composed  of  those  who  reflect, 
like  a  stili  lake,  ali  things  that  are  without — who 
efface  their  own  selves,  and  are  absorbed  in  tura 
by  the  objects  wbich  lie  before  them.  In  both  classes 
the  men  are  great — the  one  excites  more  of  our  ad- 


nel  vecchio  mondo  chi  lo  somigli,  a  capo  di  quella  serie 
di  potenti  nell'  Arte  che  passando  per  Michelangelo  s' è 
conchiusa  a'  di  nostri  in  Byron,  mentre  un'  altra  serie 
parallela,  iniziata,  Eschilo  eccettuato,  dai  Greci,  scese, 
attraverso  Shakespeare,  sino  a  Goethe.  I  Grandi  subbiet- 
tivi  che  formano  la  prima  stampano,  a  guisa  di  conqui- 
statori, l'impronta  del  loro  individuo  sul  mondo  attuale 
e  a  un  tempo  sopra  un  altro  del  quale  promovono  la 
creazione  e  derivano  la  vita  che  esprimono  o  dalla  propria 
o  dal  futuro  che,  profetando,  intra vvedono  :  gli  uomini 
dell'  altra  serie  riflettono,  come  un  lago  tranquillo,  le  cose 
poste  al  di  fuori,  e  cancellando  se  stessi,  immedesimano 
successivamente  V  anima  negli  oggetti  che  passano  in- 
nanzi ad  esse.  Gli  uni  e  gli  altri  sono  egualmente  po- 
tenti, se  non  che  gli  ultimi  suscitano  più  specialmente 
la  nostra  ammirazione,  i  primi  più  specialmente  l'affetto.  E 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  219 

miration,  and  the  otker  more  of  our  sympathy.  In 
botb  there  have  been  great  struggles  to  be  endured, 
great  victories  to  be  obtained — bnt  in  the  one  case, 
the  marks  of  the  combat  have  been  left  upon  the 
victors,  in  the  other  case  it  is  not  so.  The  one  race 
appears  to  us  like  gods  who  have  come  down  in  the 
likeness  of  meri,  and  the  others  seem  to  ns  like 
men  who  have  made  themselves  as  gods.  We  ea- 
gerly  trace  out  the  line  of  them,  we  follow  them  lov- 
ingly  through  ali  their  labours  and  struggles  up  to 
their  victory.  In  ali  the  works  of  Dante — his  lite  of 
sufifering  and  struggle  is  displayed  to  our  eyes.  He 
is  one  of  those  of  whom  we  may  say,  in  the  spirit 
of  the  beatiful  catholic  legend,  that  they  leave 
the  image  of  themselves  upon  their  winding  sheet. 
Of  ali  the  biographies  of  Dante,  the  carefully 
got-up  edition  which  M.  Fraticelli  has  given  to  the 
world  of  his  '  Opere  minori,  7  is  the  best  that  has 
hitherto    appeared.    Amongst    those    who    desire  to 


spettano  a  ciascuna  serie  grandi  lotte  e  grandi  vittorie  : 
ma  nella  prima,  i  vincitori  ne  serbano,  come  soldati  le 
cicatrici,  ricordi  profondi  e  visibili;  non  cosi  nella  serie 
degli  obbiettivi.  Diresti  che  i  primi  fossero  Dei  scesi  a 
patire  e  fare  tra  noi,  i  secondi  uomini  saliti  a  contem- 
plare e  goder  fra  gli  Dei.  In  tutte  le  "opere  di  Dante,  la 
vita  di  dolore  e  battaglia  che  egli  condusse  ci  si  svela 
innanzi  e  le  teniamo  dietro  con  palpito.  Egli  è  uno  dei 
pochi  dei  quali  può  dirsi,  seguendo  una  bella  leggenda 
cattolica,  ch'essi  lasciano  la  loro  immagine  nel  lenzuolo 
di   morte  clic  li  ravvolge. 

L'accurata  edizione  che  il  Fraticelli  ha  dato  delle 
Opere  minori  è  la  migliore  biografia  eh'  io  mi  sappia  di 
Dante.  V  idea  che  Dante  segui  attraverso  tutta  quanta  la 


220  OPKRK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

make  Dante  more  and  more  nnderstood,  those  will 
do  the  most  towards  that  end,  wno  aliali  give  us 
good  translations  of  the  '  Vita  Nuova,  '  the  '  Con- 
vito, '  the  Latin  edition  of  his  '  Monarchia,  7  his 
little  treatise  l  De  Vulvari  Eloquio,  7  and  the  seven 
letters  of  his  *  which  are  stili  extant.  These  works, 
hardly    understood    anywhere,    are    almost    entirely 

*  There  is  but  one  translation,  ■  of  the  fifteenth  ceutury, 
of  two  of  his  letters  ;  the  oue  to  the  princes  and  people  of 
Italy,  and  that  doubtful  oue  to  Guido  da  Polenta.  The  others, 
to  Cino  da  Pistoia,  to  the  emperor  Henry  Vili.,  to  the  Ita- 
lian  cardinals,  to  the  Fiorentine  friend,  and  to  Cane  Scaligero, 
are  in  Latin.  Professor  Charles  Witte,  was  the  first  who  gave 
an  edition  of  them  at  Padua  in  1827,  announced  in  1838,  in 
his  German  journal,  the  discovery  of  seven  other  letters  by 
Dante,  in  a  MS.  given  in  1622  by  Maximilian  of  Bavaria  to 
Gregory  XV.  But  the  rnanuscript  was  stolen  from  him,  and 
has  remained  from  that  time  inaccessible.  Other  letters  by 
Dante,  quoted  by  his  old    biographers,  cannot  now  be  found. 

vita  ha  espressione  filosofica  nel  Convito,  politica  nella 
Monarchia,  letteraria  nel  trattato  de  Valgavi  Eloquio,  poe- 
tica e  religiosa  nella  Commedia.  (£)  La  Vita  Nuova  sta  sola: 

(L)  A  questi  lavori  sono  da  aggiungersi  come  sorgente  di 
studio  le  sette  lettere  che  avanzano  di  lui.  Due,  ai  principi  e 
popoli  d;  Italia  V  una,  a  Guido  da  Polenta  e  dubbia  1'  altra, 
non  furono  tradotte  che  nel  decimoquinto  secolo.  Le  altre,  a 
Cino  da  Pistoia,  all'  Imperatore  Arrigo  Vili,  ai  Cardinali  Ita- 
liani, all'  amico  Fiorentino  e  a  Can  della  Scala  sono  latine.  Il 
professore  Carlo  Witte  che  primo  raccolse  tutte  le  Epistole  in 
una  edizione  di  Padova  nel  1827,  annunziò,  nel  1838,  in  un 
Giornale  tedesco,  la  scoperta  d' altre  sette  lettere  in  un  Co- 
dice donato  nel  1622  da  Massimiliano  di  Baviera  a  Grego- 
rio XV.  Se  non  che  il  manoscritto  fu  trafugato  né  credo  se  ne 
avesse  contezza  mai.  E  altre,  citate  dai  vecchi  biografi  di 
Dante,  sono  irreparabilmente   perdute. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  221 

unknown  in  England.  The  idea  that  Dante  pursued 
during  the  whole  of  his  life,  is  found — philosophi- 
cally  expressed  in  the  '  Convito  ' — politically,  in  the 
4  Monarchia  7 — in  its  literary  aspect,  in  the  treatise 
c  De  Vulgari  Eloquio  ' — poetically  and  religiously, 
we  may  say,  in  the  '  Commedia.  ;  The  '  Vita  Nuova  7 
makes  a  class  apart — it  is  a  perfume  of  the  early 
yonth  of  Dante — the  dream  of  that  love  which  God 
Benda  to  his  privilegèd  children,  in  order  that  they 
may  never  despair  during  life,  and  forget  the  im- 
mortality  of  their  being.  '  La  Vita  Nuova,  '  which 
Dante  wrote  most  probably  at  the  age  of  eight-and- 
twenty,  and  in  which  he  relates  both  in  prose  and 
verse  the  emotions  of  his  love  for  Beatrice,  is  an 
inimitable  little  book  of  gentleness,  purity,  delicacy, 
of  sweet  and  sad  thoughts, — loving  as  the  note  of 
the  dove,  ethereal  as  the  perfume  of  flowers  ;  and 
that  pen,  which  in  later  years  resembled  a  sword 
in  the  hands  of  Dante,  here  delineates  their  aspect, 
as  Eaphael  might  have  done  with  his  pencil.  There 
are  pages — those,  for  example,   where  is  related  the 


è  un  profumo  della  prima  giovinezza  di  Dante,  il  sogno 
di  quell'  amore  che  Dio  manda  ai  prediletti  da  lui  per- 
ché non  disperino  mai  della  vita  e  non  dimentichino, 
checché  avvenga,  l'anima  loro  immortale.  Ei  la  scrisse 
probabilmente  quando  contava  ventotto  anni  d' età  e  vi 
nana  in  prosa  e  versi  la  storia  del  suo  amore  per 
Beatrice.  È  libretto  inimitabile  di  gentili,  puri,  delicati, 
dolci  e  mesti  affetti  e  pensieri:  amoroso  come  la  nota 
<l«-l  tortore,  etereo  come  le  esalazioni  dei  fiori;  e  la  penna, 
temprata  a  spada  negli  anni  più  tardi  dall'  Allighieri,  vi 
disegna  le  due  fisonomie  colla  soavità  del  pennello  di 
Raffaele.  Sono  nella  Vita  Nuova  pagine  di  prosa  —  quelle 


222  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844J 

dream  of  the  death  of  Beatrice — the  prose  of  wliicli 
is  a  finished  model  of  language  and  style  far  be- 
yond  the  best  pages  of  Boccaccio.  There  are  sonnots. 
in  onr  opinion,  far  beyond  the  most  admired  of  Pe- 
trarchs,  almost  untranslatable,  so  exquisite  are  they 
in  their  constrnction,  and  sn  purely  Italia»  in  feheir 
harmony.  Shelley  alone  could  have  succeeded.  At  pre- 
sent  we  think  that  the  task  of  translating  the  4  Vita 
Nuova  '  can  by  confided  only  to  the  soni  of  a  woman. 
There  have  been  loud  disputes  from  the  days  of 
the  Canon  Biscioni  down  to  M.  Kossetti,  about  the 
real  existence  of  such  a  person  as  Beatrice.  One 
caimot  really  understand  how  from  the  mystic  style 
of  the  work,  and  from  some  ambiguous  expressions 
put  there  as  a  prelude  to  the  poein,  learned  men 
have  been  able  to  bring  themselves,  in  the  face  of 
the  customs  of  the  middle  ages,  and  of  several  cent- 
uries  of  Christian  symbolism,  in  spite  of  the  most 
positive  documents  to  the  contrary,  one  while  to  re- 
fuse ali   bodily    individuality    to  the-young  i  Bice,  ' 


a  cagion  d'esempio  che  descrivono  il  sogno  della  morte 
di  Beatrice  —  superiori  d'assai  per  lingua  e  stile  alle 
migliori  del  Boccaccio,  e  Sonetti  che  a  me  sembrano  da 
preferirsi  ai  più  vantati  del  Petrarca.  Shelley  solo  avrebbe 
potuto  tentarne  la  traduzione.  E  oggi,  credo,  non  do- 
vrebbe affidarsi  che  ad  anima  e  penna  di  donna. 

Parecchi  eraditi  armeggiarono,  dai  giorni  del  cano- 
nico Biscioni  fino  a  Gabriele  Kossetti,  a  decidere  se  Bea- 
trice abbia  o  no  avuto  mai  esistenza  reale.  Come  a  uomini 
non  tocchi  di  mania  riescisse,  in  conseguenza  dello  stile 
mistico  del  libretto  e  d'  alcune  ambigue  espressióni  in- 
serite, quasi  preludio,  sul  cominciamento  del  poema,  e 
di  fronte  ai  documenti  pili  positivi,  di  dubitare  della  vita 


[1844J  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  223 

in  order  to  bave  ber  nothing  more  than  abstraction 
— then,  again  to  admit  two  distinct  beings,  tbe  Bea- 
trice of  tbe  poet,  and  the  Beatrice  of  the  theologian,  thus 
destroying  what  constitutes  the  progressive  continuity, 
the  pecnliar  genius  in  the  love  of  Dante.  It  is  precisely 
this  endeavour  to  place  a  link  betwen  the  rea!  and  the 
ideal,  between  the  symbol  and  the  invisible,  between 
earth  and  Heaven,  which  converts  the  love  of  Dante 
into  something  that  has  no  analogy  upon  earth  that 
we  know  of — a  work  of  purifìcation  and  idealization 
that  stands  by  itself,  pointing  ont  the  mission  of 
woman  and  of  love.  She  who  inspired  Dante  bere 
below,  became  his  angel,  his  guardian  angel.  in 
Heaven.  Death  itself  disappeared  before  the  migli ty 
love  that  was  kindled  in  the  heart  of  the  poet  :  it 
transformed.  it  puritìed  ali  things.  The  bier,  as  Jean 
Paul  says,  is  the  cradle  of  Heaven.  Dry  your  eyes, 
ye  who  weep,  the  souls  who  have  cherished  you, 
and  whom  ye   have    cherished  to  the    last    moment 


di  Bice,  o  di  ammettere  due  esseri  distinti,  la  Beatrice 
del  poeta  e  quella  del  teologo,  distruggendo  in  tal  modo 
la  continuità  progressiva  che  caratterizza  specialmente  il 
Genio  e  l'amore  di  Dante,  non  saprei  dirlo.  Ma  il  ten- 
tativo d' inaunellare  il  realee  V  ideale,  il  simbolo  e  l'in- 
visibile, la  terra  e  il  cielo,  tramuta  l'amore  di  Dante  in 
t.il  cosa  che  non  trova  analogia  fra  i  mortali,  in  un  la- 
voro di  purificazione  e  idealizzazione  che  addita,  con  esem- 
pio unico.  La  missione  dell'amore  e  della  donna  (piaggili. 
Quella  che  ispirò  Dante  sulla  terra  gli  diventò  angelo 
protettore  nel  cielo.  Davanti  alla  potenza  d'amore  che 
durò  nel  Poeta,  la  morte  stessa  spari.  La  bara,  come 
dice  Richter,  è  la  culla  del  cielo.  Tergete  le  lagrime, 
o   voi   ohe   piangete:  le  anime  ejtte    v'amarono,  e  che   voi 


224  OPERE   MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

of  their  stay  here  below,  are  appointed,  as  a  reward 
for  their  love  and  yours,  to  watch  over  you,  to  pro- 
tect  you,  to  raise  you  up  one  step  nearer  towards 
God  in  the  scale  of  your  progressive  transformations. 
Have  you  in  one  of  those  moments  which  stand  a- 
lone  caught  a  glimpse,  an  iutuition,  a  thought  of 
genius,  an  unwonted  light  bright  frora  the  Eternai 
Truth  ?  It  is,  perhaps,  the  breath  of  the  being  whom 
you  have  the  most  loved,  and  who  has  the  best 
loved  you  when  upon  earth,  which  is  passing  over 
your  burning  forchead.  When,  sickened  with  de- 
ceptions,  you  wandered  shivering  under  the  frozen 
touch  of  the  spirit  of  doubt,  have  you  felt  the  sud- 
den  warmth  of  a  thought  of  love  and  faith  gilde 
into  your  heart  %  It  was,  perhaps,  the  kiss  of  your 
mother,  whom  you  wept  as  dead,  whilst  she  srniled 
upon  your  error.  The  '  Love  of  Dante  ?  is,  in  modem 
times,  the  prelude    to   such  thoughts.  It  is  not  the 


amaste  sino  all'  ultimo  momento  della  loro  esistenza  ter- 
restre, sono  scelte,  a  ricompensa  del  loro  e  del  vostro 
amore,  a  vegliare  sa  voi,  a  proteggervi,  a  sollevarvi  d'un 
grado  più  presso  a  Dio  nella  serie  delle  vostre  trasfor- 
mazioni progressive.  Foste  mai,  in  qualche  momento  so- 
lenne, visitati  subitamente,  insperatamente,  da  una  in- 
tuizione, da  un  pensiero,  da  un  lampo  di  Genio,  da  un 
raggio  più  luminoso  dell'eterno  Vero?  Forse  vi  lambiva 
la  fronte  un  alito  dell'  essere  che  più  amaste  e  che  più 
v'amò.  Sentiste  mai,  quando  stanca  l'anima  di  delusioni, 
erravate  tremando,  quasi  per  freddo,  sotto  il  tocco  gelato 
del  Dubbio,  il  rapido  calore  d'  un  pensiero  d'amore  e  di 
fede  scaldarvi  il  core  a  novella  vita  ?  Forse  era  un  bacio 
della  madre  vostra  che  voi  piangevate  estinta  e  che  sorri- 
deva del  vostro  errore.    L'amore    di    Dante    fu    preludio 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  225 

pagan  love,  the  joyful,  thoughtless,  sensual  love  of 
Tibullus,  or  Anaereon  ;  it  is  inournful,  troubled  by 
an  inexpressible  sentiment  of  incompleteness.  At  the 
age  when  men  breathe  nothing  but  hope  and  plea- 
snre,  almost  the  first  dream  of  Dante  is  death — the 
cleath  of  his  mistress.  He  never  speaks  of  the  per- 
sonal beauty  of  Beatrice,  except  it  may  be  of  her 
fair  hair,  and  the  expression  of  her  face  '  ove  non 
puote  alcun  mirarla  fiso  '  * — he  hastens  to  add.  Nor 
is  it  the  love  of  chivalry.  Ohivalry,  owing  to  that 
characteristic  instinct  of  equality,  which  in  Italy 
mistrusted  its  origin  and  its  feudal  tendencies,  ne- 


*  The  song,  '  Io  miro  i  biondi,  '  etc,  from  which,  if  we 
recollect  right,  Mrs.  Jameson,  in  her  '  Loves  of  the  Poets,  r 
draws  the  portrait  of  Beatrice,  is  more   than  doubtfnl. 


a  presentimenti  siffatti  dei  nostri  tempi.  Non  è  1'  amore 
pagano,  il  gaio,  spensierato,  sensuale  amore  di  Tibullo 
o  d' Anacreonte  :  è  nn  amore  mesto  e  tormentato  da  un 
senso  perenne  d'aspirazione  a  un  ideale  non  raggiunto. 
Neil'  età  in  cui  gli  uomini  non  sognano  generalmente 
che  speranza  e  piacere,  il  primo  quasi  sogno  di  Dante  è 
di  morte,  della  morte  di  Beatrice.  Ei  non  parla  delle  di  lei 
bellezze,  se  non  forse  della  bionda  chioma  e  della  espres- 
sione del  volto,  ove,  ei  s'  affretta  a  soggiungere,  non  puote 
alcun  mirarla  fiso.  (^  Né  l'amore  di  Dante  è  quello  del- 
l' epoca  cavalleresca  :  la  Cavalleria,  mercé  l' innata  ten- 
denza del  nostro  popolo  all'eguaglianza  ditlidentissima 
delle  origini  feudali  di  quella  istituzione,  non  mise  mai 

(*)  L'autenticità  della  canzone  Io  miro  i  biondi,  ecc.,  dalla 
quale  la  signora  Jameson  deriva,  se  ben  ricordo,  negli  Amori 
"    l'oeti,  il  ritratto  di  Beatrice,  è  piti  che  dubbia. 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  <Lett<Tiituni,  \..l.  V).  15 


226  ol'KRE    MINORI    DI    DANTE.  [184 

ver  took  root  there  ;  art  and  poetry  were  the  nu 
tional  chivalry.  It  was  not  the  love  of  Petrarca, — 
love  macie  divine  in  its  expression,  but  almost 
vnlgarized  by  its  unquiet,  querulous  alni,  agitateci 
during  the  life  of  Laura,  and  regretted  or  accepted 
as  a  sort  of  inevitable  misfortune  after  ber  deatli.f 
The  love  of  Dante  is  caini,  resigned,  submissive  : 
death  sanctifles  it  instead  of  converting  it  into  re- 
morse ;  neither  is  it  tbe  sort  of  love  wbicb  eh ara - 
terizes  our  age  of  transition,  and  wbich  has  been  so 
will  denned  as  i  l'égoisuie  à  deux  personnes,  '  a  jea- 
lous  and  convulsive  passion,  made  up  of  self-love 
and  tbat  tbirst  for  personal  wellbeing  wbicb  narro ws 
tbe  spbere  of  our  activity,  ànd  causes  us  to  forget 
our  duties  towards  our  country  and  towards  man- 
kind  : — no,  the   love   of  Dante  destroys  nothing,  it 

t  '  Donne  che  avete,  ;  etc. 


radici  potenti  davvero  in  Italia.  Né  può  paragonarsi  a 
quello  del  Petrarca:  amore  fatto  sovente  divino  dall'in- 
canto dell'  espressione,  ina  querulo  e  irrequieto,  come 
ogni  amore  terrestre  più  ch'altro,  nella  sostanza  agita- 
tissimo  finché  Laura  visse,  e  lamentato  o  accettato  quasi 
sciagura  inevitabile  poi  eh'  essa  mori.  (*)  L' amore  di 
Dante  è  tranquillo,  rassegnato,  sommesso;  la  morte  non 
lo  muta  in  rimorso,  ma  lo  santifica.  Diverso  assoluta- 
mente da  quel  genere  d'  amore  che,  nel  periodo  di  tran- 
sizione in  cui  viviamo,  merita  il  nome  d'  égóisme  à  deux 
personnes,  passione  gelosa  e  convulsa  mista  d' orgoglio  e 
d' una  sete  di  voluttà  personale  che  restringe  la  sfera 
della  nostra  attività  e  ci  fa  dimentichi  dei  nostri  do- 
veri verso  la  patria  e  P  umanità,  V  amore  di    Dante  non 

(1)  Vedi  Donne  che  avete,  ecc. 


[1844]  OPERK    MINORI    DI    DANTK.  227 

fertilizes  ali — it  gives  a  giant-like  force  to  the  sen- 
timent  of  duty— it  expands  the  soul  to  the  ends  of 
the  whole  earth — '  Whenever  and  wherever  she  ap- 
peared  to  ine,  I  no  longer  felt  that  I  had  au  enemy 
in  the  world — such  a  flame  of  charity  was  kindled 
in  iny  heart,  causing  me  to  forgi  ve  every  oue  who 
had  offended  me.  (*)  The  power  of  continuing  to  go 
onwards  towards  perfection  and  purifìcation,  which 
shone  in  to  him  from  Beatrice,  is  the  Constant  the- 
me  of  his  poeins(*#) — it  is  the  love,  such  as  Schiller 

(*)  Quando  ella  apparia  da  parte  alcuna,...,,  nullo  nemico  mi 
rimanea,  anzi  mi  giugnea  una  fiamma  di  caritade,  la  quale  mi 
facea  perdonare  a  chiunque  m'avesse  offeso.  "  —  Vita  Nuova. 

(**)  E  qual  soffrisse  di  starla  a  vedere 

Divenfa  nobil  cosa  o  si  morìa. 


....   Le  ha  Dio  per  maggior  grazia  dato 
Che  non  può  mal  finir  chi  le  ha  parlato. 

Canzone. 

inaridisce  gli  altri  affetti,  ma  li  feconda  tutti,  aggiunge 
forza  al  sentimento  del  Dovere  e  spande  la  vita  dell'  a- 
nima  sino  agli  ultimi  confini  della  nostra  terra.  Quando 
ella  apparia  da  parte  alcuna,  nullo  nemico  mi  rimanea, 
ami  mi  giugnea  una  fiamma  di  caritade,  la  quale  mi  facea 
perdonare  a  chiunque  m'avesse  offeso,  dice  egli  nella  Vita 
Nuova.  La  potenza,  versata  in  lui  da  Beatrice,  d' innol- 
trare  più  sempre  sulla  via  del  perfezionamento  e  della 
purificazione,  gli  è   tema  costante  nelle  sue    Rime.  (l)  11 

(l)     «  E  qual  soffrisse  di  starla  a  vedere 
Divenfa  nobil  cosa  o  si  moria. 


.   ...  Le  ha  Dio  per  maggior  grazia  dato 
«  Che  non  può  mal  finir  chi  le  ha  parlato.  » 

Can:. 


228  OPEKK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

has  cojiceiyed  in  bis  '  Don  Carlos  ' — sudi  as  the 
future  will  understand.  When  Beatrice — whose  affec- 
tion  for  the  poet  niay  be  inferred  froin  the  reproa- 
ches  she  addresses  to  hini  in  Parad.  0.  XX  XI.  t  a  - 
ken  together  with  lines  in  the  Canzone, l  E  m?  incresce 
di  me'  (f) — was  married,  he  fell  seriously  ili  ; — when 
a  short  time  afterwards  she  died,  his  lite  was  feared 
for.  c  He  had  become,  '  says  Boccaccio,  '  something 
savage  to  look  upon.  ?  (f)  Bnt  he  felt  that  the  death 
of  Beatrice  imposed  fresh  duties  upon  him,  and  that 

(t)         Noi  darem  pace  al  core,  a  voi  diletto, 
Diceano  agli  occhi  miei 
Quei  della  bella  donna  alcuna  volta. 

The  disproportion  of  their  fortunes  was,  perhaps,  the  rea- 
son  they  were  not  married  to  each  other. 

(t)  "  Quasi  una  cosa  selvatica  a  riguardare,  magro,  barbuto, 
e  quasi  tutto  transformato  da  quello  che  avanti  essere  so- 
leva. "  —    Vita  di  Dante. 


suo  amore  è  l'amore  quale  Schiller  lo  concepì  nel  Don 
Carlo,  quale  il  futuro  lo  intenderà.  Quando  Beatrice  — 
il  cui  affetto  pel  Poeta  può  inferirsi  dai  rimproveri  ch'essa 
gli  move  nel  canto  XXXI  del  Paradiso  raffrontati  con 
alcuni  versi  della  Canzone  E  mHncresce  di  me  ecc.  (*)  — 
andò  a  marito,  Dante  infermò  gravemente  :  quand'  essa,. 
non  molto  dopo,  mori,  pericolò  nella  vita  ?  e  si  fece,  narra 
Boccaccio,  quasi  una  cosa  selvatica  a  riguardare,  magro,  bar- 
buto, e  quasi  tutto  transformato  da  quello  che  avanti  essere 
soleva.  Ma  ei    senti  che  la  morte  di  Beatrice   gli    creava 

(*)  «  Noi  darem  pace  al  core,  a  voi  diletto, 

Diceano  agli  occhi  miei  , 

Quei  della  bella  donna  alcuna  volta.  » 

La  sproporzione  nelle  loro  sostanze  impedi  forse  la  loro  unione. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  229 

what  he  liad  now  to  do,  was  to  render  himself  more 
and  more  worthy  of  ber — he  resolved  within  himself 
to  keep  bis  love  for  ber,  to  the  last  day  of  bis  life, 
and  to  bestow  upoii  her  an  iinmortality  on  earth.  (#) 
He  kept  bis  vows — bis  union  with  Gemma  Donati, 
in  spite  of  the  assertions  of  those  who  believe  it 
was  anhappy,  (#)  appears  to  bave  been  cairn  and  cobi, 

(*)  "  xVpparve  a  me  una  mirabile  visione,  ne  la  quale  io  vidi 
cose  che  mi  fecero  proporre  di  non  dire  più  di  questa  bene- 
detta, infino  a  tanto  che  io  potesse  pili  degnamente  trattare 
di  lei.  E  di  venire  a  ciò  io  studio  quanto  posso,  coni 'ella  sae, 
veracemente.  Sicché,  se  piacere  sarà  di  colui,  a  cui  tutte  le  cose 
vivono,  che  la  mia  vita  duri  per  alquanti  anni  io  spero  di  dicer 
di  lei  quello  che  mai  non  fne  detto  d'alcuna.  "  —  Vita  Nuova. 

(*)  The  lines  of  the  poem,  whieh  are  often  quoted, 

'  La  fera  moglie  pili  eh'  altro  mi  nuoce,  ' 

have  nothing  which  shows  the  smallest  allusion  of  Dante  to 
his  wife.  The  other  proof,  that  is  endeavoured  to  he  deduced 

altri  e  solenni  doveri,  e  eh' ei  dovea  lavorare  a  farsi  pili 
e  più  sempre  degno  di  lei  :  deliberò  di  amarla  fino  al- 
l'ultimo  della  vita  e  darle  immortalità  sulla  terra  :  (') 
e  ma  ut  «ime  il  voto.  La  sua  unione  con  Gemina  Donati 
fu,    sembra,     qod    coni' altri     afferma,    infelice,   (2)    bensì 

(*)  «  Apparve  a  me  una  mirabile  visione,  ne  la  quale  io  vidi 
cose  che  mi  fecero  proporre  di  non  dire  più  di  questa  benedetta, 
Infino  I  tanto  che  io  potesse  più  degnamente  trattare  di  lei.  E 
<li  venire  a  eiò  io  studio  quanto  posso,  com'ellasae,  veracemente. 
Bieohéj  s»-  piacere  sarà  di  colui,  a  cui  tutte  le  cose  vivono,  che 
la  mia  vita  duri  per  alquanti  anni  io  spero  di  dicer  di  lei 
quello  che  mal   non  fue  detto  d'alcuna.  »   —    Vita  Nuora. 

(2)  Il  verso  del  Poema  sovente  citalo 

«  La    fera    moglie   pili   eh'  altro   mi   nuoce,  » 

non  allude  u  leu  ornamento  alla  moglie  di  Danto.  E  1'  altra  prova, 
ohe  taluni  derivano  dal  silensio  serbato  intorno  a  lei,  non  ri- 


230  OPERE   MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

rather  the  accouiplishuient  of  a  social  duty,  than  the 
result  of  an  irresistible  impulse  of  the  heart.  His 
short  fancies  for  Gentucca  and  Madonna  Pietra  pas- 
sed  over  his  soni  like  clouds  ;  above  them  is  the 
serene  Heaven,  and  in  this  Heàven  the  image  of 
Beatrice  remains  immovable  and  shining  like  the 
sun  of  his  inner  life.  He  gave  her  name  to  one  of 
his  daughters,  whom  Boccaccio  saw?  a  nun  at  Ka- 
venna.  He  inspired  himself  by  her  inemory,  not  only 

from  his  silence,  goes  for  nothing.  From  a  sentiment  of  deli- 
cacy,  Dante  never  mentions  either  his  wife  or  children,  whom 
he  loved,  and  whom  he  called  round  him  as  soon  as  circum- 
stances  permitted.  Throughout  the  whole  poem  there  is  but 
one  reminiscence  of  his  domestic  affections  ;  it  is  the 

'  Benedetta  colei  che  in  te  s;  incinse.  ' 

Inf.,   Vili, 
which  recalls  his  mother. 


freddamente  calma,  somigliante  più  al  compimento  d'un 
dovere  sociale  che  non  a  irresistibile  impulso  del  core. 
I  brevi  traviamenti  eh'  egli  ebbe  con  Gentucca  e  Madonna 
Pietra  passarono  come  nubi  sull'  anima  sua  :  al  di  sopra 
era  il  cielo  sereno  e  in  quel  cielo  1'  immagine  di  Bea- 
trice durò  immobile  e  splendida  quasi  Sole  dell'  intima 
vita.  Impose  il  di  lei  nome  a  una  delle  proprie  figlie 
che  Boccaccio  vide  monaca  in  Ravenna.  S' ispirò  della 
sua  memoria,  non  solamente  nelle  magnifiche  pagine  eh'  ei 

leva.  Per  certa  delicatezza  tutta  sua,  Dante  non  allude  mai 
alla  moglie  o  ai  figli,  eh'  ei  nondimeno  amò  caramente,  e  se 
li  chiamò  vicini  appena  potè.  Non  è  sillaba  in  tutto  il  Poema 
che  riguardi  gli  aifetti  domestici  suoi  se  non  un  ricordo  della 
madre  nel 

«  Benedetta  colei  che  in  te  s'  incinse.  » 

Inf.,  Vili. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  231 

in  the  iuagnifìcent  pages  whicli  he  consacrateci  to 
her  towards  the  dose  of  his  life  in  his  poem,  but 
in  his  worship  for  Woman,  which  pervades  it  froin 
one  end  to  the  other.  In  his  love  for  the  beautiful 
— in  his  strivings  after  inward  purity — Beatrice  was 
the  muse  of  his  understanding,  the  angel  of  his  soul, 
the  consoling  spirit,  which  sustained  him  in  exile, 
in  poverty — under  a  cheerless,  wandering,  denuded 
existence,  if  ever  there  was  One. 

Another  thought  sustained  him,  and  was  the  end 
towards  which  he  directed  ali  the  energics  which 
love  had  roused  within  hiui  ;  aad  this  must  be  spe- 
cially  insisted  upon,  because,  wonderfully  enough! 
even  in  the  present  day  it  is  either  misunderstood 
or  lightly  treated  by  ali  who  busy  themselves  about 
Dante.  This  aim  is  the  national  aim — the  same  de- 
sire that  vibrates  instinctively  in  the  bosoms  of 
twenty-flfe  millions  of  men,  and  which  is  the  secret 


le  consacrò  sai  finir  della  vita  nel  Poema,  ma  nel  culto 
alla  Donna  che  traspare  da  un  capo  all'  altro.  Nel  suo 
amore  per  quanto  è  Bellezza  —  nelle  incessanti  aspira- 
zioni all'interna  purificazione  —  Beatrice  fu  la  musa  del 
suo  intelletto,  l'angelo  dell'anima  sua,  lo  spirito  conso- 
latore che  lo  sostenne  attraverso  l'esilio  e  la  povertà, 
lungo  gli  aridi,  inconfortati,  erranti  giorni  d'una  fra  le 
pili   combattute  esistenze  eli'  io  mi  conosca. 

E  un  altro  pensiero  lo  sosteneva.  Era  il  fine  verso 
il  quale  ei  diresse  tutta  1'  energia  suscitata  in  lui  dal- 
l'.nuore;  e  v'  insisto,  perché,  strano  a  dirsi,  quel  fine  è  an- 
ch'oggi negletto  o  frainteso  da  quanti  s' affaccendano  intorno 
:i  Dante.  Quel  fine  è  il  fine  nazionale,  lo  stesso  desiderio  che 
s'agita  istintivamente  nel  core  di  venticinque  milioni  d'Uo- 
mini tra  l'Alpi  e  il  Mare  e  nel  «piale  vive  il  segreto  dell'im- 


232  oi'KKE    MINOKI    DJ     DAMI  [1844] 

of  the  immense  popuhuity  Dante  has  in  Itaiy.  This 
idea  and  the  almost  supera  uman  constancy  witli 
which  he  pursned  it,  render  Dante  the  most  com- 
plete individuai  incarnation  of  this  aim  that  we 
know,  and  notwithstanding,  this  is  just  the  poi  ut 
upon  which  his  biographers  are  the  most  uncertain. 
M.  Balbo,  it  is  trae,  somewhere  declares  Dante  to 
ha  ve  been  the  most  Italian  amongst  the  Italiana  : 
but  to  show  in  what  respect  he  was  so.  embarrasses 
him  ;  he  gropes  about  undecided,  warped  by  his 
Griielphic  tendencies  ;  he  writes  (chap.  I,  v.  2)  that 
"  Dante  forsook  his*  party,  he  forsook  the  party  of 
his  ancestors,  the  party  of  the  people,  and.  of  Italian 
independence,  for  that  of  a  foreign  domination  :  ■' 
and  he  pleads  extenuating  circumstances.  M.  Artaud 
bravely  cuts  in  two  the  human  unity  and  makes 
two  things  essentially  distinct  of  the  poetry  and  the 
politics  ;    he    concludes   his  babbling   about  the  in- 


meiisa  inflaenza  esercitata  dal  nome  di  Dante  sugli  Italiani. 
Per  quella  idea  e  per  la  quasi  sovrumana  costanza  colla  quale 
ei  tentò  prepararle  trionfo,  Dante  è  la  più  perfetta  incar- 
nazione individuale  della  vita  della  Nazione  :  e  nondi- 
meno, appunto  *u  quella  idea  si  mostrano  più  che  in- 
certi i  di  lui  biografi  Cosi  Balbo  chiama  in  una  pagina 
Dante  il  più  Italiano  fra  gli  Italiani,  poi.  intendendo  a 
spiegarsi,  brancola,  nell'  altre,  quasi  a  tentone,  traviato 
dalle  tendenze  Guelfe  che  lo  predominano,  scrive  nel 
cap.  I  che  Dante  abbandonò  la  parte  de'  suoi  maggiori, 
la  parte  del  popolo  e  dell'indipendenza  d'  Italia  per  quella 
d' una  dominazione  straniera,  e  mendica  per  lui  non  so 
quali  circostanze  attenuanti.  Cosi  il  cavaliere  d'Artaud 
tronca  intrepidamente  in  due  1'  umana  unità,  avvia  su 
due  direzioni  diverse  Politica  e  Poesia,  e  conchiude  con 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  233 

consistencies  of  Dante  by  ari  academical  peroration, 
— "  Xon,  Homère  de  la  péninsule  Ausonienne,  retonrue 
à  la  poesie,  abjure  la  politiqne,  scieuce  dans  laquelle 
tu  te  ìnontrais  variable.  indécis,  uon  par  vileté,  mais 
par  colere.  "  And  M.  Lenorniant  even  goes  so  far 
(God  forgi  ve  bini,  for  we  cannot)  as  to  reproach 
hiin  witb  the  glorious  letter  in  which  he  refused 
the  amnesty  that  was  offered  to  bini  upon  dishono- 
urable  conditions.  (*)  Others  again  entirely  pass  over 

(*)  We  shall  be  forgiven  for  inserting  here,  as  a  note,  this 
letter  which  has  already  been  quoted  by  Foscolo  in  the  '  Edin- 
burgh Review :  '  it  is  essential  to  the  knowledge  of  Dante's 
character  : — "  In  litteris  vestris,  et  reverentia  debita  et  affe- 
ctione  receptis,  quam  repatriatio  mea  cune  sit  vobis  ex  animo, 
grata  mente  ac  diligenti  animadversione  coucepi  :  et  inde  tanto 
me  districtius  obligastis  quanto  rarius  exnles  invenire  amicos 


perorazione  accademica,  non,  Homère  de  la  péninsule  Auso- 
nienne, retour  ne  à  la  poesie,  abjure  la  politìque,  scieuce 
dans  laquelle  tu  te  montrais  variable,  indécis,  non  par  vileté, 
mais  par  colere.  Cosi  Lenormant  giunge  al  punto  —  Dio 
gli  perdoni,  perché  noi  noi  possiamo  —  di  rimproverare 
a  Dante  la  stupenda  lettera  colla  quale  ei  ricusò  il  per- 
dono che  i  suoi  nemici  gli  offrivano  a  patto  di  diso- 
nore. (d)  Altri   trascura,  quasi  fosse    inferiore  al  concetto 

(*)  Inserisco  la  lettera  intera,  comunque  nota  :  panni  do- 
cumento che  in  questi  tempi,  nei  (piali  piaga  mortale  è  il  di- 
fetto di  coraggio  civile,  dovrebbe  a  ogni  tanto  ripetersi  agli 
It;i.i;nii  : 

«  In  litteris  vestris,  et  reverentia  debita  et  affectione  re- 

eeptif,  «inani  repatriatio  mea  curae  sit  vobis  ex  animo,  grata 

"  mente  ac  diligenti  animadversione  concepì  :  et  inde  tanto  me 

«  districtius  obligastis,  quauto    rarius    exnles  iuvenire  amicos 


234  OPIMI    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

the  national  belief  of  Dante,  fearing  to  lower  the 
conception  they  have  forraed  of  poetry.  Moses  ascend- 
ding  Mount  Sinai  amidst  lightning  and  storni,  to 
receive  laws  for  his  people,  is  not,  it  would  seem,  a 
sublime  poet  in  their  eyes. 

It  must   be    said   and   insisted    upon,   that  this 
idea  of  national  greatness  is  the  leading  thought  in 


contingit.  Ad  illarnra  vero  significata  respondeo  ;  et  si  respon- 
sio  non  erit  qualiter  forsan  pusillanimitas  appeteret  aliquo- 
rum,  ut  sub  examine  vestri  consilii,  ante  judicium  ventiletur,  affe- 
ctuose  deposco.  Ecce  igitur  quod  per  litteras  vestri  raeique 
nepotis,  nec  non  alioruin  quampluriuni  amicorum,  significatum 
est  mihi  per  ordinamentum  nuper  factum  Floreutise  super  ab- 
solutione  bannitorum  :  «  quod  si  solvere  vellem  certam  pecunie© 
quantitatem,  vellemque  pati  notam  oblationis,  et  absolvi  pos- 
sem  et  redire  ad  prsesens.  »  In  quo  quidem  duo  ridonda  et 
male   praeconsiliata    sunt,  Pater  ;    dico  male  praeconsiliata  per 


poetico,  la  fede  nazionale  di  Dante.  Diresti  che  a  scrit- 
tori siffatti  Mosè  ascendente  fra  lampi  e  tempeste  il 
Sinai  a  ricevervi  da  Dio  leggi  al  popolo  d'Israele  appa- 
risse muto  di  poesia. 

A  me  questa  idea  di  grandezza  Nazionale  rifulge  da 
ogni  pagina  e  da  ogni  detto  di  Dante  pensiero  genera- 
le contingit.  Ad  illarum  vero  significata  respondeo  ;  et  si  respon- 
«  aio  non  erit  qualiter  forsan  pusillanimitas  appeteret  aliquorum, 
«  ut  sub  examine  vestri  consilii,  ante  judicium  ventiletur,  ;if- 
«  feetnose  deposco.  Ecce  igitur  quod  per  litteras  vestri  meique 
«nepotis,  nec  non  aliorum  quamplurium  amicorum,  significa- 
«  tum  est  mihi  per  ordinamentum  nuper  factum  Florentiae 
«  super  absolutione  bannitorum  :  «  quod  si  solvere  vellem  certam 
«  pecuniae  quantitatem,  vellemque  pati  notam  oblationis,  et 
«  absolvi  possem  et  redire  ad  praesens.  »  In  quo  quidem  duo 
«  ridenda  et  male  praeconsiliata  sunt,  Pater  ;  dico  male  prae- 


[1844]  OPERE   MINORI    DI    DANTE.  235 

ali  that  Dante  dici  or  wrote. — Never  man  loved  bis 
country  with  a  more  exalted  or  fervent  love  ;  never 
had  man  such  projects  of  magnificent  and  exalted 
destinies  for  her.  Ali  who  consider  Dante  as  a 
Guelph  or  a  Ghibeline,  grovel  at  the  base  of  the 
monument  which  he  desired  to  raise  to  Italy.  We 
are  not  here  required  to  give   an  opinion  upon  the 

illos  qui  talia  expresserunt,  nam  vestrse  litterse,  discretius  et 
consultius  clausulatse  nihil  de  talibus  continebant.  Estne  ista 
revocatilo  gloriosa,  qua  Dautes  Allaghierius  revocatila  ad  pa- 
triaui  per  tri  lustri  uni  fare  perpessus  exilium  ?  Hac  ne  meruit 
innocentia  manifesta  quibuslibet  ?  Hoc  sudor  et  labor  conti- 
nuatila in  studio  ?  Absit  a  viro  Philosophise  domestico  teme- 
raria terreni  cordis  humilitas,  ut  more  cujusdam  Cioli  et  aliorum 
infamium,  quasi  vinctus,  ipse  se  patiatar  offerri  !  Absit  a  viro 
predicante  Justitiam,  ut  perpessum  injurias,  injuram  inferenti- 
bus,  velut  benemerentibns,    pecuniam    suam    solvat  !    Non  est 


tore  predominante  il  suo  Genio.  Nessuno  amò  la  Patria 
di  pili  sublime  e  fervido  amore;  nessuno  intravvide  per 
essa  fati  più  solenni  e  gloriosi.  Quanti  contemplano 
in  Dante  il  Guelfo  o  il  Ghibellino  si  strisciano  appiedi 
del  monumento  ch'ei  voleva  innalzare  all'Italia.  Io  qui 
non  debbo  giudicare  quanto  le  idee  di  Dante  intorno  al- 


«  consiliata  per  illos  qui  talia  expressernnt,  nam  vestrae    lit- 

tciae,  discretius    et    consultius    clansulatae    nihil  de   talibus 

«  continebant.  Estne    ista  revocatio  gloriosa,  qua    Dantes  Al- 

«  la^herius    revocar us    ad  patriam    per    trilustrium    fere    per- 

iis  exilinm  ?    Hoc   ne    meruit    innocentia    manifesta    qui- 

<x  buslibet  ?   Hoc   sudor  et  labor  continuatila  in  studio?    Absit 

«a  viro    PhiloeophiM    domestico  temeraria  terreni  cordis  hu- 

«  niilitas,   ut    more  <mi ju^iiam  (Jioli   ot   aliomni    infamium,   quasi 

«  vinctus.   ipse  se  patiatur  offerri!    Absit    a    viro  praedicante 

.1  Haitiani,  ut  perpestam  injurias,  in juriam  inlrputibus,  velut 


236  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

degree  of  feasibility  of  Dante's  ideas,  the  future 
must  decide  this  point.  What  we  bave  to  do,  is  to 
show  what  Dante  aimed  at  ;  in  order  that  those  who 
desire  to  come  to  a  just  estimate  of  his  life,  may 
have  sufficient  grounds  tojudge  him.  This  we  shall 
do  as  rapidly  as  possible,  relying  upon  passages  iu 
the  i  Convito,  '  and  his  little  treatise  LDe  Monarchia^ 
for  our  authority.  The  following  then  is  a  sommai  y 
of  what,  in  the  thirteenth  century,  Dante  believcd. 

hsec  via  redeundi  ad  patriam,  Pater  ini  ;  sed  si  alia  per  vos 
aut  deinde  per  alios  invenietur,  quue  famae  Dantis  atque  bo- 
llori non  deroget,  illam  non  lentia  passibns  acceptabo.  Quod 
si  per  nullam  talem  Florentia  introitur  numquam  Florentiam 
introibo.  Quidni  ?  nonne  Solis  astrorumque  specula  ubique  con- 
spiciam?  Nonne  dulcissimas  veritates  poterò  speculari  ubique 
sub  cselo,  ni  prius  inglorium,  immo  iguoniiniosum,  populo  Flo- 
rentina3que  civitati  sue  reddam?  Quippe  nec  pauis  detìciet.  " 
—  (Written  in  1316  to  a  Fiorentine  friend). 

l'Italia  fossero  fattibili:  l'avvenire  darà  decisione  su- 
prema. Io  debbo  accertare  quale  fosse  il  fine  al  quale  ei 
tendeva,  tanto  che  chi  vorrà  imprendere  a  scriverne  la 
vita  possa  giudicarne  dirittamente.  E  lo  farò  quanto  è 
possibile  rapidamente,  fondandomi  siili'  autorità  del  Con- 
vito e  del  trattatello  de  Monarchia.  La  fede  che  Dante, 
nel  decimoterzo  secolo,  nudriva  nell'anima  è  questa: 

«  benemerentibus,  pecuniam  suam  solvat  !  Non  est  liaec  via 
«  redeundi  ad  patriam,  Pater  mi  ;  sed  si  alia  per  vos  aut 
«  deinde  per  alios  invenietur,  quae  famae  Dantis  atque  bonori 
«  non  deroget,  illam  non  lentis  passibus  acceptabo.  Quod  si 
«  per  nullam  talem  Florentia  introitur,  nunquam  Florentiam 
«  introibo.  Quidni  ?  nonne  Solis  astrorumque  specula  ubique 
«  conspiciam  ?  Nonne  dulcissimas  veritates  poterò  speculari 
«  ubique  sub  Caelo,.  ni  prius  inglorium,  immo  ignominiosum, 
«  populo  Florentinaeque  civitati  me  reddam  ?  Quippe  nec  pania 
«  deficiet.  »  Scritta  nel  1316  a  un  amico  Fiorentino . 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  237 

God  is  one — the  universe  is  one  thought  of  God  * 
— the  universe  therefore  i  sone.  (t)  AH  things  come 
froni  God — they  ali  partecipate,  more  or  less,  in  the 
divine  nature,  accordiug  to  the  end  for  which  they 
are  createci.  They  ali  float  towards  different  points 


(*)  "  Cum  totani  universum  nihil  aliad  sit,  quara  vestiginm 
quoddam  divinai  bonitatis.  "  —  Monarchia,  i. 

Ciò.  che  non  more,  e  ciò,  che  può  morire,. 
Non  è,  se  non  splendor  di  quella  Idea. 
Che  partorisce,  amando,  il  nostro  Sire. 

Paraci.,  xiii.  52. 

(t)  Le  cose  tutte  quante 

Hann'  ordine  tra  loro  ;  e  questa  è  forma, 
Che  l'universo,  a  Dio,  fa  simigliante. 

Parad.,  i.  103. 


Dio  è  uno.  L'  Universo  è  un  pensiero  di  Dio  :  (*) 
uno  quindi  coni' Egli  è.  (2)  Tutte  le  cose  vengono  da  Dio,* 
e  tutt<-  partecipano,  più  o  meno,  della  natura  divina,  a 
seconda   del  fine  pel  quale    sono    create.    Esse    navigano 

0)  «  Cam  totum  universum  nihil  aliad  sit,  quani  vesti- 
ginm quoddam  divinae  bonitatis  »  —  Monarchia,  I. 

«  Ciò,  che  non  more,  e  ciò,  che  può    morire, 
Non  è,  se  non  splendor  di  quella  Idea, 
Che  partorisce,  amando,  il  nostro  Sire.  » 

Parad.,  XIII. 

(2)       « Le  cose   tutte    quante 

Hann' ordine  tra  loro;  e  questo  è ,  forma, 
Che  1'  universo,  a  Dio,  fa  simigliante.  » 

Parad.,  I. 


238  OPERE    MINORI    DI    DANTK.  [1844] 

over  the  great  oceau  of  existence,  (*)  but  they  are  ali 
moved  by  the  sanie  will.  Flowers  iu  the  garden  of 
God,  ali  nierit  our  love  according  to  the  degree  of 
excellence  he  has  bestowed  apon  each;  .(**)  of  these 
Man  is  the  most  eminent.  Ùpon  him  God  has  be- 
stowed more  of  his  own  nature  than  upon  any  other 

(*)  Convito,  ii.,  2. 

Onde  si  muovono  a  diversi  porti 

Per  lo  gran  mar  dell'  essere,  e  ciascuna 

Con  istinto,  a  lei  dato,  che  la  porti. 

Parad.,   i,   112. 

(**)       Le  fronde,  onde  s'  infronda  tutto  V  orto 
Dell'  Ortolano  Eterno,  am;  io  cotanto, 
Quanto  da  Lui,  a  lor,  di  bene,  è  porto. 

Parad.,  xxvi,  64. 


verso  diversi  punti  sul  grande  oceano  dell'esistenza;  (*) 
ma  tutte  mosse  dallo  stesso  volere.  Fiori  del  giardino  di 
Dio,  tutte  meritano  il  nostro  amore,  a  seconda  del  grado 
d'eccellenza  ch'Egli  ha  posto  in  ciascuna.  (2)  Eminente 
fra  tutte  è  V  Uomo.    Dio    ha  versato    in    lui   parte  mag- 

(*)   Convito,  II,  2. 

«  Onde  si  muovono  a  diversi  porti 

Per  lo   gran   mar   dell'  essere,    e    ciascuna 

Con  istinto,  a  lei  dato,  che  la  porti.  » 

Parad.,  I. 

(2)        «  Le  fronde,   onde  s'  infronda  tutto   V  orto 
Dell'  Ortolano  Eterno,   am'  io  cotanto, 
Quanto  da  Lui,  a  lor,  di  bene,  è  porto.  » 

Parad.,  XXVI. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  239 

creature,  (f)  In  the  continuous  scale  of  Being,  that 
man  whose  nature  is  the  inost  degraded  touches 
upon  the  animai  ;  he  whose  nature  is  the  most  no- 
ble,  approaches  that  of  the  angel.  (tf)  Every  thing  that 
comes  troni  the  hand  of  God  tends  towards  the  per- 

(t)  Onde  1'  anima  umana,  che  è  forma  nobilissima  di  que- 
ste che  sotto  il  Cielo  sono  generate,  più  riceve  della  natura 
divina,  che  alcuna  altra.  —   Conv.,  ii,   2. 

(tt)  "  E  perocché  nell'ordine  intellettuale  dell'universo  si 
sale  e  discende  per  gradi  quasi  continui  dall'  infima  forma  al- 
l'altissima,  e  dall'altissima  all'infima e  tra  1'  angelica  na- 
tura che  è  cosa  intellettuale,  e  1' anima  umana  non  sia  grado 
alcnno,  ma  sia  quasi  l'uno  all'altro  continuo....  e  tra  l'anima 
umana,  e  l'anima  più  perfetta  delli  bruti  animali  ancora  mezzo 
alcuno  non  sia  :  e  siccome  noi  veggiamo  molti  uomini  tanto 
vili  e  di  si  bassa  condizione  che  quasi  non  pare  esser  altro, 
che  bestia  ;  cosi  è  da  porre  e  da    credere  fermamente  che  sia 


giore  della  propria  natura  che  in  ogni  altra  cosa  creata.  (*) 
Sulla  scala  continua  degli  esseri,  1'  uomo  la  cui  natura 
è  pili  guasta  tocca  l'animale;  1' uomo  la  cui  natura  s'è 
serbata  più  nobile,  s'accosta  all' angelo.  (2)  Qualunque 
cosa  viene  dalla  mano  di  Dio  tende  alla  perfezione  della 

(*)  «Onde  l'anima  umana,  che  è  forma  nobilissima  di 
queste  che  sotto  il  Cielo  sono  generate,  pili  riceve  della  na- 
tura divina  die  alcuna  altra.  »  —  Convito,  II,  2. 

(2)  «E  perocché  nell'ordine  intellettuale  dell'universo  si 
sale  e  discende  per  gradi  qu:«si  continui  dall'  iniiina  forma  all'al- 
tissima, e  dall'altissima  all'intima....  e  tra  l'angelica  natura 
Ohe  e  cosa  intellettuale,  e  l'anima  umana  non  sia  grado  al- 
cuno, ma  sia  quasi  1'  uno  all'altro  continuo....  e  tra  l'anima 
umana,  e  l'anima  piti  perfetta  delli  bruti  animali  ancora  mezzo 
alcuno  non  sia;  e  siccome  noi  veggiamo  molti  uomini  tanto  vili 
e  di  sì  bassa  condizioni-  che  quasi  non  pare  esser  altro  che  be- 
sti.i:  cosi  è  da  porre  e  da  credere  ferinamente  che  sia  stanno 


240  OPERE  MINORI    DI    dante.  [1844] 

feotion  of  whicli  it  is  susceptible,  (*)  and  man,  more 
fervently  and  more  vigourously  tlian  ali  the  rest. 
There  is  this  difference  between  him  and  other  crea- 
tures,  that  his  perfectibility  is  what  Dante  ealls 
i  possible,  '  raeaning-  indefinite.  (**)  Corning  froui  the  bo- 
som  of  God,  the  hnman  soul  incessantly  aspires 
towards  Him,  and  endeavours  by  hoiiness  and  know- 
ledge  to  become  re-united  with  Him.  Now  the  life 
of  the  individuai  man  is  too  short  and  too  weak  to  en- 


alcuno  tanto  nobile  e  di  sì  alta  condizione  che  quasi  non  sia 
altro  che  angiolo,  altrimente  non  si  continuerebbe  la  umana 
specie  da  ogni  parte,  che  esser  non  può.  "  —  Conv.,  vii.,  3. 

(*)  "  Ciascuna  cosa  da  providenzia  di  propria  natura  im- 
pilata è  inclinabile  alla  sua  perfezione.  "   —  Convito,  i.,  2. 

(**)  "  Nam  etsi  alise  sunt  essenti®  intellecturn  participantes, 
non  tamen  intellectus  e  ani  ni  est  possibilis  ut  nomini».  "  — 
Monarchia,  i. 


quale  è  capace,  (l)  e  1'  uomo  più  fervidamente  e  vigoro- 
samente di  tutte  V  altre.  Fra  lui  e  le  altre  creature  è 
questa  differenza,  che  la  sua  capacità  di  perfezionamento 
è  detta  da  Dante  possibile,  voce  che  nel  suo  linguaggio 
sta  per  indefinita.  (2)  Escita  dal  seno  di  Dio,  l'anima 
umana  aspira  incessantemante  a  Lui  e  tenta,  colla  san- 
tità e  colla  sapienza,  di  ricongiungersi  alla  propria  sor- 
gente. Ora,  la  vita   dell'  uomo-individuo  è    troppo  debole 

tanto  nobile  e  di  si  alta  condizione  che  quasi  non  sia  altro 
che  angiolo,  altrimente  non  si  continuerebbe  la  umana  specie 
-da  ogni  parte,  che  esser  non  può.  »  —  Convito,  VII,  3. 

({)  «  Ciascuna  cosa  da  providenzia  di  propria  natura  im- 
pinta è  inclinabile  alla  sua  perfezione.  »   Convito,  I. 

(8)  «  Nam  etsi  alise  sunt  essentise  intellecturn  participan- 
tes,  non  tamen  intellectus  earum  est  possibilis  ut  hominis.  » 
Monarchia,  I. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  241 

able  hini  to  satisfy  that  yearning  in  this  world  ; 
but  a-round  him,  before  him,  stands  the  whole  human 
race  to  which  he  is  allied  by  his  social  nature, — 
that  never  dies,  but  works  through  one  generation 
of  its  members  after  another  onwards,  in  the  road 
to  eternai  truth.  Mankind  is  one.  (t)  God  has  made 
nothing  in  vain,  and  if  there  exist  a  inultitude,  a 
collective  of  inen,  it  is  because  there  is  one  aim  for 
them  ali — one  work  to  be  accomplished  by  them 
ali.  (tf)    Whatever  this  aim  may  be,  it  does  certainly 


(t)   <  Convito,  '  iv,  15. 

(tt)  "  Deus  et  natura  nil  otiosum  facit,  sed  quicquid  prodit 
in  esse,  est  ad  aliquam  operationem —  Est  ergo  aliqua  pro- 
pria operatio  human»  universitatis,  ad  quam  ipsa  università» 
hominum  in  tanta  multitudine  ordinatur  ad  quam  quidem  ope- 
rationem nec  homo  unus,  nec  domus  una,  nec  vicinia,  nec  una 


e  breve  perdi'  ei  possa  soddisfare  quaggiù  a  quell'  ane- 
lito; ma  intorno  e  davauti  a  lui  sta  1'  uomo  collettivo, 
V  intera  razza  umana  colla  quale  egli  è  alleato  dalla  pro- 
pria natura  socievole  e  che  vive  immortale  accumulando, 
di  generazione  in  generazione,  lavoro  sulla  via  dell'eterno 
Vero.  L'  Umanità  è  una.  (x)  Dio  nulla  ha  fatto  d'  inutile; 
e  dacché  esiste  un  ente  collettivo,  una  moltitudine  d' no- 
mini, esiste  pure  necessariamente  un  fine  comune  per  essi 
tutti,  un  lavoro  che  deve  da  essi  tutti  compirsi.  (2)  Qua- 
lunque sia  questo  fine,  certo  è  ch'esiste  e    che   noi  dob- 

(*)  Convito,  IV,   15. 

(*)  «  Deus  et  natura  nil  otiosum  facit,  sed  quicquid  prodit 

in  esse,  est  ad  aliquam  operationem Est  ergo  aliqua  propria 

operatio  human»»  universitatis,  ad  quam  ipsa  universitas 
hominum  in  tant:i  multit ialine  ordinatur  ad  quam  quidem  ope- 
rationem   nec   homo    nnus,  nec  domus     una,  neo    vicinia,  ueo 

Mazzini,  .Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  16 


242  OPERK    MINORI    DI    OANTK.  [1844] 

•exist,  and  we  must  endeavonr  to  discover  and  attain 
it.  Mankind,  then,  ought  to  work  together,  in  onici- 
that  ali  the  intellectual  powers  that  are  bestowed 
amongst  them  may  receive  the  highest  possible 
development,  whether  in  the  sphere  of  thougbt  or 
action.  (*)    It  is  only  by  harmony,  consequently  by  as- 

civitas,    nec    regnura    particulare    pertingere    potest Patet 

igitnr,  quod  ultimimi  de  potentia  ipsius  humanitatis  est  po- 
tentia, sive  virtus  intellectiva.  Et  quia  potentia  ista  per  unum 
hominem,  seu  per  aliquam  particularium  communitatum  supe- 
rius  dÌ8tinctarum,  tota  simul  in  actutn  reduci  non  potest,  ne- 
cesse  est  inultitudinem  esse  io  liumano  genere  per  quam  quidem 
tota  potentia  hsec  actuetur.  I*.  —  Monarchia,  i. 

(*)  •'  Proprium  opus  humani  generis  totaliter  accepti  est 
actuare  semper  totam  potentiam  iutellectus  possibilis  per  prius 
ad  speculano" um,  et  secundario  propter  hoc  ad  operandum  per 
suani  extensionem.  "  —  Monarchia,  i. 


biamo  lavorare  a  scoprirlo  e  raggiungerlo.  L'Umanità 
dovrebbe  dunque  adoperarsi  unita  e  concorde  perché  tutta 
la  potenza  intellettuale  esistente  in  essa  riceva  il  pivi 
alto  grado  di  sviluppo  possibile  nella  doppia  sfera  del 
pensiero  e  dell'  azione.  (l)  Un  ordinamento  armonico,  l'as- 
sociazione in  conseguenza,  è  1'  unico  mezzo  per  tradurre 

una  civitas,  nec  regnimi  particulare  pertingere  potest...  Patet 
igitur,  quod  ultimnm  de  potentia  ipsius  humanitatis  est  po- 
tentia, sive  virtus  intellectiva.  Et  quia  potentia  ista  per  unun 
hominem,  seu  per  aliquam  particularium  communitatum  supe- 
rius  distinctarum,  tota  simul  in  actum  reduci  non  potest,  ne? 
•cesse  est  multitudinem  esse  in  huniauo  genere  per  quam  quidem 
tota  potentia  hsec  actuetur.  »  —  Monarchia,  I. 

(A)  «  Proprium  opus  humani  generis  totaliter  accepti  est 
actuare  semper  totam  potentiam  iutellectus  possibilis  per  prius 
ad  speculandum,  et  secundario  propter  hoc  ad  operandum  per 
suam  extensionem.  »   Monarchia,  I. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  243 

sociation,  that  this  is  possible.  Mankind  must  be 
oìie,  even  as  G-od  is  one  : — one  iu  organization,  as 
it  is  already  one  in  its  principle.  Unity  is  taught 
by   the   manifest  design   of  God  (*)  in  the  external 

(*)  "  Et  cum  ccelum  totnm  unico  motu,  scilicet  primi  ino  - 
bilis,  et  unico  motore,  qui  Deus  est,  reguletur  in  omnibus  suis 
partibns,  motibus  et  motoribus....  humanum  genus  tunc  op- 
time  se  babet,  quando  ab  nnico  principe  tanquam  ab  unico 
motu,  in  suis  motoribus  et  motibus,  regalatili*.  Propter  quod 
necessarium  apparet  ad  bene  esse  mundi  monarchiam  esse, 
sive  unicum  principatum,  qui  Imperium  appellatur.  "  —  Mo- 
narchia, i. 

«  Omne  illud  bene  se  habet  et  optime  quod  se  habet  se- 
cundum  inteutionem  primi  agentis,  qui  Deus  est —  De  inten- 
tioue  Dei  est,  ut  omne  creatum  diviuam  similitudinem  repre- 
sentet,  in  quantum  propria  natura  recipere  potest —  Sed  genus 
linnianiini  maxime  Deo  assimilatur,  quando  maxime  est  unum, 
quando  totum  unitur  in  uno.  »   Monarchia,  I. 


in  fatto  siffatta  idea.  L'  Umanità  deve  essere  una,  come 
uno  è  Dio  :  una  negli  ordini  coni'  è  una  nel  suo  princi- 
pio. L'Unità  è  insegnata  dal  disegno  manifesto  di  Dio 
nel  mondo  esterno  ({)  e  dalla  necessità  d'  un  fine  comune. 

(1)  «  Et  cum  coeluni  totum  unico  motu,  scilicet  primi  mo- 
bilis,  et  unico  motore,  qui  Dens  est,  reguletur  in  omnibus  suis 
pnrtibus,  motibus  et  motoribus....  humanum  genus  tunc  opti- 
me se  babet,  quamlo  ab  unico  principe  tanquam  ab  unico  motu, 
in  suis  motoribus  et-  motibus,  regulatur.  Propter  quod  neces- 
sarium apparet  ad  bene  esse  mundi  monarchi-im  esse,  sive 
anioni]   prinéipatnm,  qui  Imperium  appellatur.  »  Monarchia,  I. 

«  <>mne  illud  bene  se  habet  et  optime  quod  se  habet  se- 
cundum  intentionom  primi  agentis,  qui  Deus  est...  De  inten- 
tione  Dei  est,  ut  omne  creatum  diviuam  similitudinem  repiv- 
sentet,  in  quantum  propria  natura  recipere  potest...  Sed  ge- 
mi- liumaniim  maxime  Deo  assimilatur.  (piando  maxime  est 
unum,  (piando  totum  unitur  iu  uno.  »  Monarchia,  I. 


244  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

world,  and  by  the  necessity  of  aii  aim.  Now  unity 
seeks  for  soinething  by  which  it  may  be  represented 
and  this  is  found  in  a  unity  of  governinent.  Tlicrc 
must  then  of  necessity  be  some  centre  to  which  the 
general  inspiration  of  mankind  ascends,  thence  to 
flow  down  again  in  the  form  of  Law, — a  power 
strong  in  unity,  and  in  the  supporting  advice  of 
the  higher  intelìects  naturally  destined  to  rule,  pro- 
viding  with  cairn  wisdom  for  ali  the  diiferent  func- 
tions  which  are  to  be  fulfilled, — the  distinct  em- 
ployments, — itself  performing  the  part  of  pilot,  of 
supreme  ehief,  in  order  to  bring  to  the  highest  per- 
fection,  what  Dante  calls  "  The  universal  Keligion 
of  human  nature:  "  (*)    that  is,  empire — Imperium.  It 


(*)  "  A  perfezione  dell'  universale  religione  dell'umana 

spezie,    conviene    essere    uno    quasi     nocchiero,    che    conside- 
rando  le  diverse    condizioni    del  mondo  e  li  diversi    e    neces- 


Ma  l'unità  aspira  ad  essere  rappresentata;  necessaria  è 
quindi  una  unità  di  governo.  È  indispensabile  V  esistenza 
d'  un  centro  al  quale  1'  ispirazione  collettiva  dell'  Uma- 
nità salga  perenne  per  ridiscenderne  in  forma  di  Legge  ; 
—  d' una  potenza,  forte  d'  unità  e  del  consiglio  de'  più 
alti  intelletti  naturalmente  destinati  a  guidare,  che  prov- 
vedendo con  tranquilla  saggezza  alle  diverse  funzioni  da 
assegnarsi,  eserciti  la  parte  di  nocchiero,  di  capo  supre- 
mo, per  raggiungere  il  più  alto  perfezionamento.  Dante 
la  chiama  Religione  universale  della  natura  umana,  (x)  in 
altri  termini,  impero  :  Imperium.  Ad  esso   spetterà   man- 


(i)  «  A  perfezione   dell'  universale    religione  dell'  umana 

spezie,  conviene  essere  uno  quasi  nocchiero,  che  considerando 
le  diverse  condizioni  del  mondo  e  li  diversi  e  necessari  affari 


[1844]  OPERE    MINORI    DI   DANTE.  245 

will  maintain  concord  amongst  the  rulers  of  states, 
and  this  peace  will  diffuse  itself  from  thence  into 
towns,  from  the  towns  ainong  each  cluster  of  habita- 
tions.  iuto  every  house,  into  the  bosom  of  each  man.  (*) 

But  where  is  the  seat  of  this  empire  to  be  ? 

At  this  question  Dante  quits  ali  analytic  ar- 
guinentation  and  takes  up  the  language  of  synte- 
tical  and  absolute  affirmation,  like  a  man  in  whom 
the  least  expression  of  doubt  excites  astonishment. 

He  is  no  longer  a  philosopher,  he  is  a  believer. 
He  shows  Bome,  the  Holy  City,  as  he  calls  her, — 
the  city  whose  very  stones  he  declares  to  be  wor- 
thy   of  reverence — l  There  is    the   seat   of  empire.  ' 

sari  affari   ordinando  abbia  del   tutto  universale  e  irrepugna- 
bile ufficio  di  comandare.  "  —  Convito,  ii.,  4. 
(*)  Convito,  id. 


tenere  la  concordia  fra  i  moderatori  degli  Stati  diversi, 
e  questa  concordia  si  diffonderà  da  quell'  alto  Centro  alle 
città,  dalle  città  alle  tribù,  dalle  tribù  ad  ogni  famiglia, 
dalla  famiglia  agl'individui  che  la  compongono.  (*) 

M;i  dove  sarà  la  sede  di  quell'Impero? 

A  richiesta  siffatta  Dante,  abbandonando  ogni  argo- 
mentazione analitica,  risponde  per  via  d'  affermazione  as- 
soluta, sintetica,  coni'  uomo  al  quale  la  menoma  espres- 
sione di  dubbio  è  soggetto  di  meraviglia. 

Ei  cessa  di  mostrarsi  filosofo  e  si  manifesta  credente. 
Egli  addita  Roma,  la  Città  Santa,  com'egli  la  chiama 
—  la  città  ogni  pietra  della  quale  ei  dichiara  essere  de- 
gna di  riverenza.  Là  è  la    sede    dell'  Impero.  Non    ebbe 

ordinando  abbia  del  tutto  universale  e  irrepugnabile  ufficio  di 
<()tnaii(l:ne.  »  ■ —   Convito,  II,  4. 
(*)   Conrito,   id. 


246  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1K44] 

There  never  was,  and  tbere  never  will  be,  a  people 
endowed  with  more  gentleness  for  the  exercise  of 
command,  with  more  vigour  to  maiutain  it,  and 
more  endowed  with  the  capacity  to  acquire  it,  than 
the  Italian  nation,  and  above  ali,  the  Holy  Roman 
people.  >  (#)  God  chose  Rome  from  among  the  rest  of 
nations.  It  is  her  bosom  that  has  already  twice  gi- 
veu  unity  to  the  world  ;  and  it  is  in  her  bosom  that 
the  world  will  once  more  find  it,  and  for  ever.  Do  you 
think  it  is  by  physical  strength  that  Rome,  a  mere  city, 
a  handful  of  men,  has  subjected  so  many  nations? 
Dante  will  teli  you  that  there  was  a  moment  when 
he  himself  believed   that  it  had  been  thus,  and  bis 

(*)  "E  perocché  più  dolce  natura  signoreggiando  e  più 
forte  in  sostenendo  e  più  sottile  in  acquistando,  né  fu  né 
sia  che  quello  popolo  santo,  nel  quale  l'alto  sangue  Troiano 
era  mischiato,  Iddio  quello  elesse  a  quelP  ufficio.  "  —  Con- 
vito, ii.,  4;  Monarchia,  ii.,  passim. 


né  avrà  mai  vita  popolo  più  capace  d'  acquistare  il  co- 
mando, pili  vigoroso  a  serbarlo,  più  dolce  nelP  esercitarlo, 
di  quello  che  sia  il  popolo  d' Italia  e  segnatamente  il 
santo  Romano  popolo.  (*)  Dio  ha  scelto  Roma  a  inter- 
prete del  suo  disegno  fra  le  Nazioni.  Due  volte  essa  diede 
unità  al  mondo  ;  la  darà  una  terza  e  poi  sempre.  Pen- 
sate voi  che  Roma,  una  città,  un  pugno  d'  uomini,  abbia 
soggiogato  tanti  popoli  per  sola  virtù  di  potenza  fìsica? 
Dante  vi  dirà  che  a  lui  pure  s' affacciò  talora  quel  pensiero 

(4)  «  E  perocché  più  dolce  natura  signoreggiando  e  più 
forte  in  sostenendo  e  più  sottile  in  acquistando,  né  fu  né  sia 
che  quello  popolo  santo,  nel  quale  P  alto  sangue  Troiano  era 
mischiato,  Iddio  quello  elesse  a  quelP  ufficio.  »  —  Convito,  II, 
4,  Monarchia,  II,  passim. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  247 

whole  soul  was  ready  to  revolt  against  this  usurpa- 
tion.  Afterwards  his  eyes  were  opened  :  in  the  pa- 
ges  of  the  history  of  this  people,  he  saw  the  work- 
ing of  Providence  unfold  itself — *  praedestinationem 
divinam,  ' — it  was  needfal  that  the  world  should  be 
prepared,  should  in  some  sort  be  equalised  under 
the  rule  of  a  single  power,  in  order  that  the  preach- 
ing  of  Jesus  might  cause  new  life  to  spring  up 
throughout  the  whole  earth.  G-od  conseerated  Kome 
to  this  work — there  lay  the  secret  of  her  streugth. 
Rome  individually  had  no  ambition,  she  did  not 
struggle.  for  her  own  welfare  ;  she  devoted  herself  to 
the  mission.  '  Populus  ille  sanctus,  pius  et  gloriosus, 
propria  commoda  neglexisse  videtur,  ut  publica  prò 
salute  humani  generis  procuraret.  r  And  when  the 
work  was  done,  Rome  rested  from  her  labours,  until 
the  second  Gospel  of  Unity  was  needed  by  the  world. 


e  che  1'  anima  sua  era  presta  a  ribellarsi  contro  la  città 
usurpatrice.  Poi,  gli  occhi  della  mente  gli  si  schiusero  : 
nelle  pagine  della  storia  di  quel  popolo  ei  vide  svolversi 
l'opera  della  Provvidenza  —  praedestinationem  divinavi.  — 
Era  decreto  che  il  mondo  fosse  preparato  in  eguaglianza 
di  soggezione  a  un  solo  Potere,  perché  la  predicazione 
di  Gesù  potesse  suscitare  la  nuova  vita  per  ogni  dove. 
Dio  consacrò  Roma  a  quella  missione  :  in  essa  vive  il  se- 
greto della  sua  forza.  Roma  non  ebbe  ambizione  per  sé  ; 
non  lottò  coli' universo  per  conquistarsi  prosperità:  ac- 
cettò per  bene  altrui  la  missione.  Populus  ille  sanctus, 
pius  et  gloriosus,  propria  commoda  neglexisse  videtur,  ut 
publica  prò  salute  humani  generis  procuraret,  E  quando  la 
mi  i-sione  fu  compita,  Roma  giacque  nel  riposo,  fino  a 
quando  la  necessità  d'  un  secondo  vangelo  d' Unità  la  ri- 
chiamò ad  adoprarsi    pel   mondo.  Lo  sviluppo  di    questa 


248  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

It  is  in  the  writings  of  Dante  (for  our  qnotations 
would  be  too  long)  that  we  must  look  for  the  devel- 
opement  which  he  gives  of  his  thesis  ;  from  the  au 
thority  of  the  poets,  whom  he  always  appeals  to  in 
the  first  line,  to  that  of  Jesus,  who  he  says  reco- 
gnised  by  his  death  the  legitimacy  of  the  jurisdiction 
that  Rome  exercised  over  ali  the  human  race.  The 
second  book  of  his  t  Monarchia,  '  and  the  fourth  and 
fifth  chapters  of  the  second  treatise  of  the  l  Convito,  7 
are  one  entire  hymn  to  this  idea,  which  Dante  rev- 
ered  as  religious.  As  may  be  seen  from  the  abstract 
we  have  given  of  some  of  the  thoughts  spread 
through  his  writings,  there  is  much  to  be  gained 
besides  thè  particular  end  in  question.  There  is  the 
tradition  of  Italian  philosophy  to  make  a  link  be- 
tween  the  school  of  Pythagoras  and  that  of  Telesio, 


tesi  è  da  cercarsi,  dacché  le  citazioni  riuscirebbero  so- 
verchie, negli  scritti  di  Dante  :  ei  v'  adopra  autorità  che 
dai  poeti  interrogati  sempre  con  riverenza  da  lui  si  sten- 
dono fino  a  Gesù  che  volle,  ei  dice,  morendo,  testimo- 
niare della  legittima  giurisdizione  esercitata  da  Roma  su 
tutta  la  razza  umana.  Il  libro  secondo  della  Monarchia  e  il 
quarto  e  quinto  capo  del  secondo  trattato  nel  Convito  somi- 
gliano un  inno  all'idea  che  in  Dante  s'era  fatta  religione. 
Egli  estratti,  comunque  pochi  e  brevi,  da  noi  citati,  do- 
vrebbero bastare,  s'io  non  erro,  a  mostrare  che  dallo 
studio  di  qnei  lavori  Danteschi  gli  Italiani  ritrarrebbero, 
oltre  l'idea  Nazionale  consecrata  dal  più  potente  Genio 
d' Italia,  larga  e  inaspettata  messe  di  verità  rivendicate 
da  pensatori  stranieri  posteriori  d'assai.  In  quelle  pagine 
di  cinque  secoli  addietro,  la  tradizione  della  Filosofìa 
Italiana  trova  un  anello  tra  la  scuola  di  Pitagora  e  quella 
di  Telesio,  di  Campanella    e  Giordano    Bruno.  La    santa 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  249 

Campanella,  and  Giordano  Bruno.  There  is  an  antho- 
rity  to  be  added  to  those  whick  make  in  favour  of 
progress  ;  an  authority  never  cited  that  we  are  aware 
of  until  now,  and  which  is  yet  the  niost  explicit 
and  of  the  highest  antiquity  that  we  are  acquainted 
with.  The  collective  life  of  the  human  race,  the  law 
of  incessant  developnient,  its  progressive  movement 
by  means  of  constantly  extending  associations  ;  the 
prophetie  view  of  social  unity  arising  from  the  dis- 
tribution  of  its  various  functions,  with  a  view  to  one 
common  end — the  theory  of  duty,  ali  that  forms  the 
basis  and  the  merit  of  a  school,  which  is,  one  does 
not  at  present  see  on  what  grounds,  qualifying  it- 
self  as  French, — ali  this  we  find  clearly  indicated 
in  these  books  by  an  Italian  of  the  thirteenth  century, 
the  uninviting  forni  of  them  having  doubtless  been 
the  reason  that  they  have  hitherto  been  neglected. 
A  governing  power,  then,  is  necessary,  and  it  is 
necessary  that  the  seat  of  this  power — the  empire — 

dottrina  del  Progresso  conquista  per  esse  una  autorità 
Italiana,  non  mai,  eh'  io  mi  sappia,  avvertita  e  nondi- 
meno più  antica  di  tutte  1'  altre.  La  vita  collettiva  del 
genere  umano,  la  legge  di  continuo  sviluppo  che  la  go- 
verna, 1'  associazione  più  e  più  sempre  estesa  per  la  quale 
si  compie,  la  contemplazione  profetica  d'un  ordinamento 
sociale  fondato  sulla  distribuzione  delle  varie  funzioni  e 
sali'  unità  dell'  intento,  la  teorica  del  Dovere,  tutti  i 
c.iiati«ri  e  le  parti  migliori  d'una  Scuola  che  dai  più 
si  ritiene  escita  di  Francia,  stanno  registrati  in  quei  li- 
bri <l'iin  italiano  del  XIII  secolo,  negletti  fino  a' df  no- 
stri, probabilmente  per  la  forma  poco  allettante  nella 
quale  le  idee  vi  sono  ravvolte. 

È  dunque  necessario  un  Potere  moderatore,  ed  è  ne- 
cessario che  la  sede  di   quel   Potere  —  V  Impero  —  sia 


250  OPERE   MINORI    DI    DANTE.  [1844} 

should  be  Italy,  Rome.  Arrived  at  this  conelusion, 
it  was  naturai  for  Dante  to  stop  and  look  round 
for  the  ineans  of  realizing  this  conception. 

Italy  was  divided  between  the  Guelphs  and  Ghi- 
belines.  These  names,  which  in  Germany  only  con- 
veyed  the  idea  of  a  family  quarrel,  signified  in  I- 
taly,  from  the  first,  a  much  more  serious  affair.  In 
the  eyes  of  ali,  the  Guelphs  were  the  defenders  of 
the  priesthood  ;  the  Ghibelines  were  the  defenders 
of  the  empire.  But  this  was  only  the  surface  of 
things  ;  at  the  bottom,  Ghibelinism  was  feudality, 
the  noblesse  :  Guelphism  was  the  community,  the 
people.  If  it  supported  the  Pope,  it  was  because  the 
Pope  supported  it.  The  people  triumphed — the  com- 
munity established  itself  irrevocably  free  and  equal  ,- 
the  noblesse  were  almost  everywhere  completely 
put  down.  Feudality  become  thenceforth  impossible. 


l'Italia,  Roma.  Giunto  a  conchiusione  siffatta,  Dante  dovea 
soffermarsi  e  guardarsi  intorno  per  cercare  i  mezzi  di 
tradurre  in  atto  il  concetto. 

Guelfi  e  Ghibellini  si  contendevano  l'Italia.  Quei 
nomi,  che  non  rappresentavano  in  Germania  se  non  la 
lite  di  due  famiglie,  avevano  assunto  fin  da  principio  ben 
altra  importanza  in  Italia.  Ai  più,  i  Guelfi  apparivano 
come  difensori  del  Sacerdozio,  i  Ghibellini  come  fautori 
dell'Impero.  Ma  non  era  quella  se  non  la  superfìcie  delle 
cose;  nel  vero,  il  Ghibellinismo  rappresentava  l'elemento 
feudale,  il  patriziato  :  il  Guelfìsmo.  il  Comune,  il  popolo  : 
sostenitore  del  Papato  perché  sostenuto  da  esso.  Il  po- 
polo trionfò:  il  Comune  s'impiantò  fondato  su  libertà 
ed  eguaglianza:  il  patriziato  soggiacque  per  ogni  dove. 
L' elemento  feudale  fu  condannato  d' allora  in  poi  al- 
l' impotenza.  Genio  militare  o    ricchezza   poteva    procac- 


[1844]  OPKRE    MINORI    DI    DANTE.  251 

From  military  genius,  or  by  the  riches  of  individuale, 
noble  families  might  reinain  influential.  They  might 
covet,  even  obtain  supreme  power  in  some  of  the 
towns  ;  but  as  a  body,  as  a  caste,  the  nobility  were 
completely  effaced.  That  question  set  at  rest,  the 
people,  the  conquerors,  stood  embarassed  with  their 
victory.  The  time  was  not  yet  come  to  found  Italian 
unity  on  a  popular  principle;  the  dawning  of  the 
day,  for  the  gathering  together  in  one  of  ali  the 
people  whose  different  races  had  crossed  and  ming- 
led  with  one  another  in  Italy,  had  not  yet  arisen. 
A  kind  of  anarchy,  therefore,  began  in  the  absence 
of  one  governing  principle,  single  and  strong  enough 
to  bear  down  ali  fractional  and  personal  aims,  ali 
locai  egoisms.  Whilst  twenty  republics  made  sa- 
vage  war  upon  each  other  in  the  bosom  of  the 
peninsula^  within  the  bosom  of  each  republic,  gen- 
eral ideas  gave  place  to  interests  ;  belief  gave  place 


ciare  influenza  a  individui  di  famiglie  nobili  :  poteva 
innalzarli  talvolta  a  predominio  sulle  loro  città  ;  ma  co-i 
me  elemento  collettivo  compatto,  come  casta,  V  aristo- 
crazia era  spenta  per  sempre.  Se  non  che  al  popolo,  ele- 
mento conquistatore,  mancava  la  scienza  del  come  giovarsi 
della  vittoria.  La  costituzione  dell'unità  Italiana  in  virtù 
d'un  principio  popolare  era  prematura  :  l'alba  del  giorno 
destinato  a  confondere  in  una  sola  famiglia  le  diverse 
genti  che  s'erano  sovrapposte  l'una  all'altra  sulle  no- 
stre terre  non  era  sorta.  Il  difetto  d'un  principio  mode- 
ratore onnipotente  su  tutti  gli  egoismi  locali  dava  quindi 
origine  a  un  genere  d'  anarchia  appartenente  all'  Italia 
soltanto.  Venti  repubbliche  si  tormentavano  1'  una  col- 
T  altra  di  guerra  feroce  per  entro  ai  contini  della  Peni- 
sola ;  e    in    seno  a  ciascuna,  gli    interessi    sottentravano 


252  OPERE    MINORI   DI    DANTE.  [1844] 

to  passion  ;  questions  of  principle  to  human  quar- 
rels.  Ali  parties  experienced,  in  consequence,  a  serie» 
of  inodifications  which  becoine  stili  more  compii- 
cated  owing  to  the  interferenee  of  the  French,  who 
were  called  in  by  the  Popes  (whose  fatai  policy  it 
always  was  to  keep  one  foreign  power  in  check  by 
means  of  another,  without  ever  appealing  to  the 
Italian  nation).  When  Urban  IV  called  Charles  of 
Anjou  into  Italy,  the  patricians,  Ghibelines,  were  his 
enemies  ;  when  after  the  Bianchi  and  Neri  parties 
were  formed,  Boniface  Vili  called  in  Charles  of 
Valois;  the  Bianchi,  who  were  plebeians,  were  per- 
secuted  ;  the  Neri  (the  patricians)  made  themselves 
Guelphs,  because  they  sympathized  with  Charles, 
the  envoy  of  Boniface.  The  Bianchi  then  allied  them- 
selves  to  the  Ghibelines,  who  had  formerly  been  put 
down,  and  whose  ancient  principle  of  feudalism  had 
been  irrevocably  crushed. 


alle  idee  generali,  le  passioni  alle  credenze,  le  misere 
umane  liti  alle  questioni  di  principio.  E  le  fazioni  sog- 
giacevano in  conseguenza  a  successive  modificazioni  mol- 
tiplicate dall'intervento  Francese  provocato  a  quei  tempi 
dai  Papi,  nei  quali  fu  sempre  arte  politica  combattere 
uno  straniero  coli' altro  senza  mai  dirigersi  all'elemento 
Italiano.  Quando  Urbano  IV  chiamò  in  Italia  Carlo  d'An- 
giò,  i  Ghibellini  patrizi  gli  erano  nemici;  quando,  inau- 
gurate le  fazioni  dei  Bianchi  e  dei  Neri,  Bonifazio  Vili 
chiamò  Carlo  di  Valois,  i  Bianchi  plebei  furono  perse- 
guitati: i  Neri,  patrizi,  si  convertirono  in  Guelfi  per 
favore  a  Carlo  inviato  di  Bonifazio  ;  i  Bianchi  allora 
9?  allearono  ai  Ghibellini  il  cui  principio  feudale  era 
nondimeno  soggiogato  da     lungo. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  253 

Dante,  who,  in  early  life,  had  been  a  Guelph, 
was  thenceforth  a  Ghibeline,  that  is  to  say,  he  was 
always  on  the  side  of  the  people,  he  ahvays  belong- 
ed  to  the  element  of  Italian  futurity. 

But  the  people  were,  as  we  have  said,  powerless? 
unable  to  forward  that  which  Dante  wished  to 
achieve.  As  yet  they  only  rej)resented  a  corporation, 
not  the  nation.  In  looking,  then,  elsewhere,  for  the 
element  of  unity,  Dante  fonnd  himself  obliged  to 
choose,  not  between  the  Germans  or  the  French  and 
Italians,  but  between  the  Germans  or  French.  The 
Popes,  who  had  made  common  cause  with  the  people 
so  long  as  the  vi  tal  question  of  the  priesthood  and 
the  empire  was  unsettled,  had  already  quitted  them  ; 
and  the  unity  of  Italy  could  not  come  froni  them» 
Between  France  and  Germany,  Dante,  forced  to  ma- 
ke  a  choice,  decided  upou  Germany.  It  was  a  long 
way  off;  it  had  intestine  divisions,  and  was  not  on 


Dante,  che  8?eia  dimostrato  Guelfo  nel  primo  periodo 
della  vita,  s'ascrisse  allora  tra  i  Ghibellini.  Ei  seguiva 
cosi  pur  sempre  le  parti  del  popolo,  elemento  dell'  Ita- 
lia futura. 

Bensi  il  popolo  era  in  quel  tempo,  come  dissi,  inca- 
pace di  costituire  l'ideale  seguito  da  Dante:  era  corpo- 
razione, frazione;  la  nazione,  cercata  da  Dante,  era  ignota. 
E  Dante  quindi,  a  trovare  un  vincolo  d'unità,  si  vide 
costretto  a  scegliere,  non  fra  tedeschi  o  francesi  e  Ita- 
liani, ma  fra  tedeschi  e  francesi  soltanto.  Né  V  unità 
d'Italia  poteva  scender  dai  Papi  che,  composta  appena 
la  lite  fra  il  Sacerdozio  |  l'Impero,  s' erano  scostati  dal 
popolo.  Or.  tra  Fraucia  e  Germania,  la  scelta  del  Poeta 
non  era  dubbia.  La  Germania  era  lontana  e  lacerata  da 
interne  divisioni,  indebolita   dallo    smembramento,  esosa- 


254  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

the  road  towards  unity.  Between  the  German  and 
Latin  races  there  was  a  decided  antipathy.  Germany, 
therefore  was  not  formi dable.  France,  which  was  in 
a  state  of  unity,  and  excited  a  strong  sympathy  in 
the  peninsula,  was  dangerous.  Dante,  who  had  be- 
sides  other  reasons  for  not  loving  France,  chose  Ger- 
niany,  but  in  what  sort  of  inanner  ?  He  intended  to 
inake  it  subaltern,  to  absorb  it — as  in  the  seventh 
century  nearly  ali  the  northern  races  had  come  to 
Rome  to  take  the  Christian  oath,  and  almost  to  re- 
ceive  the  word  of  command  for  their  mission.  He  in- 
tended that  Germany  should  come  a  second  time  to 
take  it  in  the  person  of  her  emperor.  What  did  it 
matter  to  him  whether  the  man  throngh  whom  Rome 
was  first  to  exercise  her  providential  mission  was 
named  Henry  or  some  other  name  ?  The  point  of 
real   moment   was   to   prove    that    this  mission   did 


d'antico  all'  elemento  Italiano,  non  era  né  poteva  diven- 
tare lungamente  pericolosa:  non  cosi  la  Francia  che  vol- 
geva visibilmente  a  unità  e  che  non  era  malaccetta  in 
Italia.  Dante,  che  anche  per  altre  ragioni  disamava  la 
Francia,  s'accostò  alla  Germania;  ma  come?  Ei  mirò  a 
farla  per  sempre  inferiore  all'Italia,  a  cancellarne  lMm? 
piativa  e  aggiogarla  ai  fati  italiani.  Tutte  le  razze  set- 
tentrionali s'  erano,  tra  il  V  e  il  VII  secolo,  affollate  a 
Roma  ad  accettarvi  il  giuramento  Cristiano,  a  ricevervi 
quasi  la  parola  suprema  della  loro  missione.  E  Dante 
intendeva  che  la  Germania  scendesse  una  seconda  volta 
a  riceverla  nella  persona  del  suo  Imperatore.  Che  mai 
gli  importava  il  nome,  Arrigo  o  altro,  dell'uomo  scelto 
a  stromento  della  missione  provvidenziale  di  Roma?  Ciò 
che  gli  importava  era  l' accertare  che  quella  missione 
esisteva,  ch'esisteva  in  Roma  e    che    apparteneva  allora 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  255 

exist,  that  it  was  inherent  in  Eorae,  and  that  it 
belonged  to  her  people.  The  individuai  called  to  re- 
present  her  was?  in  biniseli  insignifìcant  ; — he  would 
pass  away,  Rome,  once  recognised  as  the  essential 
head  of  the  two  papacies,  temporal  and  spiritual — 
the  living  symbol  of  Christian  dualism — bis  successor, 
in  ali  probability,  would  be  an  Italian,  but  whether 
or  not  the  inspiration  of  which  he  would  be  the 
echo  would  be  Italian.  There  is  not  a  single  word 
in  the  whole  treatise  '  De  Monarchia  7  which  con- 
cerns  Germany  or  the  emperor.  The  Roman  nation  is 
the  hero  of  his  book.  Ali  possìble  restrictions  are 
placed  upon  the  man  who  might  wish  to  substitute 
his  own  ideas  for  those  of  Italy.  "  Humanum  genus, 
potissimum  liberum,  optime  se  habet.  7?  Rouse  your- 
selves,  writes  Dante,  to  his  fellow-citizens,  like  free 
raen,  and   recollect   that    the  emperor   is  only   your 


e  sempre  al  suo  popolo.  L'individuo  chiamato  a  rappre- 
sentarla non  era  che  un'ombra:  venerato  un  giorno,  sfu- 
merebbe il  di  dopo.  E.  una  volta  Roma  riconosciuta,  ac- 
cettata come  seggio  del  doppio  Papato,  temporale  e 
spirituale,  e  come  simbolo  vivente  del  dualismo  Cristiano, 
il  successore  dell'individuo  straniero  sarebbe  probabil- 
mente italiano;  s' anche  non  fosse,  Italiana  sarebbe  1'  ispi- 
razione della  quale  ei  non  sarebbe  che  1'  eco.  Non  è,  in 
tutto  quanto  il  trattato  de  Monarchia,  sillaba  che  riguardi 
i-mania  o  1"  Imperatore.  Solo  il  popolo  Romano  è 
V  eroe  del  libro.  Dante  provvede  con  ogni  cautela  a  che 
l' uomo  non  possa  mai  sostituire  il  proprio  concetto  a 
quello  <T  Italia.  Humanum  genus,  potissimum  liberimi,  op- 
time se  habet.  Levatevi,  Dante  scrive  a'  suoi  concittadini, 
com' uomini  IìImtì  <•  ricordatevi  che  l'Imperatore  non  è  se 
non  il  primo  vostro    Ministro.  Non  enim  gens  propter  re- 


256  OPKRE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

first  minister,  that  he  is  made  for  you  and  not  you 
for  him.  (*)  '  Non  enim  gens  propter  regein,  sed  rex 
propter  gentem.  '  (t)  When  he  speaks  to  Henry  VII, 
it  is  as  from  one  power  to  another  i  Art  thou  ;  '  he 
says  '  he  who  shonld  come,  or  do  we  look  for  another  ì 
Why  dost  thou  stop  halfway,  as  if  the  Boinan  em- 
pire lay  in  Liguria7?  '  Romanorum  potestas ? — we  quote 
our  last  passage  from  the  i  Opere  minori  ' — '  nec 
metis  Itali»,  nec  tricornis  Europa3  margine  coarcta- 
tur.  Nam,  etsi  vim  passa  in  angustimi  gubernacula 
sua  contraxit  undique,  tamen  de  inviolabili  jure 
lìuctus  Amphitrites  attingens,  vix  ab  inutili  unda 
oceani  se  circumcingi  dignatur  \  (**)  Henry,  to  him, 
is  nothing  more  than  the  agent  of  the  empire  of  the 
Romans. 


(*)  Epistola  ai  principi  e  popoli  <V  Italia. 
(t)  *  Monarchia,  '  i. 
(**)  Ep.  ad  Henricnm. 


gem,  sed  rex  propter  gentem.  (1)  Ei  parla  ad  Arrigo  come 
potenza  a  potenza.  Sei  tu  colui  che  aspettiamo,  o  dobbiam 
noi  cercare  altrove  chi  venga  ?  Perché  ti  soffermi  a  mezza 
via  come  se  il  Romano  Impero  fosse  in  Liguria?  —  Ro- 
manorum potestas  —  esclama  egli  ad  Enrico  —  nec  me- 
tis Italico,  nec  tricornis  Europee  margine  coarctatur.  Nam, 
etsi  vim  passa  in  angustum  gubernacula  sua  contraxit  un- 
dique, tamen  de  inviolabili  jure  fluctus  Amphitrites  attin- 
gens,  vix  ab  inutili  unda  oceani  se  circumcingi  dignatur.  (2) 
Enrico  non  è  per  lui,  lo  ripeto,  che  uno  stromento  del- 
l' Impero  Romano. 

(i)  Epistola  ai  principi  e  popoli  d'Italia.  —  Monarchia,  I. 
(2)  Ep.  ad  Henricum. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  257 

There  is  some  distance  between  tkat  and  Ghi- 
belinism.  Dante  clearly  separates  himself  from  it  in 
many  passages  of  bis  poem  ;  in  the  '  Paradiso  '  es- 
pecially  (e.  vi.,  v.  103,  and  tbe  following  line,)  he 
boasts  of  being  a  party  in  himself  ;  both  factions 
sought  to  enlist  him,  but  in  vain  {Par.  xii,  69  ; 
Inf.  xv,  70).  He  viewed  them  on  ali  sides,  he  mixed 
in  their  ranks,  but  it  was  as  an  independent  man, 
who  felt  it  a  dnty  to  study  them  and  who  sought 
to  extract  from  them  the  elements  of  a  superior  aim. 
In  1302  he  became,  from  various  circumstances,  and 
by  exile,  more  closely  allied  to  the  Ghibelines.  He 
openly  quitted  them  in  the  course  of  the  same  year, 
dissatisfied  with  their  course  of  action.  In  bis  poem 
he  treated  the  Ghibelines  and  Guelphs  like  one  who 
feels  special  sympathy  for  neither.  He  is  almost  cruel 
towards  Bocca  degli  Abbati  {Inf.  XXXII),  who  be- 


Fra  dottrina  siffatta  e  il  Ghibellinismo  corre,  pannir 
divario.  Dante  infatti,  in  molti  passi  del  Poema  e  segna- 
tamente nel  Paradiso  (Canto  VI,  v.  103  e  seg.)  si  disgiunge 
dai  Ghibellini.  E  ciascuna  delle  due  fazioni  s'  affaccendò 
per  averlo  con  sé,  ma  senza  riuscirvi  {Parad.,  XII,  69  ; 
Ih/.,  XV,  70).  Ei  le  contemplò  da  ogni  lato  e  si  fram- 
mise alle  loro  file  ;  ma  coni'  uomo  indipendente  che  cre- 
deva debito  suo  studiarne  gli  elementi  e  le  forze  a  trarne 
quel  tanto  che  potesse  giovare  a  più  alto  intento.  Nel 
1302,  l' esilio  e  parecchie  altre  circostanze  lo  affratel- 
larono più  strettamente  coi  Ghibellini.  Ma  prima  del  fi- 
nire dell'anno,  mal  soddisfatto  del  loro  procedere,  ei  li 
abbandonò  apertamente.  E  Guelfi  e  Ghibellini  sono  trat- 
tati nel  Poema  come  da  chi  non  parteggia  per  gli  uni 
né  per  gli  altri.  VA  si  dimostra  quasi  crudele  verso  Bocca 
degli  Abbati  (/«/.,  XXXII)  traditore  dei  Guelfi    e    seve- 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  17 


258  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

trayed  the  Guelphs  for  the  Ghibelines,  whilst  he  is 
only  severe  upon  Carfino  de7  Pazzi,  who  betrayed 
the  Ghibelines  for  the  Guelphs  (id.).  In  his  journeys 
after  he  was  exiled,  he  appeared  with  a  lofty  mieli 
amongst  ali  the  men  who  appeared  to  have  power 
to  further  his  designs,  or  who  merited  his  esterni. 
without  regard  to  their  party.  It  was  in  the  house 
of  a  Guelph  that  he  died. 

Dante,  then  (and  this  seems  to  us  to  be  rather 
worthy  of  note),  was  neither  a  Guelph  nor  a  Ghi- 
beline.  Like  every  man  of  genius  he  pursued  a  patii 
alone,  he  took  higher  ground  than  ali  the  rest.  Be 
yond  Guelphism  and  Ghibelinisni  he  saw  the  national 
Italian  unity,  beyond  Olement  V  and  Henry  VII, 
he  saw  the  unity  of  the  world,  and  the  inorai  go- 
vernment  of  this  unity  in  the  hands  of  his  own  Italy. 
He  follo wed  out  this  idea  at  ali  times  and  in  ali 
places.  In  his  poem  he  strikes  right  and  left  upon 
-ali  the  Italian  eities,  Guelphs  and  Ghibelines  equally, 


ramente  giusto  verso  Carlino  de'  Pazzi  traditore  dei  Ghi- 
bellini (Id.).Nel  corso  del  suo  pellegrinaggio,  dopo  l'esilio. 
ei  visitò  con  solenne  contegno  quanti  uomini  gli  pare- 
vano capaci  di  promuovere  il  suo  disegno,  senza  distin- 
zione di  parti.  E  mori  nelle  case  d'  un  Guelfo. 

Dante  non  fu  Guelfo  né  Ghibellino.  Come  ogni  uomo 
che  ha  dentro  sé  la  Mamma  del  Genio,  ei  segui  una  via 
indipendente  mirando  a  più  alto  intento  che  non  era 
quello  dei  pili.  Al  di  là  del  Guelfismo  e  del  Ghibellini- 
smo ei  vide  l'unità  Nazionale  Italiana;  al  di  là  di  Cle- 
mente V  e  d'Arrigo  VII  ei  vide  1'  unità  del  mondo  e  il 
governo  morale  di  quella  unità  nelle  mani  d'Italia.  E  non 
abbandonò  mai  quella  idea.  Ei  flagella  a  sangue  nel  Poema, 
■senza  riguardi    o    paure,  le  città  tutte   quante,  Guelfe    o 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  259 

but  Italy  itself  is  sacred  ;  if  he  reproaches  her,  we 
feel  that  his  reproaches  are  fed  with  tears,  aspira- 
tions,  and  an  immense  glory  in  her.  In  the  little 
onnnished  book,  l  De  Vulgary  Eloquio,  '  he  attacks 
ali  the  Italian  dialects,  but  it  was  because  he  wish- 
ed  to  found  one  common  Italian  language,  and  to 
create  an  utterance  worthy  of  her  for  the  national 
thought.  He  felt  utterly  indignant — he,  whom  savans 
ha  ve  made  to  write  in  French — against  ali  Italian  s 
who  pre ferree!  a  foreign  tongue  to  their  own,  he 
showed  no  mercy  to  those  who  wrote  in  favour  of 
the  election  of  a  foreign  Pope.  To  him  the  Italian 
spiri t  was  sacred,  under  whatever  forni  it  was  ma- 
nifest. 

Dante,  as  we  said  some  pages  back,  was  a  Chri- 
stian and  an  Italian.  M.  Ozaman,  the  only  one  who 
rejects  the  absurd  qualifications  of  (xiielph  or  Ghi- 


Ghibelline,  d'Italia:  V  Italia  sola  gli  è  sacra;  e  s'  ei  la, 
rimprovera,  tu  senti  che  quei  rimproveri  sono  alimentati 
di  pianto,  aspirazioni  e  orgoglio  immenso  di  patria.  Nel 
piccolo  e  imperfetto  libro  de  Vulgati  Eloquio  ei  move 
guerra  a  tutti  i  dialetti  italiani,  ma  perdi' egli  intendeva 
a  fondare  una  lingua  comune  d'  Italia  e  a  creare  una 
forma  degna  dell'  idea  nazionale.  Ei  sentiva  un  fremito 
di  sdegno  —  egli  che  gli  eruditi  c'insegnano  avere  scritto 
francese  —  contro  quelli  fra  gli  Italiani  che  antepone- 
vano alla  loro  una  lingua  straniera,  come  contro  quei 
ohe  leriséero  a  prò'  dell'elezione  d'un  Papa  straniero. 
Lo  spirito  r  tali  ano  gli  era  sacro,  in  qualunque  modo  e 
■otto  qualunque  forma  si  rivelasse. 

Dante,  coni'  io  dissi  qualche  pagina  addietro,  fu  Cri- 
stiano e  Italiano.    1/  Osannila,  che    rifiuta    per  lui.  (piasi 

solo,    le    assunlc    d< noni i nazioni    di    Guelfo  o  di  Ghibellino, 


260  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

beline,  goes  astray  like  ali  the  others,  and  worse  tban 
ali  the  others  on  the  point  of  his  religion.  The  per- 
secutions  excited  by  Boniiace  Vili  and  the  fact  of 
the  Cardinal  Legato  del  Poggetto  being  sent  by 
John  XXII  to  Eavenna,  to  procure  the  disinterment 
of  the  ashes  of  Dante,  that  they  might  be  exposed 
to  public  execration,  are  a  sufflcient  answer  to  the 
opinion  set  up  in  the  present  day  as  to  his  having 
been  an  orthodox  catholic.  The  Popes,  many  of  them 
saints  in  their  day,  and  whoni  Dante  has  placed  in 
hell,  would,  in  ali  probability,  consider  the  zeal  of 
these  writers  much  greater  than  need  be.  There  are 
now  existing,  in  France,  schools  of  philosophy,  which 
maintain  that  from  the  papacy  will  arise  the  triuniph 
of  democracy, — en  àttendant,  the  Pope  has  exconimu- 
nicated  them.  We  have  not  space  fully  to  enter  upon 
the  question  of  Dante's  religion,  Foscolo's  discourse 
upon  the   poeni  may  be   consulted  with   advantage, 


insanisce  peggio  degli  altri  appena  ei  tocca  di  religione. 
Le  persecuzioni  promosse  da  Bonifazio  VIII  e  V  invio 
del  Cardinale  Legato  del  Poggetto  a  Ravenna  con  man- 
dato di  Papa  Giovanni  XXII  perdi' ei  dissotterrasse  l'ossa 
di  Dante  e  le  commettesse  alla  pubblica  esecrazione,  ri- 
spondono, parmi,  ampiamente  a  ogni  scrittore  che  s'  at- 
tenti in  oggi  di  convertire  il  Poeta  in  ortodosso  cattolico. 
Né  credo  che  i  Papi,  taluni  dei  quali,  venerati  come  santi 
dai  loro  contemporanei,  furono  cacciati  nell'  inferno  da 
Dante,  applaudirebbero  allo  zelo  dei  .  recenti  biogran. 
Esistono  oggi  in  Francia  scuole  di  filosofia  che  vaticinano 
il  Papato  apostolo  tra  non  molto  di  democrazia;  ma  sono 
intanto  scomunicate  dai  Papi.  Io  non  ho  spazio  qui  per  di- 
lungarmi sulla  fede  religiosa  di  Dante.  I  lettori  consultino 
a  ogni    modo  il   Discorso  di    Foscolo  sul    Poema.  Poi  lo 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  261 

but  the  study  of  the  '  Convito,  l  and  the  eleventh 
canto  of  the  '  Paradiso,  '  is,  it  seems  to  us,  quite 
enough  for  ever  to  put  a  stop  to  this  posthuinous 
ebullition  of  catholicity.  The  Ghristianity  of  Dante 
was  derived  directly  from  the  first  fathers  of  the 
church,  whose  enlarged  views  had  already  been  de- 
parted  from  by  the  Roman  papacy  of  the  thirteenth 
century.  His  views,  scarcely  indicated,  of  the  pro- 
gressive perfeeting  of  the  principle  of  human  nature 
in  a  future  life,  and  of  the  participation  of  ali  men 
in  the  spirit  of  God,  open  the  way  for  the  stili  fur- 
ther  development  of  Christian  truth  itself.  To  him 
the  papacy  was  nothing  more  than  a  problem  of 
spiritual  organization.  He  was  willing  to  submit  to 
it  on  condition  that  it  did  not  shaclUe  any  of  his 
favourite  ideas. 

The  ideas  of  which  we  have  here  given  a  sketch 
are  fermenting,  more  or  less  boldly  developed,  among 


studio  del  Convito  e  il  canto  undecimo  del  Paradiso  ba- 
steranno, credo,  a  por  fine  a  questa  ebullizione  postuma 
di  cattolicismo.  Il  Cristianesimo  di  Dante  era  derivato 
direttamente  dai  primi  padri  della  Chiesa,  le  larghe  ve- 
dute dei  quali  erano  già  nel  secolo  decimoterzo  tradite 
dal  Papato  Romano.  Le  sue  idee,  appena  indicate,  in- 
torno a  un  perfezionamento  progressivo  del  principio  della 
natura  umana  in  una  vita  futura  e  sulla  partecipazione 
di  tutti  gli  uomini  nello  spirito  di  Dio,  aprono  la  via  a 
un  ulteriore  sviluppo  del  Vero  cristiano.  Per  lui,  il  Pa- 
pato non  era  se  non  un  problema  d'  ordinamento  spiri- 
tuale. Né  rifuggiva  dal  sottomettersi  ad  esso,  purché  non 
<  <>n  trastasse  ad  alcuno  de'   suoi  prediletti  pensieri. 

Le    idee    accennate    fin  qui  fermentano,  più    o  meno 
arditamente  manifestate,  nella  gioventù  d' Italia.    Iuten- 


262  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

the  youth  of  Italy.  Understanding  Dante  better  than 
the  men  who  write  about  him,  (#)  they  revere  him  as  the 
prophet  of  the  nation,  and  as  tbe  one  who  claims  for 
Italy  not  only  the  sceptre  of  modem  poetry,  but 
the  initial  thought  in  modera  philosophy.  But  in 
the  time  of  Dante,  in  the  midst  of  that  whirlwind 
of  personal  and  locai  passions  which  intercepted  ali 
view  of  the  future,  who  understood,  who  could  under- 
stand,  thoughts  like  those  which  he  bore  within  his 
soul?  And  what  must  have  been  his  life  in  the 
midst  of  elements  discordant  from  his  ideal,  wlien, 
in  his  native  city,  he  could  fìnd  only  two  just  men, 
himself  perhaps,  and  his  friend   Guido  both  niisun- 

(*)  M.  Balbo,  who  by  tbe  way  does  not  believe  tbe  unity 
of  Italy  possible,  dismisses  tbe  book  '  De  Monarchia  '  witb 
the  sentence  '  un  tessuto  di  sogni.  '  M.  Cesare  Cantù,  in  bis 
'  Margherita  di  Pusterla,  '  calls  it,   '  abbiettissimo  libro.  ' 


dendo  Dante  più  assai  che  non  gli  scrittori  di  libri,  (*) 
i  nostri  giovani  venerano  in  lui  il  profeta  della  Nazione 
e  1'  uomo  che  diede  all'  Italia  non  solamente  lo  scettro 
della  poesia  moderna,  ma  il  pensiero  iniziatore  d' una 
nuova  filosofia.  Ma  nell'  età  di  Dante,  in  quel  turbine  di 
violenti  passioni  personali  e  locali  che  involava  all'  oc- 
chio il  futuro,  chi  mai  intese,  chi  poteva  intendere  pen- 
sieri come  quelli  eh'  ei  volgeva  nell'  anima  ?  E  per  qual 
vita  gli  fu  forza  di  trascinarsi  di  mezzo  a  elementi  di- 
scordi dal  suo  ideale,  quando,  nella  città  nativa,  ei  non 
trovava  che  soli  due  giusti  —  e  forse  alludeva  a  se  stesso 

(*)  Balbo,  incredulo  com'  egli  è  nell'  Unità  Italiana,  tra- 
scorre sul  libro  de  Monarchia,  battezzandolo  un  tessuto  di  SO" 
gni.  Cesare  Cantò,  nella  Margherita  di  Pusterla,  lo  chiama  ab- 
biettissimo libro. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  263 

derstood  {Inf.,  VI,  13) — between  an  idea  as  vast  as 
the  world,  and  a  powerlessness  to  realise  it,  which 
became  every  day  more  and  more  apparent  ! 

It  was  a  tragical  life — tragical  from  the  real  ills 
that  assailed  him  one  after  another — from  the  lone- 
ly  thought  which  ate  into  his  soni,  becanse  there 
was  none  whom  he  might  inspire  with  it.  At  the 
age  of  24  (1290),  he  lost  Beatrice,  after  having  seen 
her  in  the  arms  of  another  ;  at  the  age  of  thirty, 
towards  the  end  of  1295,  he  lost  Charles  Martel,  to 
whom  he  was  attached  by  a  warm  friendship  ;  and 
Forese  Donati,  whom  he  loved  stili  more  tenderly;  (t) 
five  years  afterwards  he  was  Priore,  and  forced  by 
his  duty  as  a  citizen  to  provoke  the  hatred  of  the 

(+)  Parad.,  viii. ,  55,  and  follo wing  lines.  Purg.,  xxiii,  76,  eto. 
Vita  Nuova.  '  Piget  me  cunctis,  sed  pietatem  maximam  ilio- 
rum  habeo  quicunque  in  exilio  tabescentes,  patriam  tantum 
sommando  revisunt.  '  —  De  Valg.,  ii.,  e.  6.  Lio  nardo  Aretino, 
Vita  di  Dante. 


e  all'amico  Guido  —  fraintesi  ambi  dal  popolo  (In/.,  VI,  13) 
—  tra  una  idea  vasta  come  il  mondo  e  una  impotenza 
a  tradurla  in  fatto  che  i  giorni  e  gli  eventi  gli  rive- 
lavano più  sempre  fatale  ! 

La  sua  fu  davvero  una  tragica  vita  :  tragica  per  le 
sventure  reali  che  non  cessarono  d'  assalirlo  —  pel  pen- 
siero solitario  che  gli  divorava  lentamente  1'  anima,  dac- 
ch'  ei  non  trovava  in  chi  potesse  versarlo.  All'  età  di 
ventiquattro  anni  (1290),  ei  vide  morir  Beatrice  dopo 
averla  veduta  nelle  braccia  d' un  altro  :  a  trent'  anni, 
verso  la  fine  del  1295,  ei  perdo  Carlo  Martello  a  cui  lo 
stringeva  una  calda  amicizia,  e  Forese  Donati  eh'  egli 
:im.-i  va  più  teneramente  (Parad.,  Vili,  55  e  seg.  e  altrove). 
Cinque  anni  dopo  egli  era  Priore  e  costretto  dal  dovere 


264  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

two  parties  wbo  harassed  Florence,  by  banishing 
their  chiefs  at  the  sanie  tinie,  also  that  of  Boni- 
face  Vili,  and  of  ali  the  Menda  of  Charles  de  Valois  ; 
whose  mediation  he  eaused  to  be  refused.  Guido 
Cavalcanti,  for  sixteen  years  his  best  friend,  died  the 
sanie  year,  and  two  years  after  this  began  for 
Dante  the  Hell  of  Exile — that  slow,  bitter,  Unger  - 
ing  death,  which  none  can  lcnow  bnt  the  exile  liim- 
self — that  consuinption  of  the  soul,  which  has  only 
one  hope  to  console  it.  Accnsed  on  the  strength  of 
a  forged  docnnient,  and  even  whilst  he  was  ambas- 
sador  to  Boniface  Vili,  of  extorting  money,  he  was 
sentenced  to  make  pecuniary  repara tion,  and  to  two 
year's  banishment.    His  house  was  given  up  to  pil- 


di  cittadino  a  provocarsi  contro  V  odio  delle  due  parti 
che  laceravano  Firenze  imponendo  il  bando  ai  loro  capi, 
e  1'  odio  di  Bonifazio  Vili  e  di  tutti  gli  amici  di  Carlo 
di  Valois,  procacciando  che  se  ne  respingesse  la  media- 
zione. Guido  Cavalcanti,  il  migliore  amico  eh'  egli  avesse 
per  sedici  anni,  moriva  in  quel  torno  egli  pure,  e  due 
anni  dopo  cominciava  per  Dante  V  Inferno  dell'  Esilio  — 
morte  lenta,  amara,  angosciosa  (£)  che  nessuno  dall'  esule 
infuori  può  intendere,  etisia  dell'  anima  che  non  ha  con- 
forto fuorché  d'  una  sola  speranza.  Accusato,  sulla  fede 
d'  un  documento  falsato,  e  mentre  egli  era  ambasciatore 
a  Bonifazio  Vili,  d'  avere  estorto  danaro,  ei  s'  udì  con- 
dannato a  una  ammenda  pecuniaria  e  a  due  anni  di  bando. 
La  sua  casa  fu  data  al  saccheggio   e    le  sue  terre  anda- 


(ly  «  Piget  me  ounetis,  sed  pietatem  maximam  illorum 
habeo  quicunque  in  exilio  tabescentes,  patriam  tantum  som- 
mando revisunt.  »  De  Vulg.  El.,  II,  e.  6.  Lion.  Aret.,  Vita 
di  Dante. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  265 

lage,  and  his  lands  devastated.  Three  inonths  after - 
wards,  enraged  that  he  had  neither  paid  the  fine,  nor 
sought  to  justify  himself,  his  eneinies  condemned 
hini  to  be  bumt  to  death  :  ubique  comburatur  sic  quod 
moriatur.  Then  began  his  life  of  wandering  and  dis- 
appointments  ;  he  went  from  province  to  province, 
from  city  to  city,  from  court  to  court,  to  see  if 
among  the  heads  of  parties,  among  warriors  of  renown 
he  might  find  a  man  who  could  or  would  save  Italy, 
and  he  found  no  one.  The  desire  and  ambition  might 
exist  in  some,  but  they  were  unequal  to  the  task. 
Every where  he  found  a  want  of  enlightenment  ;  some- 
times  he  was  treated  with  contempt.  Poverty  assailed 
him:  '  urget  me  rei  familiaris  egestas. ;  (#)  He  was  almost 
reduced  to  beg.  Like  a  ship  without  sail  or  rudder, 
he    was    driven   through    every    port,   harbour    and 

(*)  Ep.  Kani  Grandi  de  Scala. 


rono  devastate.  E  tre  mesi  dopo,  inferociti  perdi' ei  non 
pagava  V  ammenda  e  sdegnava  giustificarsi,  i  suoi  nemici 
gli  avventarono  contro  una  sentenza  di  rogo,  ubique  com- 
buratur sic  quod  moriatur.  Allora  cominciò  per  lui  una 
vita  di  pellegrinaggi  e  di  delusioni  rinascenti  a  ogni  tanto. 
Errò  di  provincia  in  provincia,  di  città  in  città,  da  una 
corte  ad  un'altra,  a  vedere  se  tra  i  capi  di  parte,  tra  i 
guerrieri  illustri,  ei  potesse  trovare  un  uomo  che  potesse 
e  volesse  salvare  l'Italia  —  e  fu  indarno.  Esisteva  forse 
in  rallini  il  desiderio,  l'ambizione;  il  Genio,  la  potenza 
in  nessuno.  Ei  trovò  in  tutti  pochezza  d' intelletto  ;  ta- 
lora, fu  trattato  sprezzantemente.  La  povertà  lo  assalse  : 
urget  me  rei  familiaris  egestas.  ({)  Apparve  talvolta  in  sem- 

(»)  Ed.   Kani  Grandi  de  Scala. 


266  OPKllK    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

shore,  by  the  bléak  and  bitter  wind  of  grievous 
poverty.  (t)  He  bore  ap  against  it  ali.  His  adversity 
was  great,  but  he  was  great  as  his  adversity.  He 
who  had  loved  so  well,  was  alone,  and  without  a 
single  beloved  hand  to  soothe  with  its  caress  his  brow, 
burning  with  the  feverish  thoughts  of  genius  ;  he 
whose  heart  was  so  great,  so  gloriously  proud,  in  perii 

(t)  Per  le  parti  quasi  tutte,  alle  quali  questa  lingua  si 
stende,  peregrino,  quasi  mendicando,  sono  andato,  mostrando 
contro  a  mia  voglia  la  piaga  della  fortuna,  che  suole  ingiu- 
stamente al  piagato  molte  volte  essere  imputata.  Veramente 
io  sono  stato  legno  senza  vela  e  senza  governo,  portato  a  di- 
versi porti  e  foci  e  liti  dal  vento  secco  che  vapora  la  dolo- 
rosa povertà  ;  e  sono  apparito  agli  occhi  a  molti  che  forse 
per  alcuna  fama  in  altra  forma  m'  aveano  immaginato  ;  nel  co- 
spetto de'  quali  non  solamente  inyilio,  ma  di  minor  pregio  si 
fece  ogni  opera  si  già  fatta  come  quella  che  fosse  a  fare.  — 
Convito. 


bianza  di  quasi  mendico.  (*)  E  nondimeno  stette  fermo, 
eretto  contro  i  colpi  della  fortuna.  Le  sue  sventure  erano 
grandi,  ma  egli  era  grande  com'  esse.  Con  un'  anima  piena 
d' amore,  egli  era  solo,  senza  uria  mano  amica  che  gli 
accarezzasse  la  fronte  ardente  della  febbre  del  Genio.  Con 
un  core  sdegnosamente  grande  e  altero,  egli    era  ridotto 

(1)  «  Per  le  parti  quasi  tutte,  alle  quali  questa  lingua  si 
stende,  peregrino,  quasi  mendicando,  sono  andato,  mostrando 
contro  a  mia  voglia  la  piaga  della  fortuna,  che  suole  ingiu- 
stamente al  piagato  molte  volte  essere  imputata.  Veramente 
io  sono  stato  legno  senza  vela  e  senza  governo,  portato  a  di- 
versi porti  e  foci  e  liti  dal  vento  secco  che  vapora  la  dolorosa 
povertà  ;  e  sono  apparito  agli  occhi  a  molti  che  forse  per  al- 
cuna fama  in  altra  forma  m'  aveano  immaginato  ;  nel  cospetto 
de'  quali  non  solamente  invilio,  ma  di  minor  pregio  si  fece 
ogni  opera  si  già  fatta  come  quella  che  fosse  a  fare.  »   Convito. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  267 

of  his  life,  was  reduced  to  beg,  at  the  gates  of  nien 
whom  perhaps  he  despised  at  the  bottoni  of  his  soul 
for  the  '  bitter  bread.  7  He  who  bore  withiii  him- 
self  the  soni  of  Italy,  was  misunderstood  by  the 
whole  nation,  but  he  did  not  yield  ;  he  wrestled 
like  a  brave  man  against  the  world  without,  and 
ended  by  conquering  it.  If  for  a  moment  he  seemed 
to  be  borne  down  by  the  fnry  of  the  storni,  it  was 
only  to  rise  up  again  great  as  before. 

Come  la  fronda,  che  flette  la  cima 
Nel  transito  del  vento,  e,  poi,  si  leva 
Per  la  propria  virtù,    che    la   sublima. 

(Parad.,  xxvi.,  85). 

Taking  refnge  in  his  conscience  :  '  sotto  Pusbergo 
del  sentirsi  puro  ? — graving  by  night  his  noble  ven- 
geance  in  the  immortai  pages  which  he   could   only 


chiedere  a  uomini,  eh'  ei  forse  nel  profondo  del  core 
sprezzava,  il  pane  che  sa  di  sale.  E  portava  con  sé  l'ani- 
ma dell'  Italia,  e  nondimeno,  era  frainteso  dall'intera  na- 
zione. Ma  non  piegò  :  lottò  da  prode  *  contro  il  mondo 
esterno  e  n'  ebbe  vittoria.  Se  tal  rara  volta  ei  sembrò 
vinto  dal  furore  della  tempesta,  risorse  bentosto  più  forte 
di   prima: 

Come  la  fronda,  che  flette  la  cima 
Nel  transito  del  vento,  e,  poi,  si  leva 
Per  la  propria  virtù,    che   la   sublima. 

Parad.,  XXVI. 

Togliendo  rifugio  nella  propria  coscienza,  sotto  V  u- 
sbergo  del  sentirsi  puro,  incidendo  la  notte  nelle  pagine 
immortali,  cli'ei  non  poteva  dare  al  mondo  se  non  dopo 


268  OPERE   MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

throw  to  mankind  as  he  descended  to  the  toinb,  (*)  he 
kept  himself  faithful  to  his  God,  to  his  purpose.  to 
himself.  Nothing  could  bend  or  corrupt  his  soul.  It 
was  like  the  diamond,  which  can  only  be  conquered 
by  its  own  dust. 

If  the  pain  had  not  been  within  himself,  no  ad- 
versity  which  came  from  without  could  have  distur- 
bed  this  tetragonal  being,  who  was  born  to  suft'er 
and  to  act.  He  was  made  to  govern,  not  to  submit 
or  modify  himself;  endowed  with  an  immense  power 
of  will,  and  a  patience  beyond  ali  proof — inflexible 
from  conviction,  cairn  from  the  strength  of  his  de- 
cision.  Whenever  we  think  on  the  life  of  Dante,  he 
reminds  us,  not  of  Luther  himself,  but  of  his  beau- 
tiful words  :  i  Weil  weder  sicher  noch  gerathen  ist, 
etwas  wider  gewissen  zu  thun,  hier  stehe  ich;  ich  kann 

(*)  Parad.,  xxvii.,  55,  et  seqq.  Purg.,  xi.,  133.,  et   seqq. 


la  tomba,  (*)  la  nobile  sua  vendetta,  ei  si  serbò  fedele  al 
suo  Dio,  al  suo  fine,  a  se  stesso.  Nulla  valse  a  piegare 
o  a  corromper  quell'  anima.  Come  il  diamante,  essa  non 
poteva  esser  vinta  fuorché  dalla   propria  polve. 

Né,  se  il  dolore  gli  fosse  venuto  dal  di  fuori  soltanto, 
avrebbe  potuto  modificare  anche  per  poco  quell'  essere 
tetragono,  temprato  a  patire  e  a  fare.  Egli  era  nato  a  pa- 
droneggiare più  che  a  soggiacere  :  dotato  di  volontà  po- 
tentissima, di  pertinace  pazienza,  di  convinzioni  infles- 
sibili, e  di  tranquilla  risoluta  determinazione.  A  me  la 
sua  vita  ricorda  a  ogni  tanto,  non  Lutero  eh'  era  di  na- 
tura profondamente  dissimile,  ma  le  sue  belle  parole  : 
dacché  non  è  sicura  cosa  né  giusto  operare  contro  coscienza, 

(A)  Farad.,  XXVII,  55  e  seg.  Purg.,  XI,  133  e  seg. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  269 

nicht  anders.  Gott  helfe  mir.  Amen.  ?  He  was  of  a 
cast  of  character  to  recognise  no  law  but  his  con- 
science,  and  to  recur  for  aid  to  none  but  God.  His 
soul  was  naturally  loving,  but,  superior  as  he  was 
to  ali  his  contemporaries,  it  was  the  human  species 
he  loved — Man,  as  one  day  he  will  be, — but  from 
the  inen  who  swarmed  around  nini,  and  whom,  with 
a  very  few  exceptions,  he  did  not  esteem,  he  could 
expect  no  companionship  for  his  inner  life.  When 
in  the  Purg.  (xi,  61,  et  seqq.  (#)  Omberto  of  the 
Counts  of  Santafìora,   says  to  him,  — 

(*)  We  are  decidedly  of  the  opinion  put  forth  by  Foscolo, 
that,  with  the  exception  of  some  fragments,  the  poem  was 
uever  published  by  Dante  ;  for  proof  of  this,  see  the  '  Di- 
scorso sul  testo.  ' 


io  qui  sto  tale  quaV io  mi  sono',  né  altro  posso.  Dio  m'aiuti. 
Amen.  (l)  E  Dante  era  tale  da  non  accettar  legge  fuorché 
dalla  propria  coscienza  né  aiuto  fuorché  da  Dio.  Avea 
l'anima  amante,  ma  superiore  com'  ei  si  sentiva  ed  era 
a'  suoi  coetanei,  il  suo  amore  si  versava  sulla  specie 
umana,  sull'  Uomo  come  un  giorno  sarebbe  :  cogli  uomini 
che  s'  agitavano  intorno  a  lui  e  dei  quali,  pochissimi  ec- 
cettuati, ei  non  poteva  far  conto,  ei  non  avea  comunione 
d' intima  vita.  Quando  nel  Purgatorio  (XI,  61,  e  seg.),  (2) 
Omberto  dei  Conti  di  Santafìora  gli  dice  : 

(*)  «  Weil  weder  sicher  noch  gerathen  ist,  etwas  wider 
gewissen  zu  thun,  hier  stehe  ich  ;  ich  kauu  nicht  anders.  Gott 
helfe  mir.  Amen.  » 

(*)  Mi  giovi  qui  notare  com'  io  parteggi  deliberatamente 
per  T  opinione  di  Foscolo,  che,  da  pochi  frammenti  infuori, 
il  poema  non  fu  mai  fatto  pubblico  da  Dante.  Vedi  le  prove 
nel  Discorso  eul  Testo. 


270  nl'KKE    MINORI    DI    DANTK.  [1844] 

L'  antico  sangue  e  1'  opere  leggiadre 
De'  miei  maggior  mi  fer  si  arrogante, 
Che,  non  pensando  alla  comune  madre, 

Ogn'  uomo  ebbi  in  dispetto  tanto  avante, 
Ch'  io  ne  mori'.  — 


Dante  bows  his  head,  one  would  say  that  he  felt 
contempt  for  ali  men  springing  up  in  his  heart,  as 
once  in  Omberto's.  He  loved  glory,  he  does  not 
conceal  it — bnt  it  was  not  so  much  renown,  that 
herb's  colour,  as  he  says,  which  the  sun  first  makes 
green  and  then  withers  (*) — as  the  glory  of  triumph 
over  aecomplished  aiuis — the  sanction  of  those  who 
should  cali  ancient  the  times  in  which  he  lived.  He 
desired  to  live  in  the  future,  in  the  second  life.  He 
desired  that  his  thoughts  might  descend  like  an 
inspiration   into   the  hearts  of  his    successors    here 

(*)  Purg.  xi,   115,  See   also  v.    100,  et  seqq. 


L'  antico  sangue  e  1'  opere  leggiadre 
De'  miei  maggior  mi  fer  si  arrogante, 
Che,  non  pensando  alla  comune  madre, 

Ogn'  uomo  ebbi  in  dispetto    tanto    avante, 
Ch'  io  ne  mori', 

Dante  china  in  giù  la  faccia  ;  e  diresti  eh'  ei  si  con- 
fessasse nel  suo  segreto  reo  della  stessa  colpa.  Amava  la 
gloria,  e  non  lo  dissimula;  ina  non  tanto  la  rinomanza 
eh'  ei  paragona  a  colore  d'  erba  inverdita  e  discolorata 
dal  sole  (Purg.,  XI),  quanto  la  gloria  del  trionfo  sugli 
ostacoli  che  s'  attraversano  al  fine  e  la  conferma  di  quei 
che  chiamerebbero  antico  il  tempo  nel  quale  ei  viveva. 
Ei  bramava  vivere  nel  futuro,  nella  seconda  vita-,  e  che  i 
suoi  pensieri  potessero  scendere  come  una  ispirazione  al 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  271 

below.  The  grand  thought  of  a  mutuai  responsibi- 
lity  joining  in  one  bond  the  whole  human  race  was 
ever  and  ever  floating  before  his  eyes.  The  connec- 
tion between  this  world  and  the  next,  between  one 
period  of  life  and  the  remainder,  is  brought  for- 
ward  every  moment  in  the  poem:  a  feeling  of  ten- 
derness,  engendered  by  this  idea,  gleams  across  the 
1  Purgatorio,  ?  and  almost  finds  its  way  into  the 
'  Inferno.  ?  The  spirits  there  anxiously  ask  for  tid- 
ings  of  Earth,  and  desire  to  send  back  news  of 
themselves.  (*)  He  loved  Florence; — the  place  of  his 
birth — the  tempie,  which  he  calls  "  his  beautiful 
St.  John,  "    where   he    one    day   broke    a  baptismal 

(*)  Inf.  and  Purg.  passim.  The  line  sentiraent  expressed  in 
the  linea,  "  A'  miei  portai  l'amor  che  qui  raffina,  "  which  are 
spoken  by  Corrado  Malespina,  in  the  Vili  eh.  of  Purg.,  has 
been  almost  universally  misundorstood. 


core  dei  posteri.  La  grande  idea  d'  una  mutua  responsa- 
bilità, vincolo  d'  unione  per  tutta  quanta  la  razza  umana, 
gli  stava  l'issa  nell' animo.  La  coscienza  d'un  nesso  tra 
il  nostro  mondo  e  un  altro,  tra  un  periodo  della  vita  e 
quei  che  devono  seguirlo,  traspare  a  ogni  tanto  nel  suo 
Po'  ina:  un  senso  di  tenerezza  generato  da  quella  fede 
invado  il  Purgatorio  e  penetra  quasi  nelle  regioni  infer- 
nali eh'  ei  visita;  i  dannati  chiedono  ansiosi  nuove  della 
Terra  perduta  e  bramano  d'  essere  ricordati  ai  viventi.  (l) 
Amava  Firenze  —  il  luogo  del  suo  nascimento  —  il  tem- 
pio ch'egli  chiama  il  suo  bel  San  Giovanni,  e  ove  ruppe  un 

/.  e  /'"'•'/.  in  piu  Luoghi.  Il  bel  sentimento  espresso 
nel  verso:  A'  miei  portai  V  amor  che  qui  raffina,  proferito  da 
Corrado  Bialespina  nel  e.  Vili  del  Purg.  fu  quasi  uuiversal- 
nu-iit.-  frainteso. 


272  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  [1844] 

font  to  save  a  child  frora  drowning,  are  recollected 
witb  profound  regret  : — he  did  not  love  the  Floren- 
tines,  and  inscribed  at  the  head  of  his  poem,  the 
words  omitted  in   ali  editions,    Foscolo's  excepted  : 

FLORENTINUS  NATIONE,  NON  MORIBUS. 

A  man  of  the  middle  ages,  and  endowed  with 
ali  the  strong  passions  of  that  time — he  knew  what 
revenge  meant.  When  Geri  del  Bello,  his  relation, 
passed  him  without  looking,  he  says  with  sorrow — 

la  violenta  morte, 

Che  non  gli  è  vendicata  ancor,    diss'  io, 
Per  alcun,  che  dell'  onta  sia  consorte, 
Fece  lui  disdegnoso  ;  onde  sen  gio 
Senza  parlarmi. 

Infer.  XXIX,  31,  et  seqq. 


giorno,  per  salvare  un  fanciullo  che  v'annegava,  il  fonte 
battesimale  :  non  amava  i  Fiorentini  e  scriveva  in  capo 
al  Poema  le  parole  omesse  in  tutte  le  edizioni  fuorché 
nella  Foscoliana  : 

Floretinus  natione,  non  moribus. 

Uomo  delle  età  di  mezzo  e  animato  da  tutte  le  forti 
passioni  dei  tempi,  ei  sapeva  ciò  che  significava  vendetta. 
Quando  Geri  del  Bello,  di  lui  congiunto,  gli  passa  vicino 
senza  guardarlo,  ei  dice  con  dolore  : 

la  violenta  morte, 

Che  non  gli  è  vendicata  ancor,  diss'  io, 
Per  alcun,  che  dell'  onta  sia  consorte, 

Fece  lui  disdegnoso  ;  onde  sen  gio 
Senza  parlarmi. 

Inf.,  XXIX,  31  e  seg. 


[1844]  OPERE    MINORI    DI    DANTK.  273 

But  he  had  too  much  greatness  in  Iris  soni,  and 
too  in  neh  pride  it  inay  be?  to  make  revenge  a  per- 
sonal inatter — he  had  nothing  but  contempt  for  his 
own  enemies,  and  never,  except  in  the  case  of  Bon- 
iface  Vili,  whoni  it  was  necessary  to  puuish  in  the 
name  of  religion  and  of  Italy,  did  he  place  a  single 
one  of  his  enemies  in  the  Inferno — not  even  his 
jndge,  Gante  Gabrielli.  The  l  non  ragioniam  di  lor, 
ina  guarda  e  passa,  '  which  in  the  beginning  of  his 
poem  he  applies  to  those  who  have  beeu  worthy 
neither  of  heaven  nor  hell,  appears  to  have  been 
his  own  mie  towards  Iiis  enemies.  Strong  in  love 
nini  strong  in  hatred,  it  is  never  love  of  himself 
nor  hatred  of  others.  Life  appeared  to  him  with  too 
few  charms  for  him  to  attach  much  iniportance  to 
nny  thing  personal;  it  was  the  love  of  right  and 
hatred  of  wrong  that  animated  him.  When  he  speaks 
of  death   it  is  never  with  that  egotistical  fear,  min- 


ila albergava  troppo  grandezza  —  forse  troppo  orgoglio 
—  nell'anima  sua.  perch'  ei  potesse  far  scendere  il  ven- 
dicarci alle  offese  personali:  ei  non  sentiva  che  disprezzo 
pe'  suoi  nemici,  né  mai,  tranne  Bonifazio  Vili  che  biso- 
gnava punire  in  nome  d' Italia  e  della  religione,  ei  col- 
loco mi  solo  de'  suoi  persecutori  —  neppure  Cante  Ga- 
brielli —  in  Inferno.  Il  non  ragioniam  di  lor,  ma  guarda 
e  passa  applicato  da  lui,  sul  cominciamento  del  Poema, 
all«  anime  immeritevoli  dell'inferno  e  del  cielo,  sembra 

•  stata  sua  norma  invariabile  co'  propri  nemici.  Eira 
èapaet  d'amore  potente,  ma  non  di  sé  —  d'odio  potente, 
ma  non  a  individui:  la  vita  non  gli  era  si  cara  né 
dolce    da     fargli    attribuire    grande     importanza    a    cose 

mali;  però  amava  la  giustizia  e  abborriva  il  male. 
Guardava     in    faccia     la    morte    libero    di     quell'egoismo 

Mazzini,  Scritti,  ver.,   voi.    XXIX   (i^n.-rutiint,   voi.   V).  18 


271  <>i-ki:i.    MINORI    Di    i>.\\m:.  1844] 

gled  with   egotistical  hope.  w  li  idi  appearg  in  every 

tu  ni  of  IVtrarclrs  pocms;  and  stili  more  in  bis  let- 
tci's.  ami  alsoin  the  writings  of  Boccaccio.  It  appear- 
ed  to  bini  of  more  importarne  to  make  baite  feo 
aecomplish  bis  mission  upou  eàrtb,  than  t<>  meditate 
upon  the  inevitable  hour  which  marks  l'or  ali  men 
the  beginning  of  a  new  work.  Sometimes  he  wishes 
Cor  it,  (t)  but  it  is  only  because  he  sees  evil  bakiitg 
possession  more  and  more  of  the  places  where  bis 
mission  was  appointed.  The  point  about  which  he 
concerned  himself  was  not  the  length  or  tlie  short- 
ness  of  lite,  not  happiness  or  misery  : — it  was  the 
end  for  which  lite  was  given.  He  felt  ali  there  was 
of  divine  and  creative  in  action,  he  wròte  as  he 
would  bave  acted,  and  the  pen  in  bis  band  becaine. 
as  we  bave  said,  like  a  sword — and  it  is  in  truth 
a  sword  that  he  places  in  the  band  of  xHomek.  the 

(t)   Pura.,   XX..    10.    11. 


di  paure  e  speranze  che  trapela  ad  ogni  ora  dalle 
poesie  di  Petrarca,  dalle  sue  lettere,  e  dagli  scritti  del 
Boccaccio.  Sembrava  a  lui  di  maggior  momento  affret- 
tatesi a  compire  la  propria  missione  sulla  terra  che  non 
contemplare  trepido  o  voglioso  V  ora  inevitabile  che 
segna  per  tutti  il  cominciamento  d'  un'  altra.  E  se  talora 
•egli  accenna  a  stanchezza  di  vita  (Purg^  XX.  10.  14), 
tu  senti  che  la  cagione  sta  nell'  ampliarsi  trionfante  del 
male  sui  luoghi  dov'  egli  avrebbe  voluto  operare.  Non 
gli  caleva  se  i  giorni  dovessero  corrergli  lunghi  o  brevi. 
ma  del  Jlne  oh'  era  ad  essi  assegnato.  Perdi'  ei  sentiva 
Dio  nella  vita  e  la  virtù  creatrice  nell'azione:  scriveva 
come  avrebbe  operato:  e  la  penna,  come  dissi,  somiglia 
nelle  sue  mani  una  spada  —  né  a  caso  ei  pone  una  spada 


[1844  OPKRK    MINORI     1>I     DANTE.  L'75 

sovereign  poet.  f1)  Ho  wrestled.  when  it  was  against 
nothingelse.  witli  hhnself — against  the  wanderings  ef 
hi.s  understanding  (') — against  the  fire  of  the  poet  (:{) — 
against  the  t'my  of  his  pussions.  The  puiincation 
òf  héart  by  which  he  passed  froin  the  hell  o€ 
struggle  r<>  the  heaven  of  victory,  to  the  calm  of 
peace  by  the  sacrifice  of  hope  frotn  his  earthly 
lite —  In  violenta  e  disperata  pace — is  admirably 
sbown  in  this  poem  vrhére  so  manv  things  are 
shown.  With  a  character  guch  as  we  havTe  ske- 
r<-lieil.  haughry.  disdainfnl,  nntamable — as  the  opinion 
Of  his  contemporaries,  even  throngh  imaginarv  a- 
ne&dotes,  tells  us — look  in  g  upon  hiinself  ae  belonging 


(! .  Int..    IV..  86  et  seqq. 
(-)   Inf.,    XXVI..   21. 

(:;)   Puro.,    xxxiii..    111. 


in  mano  ad  Omero,  il  poeta  sovrano  (  /»/.,  IV.  84ì  e  seg). 
Ei  Lottava,  quando  non  con  altro,  con  .se  stesso  —  con- 
tro i  traviamenti  del  proprio  intelletto  ('/»/..  XXVI.  21) 
—  contro  l'ardore  soverchio  «li  poesia  «-Ite  lo  agitava 
(l'uni..  \XXIII,  Iti)  —  contro  il  furore  delle  passioni 
che  gli  fremevano  dentro.  La  purificazione  dell'anima 
attraverso  aliti  «piale  ei  trapassò  dall'inferno  della  bat- 
taglia al  cielo  della  vittoria,  itila  ettlnia  di  ehi  ha  fatto 
Sttgrificio    della    sj>er;in/.a. 

In   violenta  t  disperata  poet 

e  splendidamente  additata  nel  Poèma  Sacro.  Ooa  un'in- 
dole  «piale    In»   tentato     indicati,     altera.    sdegnosa,     indo- 

m abile    —  ed  è  quella    di' esce    dalle    testisaoniance,  de- 

an<  lie     fondate     mi      novelle     e      aneddoti      mal     sicuri. 

de1  contemporanei       colla  ooseiensa  d'appartenere  ai  pò- 


L'7f>  OPERH    MINORI    1>I    DANTE.  [1844] 

to  tln»  amali  number  of  privileged  beings  endowed 
with  high  uudferstanding,  and  worthy  of  the  comi- 
munion  of  the  Holy  Spirit — lesa  calculated  and  in- 
tendaci to  be  governed  by  lawx.  than  to  control  them  (*) 
—  Dante  evidently  was  one  of  those  meo  whò  pass 
unscathed  and  ereet  through  the  most  criticai  oon- 
junctures.  and  never  bow  the  knee  except  to  the 
principio  that  works  within.  That  power  he  adorni 
with  a  trembling  and  religious  fervour  — Deus  J'or- 
tlor  : — he  had  experienced  every  fraine  of  niind  that 
passes,  from  the  moment  when  a  thought  appears  tbr 
the  first  time  in  the  soul's  horizon,  down  to  that 
when  it  incarhates  itself  in  the  man  ;  takes  posses 
sion  of  ali  bis  faculties,  and  cries  to  him  •  Thou 
art  mine.  ' 

It  was  the  dust  of  the  diamond — the  hidden  mys- 
terious  pain  of  Genius,    so    real,  and    yet.    from   iti 

(1)  Ep.   (leti,   ad   Kaiiem. 


cliissimi  privilegiati  d'intelletto  singolare  e  di  comunione 
collo  Spirito  di  Dio  —  impaziente  delle  leggi  altrui  e 
ordinato  a  innovarle  (Ep.  ded.  ad  Kaiiem)  —  Dante  era 
evidentemente  uno  di  quegli  uomini  che  passano  invio- 
lati, incontaminati,  attraverso  le  più  gravi  e  pericolose 
vicende,  né  piegano  mai  il  ginocchio  se  non  a  quella 
potenza  che  spira  dentro.  E  quella,  ei  1'  adorava  con  tre- 
mito e  fervore  di  religione  —  Deus  fortior  :  —  egli  aveva 
corso  ogni  stadio  sulla  via  del  pensiero,  da  quello  che  lo 
vede  sorgere  la  prima  volta  incerto  e  mal  definito  sul- 
V  orizzonte  dell'  anima  fino  a  quello  in  cui  esso  s' incarna 
nell'  uomo,  s' insignorisce  di  tutte  le  sue  facoltà  e  gli 
grida  :  se1  mio. 

Era  la  polvere  del  diamante  —  il   segreto  misterioso 
patimento    del    Genio,  negato    o  frainteso  dai    più  —  il 


11844]  Ol'KRK    MINORI    DI    DANTE.  277 

verv  nature,  understood  by  so  few — the  torment  of 
catching  a  glinipse  of  the  ideal,  the  impossible  to  be 
reali  sed  in  tlii«  Ufi — the  Titanio  dreams  ofan  Italy,  at 
the  head  of  the  mo\  ementof  humanity.  an  angel  oflight 
among  the  nations — contraeteci  with  the  reality  ofan 
Italy  divided  within  herself,  deprived  ofher  tempora! 
head,  and  betrayed  by  her  spiritual  head — eoveted  by 
ali  strangers.  ;md  foo  often  prostituting  herself  to 
rheni — the  strength  to  guide  nien  towards  good.  and 
troni  circumstances  and  the  sway  of  egotistical  pas- 
sions.  no  «me  to  be  gnided — fìghfings  within,  between 
taitlì  and  donbt? — it  was  ali  these  that  changed  the, 
author  of  the  *  Vita  Nuova  '  into  the  writer  of  the 
*  Inferno' — the  young  angel  of  peaceand  gentle  poei  rj . 
whose  teatures  Giotto  hax  preserved  to  us.  into  the 
Da?iT<'  witli  wliom  \\e  aie  familiari  the  Dante  come 
back  from  hell.  It  was  when  bowed  down  beneath 
this  internai  eonflict,  that  Dante  mie  day.  wan dering 


tormento  dell'avere  afferrato  un  concetto  dell'  ideale  e 
sentire  L'impossibilità  «li  tradurlo  in  realtà  nella  vita  — 
il  sogno  titanico  d'  una  Italia  gurdatrice  dell'  Umanità. 
angelo  di  luce  tra  le  nazioni  —  il  contrasto  d'una  Italia 
divisa,  priva  «li  capo  temporale  e  tradita  dalla  potestà 
spirituale,  guardata  avidamente  da  tutti  stranieri  e  presta 
a  prosi  it  ti  irsi  servilmente  ad  essi  —  il  senso  d'una  po- 
tenza capace  di  dirigere  altrui  al  bene  e  circostanze  av- 
ohe  la  condannano  a  consumarsi  sterile  e  inope 
tenzone  interna  continua  tra  il  dubbio  e  la  fede; 
e  fu  questo  che  mutò  l'autore  della  Vita  Kuova  nello 
lerittore  dell'  Inferno  —  il  giovine  angelo  «li  pace  e 
poesia  gentile  i  <-ui    lineamenti  «i    furono  conservati  «l:i 

Giotto    nel      Dani»     «die    la   tradizione    pili    iarda    ci    addita. 
Del    I>*nt«-    tornato   di    tramezzo   ai    dannati.  Curvalo    sotto 


278  <>i-ki:i.    MINOR]    i>i    i>anii:.  1844] 

aerosa  the  niountains  of  Lunigiatm.  knock  ed  al  the 
gate  of  the  inoiiast.erv  of  Santa  Croce  <  1  < *  1  Ootvo. 
The  moni  who  opened  it.  read  at  a  single  gl&nee 
ali  the  Ioni;-  Ili  story  of  inisery  on  the  lean  pale  •;•<•,' 
of  the  stranger.  "  What  doyou  seék  herel  "  sajd  he. 
Dante  ga/ed  amnnd.  witli  otte  of  tlioSe  looks  in 
which  the  soni  speaks  IVoni  within.  and  slowly  rep- 
lied — f<  Peace  " — Pagbm.  (#)  There  is  in  this  scene 
soinething  suggestive  of  thoughts  tua!  lead  np  to 
tlie  eternai  type  of  ali  tnartyrs  of  genius  and  love, 
praving  to  Ilis  Father.  to  the  Father  of  ali,  upon 
the  Momii  of  Olives,  l'or  peace  of  soni,  and  strengtfa 
far   Mie  sacri  tire. 

Peace, — nothing  either  monk  or  any  other  cre- 
ature   eonld  hestow  on   Dante.    It   was  ouly  the    un- 

(")  Letter    froni    Fra    Flavio   to    LTguceione  (Iella    Faggiola  ; 
v.   Trova.   <1<1    Veltro  Allegorico. 


quell'interno  conflitto,  un  giorno,  errante  fra  le  rupi  della 
Lunigiana,  Dante  batté  alla  porta  del  convento  di  Santa 
Croce  del  Corvo.  Il  monaco  che  gli  apri  lesse  d'  un  lampo 
una  lunga  storia  di  dolore  sulla  scarna  pallida  faccia 
dell'estranio  visitatore  :  che  cerchi  tu  qui  ?  gli  disse.  Dante 
guardò  attorno  d'uno  di  quei  sguardi  che  rivelano  l' a- 
niuia  e  replicò  lentamente:  Pacem.  (l)  O  m'inganno,  <> 
splende  su  questa  scena  un  non  so  che  di  mando  che 
avvia  il  pensiero  all'  eterno  tipo  di  tutti  i  martiri  del- 
l' Amore  e  del  Genio  quando  implorava  al  Padre,  al  Pa- 
dre di  tutti,  sul  monte  degli  Olivi,  la  pace  dell'  anima 
e  la  forza  di  compiere  il  sagrifìcio. 

Pace  —  né  monaco  alcuno  né  uomo    o    potenza   ter- 
restre potea  darla  a  Dante.  La  mano  invisibile  che  manda 

(*)  Lettera  di    Fra    Flavio    a    Uguccione    della    Faggiòla. 
V.    Veltro  Allegorico. 


[184J]  opkkk   Mixojtr   di    danti:.  279 

unseen  li  and,  which  sends  the  last  arrow,  that  could. 
as  Jean  Paul  says,  take  froni  hi*  head  tlie  Crown 
of  Thorns.  (*-) 

We  bave  endeavoured  in  tbe  foregoing  pages  to 
show  Dante  in  a  point  of  view  hitherto  too  mini» 
neglected  ;  and  whieh  is.  with  the  exeeption  of  the 
pn<i irai  s-iùe  of  bis  cbaraeter  (of  which  we  bave  uot 
to  speak  bere),  the  most  important  to  be  properly 
estimated.  We  bave  at  the  sanie  time  wished  to  as- 
gaage  the  astoniskmerit  of.  Al.  Labitte,  and  of  ali 
the  Labittos  of  the  day  "  a(  the  newly  kindled  en- 
thusiasni  with  which  this  epocli  studies  and  dives 
iato  the    old   Allighieri.   Iìesides  ali   that  whieJi    we 

i  )   ••  Mmt  das  Gran  ìst  nicht  tiri':  es    isi  (io-  teuehtenda 

i-irt   eines  Engels,   dee   una  siu-ht.  Wèon    di*'    uniVkaunre 

HaiKÌ   den    letzten     Pfeil    an    das    Haupl    des    Menscheii   sciuict, 

so   b&ekt    er    vorher  das    Haupt,   und  der   Pfei]    hebt   bloss  di© 

Dorneokrone  ron  seinen   Wnnden  ;il».  " 


L'attimo  strale    potea  sola,  come   die»-    Ricbter,    toglierli 
di  sul  rapo  la  Corona  di  Spine.  (M 

Ho  tentato  in  queste  pagine  di  mostrar  Dante  sotto 
un  aspetto  non  ancora  abbastanza  avvertito,  e  nondimeno 
il  pili  importante  forse  per  noi.  fio  risposto,  panni,  ad 
un  tempo,  alla  sorpresa  colla  quale  il  francese  Labitte 
e  i  cento  Labitte  della  giornata  guardano  al  nuovo  en- 
tusiasmo versato  dalla    giovine  generazione    intorno  alla 

vira    e     all'opero   «lei    vecchio   A I  li  gli  ieri.     Oltre    tutto   ciò 

(l)  «  Al)»*r  das  Gtrab  lat  nido  tief;  ea  isi  dee    leuohtenda 
Fnsstriti  <iio->  Engels,  dea  una    snent.   Weun  dio  onbekannte 
Band   dell    I<'t/,t<-n    Pfei]  au  das    Sanpt  dea  Menschen   semi- 
i»ii<-kt  ci   vorher  daa  Haupt,  and  det  Pfeil  hebi  btossfdiè  Doi 

Tonkroiio    voti   Hfiiii-ii    Wnnden   al».  »  —  .Ikan   Pati.  Kicutku. 


2$Ó  OPBRK     MINoHI      DI      DAMI.  |  1844] 

ali  look   for   in  the    genius  of  the    poet — the   [deal 
made  manifest,  —  his  soni, — the  soni  of  his  epodi. 
Italy  seeks  there  for  the  secret  of  her  nationality  " 
Europe  seeks  there  fòr  the  secret  of  Italy.  and  for  a 
prophecy  of  modem  thonght. 

Dante  has  found  peace  and  glory — the  crowa  of 
thorns  hag  long  since  fallen  off — that  thought,  which 
he  threw  like  seed  into  the  world.  has  sprung  np, 
and  developed  troni  centurv  to  century.  troni  day  t<> 
day. — his  soni,  which  did  not  tìnd  a  single  cebo  in 
its  course  nere  below,  holds  commiine  in  the  presene 
day  witfc  millions,  and  has  done  so  for  centnries. 
More  than  live  hundred  years  bave  passed  over  the 
country  of  Dante,  since  the  death  of  his  body:  years 
of  glory  and  of  shame  :  of  genius  and  intolerable 
mediocrity  :  of  turbulent  liberty  and  inorai  servi- 
tude  :  but  the  naine  of  Dante  has  remai  ned.  and  the 


che  gli  nomini  di  core  e  di  mente  cercano  d'epoca  in 
epoca  nel  genio  del  Poeta  —  una  potente  rivelazione  del- 
l'Ideale  —  l'anima  sua  —  l'anima  de'  suoi  tempi 
l'Italia  cerca  in  lui  il  segreto  della  sua  Nazionalità:  l'Eu- 
ropa, il  segreto  dell'  Italia  e  una  profezia  del  pensiero 
moderno.. 

Dante  trovò  pace  e  gloria  —  la  corona  di  spine  è 
caduta  da  lungo  dalla  sua  testa  —  Videa  ch'ei  cacciò 
come  germe  nel  mondo  s'è  svolta,  crescendo,  di  sècolo  in 
secolo,  di  giorno  in  giorno  —  la  di  lui  anima  che  non 
trovò  chi  le  rispondesse  nel  suo  passaggio  quaggiù,  ha 
in  oggi  comunione  con  milioni  d'  anime  nella  sua  terra. 
Pili  di  cinquecento  anni  passarono  sulla  patria  di  Dante 
dacché  la  di  lui  forma  si  sciolse  :  anni  di  glorie  e  ver- 
gogne :  di  torbida  libertà  e  di  mortale  servaggio  :  di  Ge- 
nio e  d'intollerabile  mediocrità.  Ma  il  nome  di  Dante  è 


[18441  OPERE    MINORI    DI    DANTE.  281 

severe  image  of  the  poet  stili  rules  the  destinies  of 
Italian  gencrations,  for  an  encouragement  and  for  a 
repròach.  Never  ìias  another  genius  been  so  brilliant 
that  it  so  uhi  eclipse  or  dim  the  splendour  of  that  of 
Dante:  never  has  there  been  a  darkness  so  profound, 
that  it  could  coneeal  this  star  of  promise  froin  Italian 
eyes  :  ueithor  tlie  profanations  of  tyrants  and  Jesuits, 
nor  tlis  violations  of  foreign  invaders,  have  been  able 
to  eifaee  it.  •  Sanctuin  Poetae  nomen  quod  nunquam 
barbarie*  violavit.  '  The  poem  was  ili  understood, — 
was  degraded  by  vnlgar  commentators  : — the  prose 
works.  in  wliieh  Dante  had  written  the  nationaì 
Thoughi  stili  more  explicitly.  were  forgotten — con- 
eealed,  by  a  suspicious  tyranny.  from  the  knowledge 
of  liis  fellow-citizens: — and  stili,  as  il  there  had 
been  a  compact,  an  interchange  of  secret  life  between 
the  natioD  and  its  poet.  even  the  common  people 
who  caimot  read  know  and  revere  bis  sacred  name. 
At  Porciano,  some    leagues   from  the  sonrce  of  the 


rimasto  e  la  severa  immagine  del  Poeta  governa  tutta- 
via, or  conforto  or  rimprovero,  i  fati  delle  generazioni 
d'Italia.  Ne  mai  splendore  d?  altri  Grandi  che  sorsero 
dopo  lui  potè  cancellarne  il  culto,  né  la  tenebra  d'al- 
cune età  o  la  profanazione  di  tiranni  e  gesuiti  o  l'in- 
ratione  straniera  coprirlo  d' obblio  :  sanctum  Poeta1  nomen 
tjuinì  iia.n<(uam  barbarie*  riolavit.ìì  Poema  fu  lungamente 
frainteso  <  detarpato  da  commentatori  volgari:  le  Opere 
Minori,  nelle  quali  il  Pensiero  Nazionale  sta  scritto  a  note 
pin  chiare,  giacquero  dimenticate,  hivolate  da  una  tiran- 
oapettoaa  allo  studio  dei  concittadini  di  Dante  — 
e  nondimeno,  eomc  le  un  patto,  una  comunione  segreta 
di  rita,  avesse  affratellato  nazione  e  poeta,  anelo  i  molti 
incapaci    «li    lecere   conoseono   e   ricordano  riverent i    il   di 


2^1*  OFSUK    MINOR]    I»I    DAMK.  L844] 

Amo.  the  pèasants  show  atower,  in  whieh  thej 
Dante   was    imprisonod.     Al    Gubbio,  a    Street    bea  rs 
bis  nume. — a   house  is  pointed  onr.  as  having  been 
dwelt  in  hy  liim.  3?he  moantaìneers  of  Tolmino,  aear 

Odine,  teli  the  traveller  that  there  is  the  protro 
where  Dani  e  wrote — there.  the  stone  npoii  whieh 
he  used  to  sit  :  -  yet  a  little  while.  ami  the  country 
will   inscribe  dm   the   base   of  bis   statue. 

The  Italia  n  Nation  to  the  Memory  of  its  PROPHETi 


lui  nome.  Pochi  anni  ancora;  e  il  paese  scriverà  sulla 
base  della  statua  delPAllighieri  :  la  Nazione  Italiana  atta 
memoria  del  suo   Profeta. 


'       X. 

PREGHIERA  DI  UN  ESULE  A  DIO 
PER  I    PADRÓNI  DI  SCHIAVI. 


PRIÈRE  A  DIEU 

POUR  LES  PLANTEURS,  PAR  UN  EXILÉ. 


Dieu  de  misericordie.  Dieu  de  paix  et  d'amour, 
pardonne,  oli  pardonne  aux  planteurs  !  Lear  crime 
est  grand;  mais  ta  clémence  est  infime.  Gomme  jadis 
tu  fis  jaillir  da  roc  dans  le  désert  les  eaux  rafraì- 
ch.issantes  pour  les  moltitudes  de  tes  serviteurs,  fais 
ainsi  dans  le  désert  de  lenr  àme  la  Bouree  vive  de 
la  cliarité.  Que  l'auge  du  repentir  descende  s'asseoir 
aii  ehevet  de  leur  dernière  heure!  Et  qu'entr'eux  et 
ta  just-i  ce  s'élève,  au  jour  supreme,  pour  eux  et  pour 
leur  pays  qu'ils  dóshonorent.  la  prière  de  ceax  qui 
Bonffirent  pour  ta   sainte  cause,    pour    ta  sainte  Vé- 


Dio  «li  misericordia,  Dio  di  pace  e  d'amore,  perdona, 
oh  perdona  ai  padroni  di  echiavi  !  Grande  è  il  loro  de- 
litto, ina  infinita  la  tua  pietà.  Come  già  facesti  scaturire 
fresche  acque  dalle  rupe  del  deserto  per  le  moltitudini 
de'  tuoi  fedeli,  cosi  fa  che  zampilli  nel  deserto  dell'anima 
loro  la  sorgente  viva  della  carità  !  Possa  l' angelo  del 
pentimento  scendere  e  assidersi  al  guanciale  della  loro 
ultima  ora!  E  per  essi  e  il  tuo  giudizio,  per  essi  e  per 
li  patria  che  disonorano,  sorga,  all'ultimo  giorno,  la 
ii<'ra  di  quei  che  soffrono    per    la    tua  sacra   canea, 


286  PREGHIERA    in    IN    E8ULE    A    I>I<)  [1846] 

rité,  poni*  l'emancipatimi  des    péuples  et  de    l'Ann* 
humaine  ! 


Lem*  crime  est  grand.   I Ih  ont   péelié,  ils  pècbent 

encbre  contre  toi  et  coutre  l'Humanité,  l'interprete 
deta  loi  sur  la  terre.  L'esprit  du  mal  qui  tenta  Jesus,  ton 
tìls  chéri  par  le  genie  et  par  l'Amour,  en  lui  ofì'rant  au 
debut  d.e  sa  carrière  divine  les  richesses  et  les  tró 
nes  de  la  terre,  les  a  bentés,  eux  sans  genie  et  sana 
Amour,  en  prenant  les  semblans  de  l'idòle  Intéret. 
Ils  ont  cede.  Subjugués  par  la  sensati  on,  ils  ont 
abiure  la  connaissance  et  le  sentiment.  Ils  ont  rem- 
placé  l'homme  par  l'esclave  et  ton  image  sacrée  par- 
ie fétiche  d'une  canne  à  sucre.  Mais  toi.  u'as-tu  pas 
aceueilli  la  prière  de  ton  tìls  ebéri  par   le  genie    et 


pel  tuo  santo  Vero,  per  1'  emaucipazione  delle  Nazioni  e 
delT  Anima  umana. 

TI. 

Grande  è  il  loro  delitto  :  essi  hanno  peccato  e  peccano 
tuttavia  contro  Te  e  contro  P  Umanità,  interprete  della 
legge  tua  sulla  terra.  Lo  spirito  del  male  che  tentava 
Gesii,  figlio  tuo,  benedetto  di  genio  e  d'amore,  offren- 
dogli, sul  cominciamento  dell'impresa  divina,  la  ricchezza 
e  i  troni  della  terra,  tenti  essi  pure,  diseredati  di  genio 
e  d'  amore,  sotto  le  forine  dell'  idolo  che  ha  nome  inte- 
resse. Essi  hanno  piegato  il  ginocchio  davanti  all'idolo; 
hanno,  sotto  il  cieco  impulso  dei  sensi,  rinnegato  la  vira 
intellettuale  e  morale  :  hanno  cancellato  1'  uomo  nello 
schiavo  e  il  culto  della  sacra  tua  immagine  nell'idolatria 
d'  una  canna  da  zucchero.  Ma  tu,  non  hai  accolto  la  pre- 
ghiera che  il  figliuol  tuo,  benedetto  di  genio  e  d'  amore, 


[184*ì]  pei:    i   padroni    in    SCHIAVI.  2ST 

par  l'Amour  poni*  ses    ìneurtriers  ì     Pardonne  donc, 
pardonne  ansai,  o   Pére,  aux   planteurs! 


Tu  as  place.  symbòle  de  l'cbil  de  la  Providence, 
mi  seni  Soleii  ari  eie!  poni'  la  tetre.  Tu  as  enlaco 
dans  riiannonie  d'un  seni  immense  accord.  dont 
uotre  umsique,  lille  anice  de  la  lieligion,  nVst  què 
le  t'aible  indistinct  bégaiement  d'un  éeho.  tous  ees 
mondes.  rayons  finis  de  ta  Pensee  intinie.  (jiii  eircu- 
leni  antoiir  de  nous  les  lettres  épàrses  d'un  Alpha 
bci  divili  que  nous  sanrons  tous  un  jour.  Partout 
tlans  e»-  bel  [Jnìvers  physiqne  qui  est  la  draperie 
de  l'Ideo,  tu  as  f'ait  resplendir  aux  yeux  de  leur 
àwe  un  enseignement  d?Unité.  Et  eux,  ils  ont  voile 
ies  yeux    de   leur  ante;    ils   ont     brisé  cu     fragnients 


ti  porgeva  pe'  suoi  carnefici  ì  Perdona,  perdona  dunque, 
o    Padre,   anche   ;ii    Padroni   di    schisivi! 

III. 

Tu  ponesti,  «piasi  simbolo  dell' occhio  della  tua  Prov- 
videnza, un  unico  sole  nel  cielo  per  tutta  la  uria.  Tu 
intrecciasti  Dell1  armonia  d'un  immenso  accordo,  del  (piale 
la   nostro   musica,  primogenita  della    Religione,  non  è  se 

non  un  mormorio  d"  un  eoo  indistinto,  tutti  i  mondi,  raggi 
finiti  del  tim  infinito  pensiero  —  nuotanti  intorno  a  noi 
nello   spàzio,   come   sparse    lettere   d"  un     alfabeto    che     un 

giorno  -apremmo,  ha  per  tutto,  in  questo  bello  Universo 
visibile,  ammanto  dell"  idea  divina,  tu   volesti  clic  splen- 
iti]  insegnamento  di  unità  al  loro  sguardo.  Ed  essi. 

essi    hanno  chiuso  gli   occhi   all' anima:   hanno  spezzato    in 


288  PREGHIERA    DI    r.\    K8ULE    A    imo  ISJtì 

le  bel  et  un  rjnivers  et  sur  les  miues  de  fon  Unite* 
ils  ont  élevé  un  Dualismi  hostile:  deus  ipinrns. 
(1<mix  lois,  deux  vies.  Pitie,  o  Seigneur,  pardonne,  <>h 
pardonne  aux  plauteurs! 

4. 

Tu  as,  dans  PHistoire  qui  est  ta  vie  se  manife&taiit 
progressi vement  dans  le  temps  et  Pespace,  place  de- 
vant  eux  une  seconde  source  de  vérité  d*où  découie  en- 
core  à  grands  flots  la  grande  pensée  d'Unite  qui 
est  toute  ta  Loi.  Après  avoìr  engendré  tonte  l'Ilu- 
raanitó  d'un  seul  Adam,  tu  as.  sous  une  éducation 
providentielle  de  jour  en  jour  plus  visible.  condnit 
Phomme,  Phomme  collectif  et  social,  de  Pétat  (Pé- 
sclavage  à  celui  de  servage,  du  servage  au  salaire; 
et  pour  que  rien  ne  manquàt  à  la  clarté  de  la  prò 


frammenti  il  tuo  bello  ed  uno  Universo  :  e  sulle  rovine 
della  tua  Unità  hanno  innalzato  un  dualismo  ostile  — due 
nature,  due  leggi,  due  vite.  Pietà  o  Signore  !  Perdona, 
oh  perdona  ai  padroni  di  schiavi. 

IV. 

Tu  collocasti  per  essi  nella  storia  —  manifestazione 
progressiva  della  tua  Vita  nello  spazio  e  nel  tempo 
—  una  seconda  sorgente  di  verità,  d'onde  sgorga,  a  notti 
potenti,  il  gran  pensiero  d'  unità,  che  è  compendio  della 
tua  legge.  Dopo  avere  iniziato  P  intero  genere  umano  in 
un  solo  Adamo,  tu  conducesti,  per  un  disegno  di  prov- 
videnza educatrice,  di  giorno  in  giorno  più  visibile  a 
noi,  P  uomo  collettivo  e  sociale,  dalla  condizione  dello 
schiavo  a  quella  del  servo,  dal  servaggio  al  lavoro  sa- 
lariato, e  perché  nulla  mancasse  all'  evidenza   della  prò- 


[1846]  PER    I    PADRONI    DI    SCHIAVI.  289 

gression,  tu  fais  maintenant  fremir  les  nations  pour 
qu'au  monde  du  salaire,  succède  celui  de  Passocia- 
tiou.  Tu  as  fait  au  dessus  de  ces  trois  inondes, 
image  de  ton  activité  trinitaire,  planer  la  sainte 
voix  du  Golgotha:  vous  ètes  tous  frères,  car  vous 
ètes  tout  un  en  Dieu.  Et  eux,  ils  ont  bouché  leurs 
oreilles  à  la  sainte  voix  du  Golgotha,  ferme  les 
yeux  à  revolution  de  ta  Pensée  dans  l'Histoire;  ils  ont 
dit  :  nous  ne  sommes  pas  frères  ;  nous  sommes  maitres 
et  esclaves.  De  tous  les  feuillets  du  grand  Livre  ils 
n'ont  gardé  que  la  page  qui  contient  le  récit  de  Gain 
et  d'Abel,  la  Violence  et  le  Droit;  et  ils  se  sont 
dits:  il  y  a  dono  deux  races  humaines,  la  race  inau- 
dite et  la,  race  privilégiée  de  laquelle  nous  sommes, 
sa ns  songer  que  c'est  sur  leur  front  mème  qu'est 
ton  signe  de  malédiction,  puisque  c'est  par  la  Vio- 
lence seule  qu'ils  écrasent  l'homme  sous  Pesclave.  Pitie, 
o  Seigueur,  pardonne,  oh  pardonne  aux  planteurs! 


grewione,  tu  souimovi  oggi  col  soffio  tuo  le  iiazioiii 
si  che  al  mondo  del  lavoro  salariato  sottentri  il  mondo 
dell'associazione.  Per  te,  suona  incessante  attraverso  questi 
tre  mondi,  immagine  della  tua  trina  attività,  la  sacra 
voce  del  Calvario:  voi  siete  tutti  fratelli,  però  che  siete  tutti 
uno  in  Dio.  Or  essi,  essi  hanno  chiuso  l' orecchio  alla 
sacra  voce;  hanno  detto:  noi  non  siamo  fratelli;  noi  siamo 
padroni  e  schiavi.  Di  tutte  le  pagine  del  gran  libro,  essi 
hanno  serhato  unica  quella  che  contiene  la  storia  di  Abele 
(Caino,  la  violenza  e  il  Diritto;  e  hanno  detto  a  se  stessi: 
esistono  due  razze  umane  :  la  razza  dei  maledetti  e  la  razza 
tM privilegio  the  e  nostra:  senza  pure  avvedersi  che  sulla  loro 
fronte  sta  il  segno  della  ina  condanna,  dacché  colla  sola 
violenza  Mti  hanno  potuto  cancellare  1' nomo  nello  schiavo. 
Pietà,  o  Signor.  :  IVnlona,  oh  perdona  ai  padroni  di  schiavi! 

Mazzini  Scritti,  ecc.,  voi.  XXIX  (Letteratura,  voi.  V).  1» 


290  rRKGHIKRA    DI    IN    ESULE    A    DIO  [1846] 

5. 

Er  tu  as  mis,  troisième  bémoignage  de  la  Vóritéj 
un  cri  dans  le  cceur  de  cbaque  bomnie,  un  élan  dans 
cliaque  conscience,  qui  dit  :  je  sui*  libre  :  libre  par- 
ce  que  je  suis  responsable,  libre  par  ce  que  je  suis  Romme 
fait  à  l'ìmage  de  Dieu,  contenant  virtuellement  en  moi 
les  capaeìtés,  les  aspi  rat  ions,  les  destinées  de  V Ruma- 
nité  tout  entière.  Et  eux,  ils  ont  nié  l'uni  ver  salite  de 
ce  cri.  Enferinés  dans  leur  moi  egoiste,  ils  ont  dit: 
ce  n'est  qu'en  nous  qu'ìl  existe,  ne  voyant  pas.  Ics 
malheureux,  qu'ils  ne  pouvaient  le  borner  sans  Pef- 
t'acer  de  la  création  tout-entière,  car  Dieu  n'a  pas 
créé  le  planteur  mais  Vhomme.  Ils  ont  seme  la  baine 
et  preparò  la  ré  volte:  renié  le  Dieu  d'amour  et  provoqué 
le  Dieu  des  vengeances.  ISPécoute  pas  leur  blasphème, 
o  Seigneur!  Pardonne,   oh  pardonne  aux  planteurs  ! 


V. 

E  ta  hai  messo,  terza  testimonianza  della  tua  Verità, 
una  voce  nel  core  d'ogni  uomo  che  gli  grida:  Io  sono  li- 
bero :  perché  devo  render  conto  delle  mie  opere;  libero,  perché  sono 
uomo  a  immagine  di  Dio,  capace  virtualmente  in  me  stesso 
delle  facoltà,  delle  aspirazioni,  dei  destini  di  tutta  l'Uma- 
nità. Ed  essi,  essi  hanno  negato  la  universalità  di  quel 
grido:  racchiusi  nel  loro  egoismo,  hanno  detto:  esiste  iti 
noi  soli,  non  pensando  che  essi  non  possono  imporgli  li- 
miti senza  soffocarlo  in  tutta  quanta  la  creazione  ;  però 
che  Dio  non  ha  creato  il  padrone  di  schiavi,  ma  1'  uomo. 
Essi  hanno  seminato  l' odio  e  preparato  la  ribellione  ; 
negato  il  Dio  d'amore  e  suscitato  il  Dio  di  vendetta.  Non 
ascoltare  la  loro  bestemmia,  o  Signore  !  Perdona,  oh  per- 
dona ai  padroni  di  schiavi  ! 


[1846]  PKB    I    PADRONI    DI    SCHIAVI.  291 


Fais,  ò  Seigneur,  que  lear  eatendement  s'ouvre 
et  qne  lem*  cceur  s'amollisse  !  Que  la  nuit,  Pange 
des  bonaes  inspirations  descende  vers  eux  dans  leurs 
rèves,  et  qu'ils  entendeiit  par  lui  le  cri  d'horreur 
de  tout  ce  qui  croit  et  aime  dans  PHumanité  —  le 
cri  douloureux  de  tous  ceux  qui  endurent  et  com- 
bat tent  pour  le  Bien  en  Europe  et  dont  lem  crime 
opiniatre  ébranle  la  connance  et  la  foi  —  le  cri 
moqueur  des  princes  et  rois  de  la  terre  montrant  à 
leurs  sujets  agités  les  fiers  républicains  d'Amérique 
maintenant  seuls  Pilotisine  des  àges  payennes  —  la 
longue  plainte  de  Jesus  souffrant  encore  aujourxPhui 
par  eux  sur  sa  croix!  Que  le  matin;  à  leur  réveil. 
les  enfants  approcbent   de    leurs  lèvres   leurs   tétefi 


VI. 


Posk;i.  o  Signore,  per  opera  tua,  illuminarsi  il  loro 
intelletto  e  commoversi  il  loro  cuore.  Possa,  nella  notte, 
scendere  ad  essi,  nei  loro  sogni,  l'angelo  delle  sante  aspi- 
ra/ioni, e  ripetere  loro  il  grido  d'  orrore  di  quanti  nel- 
P  Umanità  credono  ed  amano,  il  dolore  di  quanti  soffrono 
e  combattono  in  Europa  pel  bene  e  sono  scossi  nella 
i istanza  e  nella  fede  dal  loro  ostinato  delitto  —  lo  scherno 
dei  principi  e  re  della  terra,  che  additano  ai  sudditi  ir- 
reqnieti  gli  alteri  r&pubbliéani  d'America,  rimasti  soli 
OOntervatorì  dell'  ilotismo  delle  età  pagane  —  il  lungo 
lamento  di  Gesù  Hofferente,  per  opera  loro,  anch'oggi  sulla 
sua  croce.    Nel    mattino,  al  primo  svegliarsi,  posano  i  loro 

bambini,  mentre  pretentano  al  loro  bario    i    volti    inno- 


292  PREGHIERA    DI    ex   kst'lk  a   DIO  [1846] 

bouolées  d'innocente,  leur  murmurent  inspirés  par 
toi:  pére,  ò  pére,  émancipe  uotre  fière  l'homme  noir: 
n'aehète  pas,  ne  vends  plus  le  tìl*  de  Fhomme  poni- 
trente  deniers;  vois;  ce  noir  ausai  a  une  mère  et  dea 
petits  enfants  comuie  nous  ;  oh  que  sa  vieille  mère 
puisse  s'enorgueillir  de  lui  fler  et  libre:  oh  que  ses 
enfants  puissent  lui  sourire,  frais  et  joyeux,  le  unitili . 
cornine  nous  te  sourions  aujourd'hui,  ò  })ère  !  » 

7. 

Dieu  de  misericordie,  Dieu  de  paix  et  d'amour, 
pardonne,  oh  pardonne  aux  planteurs!  Leur  crime 
est  grand;  mais  ta  clémence  est  infìnie.  Ouvre  dans 
le  dósert  de  leur  ame  la  source  vive  de  la  charité! 
Que  l'ange  du  repentir  descende  s'asseoir  au  chevet 
de  leur  dernière  heure  !  Et  qu'entr'eux  et  ta  justice 


centi  e  le  teste  ricciute,  mormorare  ad  essi,  ispirati  da 
te  :  «  Padre,  oh  Padre,  emancipa  il  fratel  nostro,  il  povero 
negro;  non  comprar  più,  non  vender  pili  per  trenta  da- 
nari il  figlio  dell'uomo:  vedi,  il  negro  pure  ha  una 
madre  e  pargoli  simili  a  noi  ;  fa  che  la  vecchia  sua  ma- 
dre si  rallegri  in  lui  fatto  altero  di  coscienza  e  di  libertà; 
fa  che  i  suoi  pargoli  possano  sorriderli  in  sul  mattino, 
sereni  e  scherzosi,  come  noi  sorridiamo  a  te  oggi,  o  Padre. 

VII. 

Dio  di  misericordia,  Dio  di  pace  e  di  amore,  perdona, 
oh  perdona  ai  padroni  di  schiavi.  Grande  è  il  loro  delitto, 
ma  infinita  la  tua  pietà.  Schiudi  nel  deserto  dell'anima 
loro  la  viva  vena  di  carità.  Possa  l'angelo  del  penti- 
mento scendere  e  assidersi  presso  ad  essi    sul    guanciale 


[1846]  PER    I    PADRONI    DI    SCHIAVI.  293 

s'élève  au  jour  suprème,  pour  eux  et  pour  lenr 
pays  qu'ils  désbonoreut,  la  prière  de  tous  ceux  qui, 
corame  raoi,  souffrent  pour  ta  sainte  cause,  pour  ta 
sainte  Vérité,  pour  l'émancipatioii  des  peuples  et  de 
l'Ame  humaine. 


dell'  ultima  ora:  e  fra  essi  e  il  tuo  giudizio,  s' innalzi,  nel 
giorno  supremo,  per  essi  e  per  il  loro  paese  che  disono- 
rano, la  preghiera  di  tutti  coloro  i  quali,  come  me, 
soffrono  per  la  sacra  tua  causa,  pel  tuo  santo  Vero,  per 
l'emancipazione  delle  nazioni  e  dell'Anima  umana! 


INDICE  DEL   VOLUME  XXIX 


Introduzione pay.  vii 

I.   Dante 3 

II.  Sulla  «Storia  d'Italia  dal  1850    al    1900»  di 

G.  Ricciardi 19 

III.  Frammento  di   traduzione 27 

IV.  Commento  foscoliano  alla  «Divina  Commedia.»  33 
V.  Machiavelli 51 

VI.  Genio  e  tendenze  di  Tommaso  Carlyle 59 

VII.   Ai  Giovani 145 

Vili.  Articolo  premesso  all' edizione  di  Lugano  degli 

«  Scritti  politici  inediti  »   di  Ugo  Foscolo  .  159 

IX.  Opere  minori  di  Dante 183 

X.  Preghiera  di  un  esule  a  Dio  per  i   padroni  di 

schiavi 285 


INDICE  DELLE  ILLUSTRAZIONI. 


Ritratto  di  G.   Mazzini. 

Poe-simile   di    un    autografo    di    (i.    Mazzini     riguardante    una 

delle  r< dazioni    francesi  dell' art.  Genio  e  tendenze  di  T.  Car- 

h/h.  (Le    pieeole  macchie  d'inchiostro  rarono  certamente 

prodotte  dalle  prove  eseguite  sulla    earti    per    avviare    i 

rere   la   penna  d'oca). 


Il  presente  volume,  finito  di  stampare'  il  20  ottobre  1919. 
fu  riveduto  e  approvato  dalla  R.a  Commissione  per  l'edizione 
nazionale  degli  Scritti  di  Giuseppe  Mazzini. 

A.  Baccelli       Presidente 
G.  Cklli 
F.  Martini 

P.    BOSELLI 

V.  E.  Orlando 
L.  Rossi 
S.  Bakzilai 
E.  Pjnchia 
E.  Nathan 
C.  Pascarella 
V.  Fiorini 
P.  Silva 
A.  Neri   , 
M.  Menghini. 


DG       Manzini,  Giuseppe 
552        Scritti  editi  ed  inediti 
,8 

v.29 


PLEASE  DO  NOT  REMOVE 
CARDS  OR  SLIPS  FROM  THIS  POCKET 

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